Esce venerdì 9 dicembre 2022 per Another Music Recordings “Locked in a circle“, il nuovo singolo del songwriter Milo Scaglioni: un nuovo capitolo che ci accompagnerà alla pubblicazione del suo secondo album in uscita questa primavera, a sei anni di distanza dal precedente disco di debutto “Simple Present“.
“Locked in a circle” è un brano che, pur mantenendo l’inevitabile matrice britannica che già conoscevamo, in parte abbandona l’oscurità e la nostalgia psichedelica in cui ci aveva fatto condotto Milo Scaglioni, concedendoci qui un nuovo loop musicale che esplora sentimenti quali lo smarrimento di fronte all’amore, e la paura di perderlo, e descrive la gabbia quotidiana in cui ci rinchiudiamo, lasciandoci con un messaggio tuttavia positivo: “out of the circle/ made your escape/make it better every day”. Questo brano è la prefazione del nuovo (secondo) romanzo di formazione musicale firmato dal menestrello che ama la psichedelia (come lo ha definito XL Repubblica nel 2017): “Port Nuveau“, questo il titolo del nuovo album in uscita all’inizio della primavera del 2023 per l’etichetta parigina Another Music Recordings
Mentre “Simple Present“ si ispira alla psichedelia dei tardi anni 60 e al cantautorato di autori come Elliott Smith e Nick Drake, la sua seconda raccolta di canzoni in inglese,“Port Nuveau“, spazia in una direzione più ecclettica, abbracciando mondi sonori che partono dall’intimismo di una canzone come “Sketches in the sand” e arrivano all’urlo di un pezzo come electric shush, passando attraverso brani dalla psichedelia alla velvet undrerground, per poi virare verso un Richard Ashcroft del primo periodo solista e ripartendo per un viaggio in treno dalla Francia all’Olanda, nella storia di un amore da nouvelle vague raccontata in from “Paris to Amsterdam“.
Noi non abbiamo resistito, e gli abbiamo chiesto di fare un giro a casa sua. Abbiamo capito un paio di cose sul suo passato da vegano, dei suoi gusti letterari e molto altro.
Il primo oggetto forse ha scarso potere evocativo, ma è diventato fondamentale quando un anno fa ho provato, con successo discreto ma non impeccabile, ad adottare una dieta consapevole e vegana. Si tratta di un comunissimo sminuzzatore elettrico, ma mi ha reso la vita molto più facile e saporita. Cucinare è per me un piacere (senza esagerate ambizioni), ma è anche una necessità se uno non vuol vivere di sola insalata. Attraverso questo signore sono passate centinaia di cipolle, carote, avocadi, legumi vari e verdure a foglia larga sbollentate. E’ velocissimo, non fa domande e non si stanca mai di lavorare.
Il secondo oggetto è questa piccola casetta di legno in stile boscaiolo canadese. Mi è stata regalata da un’amica per il mio compleanno e mi piace molto immaginare che dentro ci vivano Babbo Natale, Rudolph e qualche elfetta avvenente e lasciva. Mi immagino Rudolph con il suo naso rosso, seduto su una poltrona a dondolo con la coperta sulle gambe, di fronte al fuoco intento a leggere i fratelli Karamazov mentre Babbo Natale si da alla pazza gioia con le sue amiche Elfe nella camera accanto. In realtà si tratta si un bruciatore d’incenso.
Anche il terzo oggetto è un regalo fattomi per il mio compleanno. E’ un piccolo pulmino della Volkswagen in miniatura. Niente di speciale se non che è la replica esatta del pulmino che mi portava, insieme ai miei compagni di squadra, a giocare a calcio in freddissimi pomeriggi d’inverno prima che abbandonassi per sempre il calcio (ero giovanissimo e ci tengo a precisare che il mondo non perse alcun fenomeno). Mi ricordo che il nostro autista aveva spesso addosso il discreto profumo della grappa e che una volta andammo dritti, a tutta velocità, attraverso uno stop, senza sapere se arrivavano macchine. Su questo furgone ho imparato a vivere pericolosamente.
Il quarto oggetto è questo quadro. Si tratta del ritratto di un cane ed è stato appeso al muro della mia cameretta di bambino e adolescente da quando sono nato. Ho deciso di portarlo a casa mia perché gli sono affezionato. E’ uno dei cani più tristi che ho mai visto e mi chiedo se trovarmelo di fronte ogni giorno al risveglio non abbia avuto un effetto sulla mia psiche di bambino e adolescente. La verità è che ogni volta che lo vedo avrei voglia di abbracciarlo e di dirgli che va tutto bene, che la vita è molte cose e che le avversità che incontriamo spesso ci guidano in posti dove non saremmo mai arrivati in una tiepida e solare mattina di maggio.
Dulcis in fundo, il mio primo basso. Il mio primo strumento. Il mio primo amore. E’ un ibanez roadster (non roadstAr) del 1980. Apparteneva al salumiere da cui si serviva la mia famiglia che lo vendette a mio fratello più grande. Nel giro di non troppo tempo finì per essere dimenticato in un armadio. Quando a 15 anni iniziai a suonare lo feci grazie a questo strumento, che all’inizio rubavo di nascosto e che poi mio fratello mi prestò per tre anni, fino a quando me lo regalò per il mio diciottesimo compleanno (grande regalo). Quando a 19 anni mi trasferii in Inghilterra il basso venne con me. A un certo punto lo prestai ad un amico, che finì col tenerlo in casa per 10 anni.
Subito prima della pandemia andai a londra a fare festa e rimasi a dormire da questo amico. Tornati a casa dopo una notte di bagordi, lo rividi con la coda dell’occhio in un angolo del salotto e non ci potevo credere. Dimenticato due volte è oggi il mio strumento preferito. Quando si dice essere perseveranti.