“Dedicato alla Luna” è il nuovo EP manifesto dei DFWU, piena espressione della loro libertà creativa. In occasione dell’uscita di questo esordio abbiamo fatto qualche domanda alla band.
Artwork: Martina Platone
- Il vostro EP “Dedicato alla Luna” sembra un canto rivolto verso una musa ispiratrice, capace di essere al contempo stimolo artistico e meta inarrivabile. Cosa vi ha portato a trovare nella luna e nell’atmosfera notturna l’ispirazione per questo progetto?
“Dedicato alla Luna” è dedicato a una compagna di camminate, una presenza costante nel nostro progetto e in noi come persone. È la luce nel buio che illumina il percorso verso lo studio dopo essere usciti dal lavoro, insomma una linea guida che porta in posti migliori. Siamo tendenzialmente animali notturni, quindi la notte è il momento in cui riusciamo a lavorare meglio, quel periodo di tempo in cui tutto quello che viviamo nell’arco della giornata si quieta e finalmente riusciamo a dare spazio a noi stessi e alle nostre creazioni. - In “Cronico” avete collaborato con Moder, leggenda del rap underground romagnolo e italiano. Come è nata la collaborazione e quali sono state le sensazioni di confrontarsi artisticamente con lui?
La collaborazione con Moder è nata quando ci ha invitato a suonare nel suo locale Cisim di Lido Adriano, ormai un’istituzione per quanto riguarda musica live e hip hop in generale all’interno del nostro territorio. Abbiamo chiesto se si potesse incastrare una data e così è stato. Siamo entrati subito in buon rapporto. Prima di sentirci, quando abbiamo messo giù “Cronico”, avevamo una strofa su cui fare un feat con qualcuno. Siccome, a nostro parere, è la traccia all’interno dell’EP che più richiama l’hip hop vero e proprio, abbiamo pensato che Moder sarebbe stato l’artista giusto per valorizzare la strofa, e infatti è andata proprio così. Una bomba, pathos, workflow fortissimo e rime taglienti nel suo stile. Non potevamo chiedere di meglio, sia umanamente che artisticamente. - Al di là degli incastri e dei tecnicismi, il vostro rap appare contaminato da una fortissima componente strumentale, dovuta ovviamente alla natura collettiva della vostra formazione. Quanto conta nella vostra ricerca artistica l’approccio “analogico” al suono?
Siamo molto felici di questa domanda perché amiamo parlare della nostra strumentazione, specialmente dell’equipaggiamento vintage, che usiamo per rendere ogni brano unico. Come avete notato, i suoni analogici sono parte integrante di ogni nostra produzione perché partiamo sempre da lì, cercando il massimo confronto con lo strumento. La ricerca del suono più adatto è un’esperienza che pochi apprezzano al giorno d’oggi, con librerie di plug-in e VST che, con qualche click, suonano perfettamente. Capiamo che molti preferiscano il digitale perché è più economico e semplice, ma noi siamo tra quelli che amano ancora girare manopole, sentire ronzii e smontare e rimontare strumenti per farli funzionare. Tuttavia, usiamo anche il digitale per migliorare l’ analogico quando necessario. Il nostro obiettivo è mescolare sapientemente strumenti old school e tecnologie moderne, per creare un suono nuovo con una base tradizionale.
- Fra le vostre ispirazioni citate i Sangue Misto e Robert Glasper, in qualche modo icone dell’old school della cultura rap. Come riportate questi riferimenti così importanti all’interno della vostra scrittura?
Questa risposta la divideremo in due parti, proprio perché con la domanda siete riusciti a racchiudere da una parte la scrittura testuale e dall’altra la scrittura musicale. Partiamo dai primi citati: di sicuro il riferimento e gli spunti presi dai Sangue Misto derivano soprattutto dal loro album iconico “SXM”, da canzoni come “Lo straniero”, “Cani sciolti” o “Clima di tensione”, brani in cui gli artisti hanno caratterizzato il loro dissenso, il loro “rigurgito sociale” e la resistenza a uno stato repressivo come quello dei fine anni ’90. Questo in particolare ci ricongiunge molto alle sensazioni e a quello che viviamo noi oggi, per questo in molti casi capita che nei testi Rampa riporti le stesse sensazioni. Arriviamo così a un altro riferimento importantissimo per noi, Robert Glasper. Con album come “Dinner Party” con Terrace Martin e Kamasi Washington, “Black Radio” o album in collaborazione come “Drones”, ha rivoluzionato e portato su un altro livello il nostro modo di suonare e approcciarci alla musica. La nostra ispirazione parte da lui perché ha ripreso quel concetto di jazz che Miles Davis proponeva all’interno dei suoi ultimi album, quel concetto da cui hanno iniziato negli anni ’80 i primi DJ hip hop a tagliare sample e fare i primi loop. Riportando in live quelle vibes ma con una nuova essenza: pasta vecchia, suono nuovo! - Avete descritto questo EP come “un manifesto di ribellione e autenticità musicale”. Il vedere la musica come strumento di ribellione non è un concetto nuovo, ma ad oggi da cosa vi sembra che serva liberarsi?
Rispondiamo a questa domanda partendo dal nostro nome, D.F.W.U., che è già un urlo di per sé. È una manifestazione di ribellione contro la monotonia di una vita che prova a schiacciarti ogni giorno. È presente in ogni sfida, in ogni momento difficile, in ogni sistema corrotto e schifoso che vuole farti abbassare la testa o convincerti che la vita non può essere vissuta come la vuoi vivere tu. Don’t fuck with us è un promemoria per noi stessi e per gli altri che nulla può intaccare la nostra determinazione. È quell’esclamazione che dovresti avere ogni volta che ti rialzi. Per noi, Don’t fuck with us è una filosofia: avere dei diritti, impegnarsi per creare la vita che desideri e non accettare passivamente ciò che non vuoi. Quando ti arrendi e accetti le imposizioni, è lì che ti hanno fregato.
BIO
Don’t Fuck With Us è un’odissea sonora nata durante la quarantena, quando il trio Rampa, Mattia e Anton inizia a sperimentare con synth, loop e prime rime. Fondendo hip-hop, jazz e funk, ispirati da Sangue Misto e Robert Glasper, creano una sinfonia urbana. Sul palco, Daniel alla batteria e Lorenzo al basso amplificano l’esperienza, mentre Marco al piano aggiunge una nuova dimensione al sound.
DFWU incarna l’energia e la diversità della scena musicale romagnola.
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Fonte: Costello’s Agency