Con il loro secondo singolo “Tuo Padre”, i leimannoia scardinano con ironia feroce e groove i tabù più resistenti della borghesia italiana. Tra spritz e giarrettiere, il pezzo è una fotografia disturbante e divertita di quelle verità che si annidano nei silenzi familiari, nei bar di provincia e nei salotti troppo ordinati per essere sinceri. Ci hanno raccontato come nasce la loro dissonanza musicale, perché la provincia non è solo sfondo ma coprotagonista, e cosa succede quando il nonsense incontra il teatro dell’assurdo. Spoiler: il delirio è appena cominciato.
Avete scelto un tappeto musicale radiofonico, quasi spensierato, per un testo che invece affonda le mani nella sabbia sporca. Quanto vi diverte questa dissonanza? Pensate sia anche un modo per dire che la musica leggera può trattare temi “pesanti”?
La dissonanza nasce dall’unione di idee che appartengono ad ognuno dei componenti della band. Crediamo che uno dei “superpoteri” della musica sia proprio quello di permettere di associare un mood musicale a testi che “canonicamente” verrebbero accompagnati in maniera diversa. Quindi perché non sfruttare questo potenziale?
C’è una forte atmosfera “provinciale” nella canzone, fatta di bar, rituali ripetitivi e verità mai dette. Cosa rappresenta per voi la provincia italiana? È solo sfondo o vero e proprio personaggio?
Ci piace molto prendere spunto da situazioni di vita quotidiana, e spesso ci troviamo a descrivere scene che ci fanno molto ridere. Questa dimensione per noi è necessaria nella scrittura di tutti i brani.
La produzione è molto curata, eppure la voce mantiene un tono volutamente grezzo, sporco, quasi strafottente. Come lavorate questo contrasto in studio? È una decisione che nasce da pancia o da testa?
Intanto grazie mille. In fase di scrittura in studio non ci mettiamo dei paletti, spesso e volentieri succede che si intreccino idee musicali/testuali di ognuna delle teste di questa band. Quindi inizialmente direi che è una decisione di pancia, a cui vengono associate decisioni di testa in fase di chiusura del pezzo.
Tra i versi emerge anche una figura femminile che “non ci crede ma spera in lui”. Quanto c’è di sentimentale, sotto tutta questa provocazione?
Questa strofa vuole far vedere l’altro della medaglia della situazione descritta nel pezzo. È importante che tutti i personaggi all’interno di un nostro brano abbiano il loro spazio per esprimere idee, pensieri ed emozioni in merito alle situazioni che stanno vivendo.
Tra funk, punk, indie e hip-hop: se doveste inventare un nome per il vostro genere musicale, che nome gli dareste? E cosa non potrà mai mancare in un pezzo dei leimannoia?
Il nostro nome nasce come risposta per chiunque ci chieda che genere di musica facciamo; noi rispondendo educatamente diciamo “lei m’annoia”. In un nostro pezzo non può mancare la commistione di diversi generi accostata a storie prese dalla vita quotidiana dei contesti che viviamo.
Immaginate questa canzone portata su un palco, in forma teatrale. Che tipo di scena sarebbe? Minimalista, esagerata, comica, tragica? Chi interpreterebbe il padre?
Innanzitutto vorrei conoscere il regista scellerato che decide di riprodurre il brano in chiave teatrale. Scherzi a parte, credo ci divertirebbe molto questa situazione. Onestamente non riesco a non pensare ad una riproduzione in stile teatro dell’assurdo, mi viene in mente “Waiting for Godot” di Samuel Beckett, ad esempio.
Ora che avete messo sul tavolo una narrazione così potente e disturbante, dove vi porterà il prossimo passo? State già lavorando a qualcosa che spinga ancora oltre i vostri limiti (o quelli dell’ascoltatore)?
Direi che il delirio è appena cominciato, stiamo lavorando, purtroppo per voi, ad altri pezzi che non vediamo l’ora di farvi sentire.