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Le 5 cose preferite di Saimon Fedeli

Disponibile dal 12 ottobre su tutte le piattaforme digitali “Stanze vuote”, il secondo album di Saimon Fedeli. Il disco è stato anticipato dai singoli “Capita capita”, “Sola” e “Finisce così”. Fil rouge di tutto il lavoro è la solitudine e la verità, non a caso il primo brano si intitola “Verità”. Le Stanze Vuote di Saimon Fedeli, oggi al suo secondo album, ci raccontano di perdite e abbandoni. “Abbiamo avuto tutti quanti almeno una occasione”, ci svela il cantautore nella sua Verità. “E quasi sempre è stata una occasione non colta”.

Sono stanze dove ci scopriamo dolorosamente incapaci di amare ma così facilmente capaci di rinunciare. Quasi che in questo modo possiamo proteggerci dalla disillusione che certamente arriverà. “Ti ho ammirata tanto e condivisa poco. E solo nelle Favole si può pensare che sarebbe stato eterno a prescindere da te”.

Il disco rappresenta un po’ il percorso dell’artista attraverso una presa di coscienza di sé tra difetti ed errori. Saimon racconta sé, della difficoltà a buttarsi a pieno in una storia. Racconta delle persone attorno a sé che per orgoglio spesso rimangono sole. Racconta la solitudine, le disillusioni, ma alla fine si perdona.

Eppure. Eppure, si intravede una via. Forse non deve per forza essere sempre così. Forse si può scegliere diversamente. Visto da vicino nessuno è così strano, ma servono porte aperte e generosità. E Saimon sembra quasi perdonarsi, alla fine. In fondo capita. Capita che si finisce a terra. Capita che non si ha più un motivo. Ma poi ci si rialza. E forse proprio in quel momento ci si accorge che quelle stanze possono diventare, magia, Stanze Piene.

Non abbiamo saputo resistere e gli abbiamo chiesto quali fossero le sue 5 cose preferite.

Leggere il giornale. E’ un modo per dire che gli altri mi interessano.Aprire le porte e le finestre e guardare il mondo. Lasciarlo entrare. Conoscerlo. Proteggerlo o combatterlo. Come diceva Gaber, libertà è partecipazione.

Ascoltare musica. Non è scontato. Affatto. Molti musicisti non la ascoltano. Non perdono la testa per una settima diminuita assolutamente perfetta che pagheresti oro per avere saputo pensare anche tu. O per un testo così perfetto che letto e riletto, non riusciresti nemmeno sotto ricatto a cambiarne mezza parola.

Percepire l’orizzonte. Solo il mare (o le grandi altezze, ma io scelgo il mare) ci dà ancora la possibilità di percepire l’orizzonte del mondo, il confine, il bordo delle cose.  Lo sguardo ha bisogno di poter vedere la fine, il limitare, perché altrimenti la vita sarebbe troppo vasta e insensata. Lo sguardo si nutre della pace  che solo la prospettiva sa donare.

Inventare qualcosa. Mettere le mani, la testa, le idee in movimento. Creare un gioco per i miei figli, una melodia, una filastrocca. Generare una emozione, un oggetto, un disegno o un pensiero, un piccolo argine al non senso delle cose.

Stare in silenzio. Perché il rumore si è impadronito di tutto, delle strade, degli ambienti, delle menti e dei cuori. Un rumore esterno che inquina lo spazio urbano generando stress, tensione e nervosismo. L’individuo privato del silenzio e sottoposto a continui stimoli non è più padrone di sé stesso e della propria capacità di discriminare tra sentire e ascoltare.