Conoscete ormai di sicuro Giovanni Artegiani, perché nel corso degli ultimi anni abbiamo avuto modo più volte di parlarvene e di raccontarvi la sua musica.
Giovanni, in effetti, ci è sempre piaciuto, a noi redattori implacabili, per la sua capacità di rimanere coerente ad un’idea di scrittura che nel tempo ha saputo esplorare confini diversi, ma sempre mantenendosi fedele ai suoi rigorosi parametri estetici e poetici: un dono, quello di Artegiani, che si coniuga con una predisposizione vocale interessante, grazie a un timbro che arricchisce di spessore parole scelte appositamente per depositarsi sul fondo del cuore.
Canzoni, come direbbe lui, che possano raggiungerci ovunque siamo, alla ricerca di una dimensione di intimità che diventa collettiva fin dal primo play: con uno slancio quasi un po’ blanchito, Giovanni dedica al suo amore distruttivo e allo stesso tempo angelico l’invettiva piena d’amore di “Faccia d’angelo”, che fa il paio con altri due brani, “Tu in riva al mare” e “Quando amore non è”, che provano a raccontare l’amore (in un disco che parla d’amore) in modo un po’ diverso dal solito.
Naturalmente, come per ogni cantuatore che si rispetti anche per Artegiani l’amore viene visto nel modo meno “definibile” possibile, finendo con l’assomigliare, tutto il disco intendo, ad un prisma di rifrazione attraverso il quale Giovanni proietta le sue sicurezze ma soprattutto le sue insicurezze: un tuffo in mare aperto che mozza il respiro e lascia l’ascoltatore ad immergersi verso apnee nuove, che ricordano vecchi dolori con parole diverse, finalmente giuste.
“Guardingo” diventa così un manifesto personale che ben si adatta a tutti coloro che hanno capito che abbassare la guardia può essere fatale, ma che nonostante tutto non smettono di amare con dedizione e sacrificio; “Fiore” è la dichiarazione d’amore che non ti aspetti e che giustamente dà il nome all’intero lavoro di Giovanni, spiccando per produzione pop e slancio melodico.
Un lavoro denso, frutto di anni di ricerca e dedizione, che proietta Artegiani verso un live che confidiamo possa restituire tutta la dimensione emotiva di un disco che vale, almeno quanto un “Fiore”.