In occasione dell’uscita del suo primo singolo da solista, “Nebula”, abbiamo fatto qualche domanda alla violinista e musicista (da anni sul palco con Blindur) Carla Grimaldi, che battezza il suo debutto in solitaria con un brano dedicato all’osservazione dei cieli, metafora di una ricerca esistenziale (oltreché musicale) che non vuole fermarsi alla punta del proprio naso.
Carla Grimaldi, una vita sui palchi e oggi ti metti in proprio. Era da tanto che covavi la necessità di una tua affermazione solistica oppure è un qualcosa che è nato da poco, questo tuo slancio solitario?
Con Blindur sono sempre stata estremamente libera di esprimermi e di sperimentare con il mio strumento nell’ambito della musica folk alternativa, della quale sono una grande fan, ma la mia passione per le Amiina e per i Sigur Ròs mi ha spinta verso l’esplorazione di nuovi orizzonti musicali. È da qui che nasce la mia scelta di avviare una carriera solista, che non si discosta in realtà così tanto dall’estetica musicale di Blindur. Ho voluto mettermi alla prova, capire compositivamente fin dove potevo spingermi, lavorando su idee accumulate negli anni ma lasciate a fermentare. In generale comunque, direi che ho sempre fantasticato intorno all’ idea di un mio progetto solista, tutto incentrato sugli archi e sull’elettronica, e sono molto felice di aver finalmente iniziato!
Tra l’altro, “Nebula”, il tuo brano d’esordio, vede la collaborazione artistica con Massimo De Vita (Blindur), con il quale hai condiviso gran parte della sua e della tua esperienza musicale. Eppure, il linguaggio utilizzato qui è ben diverso rispetto a quello di Blindur: esiste una continuità tra ciò che è “Nebula” e il percorso da cui vieni? Oppure il brano è una “rottura” con tutto ciò che lo precede?
Dal punto di vista estetico, sicuramente “Nebula” rappresenta una sorta di rottura con quello che è l’immaginario sonoro di Blindur, in quanto lontana dall’universo folk-rock-alternativo e più vicina ad un immaginario post-classico. Quest’ultimo, è un mondo al quale mi sono avvicinata negli ultimi anni, principalmente ascoltando artisti quali Olafur Arnalds, Rob Moose e Amiina, ma anche grazie alla mia collaborazione con Manuel Zito, pianista e compositore, con il quale ho collaborato per la colonna sonora del documentario “Le Soldat”, con la regia di Davide Bongiovanni. Io e Manuel siamo inoltre tra gli artisti coinvolti nel “The Outlaw Ocean Music Project”, un progetto molto ambizioso del giornalista Ian Urbina (New York Times, National Geographic), volto a denunciare tutte le azioni illegali che coinvolgono gli oceani. Vi faccio però un piccolo spoiler dicendo che l’atmosfera generale di “Nebula” si potrà ritrovare nelle prossime uscite di Blindur, programmate per il 2022! Quindi teneteci d’occhio! In generale comunque, sono convinta che ogni artista sia influenzato da tutto ciò che suona e che ascolta, e per quanto mi riguarda Blindur è un progetto che mi ha formata e continua a formarmi come musicista, quindi direi che esisterà sempre una continuità tra i miei lavori e Blindur.
“Nebula” è un concetto, prima ancora che un brano, che oggi ci chiama ad alzare lo sguardo, e a capire quanto siamo piccoli e destinati a scomparire. Il brano, con le sue sfumature eteree, aiuta effettivamente il viaggio a farsi concreto. Ma come nasce il tuo esordio, e perché hai deciso di chiamarlo “Nebula”?
Il mio esordio è legato alla mia formazione scientifica, e al fatto che le Scienze Naturali sono per me grandissima fonte di ispirazione sia quando compongo che quando suono. Da qui mi è piaciuta l’idea di dare al brano un nome scientifico che richiamasse al concetto di “nascita”: “Nebula” è infatti il nome scientifico delle nebulose, la materia da cui si formano le stelle.
Pur essendo allergici alle categorie e ai generi, è evidente che “Nebula” non rientra esattamente nei canoni del “pop”, eppure possiede qualcosa che lo rende estremamente melodico e “popolare”. Quale ritieni che sia, oggi, il destino della musica strumentale e come definiresti il tuo brano d’esordio?
Rispetto alla musica strumentale, la definirei un Universo in espansione. Questo perchè sempre più artisti hanno side projects strumentali, e perchè la musica strumentale sta acquistando un ruolo sempre più importante nella nostra quotidianità, diventato rifugio emotivo spesso, e assumendo ruoli importanti anche nel mondo visual e cinematografico. Definirei “Nebula” un brano pop nell’immaginario, nella melodia e nella struttura, con un carattere classico legato all’orchestrazione.
Tra l’altro, pare esserci un concept ben preciso che collega il tuo esordio con quello che verrà, e sopratutto con l’outfit studiato per te da APNOEA. Ti va di spiegarci un po’ il tutto?
APNOEA è un giovane brand napoletano con il quale condivido importanti ideali. I due fondatori Pina Pirozzi ed Enzo Della Valle utilizzano materiali non convenzionali e giacenze di magazzino per la realizzazione dei capi, con l’intento di porre l’accento sulla questione sostenibilità e rispetto per l’ambiente, due temi per me molto importanti. Inoltre, propongono abiti sizeless, senza taglia, secondo il tentativo di far aderire un abito non al corpo, ma alla personalità di chi lo indossa, lanciando a mio avviso un importante messaggio di inclusività nel mondo della moda. Questi presupposti, insieme alla straordinaria bellezza dei loro capi, mi hanno totalmente colpita, non capita facilmente di sentirsi così affini artisticamente ed ideologicamente, e da lì la volontà di collaborare. Tra l’altro, vi svelo che “Nebula” è solo l’inizio della nostra collaborazione! I brani che seguiranno andranno ad affrontare il tema del Climate Change, ed io ed APNOEA stiamo già lavorando a nuove idee per i prossimi outfit.
Salutiamoci con un proverbio delle tue parti, che sia di buon auspicio per questo 2022 già zoppicante!
“Dicette ‘o pappice vicino ‘a noce, damme ‘o tiempo ca te spertose” (Disse l’insettino alla noce, dammi il tempo che ti buco). Credo che sia un proverbio di ottimo auspicio: credici, lavora sodo, persevera e, piano piano, arriverai al tuo obiettivo!