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Internazionale

Un viaggio nel tempo con una Delorean chiamata “Wendy Night”, ecco com’è andata a Milano!

É stato strano? É stato strano. Ma strano bello? Strano bello. Perchè era da veramente tantissimo che non ritrovavo così tante persone, concentrate in un posto solo, che riescono a sfoggiare senza vergogna questi pantaloni stretti, queste vans a scacchi, capelli freschi di tinta di colori assurdi, non vedevo certi personaggi (incredibilmente sopravvissuti) dal 2008, ed è stato strano ritrovarsi, vecchi, e sempre emo. La Wendy Night ha avuto su di me quell’effetto amarcord, quel ritrovare quelle situazioni, vibes e persone che mi riempivano e mi salvavano quando ero un adolescente.

É un giovedì sera, e c’è la Wendy Night al Gate, in questa serata a Milano dove fa freddissimo. e già una vociare all’ingresso attira l’attenzione. L’idea è quella di portare per la prima volta dal vivo (con band) artisti appartenenti alla scena emo-punk romana, che finora hanno sempre e solo collaborato attraverso produzioni e featuring, con l’intento di proporre uno spettacolo unico! Il tutto era già avvenuto a Roma, al Monk, e da lì, la Wendy Night è diventata itinerante con l’obbiettivo di toccare le maggiori città italiane e inserire in line-up nuovi progetti di questo panorama musicale. 

Batteria e chitarra sono coperti dai membri della band Il Corpo Docenti (Luca Sernesi e Lorenzo Manenti), e sul palco si sussegguono xDiemondx, Suicide Gvng, Ego, Decrow, IN6N, Giuze, ANSIAH e Spidy & Biso. Un concentrato adrenalinico dove è successo di tutto: un ragazzo con le stampelle è salito sul palco, il sudore addosso, il pogo che ci era così mancato durante gli anni del Covid. Quegli anni così brevi che ci hanno fatto così male, perchè ci hanno fatto invecchiare e ritrarre nella nostra comfort zone. Roma da urlare anche qui, a Milano, dove senza tregua, Decrow ci invita a fare un casino pazzesco, precedendo una cover fantascientifica di “Sere Nere” di Tiziano Ferro.

La sottocultura emo non sta tornando di moda, forse è stata dormiente nella testa di tutti noi, che non abbiamo mai dimenticato cosa significasse stare nelle piazzette, parlarsi per ore su internet, innamorarsi di quella ragazza con le gambe nude e i calzini a strisce, anche in pieno inverno. Siamo tutti Mercoledì della serie di Netflix, anche se abbiamo passato i trenta, e non potrei essere più contento di tutti quei ragazzetti che ho visto giovedì, che forse pensano che sono ancora un figo a vestirmi così. Mi domando come si siano avvicinati a queste sonorità e colori, come è successo che dei ragazzi come Spidy & Biso, classe 2004 o di lì, si vestano come avrei voluto vestirmi io 15 anni fa. E questo vortice di domande e passione, rende tutto bellissimo.

Due ore serrate, a cui segue anche il DJ set emo-punk di Emo Sucks e Yuks. Ed è un giovedì sera di gennaio che sa di estate, di fine degli esami e di spensieratezza, quella che non ti costringe alla sveglia delle 7, domani mattina.

J.

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Internazionale

Torna Kublai (e ci siamo pentiti di non aver ascoltato meglio il suo debutto del 2020)

Il 2020 è stato un anno bulimico di uscite, tutte quelle che non avevamo voglia di ascoltare (per ovvi motivi) e che ci siamo ritrovati a collezionare nelle mail, a spalmare sul calendario come degli ossessi, senza forse la forza di ammettere che non eravamo pronti a quella tonnellata di musica nuova, e che forse avevamo ancora voglia di rifugiarci nei dischi e nei telefilm che già conoscevamo a memoria. Tutto ricominciava, a partire dai concerti che a singhiozzi, tra chiusure ed aperture, riprendevano, ma nessuno riusciva ad inseguire quell’ossessa e insistente coda di uscite. E sul finire di quest’anno assurdo, il lontanissimo 2020, usciva Kublai, il disco di debutto del progetto solista di Teo Manzo.

Lui, tra le menti che hanno portato avanti anche De Andrè 2.0, progetto amarcord che ha visto, tra le altre cose anche un sold out all’Alcatraz di Milano, si è rifugiato qui, in questo disco che parla di terre lontane (il vastissimo impero di Kublai Khan) ma anche delle più conosciute strade padane, di due amici che si separano, come Kublai Khan e Marco Polo, anche in un presente che ci può sembrare più banale. Di brani concatenati, che ad ascoltarli di seguito non si capisce l’inizio di uno e la fine dell’altro, di immagini che vanno a pescare nell’immaginario di Italo Calvino (e delle sue Città Invisibili) ma che in realtà parlano di una perdita molto più personale e meno onirica. Conversazioni perdute, e sepolte sotto gli effetti elettronici, e avvinghiate alla musica. Parole, melodia, e musica che sono meravigliosamente tutt’uno.

Il nostro consiglio è quello di iniziare la settimana con il suo nuovo singolo, Una notte più lunga, pubblicato proprio oggi, primo spiraglio di un nuovo disco di prossima uscita: un’abisso che sarà positivo, così promette il cantautore e compositore. Da qui, immergetevi nella tristezza catartica del suo disco di debutto, l’omonimo Kublai.

Buon inizio settimana!

J.

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Pop

Cosa c’è nella camera di Rayo

Esce venerdì 13 Gennaio 2023 BUIO”: il secondo singolo di Rayo, cantautore indiepop, prodotto da Paci Ciotola

La canzone rappresenta l’accettarsi per come si è, anche nelle parti più buie della propria essenza, quelle che normalmente si nascondono agli occhi degli altri perché se ne ha paura. Il buio dell’anima si riversa anche all’esterno, infatti Rayo ci dipinge un quadro cupo e oscuro attraverso le sue parole. L’artista si chiede se abbia senso portare avanti una relazione con una persona che non lo “vede” davvero, esprimendo il desiderio di vivere una connessione più profonda che però con lei non potrà mai avere.

Noi siamo stati a casa sua, ed ecco cosa ci ha mostrato.

Cuarenta y tres 

Solo alla vista di questa bottiglia mi tornano alla mente le risate, le nottate, i tramonti, i bagni a mezzanotte nell’oceano freddissimo ma irrinunciabile.. in una sola parola: Tenerife. Me ne sono innamorato dalla prima volta in cui ci sono stato ed è ogni anno tappa fissa per me. Il 43 accompagna da sempre le mie notti canarie ed è stato partecipe di tante serate indimenticabili.

La fine del mondo

È immancabile il calendario Maya se hai visitato il Messico. È un oggetto molto suggestivo e anche se non ho idea di come si legga, mi ha sempre impressionato il suo rappresentare la fine del mondo. È come un promemoria tangibile dell’ineluttabile scorrere del tempo. Guardarlo mi ricorda di godermi ogni momento e di vivere l’hic et nunc, il qui ed ora.

Keyblade del cuore 

Questo è uno dei miei oggetti preferiti. No, non è solo una chiave gigante, è un keyblade ed è l’arma utilizzata dal protagonista di una delle mie serie di videogiochi preferite, Kingdom Hearts. Con il keyblade Sora libera i cuori delle persone, intrappolati all’interno di involucri vuoti fatti di sola oscurità, chiamati Heartless. Anche io spero un giorno di liberare i cuori dei miei ascoltatori dal peso delle loro ombre.. in un certo senso si potrebbe dire che il mio keyblade è la musica.

The Answer 

Sono un grande appassionato di Basket e durante il mio viaggio a New York nel 2018 non potevo mancare la tappa all’NBA storeAllen Iverson è il mio cestista preferito da sempre e, sebbene non abbia mai vinto un titolo con i 76ers, per me ha cambiato la storia di questo sport. È stato d’ispirazione anche a livello umano, la dimostrazione che con la determinazione anche le situazioni più difficili possono avere speranza di riscatto. Allen Iverson è “The Answer”, la risposta alle batoste della vita.

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Pop

Le 5 cose preferite di Giuseppe D’Alonzo

Disponibile su tutte le piattaforme digitali “Fantasmi di carta”, il nuovo album di Giuseppe D’Alonzo. Un disco con un sound blues rock accompagnato da testi cantautorali e profondi.

“Fantasmi di carta” è un viaggio alla ricerca di ciò che davvero conta. L’amore, l’arte, la natura e tutto quello che ci riporta in contatto con chi siamo nel profondo. Giuseppe D’Alonzo ha dedicato questi brani all’arte e in particolare agli artisti, trasformandoli in figure in grado di salvarci dalla mediocrità. In fondo è proprio nell’arte, che sia dipinta o musicale, che l’uomo ha sempre trovato se stesso e una via di fuga.

Il disco è composto da sedici brani legati da un fil rouge melodico, ma ogni pezzo riesce a mantenere la propria essenza differenziandosi dagli altri. Abbiamo dei brani più cantautorali come “Parlare di me, parlare di te”, “Cenere” e “Perduto nel tempo”.Interessante è la title track uno dei pezzi più ritmati con un rock intenso e intrigante. A questi si alternano brani più pop come “A piedi nudi” e “La crudeltà”. Tra i pezzi più frizzanti troviamo “Gravità” e “Ecce Homo”.

Noi come sempre non abbiamo resistito e gli abbiamo chiesto quali fossero le sue cinque cose preferite, ecco com’è andata!

Il Legno

È un materiale che mi ha sempre affascinato, e mi è sempre piaciuto a pelle.

Ha delle proprietà straordinarie, ci dona calore, resistenza, vibrazioni, atmosfera, bellezza, insomma è il materiale che preferisco e tra gli oggetti in legno che adoro ovviamente ci sono le chitarre Acustiche che, nel mio piccolo, colleziono.

Viaggiare

Da sempre una delle cose che preferisco fare e il motivo per cui guadagno soldi è per poterli spendere in viaggi. Abbiamo un pianeta meraviglioso e una sola vita a disposizione…affrettatevi.

Gli Agapornis (Pappagalli inseparabili)

Amo gli animali in genere, ma con questi pappagallini ho una certa affinità, ci capiamo “al volo”

A parte gli scherzi secondo me sono spesso sottovalutati come animali domestici, invece sono dei giocherelloni, vivacissimi, curiosissimi e tenerissimi esserini che si legano all’uomo in un modo molto particolare, ovviamente devono poter uscire dalla gabbietta, altrimenti non prendeteli.

La cucina libanese

Amo la cucina mediterranea ma la Libanese cattura il mio palato da diversi anni ormai.

I Motel americani

Non chiedetemi perché ma dei tanti viaggi negli Stati Uniti una delle cose che ispirano la mia musica sono proprio i motel on the Road. Per me è ancora un mistero ma li sogno spesso, mi vengono in mente quando ascolto musica Country, hanno ispirato tanti miei brani. Sono fortemente evocativi.

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Comunicato stampa

Marta Lucchesini firma la colonna sonora del film “Sul sentiero blu” di Gabriele Vacis

É disponibile da lunedì 9 gennaio su tutte le piattaforme di streaming digitali la colonna sonora di “Sul sentiero blu”, prodotto da Indyca, distribuito da Wanted Cinema, e diretto da Gabriele Vacis.

A firmare la colonna sonora (edita da New Lanark Film and Music) è la compositrice Marta Lucchesini, nota anche come cantautrice con lo pseudonimo Marat. Dieci tracce che raccontano l’avventura di un gruppo di giovani con autismo e dei loro educatori e medici che hanno camminato per 200 km in 10 giorni lungo la via Francigena per dimostrare e dimostrarsi che la gestione delle difficoltà e delle emozioni è possibile.

Marta Lucchesini, le cui canzoni sono già state sincronizzate in Tv Series di successo come Christian, Il Cacciatore e Non Mi Lasciare, collabora da due anni con il compositore Giorgio Giampà con il quale ha firmato la colonna sonora del film Netflix italiano più visto dalla nascita della piattaforma ad oggi “Il mio nome è vendetta” e quella del documentario di Sabina Guzzanti “Spintime”, presentato al Festival di Venezia nel 2021.

Reduce dalla pubblicazione del suo ultimo ep “Tempesta e calci” (ad aprile per Le Siepi Dischi, come Marat), in “Sul Sentiero Blu”, Marta Lucchesini percorre parallelamente la strada della musica per film intrecciando temi strumentali e canzoni in una colonna sonora che si muove tra sussurri ed esplosività. Lucchesini è ora al lavoro alla colonna sonora del documentario messicano “Imposters”, ha prestato la sua voce alle musiche di Giorgio Giampà per la Tv Series Disney+ “The Good Mothers” e sta preparando il suo nuovo disco come Marat.

SCOPRI IL DISCO SU SPOTIFY: 
https://open.spotify.com/album/1SSNnq2UQ84L3VRiwJcsQD?si=1TEnpRUmSwCLbG_F7HdeFw
 




Mix: Dario Giuffrida
Violino: Gabriele Campagna
Editore e Label: New Lanark Film and Music


BIO:

Marta Lucchesini, compositrice, cantautrice e polistrumentista, nasce a Monterotondo (Roma) nel 1995. Il suo percorso intreccia il mondo delle canzoni con quello delle colonne sonore, dove l’uso della voce si fonde con la sperimentazione su tantissimi strumenti diversi.

Dopo essersi laureata, nel 2020, al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma in “Composizione per la musica applicata alle immagini”, debutta al Festival del Cinema di Venezia 2021 con il docufilm di Sabina Guzzanti “Spin time – Che fatica la democrazia!” firmando la colonna sonora originale insieme al compositore Giorgio Giampà, con il quale lavora anche nel ruolo di assistente da due anni. Altre colonne sonore originali: “Sul sentiero blu” (2022), “Ugo, storia di una piccola grande idea” (2022) e, appena uscito, prodotto da Netflix, “Il mio nome è Vendetta”.

Ha all’attivo due EP: “Le Facce” (2017) e “Tempesta e Calci” (2022). Dopo il diploma (2017) a Officina Pasolini porta il suo progetto live in tutta Italia con più di 100 concerti fatti e tantissime partecipazioni a concorsi. Nel 2019 vince la Targa Tenco per il miglior Disco a Progetto con il collettivo Adoriza.

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Comunicato stampa

“Una notte più lunga” è il nuovo singolo di Kublai, in uscita il 30 gennaio

É in uscita lunedì 30 gennaio 2023 in distribuzione Artist First “Una notte più lunga“, il nuovo singolo del progetto solista di Teo Manzo, Kublai, e primo capitolo di un nuovo EP previsto per questa primavera. “Una notte più lunga” segue l’album omonimo d’esordio del 2020, e ci accompagna nuovamente verso l’universo onirico – urbano del cantautore di Milano: venature elettriche e psichedeliche si intrecciano alle parole e creano un baratro per l’ascoltatore. Non parliamo qui di un abisso minaccioso, ma di un vuoto che occupa spazio, che completa, che informa. 
 

L’attesa, la sospensione, la precarietà che la canzone ci chiede non sono più insopportabili, e il nostro paradosso è – infine – contemplabile.

Kublai 


Kublai è un disco nuovo, ma fuori dal tempo […], è un ibrido tra canzone d’autore ed elettronica, con echi di progressive. È cantautorato progressive, se vi piace la definizione.” (Rolling Stone)

“Cos’altro si può dire di quest’esordio? Un piccolo grande capolavoro, arte a trecentosessanta gradi, poco altro da aggiungere per qualcosa che è in grado di coniugare istanze artistiche e letterarie con talento e originalità. Perfetto.” (Rockit)

KUBLAI SU SPOTIFY: http://spoti.fi/3GtksUo


BIO:

Il primo omonimo album di Kublai (2020) prende le mosse dalla collaborazione fra Teo Manzo, autore dei testi e delle musiche, e Filippo Slaviero, che ha curato produzione, registrazione e mixaggio, oltre a essere coautore delle musiche. Le registrazioni sono avvenute a Milano, presso Il Vicolo Studio dei fratelli Slaviero, Hit Factory Studio di Nicolò FragileAdesiva Discografica di Paolo Iafelice. Masterizzato presso La Maestà Mastering da Giovanni Versari.

Nel 2023, il progetto Kublai torna con un nuovo EP, realizzato con la collaborazione di Mamo, co-autore delle musiche, e la produzione di Vito Gatto. Il nuovo disco è anticipato dal singolo “Una notte più lunga“, ouverture dell’EP, in uscita lunedì 30 gennaio in distribuzione Artist First.

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Internazionale

Colombo riporta in vita Emily Dickson, ed è incredibilmente molto pop

Sembra incredibile ma abbiamo anche noi il nostro James Blake, si chiama Alberto, ma più semplicemente Colombo per Spotify, da Brescia ma itinerante per studiare musica tra Parma e Milano, classe 1994 e gioca con influenze di respiro internazionale per riportare in vita la poetessa Emily Dickinson che ben si intreccia con una voce eterea e giri di piano ipnotici. “Where children strove” non è il primo disco di Colombo, ma sicuramente il primo con feat. dall’aldilà: le parole di Emily Dickinson diventano tutt’uno con un universo malinconico a tinte pastello, che piacerebbe ai fan dei Coldplay.

É sempre soddisfacente e bellissimo quando si inizia l’anno con piccoli dischi del genere, quattro tracce in grado di svoltarti le giornate di pioggia, che sono l’equivalente di una passeggiata solitaria alla Pinacoteca di Brera (cosa che, se non avete mai fatto, vi consiglio assolutamente di provare), che affondano nei pensieri e che è impossibile lasciare andare. Io che ho lasciato che il disco riempisse casa, e si infiltrasse attraverso le tapparelle e i fasci di luce del pomeriggio, con un caffè e le ultime mail di lavoro da leggere, mi sono ritrovato ad ascoltarlo tre volte di seguito: le parole sono immortali, tristi e, oserei dire, universali, e Colombo le fa proprie in una maniera moderna e a tratti anche ironica.

Musicalmente ogni traccia è liberamente ispirata alle melodie di Dvořák (Sinfonia “Dal nuovo mondo”), Chopin (Notturno op.9 n.2), Tchaikovsky (Concerto per pianoforte e orchestra) e Ravel (Concerto in sol). Lui parla di pop neoclassico, e forse, immaginandoci le statue di Canova e culi sodi in marmo, non potremmo che dargli ragione, con la triste consapevolezza che, forse, per fare qualcosa di davvero originale non bisogna che andare a pescare ciò che ci siamo persi nel passato. Nella musica come nella vita, chissà… Quello che so è che raramente un disco mi ha fatto amare l’arte così tanto, a trecentosessanta gradi, con la voglia di scoprire di più, leggere di più, e sicuramente ascoltare di più anche Colombo. Non perdetevelo.

J.

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Elettronica

Sem&Stènn si autodefiniscono eroi, e forse fanno anche bene

Che ormai Sem&Stènn, duo electro-pop divenuto celebre inizialmente per aver partecipato ad X-Factor, durante la stessa edizione dei Maneskin, sono in giro da parecchio. Me li sono ritrovato spesso a scegliere canzoni in serate assurde, di cui mi ricordo poco se non queste eteree figure con, bisogna dirlo, sempre scarpe bellissime. Loro sono il duo della Milano che balla, dei Navigli fino a sera tardi, del Rocket prima del Covid, del Plastic tra la ressa e il sudore. Ci hanno scritto anche un pezzo qualche tempo fa, si chiamava Ho pianto in discoteca, che riassumeva bene come mi sentivo per la maggior parte del tempo: un disastro, senza una vera vita sociale, ma sempre e perennemente in fila per entrare in un club.

Ammetto di aver detto anche un paio di cose brutte su di loro, che sono sempre perennemente alla ricerca del successo, e che i loro pezzi son paraculi, plastici, confezionati apposta per piacere. Il problema è che poi è vero, che i loro pezzi piacciono. E facendomi due conti, devo dire che non è vero che i loro pezzi sono paraculi, perchè facendomi un giro su Scuola Indie, mi sembra inevitabile notare un’estrema voglia di essere alternativi, di candidarsi come gruppo di punta alla festa dell’Unità di Buccinasco, con il mullet, le Dr. Martens basse e i calzini bianchi, e forse anche un Urania tascabile ficcato nella tasca dei jeans. Sem&Stènn, i veri punk di una scena che forse noi pseudo intellettuali di sinistra non ci meritiamo, se ne fottono e arrivano, oggi con un nuovo EP, sfacciato, pop, ballabile, senza giri di parole nè occhiolini ad una scena in declino schiava dell’algoritmo. Eroi, veri e propri.

Bromance è l’ultimo brano che passano alle 5 mattina di un bar di provincia, forse l’unico in zona, dove ci raduniamo tutti a sudare fino a fare schifo. I sentimenti elettronici che frizzano sotto i piedi e ci fanno ballare, sulla cassa dritta (che non sbaglia mai).

Rocky di Mudimbi è la mia personalissima colonna sonora di quando mi sento una merda (spesso) ma comunque mi ritrovo a fare le 4 del mattina in un giorno infrasettimanale, e Mudimbi, dalla tomba dei fenomeni musicali che ci eravamo dimenticati, è una scelta fantastica e particolarmente riuscita. Un po’ come me, che faccio pace con Sem&Stènn. Eroi, il titolo dell’EP pubblicato oggi, giovedì 12 gennaio, sono cinque tracce, e le dedico a tutti noi radical che in realtà sogniamo solo saperci vestire bene e saper portare le scarpe giuste nel locale giusto, fottendocene di chi pensa che siamo dei modaioli paraculo.

Grazie

J.

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Internazionale

“Mondo Peplum” di Torso Virile Colossale, e il rock muscolare epico del futuro

Vorrei davvero, ma davvero tanto, che qualcuno proponga una serata in un cinema, di quelli vecchi e un po’ polverosi in via d’estinzione, dove venga proiettato un Ben Hur con musica dal vivo, rigorosamente necessaria la presenza delle chitarre elettriche. Non che sia una cosa nuova, quella di chiedere a band e artisti della scena alternative di musicare dei film: ricordo con particolare piacere un episodio in cui i Marlene Kuntz suonarono sulle immagini di Signorina Else, degli anni Trenta. Un contrasto che ancora adesso mi mette i brividi. E di questo stesso contrasto vive il mio ascolto di Torso Virile Colossale, il personalissimo e folle progetto del cantautore e compositore Alessandro Grazian, la cui passione per il cinema peplum, genere che consideriamo, tristemente, di serie B, lo ha portato a mettere in piedi uno dei mondi musicali più interessanti della scena alternativa di questi giorni. Giorni dove sembra imperante la presenza sui social, degli algoritmi, delle tendenze, a contendersi quei pochi spazi dalla vita breve.

Ed è qui, che come una sirena, la voce di Rachele Bastreghi in “Estasi a Tor Caldara” ci conduce ipnotica in questo mondo di colonne sonore fantascientifiche. E questa chitarra di “Chi guida l’orgia?” non mi fanno che desiderare ancora più ardentemente di vedere una battaglia epica, tra uomini e scheletri magari, come quella de Gli Argonauti, in compagnia di Alessandro Grazian e di questi suoi sinuosi subbugli.

Mondo Peplum, il nuovo disco e secondo capitolo di Torso Virile Colossale, è, come per il primo disco, in bilico tra musica classica,  la colonna sonora e il rock più muscolare, la cui forza nel farsi apprezzare anche dai miei genitori, che tagliano Torino in macchina a suon de “Il Trionfo”, fregandosene altamente di ciò che è indie e cosa no.

Torso Virile Colossale è solo una finestra su un mondo ampissimo, e fa venir voglia di scoprire, ascoltare e vedere cose nuove. E non credo ci siano molti altri dischi che possono avere questo potere. Ascoltate Mondo Peplum.

M

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Post-Punk rock

Le 5 cose preferite degli Hornytoorinchos

Gli Hornytoorinchos hanno pubblicato il loro nuovo disco “Non aspettatevi granchè”. Noi gli abbiamo chiesto quali sono le loro 5 cose preferite!

Alberto Angela

In lui è coltivato il gene della sapiosessualità, cultura e sex appeal miscelati in uno spettacolare esemplare di homo sapiens. E’ il protagonista del nostro singolo e brano di apertura del disco.

Gli ornitorinchi

Animaletti incredibili, non si capisce se siano talmente evoluti da allattare dopo aver deposto uova o se per lo stesso motivo siano invece una specie involuta. Sono bellissimi e ci siamo ispirati a loro per il nome della band.

Le fantasie sessuali

Un mondo fantastico fatto da centinaia di variabili sorprendenti e incredibili. Abbiamo dedicato due brani del nostro disco a questo mondo meraviglioso, “La Savana” e “Mucca Rimming”. Inoltre la protagonista del nostro ultimo videoclip è Mistres Lady Demonique una dominatrice professionista, i suoi racconti ci hanno affascinato.

Woman and man playing domination games in bed together

La Patafisica

E’ la scienza dell’assurdo e delle soluzioni immaginarie. La destrutturazione della scienza, il bizzarro a cui ci ispiriamo per comporre ogni pezzo, nessuna regola, nessuna logica, nonsense, ironia e immaginazione. Inoltre adoriamo la fisica della patata.

Greta Thumberg

Altra protagonista di un nostro brano, personaggio estremamente affascinante, idolo della masse e bandiera della generazione Z. Gira il mondo e combatte le sue battaglie insieme a milioni di giovani, noi ci chiediamo per quale motivo sia sempre arrabbiata. Abbiamo provato e rispondere con il nostro brano.