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Indie Pop

Il lockdown secondo Spicci

Fuori venerdì 9 aprile 2021 per Le Siepi Dischi e Believe Digital, Caffè Amaro
E’ un brano che ci fa entrare nel mondo indie pop di venature agrodolce del cantautore di Avellino Spicci che si candida ad essere uno dei nomi più promettenti della scena indipendente, un brano dedicato a chi si incanta su Ebay a cercare le risposte impossibili, per tutti quelli che a Babbo Natale chiedono di non restare da solo, per chi ha voglia di paragonare la propria relazione, alla semplicità di un caffè. Caffè amaro è in definitiva l’addio struggente e sincero di chi ha amato così intensamente da non potersi accontentare di una miscela annacquata. È il dolore di chi sente lo strappo ma non si volta dall’altra parte, perché amare veramente vuol dire gustare fino in fondo, altrimenti meglio andare via.

Gli abbiamo chiesto di raccontarci il suo lockdown.

Come stai passando questo strano periodo, qual è la tua routine?

Purtroppo essendo ipocondriaco, sto sempre pieno d’ansia, della serie che a volte mi faccio paranoie tipo : “temo che si estingua il mondo” o roba simile… Ma tralasciando questo, cerco di pensare positivo ed essere fiducioso in un ritorno alla normalità. La mia routine è sveglia, colazione flash, lezioni in dad per il Conservatorio; Questo per il resto del pomeriggio, anche fino a poco prima di cena a volte. Poi nel frattempo mi fa compagnia la mia cagnolina, Arya, che per fortuna mi mette sempre di buon umore, eccetto quando si pappa la mia roba. Poi di sera ceno con mia mamma e mia sorella, e passiamo la serata a chiacchierare e vedere serie, film e giocare a giochi da tavola. Insomma la scelta non è poi tanta, ma troviamo un passatempo. Di notte invece scrivo canzoni e suono a volume basso basso. Quest’ultima cosa mi viene però spesso vietata…

L’arrivo della pandemia ti ha sconvolto qualche piano? Quale?

A dire il vero mi ha aperto gli occhi verso l’imprevedibilità della vita. Prima nessuno al mondo avrebbe mai pensato, “arriverà un virus che paralizzerà il mondo”. Insomma, sembra il titolo di un film horror, non certo delle giornate che viviamo ormai da più di un anno. Il piano che ho più temuto andasse a rotoli è il mio progetto musicale, ma fortunatamente tutt’altro. Da un po’ sono entrato a far parte del team “LE SIEPI DISCHI” e stiamo facendo un percorso bellissimo insieme e seppur a distanza, ci vogliamo già bene.

Te la ricordi la primissima quarantena? Come la passasti?

Ricordo che qualche giorno prima girava voce di questo “corona virus” e vedevo meme e post sciocchi in merito alla questione. La gente non conoscendo la gravità del problema, ironizzava tutto (qualche sciocco lo fa tutt’ora).
D’improvviso poi in Italia, arrivò tutto. Ricordo di averla vissuta maluccio , ero terrorizzato all’idea di poter ammalarmi, di poter finire intubato, all’idea di essere portato via dalla mia famiglia, di contagiare un mio parente e per mia sfortuna presi una brutta tonsillite che non c’entrava nulla con la pandemia ma che chiaramente mi fece spaventare tantissimo. Comunque la passai a studiare, suonare, cucinare ( passione che ho da sempre), mangiare, dormire e come tutti, a sperare che tutto finisse per sempre.

Di cosa parla il tuo ultimo singolo? L’hai scritto nell’ultimo anno?

Non capita spesso di trovare l’amore speciale, quello diverso da tutti gli altri, dal sapore unico, proprio come quello inconfondibile del “caffè amaro”. Ed è questo il titolo che ho voluto dare al mio ultimo singolo per raccontare l’addio struggente e sincero di un amore così intenso da non potersi accontentare di una miscela annacquata. Il tutto scritto quest’anno nel mio letto in tarda notte, come al solito.

Cosa ti manca più di qualsiasi cosa?

Vivermi la mia vita così com’era. Vorrei vederla però con gli occhi di ora, sono sicuro che la apprezzerei molto di più. Mi mancano i miei amici, la mia famiglia, mi mancano le semplici cose quelle prima avrei dato per scontato. Spero davvero che questa situazione servirà da esame di coscienza per tutti noi e ci permetterà un giorno di apprezzare tutto quello che abbiamo e che ci dimentichiamo di avere.

Ti ricordi ancora l’ultima serata che hai fatto post 22.00?

Se non sbaglio rimanemmo “ giù alle tombe romane” ( o almeno così lo chiamiamo noi), in un parchetto situato nei pressi di alcuni monumenti storici del mio paese, a farci una birra in comitiva. Almeno riuscimmo a salutarci.