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Indie Intervista rock

La catarsi del processo creativo. L’intervista ai Facile

“Disco Shuttle”, il nuovo EP dei Facile, rappresenta pienamente il modo di vivere la musica del duo brianzolo. Li abbiamo intercettati per porgli qualche domanda esistenziale.

Artwork: Riccardo Garofalo

  • Già dal titolo, il vostro ultimo EP “Disco Shuttle” sembra voler rimandare ad un immaginario vintage ed internazionale: quali sono state le vostre influenze e dove avete cercato l’ispirazione per questo progetto?
    Diciamo che siamo stati ispirati principalmente dalle nostre esperienze di vita. Ci sono avvenimenti che ti assorbono totalmente, in quanto li si vive al 100%, nel bene e nel male. Dopo di che tende ad esserci un momento di “respiro”, e quando si ha lo spazio per metabolizzare il tutto, è lì che si riescono a mettere in musica quelle sensazioni, il che diventa anche un modo per esorcizzare. In questo senso il processo creativo è per noi molto catartico e condividerne il risultato – ovvero le canzoni – con le persone, è un modo per ridare al mondo attraverso l’arte quella stessa energia legata al vissuto e provare a portare del Bello nelle vite dei nostri ascoltatori.
  • Venite dalla Brianza, terra industriale e in qualche modo marginale, e la vostra estetica è dominata dal bianco e nero: vedete nel far musica un’occasione di riscatto per uscire dal grigiume delle periferie?
    Sì, fare musica per noi è un po’ come accendere un lampione in una strada buia, con la speranza di “illuminare” un po’ le nostre vite e quelle di tutte le persone che ci ascoltano e con cui condividiamo un pezzettino di mondo.
  • A livello sonoro, la vostra musica è fatta di un rock dominato da chitarre distorte e un cantato a tratti violento. Dall’altra parte però ci sono i testi, che raccontano spesso di relazioni personali e sentimenti; come si uniscono queste due anime in apparenza contrastanti?
    Sotto questo punto di vista non ci vogliamo nascondere, ed anzi cerchiamo essere del tutto sinceri nell’esprimere il nostro dolore verso situazioni di vita fallimentari – che siano sul piano relazionale, personale o altro. Non c’è un volere romanticizzare, ma piuttosto dare un feedback realista del nostro vissuto, e forse da questo deriva il nostro stile musicale e sonoro. Per noi l’autenticità è prioritaria, senza troppi giri di parole.

  • In una realtà ormai dominata dai solisti, la vostra scelta di far musica in un duo vi allontana dalla norma; come vi rapportate allo scrivere e al lavorare in coppia?
    Per noi è importante rispettare lo spazio sacro della condivisione quando scriviamo musica. È un procedimento complesso che richiede tanta cura. Di per sé c’è un tacito accordo nell’alimentare l’uno la creatività dell’altro, e questo crea un clima dove singolarmente abbiamo la libertà di apportare un contributo personale, che poi è arricchito da un lavoro di scambio e confronto.
  • I quattro brani di “Disco Shuttle” sono caratterizzati da ritmi e sonorità in parti differenti, ma risultano coesi attorno agli stilemi del rock. Se doveste scegliere un brano che meglio degli altri rappresenta questo nuovo capitolo del vostro percorso, quale sarebbe?
    Noi facciamo del nostro meglio per mantenere un filo conduttore ed una cifra stilistica coerente nei nostri lavori, più che altro per un discorso estetico. Al di là di questo però, ogni brano racconta la sua storia e ci racconta in modo differente, per questo pensiamo che ciascuno ci rappresenti a modo suo e per noi sono tutti significativi. L’aspetto di critica a livello musicale lo lasciamo ai critici: noi ci preoccupiamo di fare le cose in modo autentico, le “stelline” le lasciamo a Rolling Stone.
  • Come già accennato, i testi dei brani dell’EP tornano spesso all’idea di legami personali che si disgregano, lasciando l’idea di una crescente disillusione nei confronti della vita. Vedete la scrittura come un modo di esorcizzare la tentazione di lasciarsi andare o come un tentativo di risollevarsi?
    Come dicevamo prima per noi la scrittura è catartica, e in questo c’è una duplice volontà: da una parte quella di non prendersi troppo sul serio, e di non dare un’accezione apocalittica agli avvenimenti negativi della vita; e dall’altra cogliere anzi l’occasione per crescere, ed imparare a capire l’importanza di sapere vivere non solo nella felicità e nella spensieratezza, ma anche nel dolore. Di fatto nelle nostre performance dal vivo c’è un rivivere il dolore che è stata la matrice del moto creativo che ha generato la canzone, ma c’è anche la risposta stessa a quel dolore, e quindi un senso di catarsi, pace e serenità.

    Volevamo chiudere ringraziandovi per lo spazio ed il tempo dedicato ai nostri pensieri!

BIO
Facile nascono in un garage nella bassa Brianza, disconnessi dalla frenesia metropolitana.
Spinti dall’esigenza di trasformare in musica le quotidiane esperienze della vita di periferia, scrivono per guarirsi da una visione metereopatica e disillusa della vita.
Vivono nella scena underground brianzola dove si raccontano attraverso distorsioni e groove decisi, partoriti in lunghe sessioni di rilascio emotivo e ricostruzione musicale in studio di registrazione.

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Fonte: Costello’s Agency