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Cosa c’è nella camera di Proia

Giacomo Proia è nato il 31 ottobre del 1986 a L’Aquila. Come proia ha prodotto e pubblicato musica che si potrebbe definire ‘art pop’. Si può leggere di lui o ascoltarlo parlare di sé su Rockit, Rumore e Radio Popolare. È stato tra i sessanta partecipanti di Musicultura 2022. Ha pubblicato quattro o cinque anni fa il suo primo libro, Ordinari imprevisti. Ha scritto di città in mutamento, di pallone e di vacanze scadenti per le riviste La Balena Bianca, Contrasti e The Trip Magazine. Qualche suo racconto si può leggere su Pastrengo, Blam!, e Lorem Ipsum. Da poco è uscito per Saremo Alberi editore un volume scritto da lui e illustrato dalla sua compagna Ilenia Tiberti, si chiama Le canzoni italiane illustrate. È laureato forse troppe volte. Ora scrive, suona, e gestisce un ostello sul Cammino dei Briganti. Lo scorso 28 aprile è uscito su tutte le piattaforme digitali “Il Controesodo”, nuovo EP del cantautore abruzzese che è stato definito come un “un catalogo di storie”.

Ne abbiamo quindi approfittato per fare un giro a casa dell’artista per scoprire quali sono le storie che essa ci racconta:

Le foto non le ho scattate a casa mia dove sto ora, ma nella casa dove sono cresciuto.

Questa è parte della mia collezione di CD. Ho speso forse troppi soldi in cd, veramente senza sapere cosa mi attendeva ho comprato diverse porcherie. Poi ci sono molti cd masterizzati. Ho padroneggiato l’arte di masterizzare, ci mettevo tanta cura nel copiare tutti i titoli delle canzoni, nello scrivere artista e titolo album sul lato. Ora a riguardarli mi viene voglia di gettarli tutti e tenere solo gli originali. Alcuni non li ho mai ascoltati. Moltissimi cd sono rovinati, dopo aver fatto diverse gite al mare con me chiusi dentro il porta oggetti della macchina. Io non lo sapevo all’epoca che i cd non vanno ascoltati se non si vogliono rovinare. Gli artisti di cui ho più cd originali sono gli Iron Maiden, i Radiohead, i King Crimson, gli U2. 

Mia madre lavorava alla Sip, la vecchia Telecom, e l’azienda organizzava delle colonie estive per tutti i figli dei dipendenti. Io ho partecipato due volte, entrambe nell’estremo nord dell’Italia, talmente lontano che ho preso l’aereo per andare, da solo, a sei o sette anni. Sono stati degli autentici traumi, volevo tornare a casa dopo mezz’ora, ma mi attendevano quindici giorni di solitudine e attività ricreative. Ho conosciuto altra gente figlia di dipendenti Sip, per tutti è stato un trauma. Questa è una candela che ci hanno fatto fare lì, la conservo per non dimenticare tutto questo.

Questo è l’unico trofeo che ho vinto in trentasette anni di vita. Un torneo di bocce per bambini in un hotel malandato sulla riviera romagnola. Anzi un’altra volta ho vinto un orologio, in un torneo di karaoke al bar del mio paese. Avrò avuto tredici anni e gareggiavo con tutti adulti, che in parte hanno rosicato per la mia vittoria. Ma le mie interpretazioni di ‘Emozioni’ e i ‘Giardini di marzo’ meritavano il premio. 

Posso dire nella vita di aver stretto la mano a un Presidente della Repubblica Italiana. In questo caso era Giorgio Napolitano. Avevo accompagnato mio nonno, insignito dal Presidente con una medaglia al valore, per gli anni di guerra che ha passato in un campo di lavoro a Berlino, catturato dai tedeschi. Onorato di averlo accompagnato. Mi vanto di questa foto con chiunque entri in casa.

 

Una volta sono andato a Firenze con mia zia, avevo nove anni. Per ricordo ho comprato un poster della Gioconda. Mi sembrava una cosa che avrebbe accresciuto il mio status sociale. Un bambinetto con la Gioconda in camera, dove si era mai visto? La cosa mi avrebbe trasformato in una sorta di genio agli occhi degli altri. Con il passare del tempo mi sono accorto che il soggetto del quadro non faceva che fissarmi, da qualunque punto lo guardassi. Ho deciso di portarla in cantina.

Poi mia madre ha recuperato la Monna Lisa e l’ha appesa nel suo salone.