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Torna Kublai (e ci siamo pentiti di non aver ascoltato meglio il suo debutto del 2020)

Il 2020 è stato un anno bulimico di uscite, tutte quelle che non avevamo voglia di ascoltare (per ovvi motivi) e che ci siamo ritrovati a collezionare nelle mail, a spalmare sul calendario come degli ossessi, senza forse la forza di ammettere che non eravamo pronti a quella tonnellata di musica nuova, e che forse avevamo ancora voglia di rifugiarci nei dischi e nei telefilm che già conoscevamo a memoria. Tutto ricominciava, a partire dai concerti che a singhiozzi, tra chiusure ed aperture, riprendevano, ma nessuno riusciva ad inseguire quell’ossessa e insistente coda di uscite. E sul finire di quest’anno assurdo, il lontanissimo 2020, usciva Kublai, il disco di debutto del progetto solista di Teo Manzo.

Lui, tra le menti che hanno portato avanti anche De Andrè 2.0, progetto amarcord che ha visto, tra le altre cose anche un sold out all’Alcatraz di Milano, si è rifugiato qui, in questo disco che parla di terre lontane (il vastissimo impero di Kublai Khan) ma anche delle più conosciute strade padane, di due amici che si separano, come Kublai Khan e Marco Polo, anche in un presente che ci può sembrare più banale. Di brani concatenati, che ad ascoltarli di seguito non si capisce l’inizio di uno e la fine dell’altro, di immagini che vanno a pescare nell’immaginario di Italo Calvino (e delle sue Città Invisibili) ma che in realtà parlano di una perdita molto più personale e meno onirica. Conversazioni perdute, e sepolte sotto gli effetti elettronici, e avvinghiate alla musica. Parole, melodia, e musica che sono meravigliosamente tutt’uno.

Il nostro consiglio è quello di iniziare la settimana con il suo nuovo singolo, Una notte più lunga, pubblicato proprio oggi, primo spiraglio di un nuovo disco di prossima uscita: un’abisso che sarà positivo, così promette il cantautore e compositore. Da qui, immergetevi nella tristezza catartica del suo disco di debutto, l’omonimo Kublai.

Buon inizio settimana!

J.