Cercherò di spiegarvi in breve perchè “La via di un pellegrino” di Tobjah è il disco che mi ha salvato l’estate, e che spero mi terrà qui, in quest’estate quasi perfetta fatta di solitudine e libri, ancora a lungo. Perchè di fatto in estate mi sento sempre un cretino, tutti che fanno questo e quell’altro e che lo postano su Instagram, e io che come uno scemo rimango a Milano a non fare assolutamente niente, a fissare il vuoto e ad amare donne incredibili, prima fra tutte Madame Bovary, ma quest’anno anche con Agnes Grey (bruttina e sottovalutata, lasciatevelo dire) ci ho dato dentro. Mi sento un outsider, mi sento male, mi sento solo. Le mie estati sono sempre così, una catarsi che si conclude a settembre, dove mi preparo ad accumulare nuovo dolore da espiare l’anno prossimo.
E quest’anno, scavando come sempre tra le uscite che mi sono perso durante le mie giornate di macchina, lavoro, ufficio, aperitivo con gli amici e letture distratte e interrotte dalla stanchezza, mi sono incagliato in La via di un pellegrino. Un disco che suona primordiale, sentito, viscerale, un disco primitivo che non rinuncia all’elettronica, in cui Tobjah mi accompagna in quest’estate di solitudine che, inevitabilmente, racconta la mia vita. Era da parecchio che non avevo un legame così adolescenziale con un disco, come quando pensi che ogni parola, ogni nota, parla di me. Mi ricordo come fu con i Verdena, e tutte quelle mattinate ad andare a scuola ad ascoltarli. Con Tobjah è stato esattamente così, è stato la colonna sonora di dolore e noia, anche se la scuola è finita da un pezzo.
Il disco, fuori per l’etichetta indipendente TEGA e già stato anticipato dal singolo “Nuova Stagione”, è un cammino tortuoso tra luce e oscurità, dove attitudine dub, reminiscenze hip hop e atmosfere ambient incontrano la canzone contemporanea. Un nuovo inizio che arriva alla fine del mondo, quando il Covid sembrava ci avesse tolto tutto, senza passare dal via. E in quest’estate che è sembrata la prima normale da un po’, io non ho avuto quasi la forza di uscire di casa.
Grazie Tobjah.