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Comunicato stampa

“Never So Close, Never So Far”: il nuovo singolo dei Voice of Waves

“Never so close, never so far” è il primo singolo del duo Voice of Waves, in uscita il 20 ottobre su tutte le piattaforme digitali. Il brano descrive le difficoltà nel costruire rapporti umani (sia con sé stessi che con altre persone) facendo una metafora con la costruzione di un castello di sabbia, difficile da erigere e solidificare ma facile da far crollare, con il solo passaggio delle onde del mare. Questi rapporti così fragili sono racchiusi nel titolo della canzone, “never so close, never so far”, una circostanza dove non trovano un vero equilibrio. Il brano è composto da giochi di loop di chitarra elettrica, leggera elettronica e voce melodica. È stato registrato, mixato e masterizzato presso il Jungle Studio (PU) da Thomas Prioli. L’8 novembre uscirà il videoclip ufficiale, diretto e prodotto da Samuele Apperti. 

BIO:

Voice of Waves è un duo italiano nato nel 2017, composto da Carol Morosini (voce) e Marco Monari (chitarra). Dopo diversi anni di esperienze live in Italia e all’estero con un repertorio di cover a 360° (pop, jazz, rock), nel 2021 sentono l’esigenza di sviluppare un nuovo ramo del progetto, più personale, scrivendo musica propria. Diverse sono le influenze musicali del duo: da Olivia Lufkin a Billie Eilish, da Aurora a TK from Ling tosite sigure. Un mix di sonorità pop, elettroniche, influenze orientali, con la loro musica soft pop portano l’ascoltatore in una dimensione di fantasia e leggera malinconia. 

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Internazionale

La Babbutzi Orkestar, fuori di testa e fuori da tutto

Lo dico? Lo dico. Non capisco la musica che dovrebbe far ridere, non so perchè, per me la musica deve far stare di merda, e basta. Approcciarmi a un disco che dovrebbe farmi sentire bene, dovrebbe mettermi allegria (come è il caso di quello di cui andremo a parlare) è sempre stato fuori contesto, ascoltare la musica è quel momento catartico che mi fa spostare da casa mia all’ufficio, e viceversa, poco altro, e più mi fa stare di merda, meglio riesco a vivere le mie situazioni sentimentali che non saranno mai come Love will tear us apart. Quindi, da quando ormai sono una persona grande piena di buoni propositi tra cui fare la spesa prima di spendere soldi in puttanate e di chiamare una volta a settimana mia madre per dirle che sto bene, anche se magari sto cercando il mio portafogli da un mese sventrando tutta casa.

Quella della Babbutzi Orkestar è un mondo estremo che, nonostante non mi faccia sentire di merda, coincide con il mio, dove porno e amore sono la stessa cosa. Quello di Pornopunk, questo il titolo del nuovo album della Babbutzi Orkestar, è l’estremo tentativo di evadere dagli schemi, un disco libero di contaminarsi di idee, suoni e generi musicali che normalmente si guarderebbero con sospetto. Nuotare tra il punk e il surf. Qui dentro si affoga dentro una ballad blues. Farsi shakerare da ritmi balcanici, per poi caracollare in un reggaeton dedicato a Cinisello Balsamo. Ancora, pop, rock e un pizzico di trap (Sinatra). Infine tuffarsi insieme ai Cacao Mental in una (cata)cumbia libera di suonare alla Babbutzi maniera. Un disco che la sa lunga su amore, tormenti, sesso, libertà, festa e balli. Ma anche sulla bellezza nella diversità. Essere diverso. Essere punk. Estremamente punk. Pornopunk.

Questo disco è dedicato a tutti i coglioni come me che vivono solo di casa, lavoro e canzoni tristi, che al liceo occupavano le aule e guardavano i film di Antonioni. Questo disco disco è per tutti quelli che hanno bisogno di sentirsi dei fighi spaziali, anche solo per qualche attimo, per tutti quelli che amano i vestiti stravaganti e che non hanno il coraggio di indossarli. Pornopunk è un inno al coraggio, per tutti gli sfigati là fuori. Grazie anche da parte mia, Babbutzi Orkestar.

ST

 

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Comunicato stampa

Ritorna Red Pill Zone

Continua il progetto Red Pill Zone che prevede la promozione di 5 artisti residenti in Alto Garda e Ledro che stanno partecipando ai due progetti che l’associazione Sonà ha redatto per promuovere e seguire la musica locale: “Red Pill (Zone)”, finanziato dal Piano Giovani dell’Altogarda e Ledro e il “Lake Live Session” finanziato con il contributo della Fondazione Caritro. Il tutto con la collaborazione di IndieMood e Metrò Rec.

Siamo finalmente arrivati alla seconda fase del progetto

OGGI ESCONO IN ESCLUSIVA LE LAKE LIVE SESSIONS!

GUARDALE SUBITO QUI:

 Moltissima importanza è stata data alla valorizzazione del territorio girando i video su tre laghi che caratterizzano la zona dell’Alto Garda e di Ledro: Lago di Garda, Lago di Ledro e Lago di Cavedine.

I video sono pubblicati anche sui canali dell’associazione Sonà

Red Pill (Zone) + Lake Live Session – YouTube

Successivamente il progetto continuerà con una serata di presentazione dei video a Cantiere 26 con data da definire e con dei mini corsi di formazione per fornire alle band le competenze necessarie per partire con una possibile carriera musicale.

Ecco le band  e gli artisti partecipanti al progetto Red Pill Zone e alle Lake Live Sessions:

Electric Circus (Paolo Urbani, Paolo Pilati, Giuliano Buratti, Francesco Cretti, Gabriele Perrero e Federico Bevacqua): Electric Circus | Facebook

Toolbar (Andrea Zoppirolli, Edoardo e Sebastiano Omezzolli, Riccardo Sartori, Stefano Beretta, Gioele Maiorca, Niccolò Silvi): Toolbar | Facebook

Sorianna (Sofia Pederzolli e Marianna Nardelli): SORIANNA  

Claudio BonavidaClaudio Bonavida

Craw (Andrea Cioffi): Musiche di un Tizio Scemo

Tutte le band e gli artisti sono seguiti da “Indiemood” come ufficio stampa e promozione e dalla web radio Rockabout dell’ass. Sonà con interviste e podcast dedicati.

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Indie Intervista Pop

La Lambrooklyn di Mico Agirò

Lambrooklyn” è il nuovo singolo di Mico Argirò, e da poco ha pubblicato anche il nuovo video. Noi affascinati dalla sua musica e dal nuovo contenuto, non potevamo far altro che intervistarlo subito. Non perdetevi il nostro incontro, buona lettura!

Ciao Mico, benvenuto! Complimenti per la tua ultima canzone, “Lambrooklyn”, sei soddisfatto?

Abbastanza. Tanto a livello di diffusione e consensi e questa cosa mi onora, ma forse avrei desiderato più contatto umano, più confronto sui contenuti, più profondità. Oggi invece si galleggia sulla superficie, mi fa piacere che il pezzo stia surfando, ma preferirei immersioni nei fondali.

Quando hai scritto la canzone?

Tra ottobre e novembre del 2020, periodo di zone rosse nel quale evadevo il coprifuoco per il solo desiderio di farlo.

Quale credi sia la novità che porti nel panorama musicale?

Questa è una domanda complessa. Io credo che ultimamente nella mia musica ci siano tanti elementi di novità: la fusione tra musica acustica ed elettronica nella cornice della musica d’autore, tematiche molto contemporanee, ma non per forza di moda e nel pensiero dominante, un approccio minimale che mischia tante influenze, il fatto stesso che analizzi tutto ciò che mi capita o che vedo attraverso il filtro unico dei miei occhi e della mia sensibilità. Non sono cose nuovissime, non ho inventato delle ali per volare alla Leonardo, ma ho uno stile personale nel rapportarmi alla musica e al mondo, credo sia difficile trovare qualcosa di uguale a me su Spotify.

Non dico migliore, ma uguale.

Quando hai iniziato a fare musica?

Ho iniziato molto presto, da ragazzino, con la chitarra nella mia cameretta, da lì alle prime canzoni il passo è stato breve e da quelle ad oggi è stato insieme un’eternità e un battito di ciglia.

Dove ti immagini suonare i tuoi pezzi live?

Sto suonando spesso dal vivo, per fortuna, e lo sto facendo nei contesti più disparati e diversi: dai palchi grandi con lo spettacolo elettronico (insieme a Biagio Francia) fino ai localini, dalle situazioni in acustico alle presentazioni fino agli house concert. Non credo di avere un luogo ideale per suonare, non mi interessa tanto il luogo, quanto l’incontro con le persone, il collegamento attraverso il microfono della mia anima a quella di ogni singola persona sotto il palco.

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Internazionale

Milano 84 e la colonna sonora di un club sommerso

Monochromatic è il disco di debutto dei Milano 84: un mondo di synth nostalgici, una raccolta di hit che sembrano la colonna sonora di un club anni Ottanta, un ipotetico locale dove si riunivano sicuramente i disadattati cittadini, le ragazze più magnetiche che potreste immaginare, Dario Argento e la sua cricca, ogni tanto la gente si moltiplicava per le feste a tema, dove ci si vestiva tutti di rosso e nero, e si proiettava Suspiria sui muri, ballando fino a mattina. Dentro Monochromatic c’è un mondo dimenticato, di sfarzi ed italodisco, lussuria e svago, un mondo di superficialità notturna che s’è insinuata nelle onde cerebrali collettive, creando un immaginario ben preciso che non è facile evocare. I Milano 84 ci sono riusciti.

Dopo la pubblicazione in vinile, esce finalmente con distribuzione digitale Believe per Lost Generation Records,  Monochromatic, il primo album dei  Milano 84. Da venerdì 1 ottobre 2021 troverete su tutti gli store digitali un nuovo disco che nasce dal desiderio e dalla curiosità di manipolare il sound degli anni 80 con consapevolezza e leggerezza, la scelta audace di un duo che oscilla tra italodisco e synthpop con eleganza e groove. Monochromatic vanta collaborazioni del calibro di Vincenzo Salvia (Stranger Things) e Fabio Liberatori (Dalla, Stadio), alternando le mille sfaccettature dei vocalist ai remix che miscelano il tutto con un tocco contemporaneo. 

L’italodisco che torna a casa, con il coraggio di un disco fuori da ogni moda musicale, fuori da ogni logica di Spotify, a costo di suonare vintage (e spoiler, non suona per niente così, anzi è un’appassionante scoperta per chi gli anni Ottanta li ha vissuti solo su Netflix), arrivando ad essere persino scomodo. Perchè Monochromatic non si può spiegare o classificare, si muove tra l’italiano e l’inglese, tra un ondeggiare distratto con un cocktail in mano ad una danza disperata e malinconia. Monochromatic è stata la mia colonna sonora durante un viaggio in aereo, quasi per tornare a casa (dico quasi perchè in realtà non stavo tornando a casa, ma a trovare qualcuno) e m’ha preso una sensazione come di sconforto, come finire rapita da Doctor Who, ancora una volta, come dentro un episodio di Twilight Zone, come se i Milano 84 mi avessero afferrato per un braccio per trascinarmi a forza fuori dalla mia confort zone: che forse tra tutti i Miami e club berlinesi del caso, mi ero scordata come poteva essere ritrovarmi qui: synth e ritmiche serrate, italodisco e una notte intera a ballare con gli occhi sbarrati.

Un ottimo disco, per tutti, soprattutto per i russi che probabilmente ucciderebbero per avere di nuovo un disco di nuovo fatto da italiani. Un disco per chi vuole infilarsi in un tunnel di luci stroboscopiche e voci femminili bellissime, quasi a volerti accompagnare per mano verso la follia. Una scoperta che non scoderò facilmente, da non perdere.

CM

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Indie Pop

Gli Amore Psiche danno l’amore anche ai robot

Inizio con una piccola provocazione. Ma se il disco del 2021 fosse in realtà un piccolo album semi-sconosciuto di una band di quarantenni? Cioè, non è che forse stiamo cercando i suoni migliori e il sangue fresco di post liceali e nei giovanissimi che passano inevitabilmente dai talent, quando magari sarebbero da cercare nell’ultima fatica di chi nella musica ha saputo affondare, di chi si cosparge di suoni e chitarre come fosse fango e ne riemerge sempre più forte? Gli Amore Psiche sembrano farci respirare tutti quei dischi consumati dai nostri genitori, quelli che poi ci appassionavano e poi ascoltavamo di nascosti, sembrano riportarci ai primi concerti delle occupazioni e di quell’età dove tutto sembrava magnifico: qualsiasi ragazzo che sapeva suonare la chitarra, qualsiasi band ci trovassimo davanti.

Scoprire è il titolo del primo album degli Amore Psiche, e sempre Scoprire è il disco delle prime volte, proprio perchè in grado di descrivere le emozioni, come se le provassimo per la prima volta, riportandoci ai banchi di scuola, alle sorprese, ai momenti in cui si scopriva tutto. Come quella prima volta che mi sono innamorata, che non era la cotta per Kurt Cobain, ma per una persona reale, dagli sguardi reali, che però mi avrà rivolto una decina di frasi in tutta la sua vita. Ero una sorta di robot che sente per la prima volta qualcosa, come la protagonista di Dolce Illusione, un calore immenso che fa anche molto male. E fa anche molto male sapere che forse gli Amore Psiche ce li ascolteremo in pochi, e in pochi vivranno quell’invito a ritrovarsi adolescenti, a buttarsi a suonare il sax, a provare un lavoro piuttosto che un altro, a studiare medicina oppure cinema, in pochi torneranno in un momento in cui tutto è possibile.

Ascoltare questo disco, complice l’ipnotica voce di Daniela, mi ha riportato quindi proprio lì, in quel folle momento dove sfogliavo Rockerilla durante l’ora di latino, segnandomi una marea di titoli di dischi e nomi di band di cui non sapevo assolutamente nulla, però mi piaceva come suonava un nome, o un aggettivo che aveva usato quel qualcuno per recensirlo. Poi mi fiondavo nel meandri di internet alla ricerca del modo migliore e illegale per ottenere tutti i dischi che mi ero prefissata di ascoltare. Ogni volta una scoperta, un’ondata di suoni che mi penetravano sfondandomi lo sterno, e non c’era bello o brutto, solo il nuovo. Scoprire è questa cosa qui, e sarò grata per sempre agli Amore Psiche per avermelo ricordato.

Un folk-rock che si arricchisce di synth, che sa di nuovo come quando scopri uno scatolone di vecchi Urania nella vecchia casa dei tuoi, un segreto custodito bene e mai rivelato, qualcosa di antico e primordiale che risale finalmente a galla. Non abbiate paura di cercare anche voi i vostri scatoloni sotto al letto.

CM

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Elettronica Internazionale

Savnko e tutti i suoi allucinati giovani demoni che si porta dentro

Ritrovarsi a fare i conti con sè stessi è sempre una cosa difficile.

E ci tengo a precisare che in generale i dischi senza parole, tutti i dischi senza parole, sono subdoli e un po’ bastardi, perchè ti lasciano soli con i pensieri, le parole va a finire che ce le devo mettere io, nella mia testa. E finisce che penso a quanto sono stata stronza quella volta che mi sono messa a tirare i piatti e non avevo voglia di parlarti, che forse dovrei scriverti, però poi lo faccio e tu non rispondi, e quindi vaffanculo. Young Demons è il secondo disco di Savnko, che mi ha tirato fuori di tutto, persino quei ricordi assurdi di un’adolescenza lontana in cui passavo le nottate davanti al computer a guardare serie televisive, un episodio dietro l’altro, mangiando e vivendo a letto, in completa solitudine. Non sono mai stata così tormentata e isolata come allora, e Young Demons è la colonna sonora di quel periodo, e della rabbia che oggi ne deriva.

Quello di Young Demons si presenta un progetto che vuole raccogliere tutte le insolite emozioni provate durante questi ultimi due anni altrettanto insoliti: rabbia, incoscienza e voglia di tornare a una vera libertà, senza nessuna paranoia, paura o rimorso riguardanti la vita di tutti i giorni. Questa pandemia ci ha riportato in quel periodo, che tutti noi musicofili che ci leggiamo le recensioni online abbiamo passato (non mentite, per favore!), quello in cui tutti uscivano il sabato sera e ci lasciavano a boccheggiare, e noi in quel tempo lì leggevamo libri tristi, finivamo film d’autore e serie di fantascienza, tutto ciò che abbiamo dovuto riprendere durante quel maledetto 2020. Young Demons sono tutte le volte che ho provato a chiamarti, non hai risposto e sono rimasta ad aspettarti tutta la sera, quella volta che ho incrociato il tuo sguardo, che abbiamo tenuto un segreto, che poi, lontani, siamo rimasti a casa a scrivere e a consumare Antonioni.

Quelli di Savnko sono tormenti elettronici oscuri, tormentati, ossessivi. Un’atmosfera che sa di quella stanza piena di poster e pianti sul cuscino, di nottate illuminate dal pc prima che si parlasse di hikkikomori. Savnko ci porta con la sua elettronica per emarginati a conoscerlo bene, a incontrare i suoi demoni più recenti che probabilmente lo hanno ossessionato in quest’ultimo periodo. La migliore e tormentata canna sul divano, come il peggiore dei balli solitari in un club berlinese dove abbiamo perso tutti i nostri amici, chitarre solitarie che infiltrano nei pensieri in Lust, insinuazioni bassocentriche disturbanti, parole abbandonate come captate dallo spazio. Savnko è indubbiamente uno dei migliori nomi dell’elettronica contemporanea, e si impegna davvero tanto a farci stare male.

Volete stare male come al liceo? Eccovi serviti.

CM

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Pop

Dado Bargioni completa il puzzle con l’ultimo pezzo mancante

In questo mondo di regole folli e dinamiche fuori da ogni logica, questo venerdì è arrivato Dado Bargioni che fanculo a tutti ha pubblicato un album e un singolo lo stesso giorno. Cioè capiamoci, non un album con una focus track no, proprio un singolo (copertina e tutto bello pronto su Spotify) e un album, Il pezzo mancante. Non ho capito perchè e per come, ma trovo questo un piccolo gesto anticonformista, contro ogni dettame e regola: e non so neanche se è per sfregio, per genio o un innocente azione da boomer, ma lo trovo comunque una bellissima rivoluzione romantica, tutto insieme, tutto subito, in modo che sia tutto lì, pronto, in modo da conoscere in toto Dado Bargioni, nessun pezzo mancante.

Dado Bargioni quindi fa un disco pop, ma che di pop non ha nulla (a partire dalle modalità prima citate). Dado Bargioni fa un’autobiografia musicale dove convivono l’amore, tutta la consapevolezza delle cose che cambiano, tutta una vita che vive in un disco. Qui dentro c’è l’urgenza di raccontarsi, di mostrarsi così, esattamente come si fa alle cena di famiglia che poi si concludono in psicoanalisi di gruppo, dove riemergono vecchi rancori senza rabbia. Ogni tanto vorrei che mio padre avesse la voglia di fare un disco (e verrebbe sicuramente più brutto di quello di Dado), per vivermelo così, di una sincerità disarmante, e allo stesso in modo leggero, senza drammi ma con un abbraccio musicale in undici tracce (+ un pezzo mancante uscito come singolo, chissà se è da intendere veramente così).

Dado Bargioni mi sa di casa, di quelle giornate che prendevo l’autobus infinito e poi si facevano quelle mangiate incredibili con gli zii di giù, dei nipoti che non mi ricorderò mai come si chiamano, e poi pure mio nonno, che per una volta riusciva a uscire di casa senza borbottare. Poi si finiva tutti a giocare a carte, tra una scala e una scopa, qualcuno diceva qualcosa di triste, che veniva notato poco ma che poi rimaneva negli anni. Il pezzo mancante è un po’ così.

Rimandi beatlesiani (si dice così? Reminder per il futuro: non usate nomi per le vostre band che non possono essere coniati come aggettivi, anche se siete i Beatles), ritmiche complesse e piccoli lumi di chi sa suonare ma non ne fa sfoggio, sperimentazione pop che si risolve in brani “semplici” che non sono semplici per niente. Dado Bargioni si è messo in gioco e mi sembra di conoscerlo, come uno di quelli che ho battuto a scala quaranta un Natale lontano, mentre cercava di distrarmi raccontami la storia delle sue mille vite.

Per ritrovarsi.

CM

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Comunicato stampa

Torna a Rio Saliceto la seconda edizione di “RiOpen”

Venerdì 24, sabato 25 e domenica 26 settembre presso il parco G. Ulivi di Rio Saliceto.

L’associazione di promozione sociale Godot, in collaborazione con il Comune di Rio Saliceto e con il contributo della Regione Emilia-Romagna, organizza la seconda edizione di:

“RiOpen Festival”

Tre giorni di concerti, spettacoli, racconti e artigianato, nella cornice green del parco G.Ulivi di Rio Saliceto (RE), da venerdì 24 a domenica 26 settembre.

Lo scopo di RiOpen è quello di coinvolgere e stimolare il pubblico con proposte di intrattenimento e performance multidisciplinari. La proposta vuole favorire l’aggregazione e la socialità proponendo contenuti di rilevanza sociale e culturale e, allo stesso tempo, restituire alla comunità gli spazi di aggregazione anche in tempi incerti come quelli attuali.

Anche quest’anno RiOpen Festival ospita il “Premio Biagini”, progetto promosso dal Comune di Rio Saliceto volto a supportare giovani artisti del territorio.

PROGRAMMA

Di seguito il programma del festival articolato nelle tre serate, su due palchi posti agli estremi opposti del parco:

  • dalle ore 19. 00 avrà inizio la rassegna di concerti:
  • venerdì 24 settembre

Gregorio Sanchez: liriche cariche di fascino e ironia, sonorità di respiro internazionale che conducono in un viaggio “dall’altra parte del mondo”, dal titolo del suo ultimo album, verso destinazioni ancora tutte da scoprire.

Crema: le loro canzoni sono ritmate e veloci, lente e strappacuore, con semplicità non stanno nei limiti prestabiliti. Sono stati “i Camillas”, tornano con nuovi pezzi, melodie gommose e adesive e piedi che battono a tempo senza accorgersene.

  • sabato 25 settembre

Giorgieness: al secolo Giorgia d’Eraclea, cantautrice e chitarrista di rilevanza nazionale, porterà sul palco il suo percorso musicale di scenari cantautorali dalle sonorità pop.

  • domenica 26 settembre

Lorenzo Kruger: già frontman dei Nobraino, presenterà il suo primo disco da solista, “Singolarità”, in una coinvolgente performance piano e voce.

Ziliani: polistrumentista, autore e compositore con un primo singolo, “Bar Franca”, da oltre 150.000 ascolti su Spotify, chiuderà in grande stile il festival con uno show travolgente ed un sound esplosivo

  • In apertura alle tre serate si esibiranno Giargo in Arte, Prim e Miglio: artisti aderenti al progetto Sonda del Centro Musica di Modena che promuove la diffusione e la circuitazione di giovani progetti musicali
  • dalle ore 20.00 circa ospiteremo alcune presentazioni di libri:
  • Topazio Perlini presenta il libro di Vittorio Ondedei: “I Camillas, che storia”, inerente le rocambolesche vicende del fu progetto musicale “I Camillas”.
  • Sarvish Waheed presenta il libro “La libertà sa di fragole” che affronta il tema dell’integrazione e del conflitto generazionale e sociale degli immigrati di seconda
  • Melissa Magnani, giovane autrice correggese, presenta il libro: “Teodoro”
  • Fabio Moretti, giovane imprenditore reggiolese, presenta il suo libro: “Come Braccio di Ferro perse i suoi muscoli e la sua Olivia”.
  • venerdì e sabato, a partire dalle 22.00, verranno inoltre proposti spettacoli teatrali:
  • venerdì 24 settembre

Massimiliano Loizzi: rinomato attore e comico, già membro del collettivo “Il Terzo Segreto di Satira”, porta in scena “Il Matto 2”, spettacolo che con una feroce satira ripercorre gli avvenimenti del G8 di Genova 2001.

  • sabato 25 settembre

Compagnia delle Lucciole: giovane compagnia di teatro sperimentale modenese porta sul palco di RiOpen lo spettacolo “Da Grande Voglio Fare Il Mafioso” una pungente commedia ispirata ai fatti del processo Teseo.

Per tutta la durata della manifestazione sarà allestita un’area espositiva riservata a giovani artigiani  e  artisti  per  le  loro  creazioni  handmade.  L’area  espositiva  sarà̀  curata  da  Alice Vacondio, artista ed espositrice che da anni opera in collaborazione con numerose realtà locali come Arci Tunnel di Reggio Emilia e ReUsed.

All’interno dell’evento saranno accolte anche numerose associazioni del territorio, come Africa Libera ODV che si occupa di volontariato in territori come Burkina Faso o Mali; Libera contro le mafie, presidio di Carpi, che si impegna a diffondere la cultura della legalità; La Clessidra di Bastiglia che promuove attività di formazione presso gli istituti scolastici dell’infanzia; Idee di Gomma e i Ciappinari di Vignola, vivaci associazioni giovanili tese alla promozione culturale e musicale.

Durante tutta la manifestazione saranno attivi punti bar e cibo, in collaborazione con Nonno Pep Beer and Food (Carpi), Mattatoio Culture Club e l’associazione Rio Gnocco.

Media partner dell’evento è il blog/webzine RRM che da anni si occupa di promuovere artisti musicali emergenti a livello locale e nazionale.

Il festival è inoltre promosso da The Festival’s Backpack – Festivals Lovers, blog dedicato ad eventi musicali e performativi.

Il festival si svolgerà nel pieno rispetto delle normative covid vigenti per garantire la salute, la sicurezza e il divertimento di tutti.

L’ingresso è libero e gratuito con l’obbligo di green pass.

Per ulteriori informazioni si rimanda al profilo Instagram di Riopen Festival 2021 e all’evento facebook dedicato.

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“Lambrooklyn è il nuovo brano del cantautore Mico Argirò

«È una canzone piena di sintetizzatori, arpeggiatori, beat; però c’è ancora una presenza marcata delle chitarre e dei cori. Nonostante il tema, c’è energia: c’è tutta la voglia di ballare, di esplodere»

Un brano che nasce dall’insofferenza del costringimento nelle mura domestiche della quarantena e la voglia di ribellarsi alle imposizioni.

Dopo le collaborazioni con Pietra Montecorvino (“Hijab”) e quella con Tartaglia Aneuro (“Le canzoni divertenti”), Mico Argirò torna con un nuovo brano di protesta, fra chitarre acustiche ed elettronica: “Lambrooklyn”, gioco di parole, sincrasi fra il quartiere milanese Lambrate e quello newyorkese, Brooklyn.

«“Lambrooklyn” racconta in maniera laterale il mio secondo costringimento in casa; che poi per me non lo è stato davvero, perché mal sopporto le imposizioni. Il titolo è un gioco di parole con un quartiere di Milano: l’idea mi è venuta da un murales visto in una notte di zona rossa. Milano è centrale in questa canzone (e lo sarà tantissimo anche nel video), perché è dove ho passato quei giorni di “clausura”. Questa città è stata uno scenario davvero suggestivo in quel periodo: lo svuotamento, le ipocrisie, le mie passeggiate notturne a Lambrate e a Loreto, le regole alle quali non mi attengo e le paure naturali. Ci sono tutti i pensieri del momento, la mia visione sul presente e il desiderio di qualcosa che scompigli la situazione, un’esplosione rosa».

“Lambrooklyn” è un concentrato di pensieri ed emozioni accumulati durante il periodo di lockdown e sputati fuori da Mico Argirò con veemenza, irriverenza lontana dal politically correct e da qualsiasi tipo di allineamento di pensiero.

«Concettualmente, il testo si concentra su delle scene, soprattutto emotive: c’è il TG1 da non ascoltare, c’è il vino, c’è il rifiuto di vivere per lavorare e c’è il desiderio dell’esplosione nella stanza, c’è Bowie, c’è l’assenza forzata di qualcuno, le strade notturne che si svuotano… sto continuando su una visione irriverente e fuori schema del presente, molto personale; magari anche criticabile, ma non mi importa. Ho voluto raccontare una mia versione della cosa, senza insistere sul virus, ma dal mio punto di vista, soprattutto emotivo. Ho scoperto che questo punto di vista mi accomuna a tanti, costretti da un periodo terribile, forzatamente lontani dagli affetti e lesi nella propria libertà personale e mentale».

Dal punto di vita musicale, il brano rientra a tutti gli effetti all’interno i quello che è il nuovo percorso artistico di Mico Argirò il quale, da sonorità cantautorali più classiche, in bilico fra la lezione degli chansonnier e la patchanka, ha intrapreso progressivamente un discorso di sperimentazione verso forme più vicine all’elettronica, senza abbandonare la matrice cantautorale.

«“Lambrooklyn” segue la scia delle cose che sto facendo attualmente: suoni elettronici ed acustici che si miscelano. È una canzone piena di sintetizzatori, arpeggiatori, beat; però c’è ancora una presenza marcata delle chitarre e dei cori. Nonostante il tema, c’è energia: c’è tutta la voglia di ballare, di esplodere.»

Interamente suonato dallo stesso Mico Argirò, “Lambrooklyn” si avvale della collaborazione di comecarbone ai cori, mentre registrazioni, mix e master sono stati realizzati da Ivan Malzone per il Ramingo Itinerant Studio.

La copertina del singolo è un’opera dell’artista brasiliana Iara Carvalho intitolata “Pink Explosion”, concessa per la canzone vista la straordinaria sintonia.

Multilink: https://lnk.to/Lambrooklyn