Con “Voglio sorridere un po’”, Gionata torna con un brano che è grido e carezza allo stesso tempo.
In bilico tra fragilità e rabbia trattenuta, il cantautore lucchese scava nell’inquietudine generazionale, cercando nella sofferenza una chiave di lettura per capirsi meglio. Il ritornello è una richiesta estrema di sentirsi vivi, mentre l’arrangiamento essenziale e sincero, nato tra le mura di casa, rafforza l’intimità del pezzo.

Per conoscerlo meglio, abbiamo deciso di farci invitare a casa sua, e ci siamo fatti raccontare la storia di qualche suo oggetto.
Negli ultimi 7 anni ho cambiato 4 città e quasi 10 case. Trasloco dopo trasloco, ho imparato a lasciarmi indietro molti oggetti, rinunciando alla loro presenza nella nuova casa in cui andavo ad abitare. Alcuni, però, mi hanno accompagnato – e probabilmente mi accompagneranno – in ogni nuova dimora in cui prendeva vita il mio piccolo mondo. Oggetti che semplicemente decorano l’ambiente, altri di svago, oltre agli strumenti musicali. Più che un “cosa c’è nella mia stanza” dunque, è un “cosa mi porto dietro quando trasloco”.
Game Boy Advance SP con Pokémon Rosso Fuoco e Verde Foglia
Un’ossessione da cui non riesco a liberarmi, tanto è che mi porto dietro anche un quadretto di una scena memorabile dei primi titoli della saga.

Sebbene conosca a memoria questa perla videoludica, puntualmente risale in me la voglia di iniziare una nuova partita, formando nuovi team e cambiando il nome del personaggio.
Un oggetto che mi aiuta a mantenere la fanciullezza viva in me, una parte che custodisco e curo, poiché mi aiuta a sognare e mi riporta agli anni in cui il problema più grande era aver perso un Charizard al livello 100 durante uno scambio con amici.
Ho rilasciato anche una canzone su YouTube durante la pandemia, Game Boy. Parla dell’amore per la mia infanzia e di come a volte la vita da adulti sia una rottura di palle, concetto che ritorna anche in un’altra mia canzone, a cui sono molto affezionato, Torno subito.

Telecamera a mano Panasonic
Una telecamera che comprai in passato, quasi 10 anni fa, quando suonavo nei Violacida, la mia precedente band.
La comprai per documentare le registrazioni del disco a Ferrara, da Fusaroli.
Fa schifo, non registra nemmeno in HD, ma è sempre stata un oggetto importante per me, che sono tendenzialmente un tipo timido e introverso. È di grande aiuto perché mi permette di rompere le palle alle persone e creare un pretesto per chiacchierare (il più delle volte aiutato da un modesto livello di sbronza).
È così che ho stretto gran parte dei legami a Roma, città in cui ero totalmente da solo e facevo fatica a costruire rapporti. Alcuni mi mandavano a cagare, ma la maggior parte di loro mi vogliono bene e rivedere quei momenti magici è emozionante.

Action Figures
Voglio ancora credere che di notte, quando vado a dormire, i giocattoli prendano vita e parlino tra di loro, come accade in Toy Story, il primo film d’animazione che entrò nella mia vita e mi folgorò totalmente.
Me ne porto sempre dietro alcuni e attualmente la squadra è composta da:
- il sempre presente Woody (del film sopracitato), anche attore del videoclip di Oceano, secondo singolo estratto del mio primo disco
- Yoshi, il dinosauro di Super Mario (sto in fissa con i dinosauri, in passato ci scrissi pure una canzone )
- Stan, il mio personaggio preferito di South Park, cartone animato per adulti che ha formato il mio senso critico nei confronti della società
- Squirtle, questa è una new entry che mi è stata regalata qualche mese fa, avrei preferito Charmander ma non diteglielo che altrimenti ci resta male. Comunque anche Squirtle è figo eh

Le città invisibili di Italo Calvino
Libri, libri, libri.
Vabbè, un po’ scontato, ma non potevo non inserire almeno un libro negli oggetti che mi porto dietro.
Ogni volta faccio fatica a scegliere quale libro portare e quale lasciare nella libreria a casa dei miei e Le città invisibili è uno di quei titoli che ho sempre avuto con me, perché nasconde tante storie che possono essere lette da tanti punti di vista.
Un’opera eterna che, secondo me, risulta nuova a ogni lettura.

Le mie chitarre
Come ultimo oggetto avrei potuto inserire il quaderno dei disegni con varie penne, matite, gomme ecc ma mi sembra più doveroso omaggiare le uniche due chitarre che mi accompagnano più di 15 anni.
Una è una chitarra classica marcissima da 20€ su cui ho appiccicato con la colla vinilica frammenti di vecchi cd frantumati: con questa ho scritto la quasi totalità delle mie canzoni.

L’altra è l’unica chitarra elettrica che ho mai avuto, acquistata nel 2009 (che è anche il titolo di una mia canzone): una fender Telecaster messicana. Non sono un tipo materialista, ma se dovesse succedere qualcosa a questa chitarra perderei una parte importante di me. Non la lascio mai incustodita quando vado in giro a suonare.

Bonus: il pianoforte
Dai, concedetemi un sesto oggetto.
Per me è un simbolo importante perché mi aiuta a ricordarmi che il tempo è una fregatura e non esistono “momenti giusti e momenti sbagliati” per fare le cose.
Già a 19 anni volevo imparare a suonare il pianoforte ma il tempo passava e mi ripetevo che ormai era troppo tardi.
All’età di 23 anni un anziano signore (un cliente, ai tempi lavoravo come imbianchino nella ditta di mio padre) si mise a ridere quando gli raccontai questo mio pensiero, prendendomi in giro poiché trovava sciocco pensare che fosse troppo tardi.
Il suo modo ironico di dirmi una tale realtà cambiò radicalmente la mia vita: quella sera stessa cercai sul web un’insegnante di pianoforte e la mattina dopo iniziai la prima lezione, percorso durato più di 3 anni (poi mi trasferii a Milano).
Iniziai anche l’università e dissi a mio padre che non volevo fare l’imbianchino, ma che i miei sogni erano altri.
L’unico oggetto che rimane in casa dei miei genitori (perché, ovviamente, non posso portarmi dietro), e che mi ricorda che posso fare quello che mi pare.
