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Indie Internazionale

“Therapy” è la cura di Bemynorth per questo 2020

Il 2020 è stato un anno decisamente prolifico per Bemynorth, che in questi dodici mesi ha pubblicato una serie di singoli. Ultimo in ordine cronologico “Therapy”, brano che ha visto la luce lo scorso 18 dicembre, in un featuring con Mimì Fitzgerald. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare tutto.

Come è nata Therapy? Cosa ti ha ispirato nella scrittura di questa canzone?

Ciao a tutti amici di Perindiepoi, innanzitutto grazie per avermi ospitato qui per fare due chiacchiere. Therapy è nata da uno strascico di malessere che mi sono portato dietro dopo un forte periodo di stress, nel quale sono inciampato anni fa. In quel momento mi sono chiesto cosa potesse davvero “sollevarmi” da quello stato d’animo, e ho pensato subito alla vicinanza, al sentirsi accolto. Per questo motivo ho scritto questa canzone, volta a tutte le persone che sono cadute in tunnel simile. Il brano racchiude esplicitamente il gesto di tendere la mano per guidare una persona attraverso le difficoltà.
Questo 2020 non aiuta, l’isolamento forzato fa sembrare macigni anche dei sassolini, specialmente per le persone più sensibili. Per questo motivo ho deciso di pubblicare questo pezzo, in segno di unità. Un chiaro messaggio di supporto e fratellanza per affrontare questi giorni che sembrano interminabili, ma prima o poi vedremo l’orizzonte.

Il tuo sound è un mix di diverse sonorità. Non mancano mai elettronica e chitarre. In che modo componi? C’è uno strumento su tutti che reputi il “tuo” strumento?

Sì, per me la chitarra è ormai una compagna. Qualcuno critica il fatto che nel 2020 io metta ancora chitarre nei miei pezzi, perché ormai deve essere tutto è elettronico… la buona notizia è che allora metterò sempre più chitarre haha. Il mio modo di comporre parte fondamentalmente da questo, chitarra in mano, cerco un giro di accordi che mi convinca a livello di mood.
Dopo di che passo a elaborarli con fraseggi nel mezzo, cercare diversi voicing e rivolti degli accordi finché non sento di essere colpito dalla sonorità, e se succede, la melodia vocale nasce quasi spontaneamente. Dico quasi perché ovviamente ci sono delle correzioni scientifiche da curare a livello di metrica, ma in linea di massima la chitarra ispira sempre il mio modo di cantare.

Il 2020 è stato un anno difficile ma, in realtà, per te è stato periodo di tante release, ispirate ai lockdown e alla quarantena. Come sei riuscito a trasformare un anno difficile in una occasione per esprimersi e crescere?

Si quest’anno è stato molto ambivalente, perché ha rafforzato e distrutto progetti contemporaneamente. Penso a tutte quelle persone che hanno dovuto chiudere la saracinesca, compresi alcuni amici che hanno rischiato di chiudere. Ho cominciato a farmi delle domande, ogni giorno, pensando a che senso avesse la vita se il mondo era in “stallo”. La risposta è arrivata da sola, come molto spesso succede, le grandi cose derivano da piccoli gesti personali, e questo mi ha convinto a non stare fermo ad aspettare che il pianeta si riprendesse, ma dovevo farlo io per primo.
In effetti, ci poniamo sempre un sacco di limiti, ma nessuno ci obbliga o ci vieta di fare “le nostre cose”. Nessuno mi avrebbe vietato di andare a letto a notte fonda per scrivere i miei brani, nessuno mi avrebbe obbligato a stare ad aspettare che tutto finisse. Era solo una semplice questione di volontà. Allora da li ho preso in mano le redini e ho capito molto, sia per la musica che per la vita reale. Siamo noi a gestire le nostre passioni e a permetterci di raggiungere gli obiettivi, nessuno lo farà per noi.
Da quest’anno scrivere è diventato realizzante, perché ho capito che in primis è davvero per me, anche se dovessi suonare per sempre in cameretta, per me scrivere è diventato rinascita, creare ed esprimersi tramite la musica per me è vita.

Come e quando hai capito che volevi fare il musicista?

Ci ho pensato molto presto, ma capito più tardi.. già da piccolo mi piaceva molto la musica, ascoltare le band rock e fingevo di suonare le pentole. Poi la consapevolezza e l’interessamento sono arrivati verso i 13 anni quando cominciai a suonare la chitarra. Dopo il mio primissimo “concerto” in una delle piazze della mia città, avevo 14 anni, capii che volevo fare quello. Il percorso purtroppo non è mai stato lineare, ci sono stati anni di silenzio totale.. la consapevolezza della musica come strada da intraprendere seriamente è arrivata dopo i 25 anni, dopo lo scioglimento della mia vecchia band Black Skyline.

 

 
 
 
 
 
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Canti in inglese e in italiano. Quale lingua preferisci? Spesso cantare in inglese è un ostacolo per affermarsi in Italia. Non ti preoccupa la cosa?

Ho sempre scritto in inglese prima di quest’anno. La scelta dell’italiano è più una questione comunicativa che stilistica, però sono anche dell’dea che l’arte se così si può chiamare, non dovrebbe avere delle leggi prestabilite, altrimenti si chiamerebbe scienza. Non mi preoccupa il fatto che l’inglese in italia sia limitante, semplicemente scrivo ciò che mi risuona meglio, aspetto che sia la canzone a suggerirmi quali sonorità linguistiche usare.

Quali sono i tuoi artisti preferiti, in Italia e all’estero?

Gli artisti preferiti li posso dividere in due categorie: quelli che mi hanno fatto avvicinare alla musica indubbiamente Metallica e Eminem.
Quelli che mi hanno influenzato in tutti questi anni direi Goo Goo Dolls, Alex Britti, Aarchitects, Deaf Havana, John Mayer.

Negli ultimi anni è diventato sempre più importante collaborare con altri artisti. Potendo scegliere, con quale artista ti piacerebbe realizzare una collaborazione? Magari un feat. proprio su Therapy.

In realtà in Therapy c’è già un featuring con Mimì Fitzgerald, una splendida voce che mi ha fatto dei bellissimi cori gospel nella seconda strofa e dei bellissimi arricchimenti vocali nella canzone.
Sto valutando altri feat ma non tanto come moda, infatti non contemplo musicisti blasonati ma semplicemente conoscenti che sono artisti veramente validi con cui vorrei condividere una canzone. Questo 2021 ne smaschererà qualcuno!

Quando tutto sarà tornato alla normalità, quale sarebbe la prima città dove vorresti suonare dal vivo Therapy e le altre tue canzoni?

Non ho in realtà grandi pretese sui luoghi per esibirmi, anzi la prima cosa che spero con tutto il cuore è di tornare prima di tutto a suonare in pubblico, tornare alla normalità, poi mi piacerebbe molto andare in Spagna o Irlanda, senza una città ben precisa!

Con quest’ultima risposta vi ringrazio per l’attenzione e per avermi concesso di parlare un po’ con voi.

A presto!