Esce venerdì 8 marzo 2024 su tutte le piattaforme digitali e in distribuzione Believe Music Italy il nuovo singolo dei P L Z dal titolo “Cose belle“. Un nuovo capitolo per il duo senza volto di stanza a Milano: un’anima pulsante techno pop, una creatura luminosa dalle venature cantautorali che, come uno spettro, vedevamo aggirarsi per la scena musicale già dal 2021, quando uscì l’album di debutto “M E G A” (Costello’s Records), e che ora (finalmente) è di ritorno.
“È successa una cosa bella”, “Abbiamo visto una cosa bella”. Quante volte abbiamo letto o scritto una caption così? Tra tutte le espressioni che rimbalzano per i social, cosa bella è la più emblematica: veste sempre, non impegna e si porta dentro il desiderio di essere accettati e, perché no, accompagnati, sostenuti nel salire al contrario le scale mobili della vita e della società. Un bisogno tutto umano, plasmato dalle convenzioni, distorto dalle regole dell’attrazione. Il pezzo è il resoconto semiserio di questa dinamica, calata in un rapporto di coppia e resa mantra technoide, tutto moine e spasmi che si inabissano in una notte darkwave, sotto la luce pulsante di un sole-lampione. “Ti scriverò soltanto cose belle, perché se no te ne vai via”: è l’idea malsana per cui accettazione, amore e affermazione sociale non passano dal superamento del conflitto, ma dalla sua rimozione.
La cover del singolo inaugura la collaborazione con il progetto BeautySucksOrKills di Emanuele Ferretti e rappresenta il primo di una serie di ritratti di ‘mostri carini’ che costituiscono il concept del nuovo album.
Per conoscerli meglio, abbiamo deciso di farci invitare a casa loro, al Supermoon Studio dove nascono i loro brani, e ci hanno mostrato cinque oggetti che parlassero anche della loro storia.
1. SUPERMOON LIGHT BEACON
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La nostra casa è il Supermoon Studio, dove produciamo e ci riproduciamo. Questa è l’insegna faro che ci illumina nella notte: quando non abbiamo idea di dove andare a parare con un beat o un sample, una linea vocale o una frase, guardiamo quella luce azzurrognola e ci ricordiamo chi siamo e da dove veniamo.
2. LE MASCHERE “LATEX BIOSAS”
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“Vivi nascosto” dice il saggio epicureo. Noi lo abbiamo preso alla lettera, coprendoci la faccia, appiattendo ogni tratto identificativo, in barba alle leggi antiterrorismo del pianeta. E lo abbiamo fatto un po’ per l’amico Epicuro, un po’ perché averle in faccia è una sensazione pazzesca. La nostra seconda pelle è puro lattice elastico e fragile. Qualcuna ci è esplosa in faccia mentre suonavano, qualcun’altra porta i segni indelebili del sudore versato (e mai asciugato). Sono le nostre compagne di vita, la nostra croce e delizia.
3. TANZABÄR DIE TANZMASCHINE
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Questa scatolina è fra gli elettrodomestici che preferiamo. Ci si cucina i beat in tutte le salse, electro, techno, garage, house. È tanto caruccia quanto stronza: scordatevi che vi tenga salvate in memoria le ricette. Ogni volta è come la prima volta con lei. Ma le vogliamo bene lo stesso, con lei si mangia da dio.
4. EREBUS, IL DIO DEI BASSI INFERNALI
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Come in ogni casa che si rispetti, anche al Supermoon Studio c’è un accesso diretto all’inferno. Nel nostro caso si passa da questo coso. Si tratta solo di intonare i suoi tre oscillatori, cosa possibile solo poche volte all’anno, in concomitanza di certe convergenze astrali o quando il pezzo che stiamo scrivendo è decente. Erebus è un dio dispettoso ed esigente.
5. P L Z SYNTH BRUSH
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Oggetto di piacere, strumento di precisione, la nostra spazzola da synth è un tool “necessario”. Ci si fanno dei cascami di suono stupendi, facendola scivolare dolcemente su tasti, knob e cursori. Un gesto rilassante che libera endorfine e ossitocina come neanche accarezzare un gatto.