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Ho intervistato Ponee, in un cimitero

Jo, Kid, Ipa, Role è il debut Ep di Ponee, pubblicato lo scorso 16 febbraio 2021 per UMA Records, distribuzione Sony Music Italy. L’EP rinnova quelle formule espressive pop fresche e variegate già intraviste nei primi tre singoli e definisce un nuovo capitolo dell’avventura musicale di Ponee. Quello di Ponee un disco dolce-amore, triste e allo stesso tempo ironico, un po’ come una passeggiata durante un pomeriggio soleggiato, in un cimitero. Per l’occasione, l’ho portato a fare un giro al Cimitero Monumentale di Milano, e gli ho fatto qualche domanda.

Ma il tuo nome si legge con pronuncia british che fa venire fuori una roba tipo Pony o Ponee in senso letterale italiano?
Guarda, già che uno ha il dubbio su come si pronuncia per me è un successo. Non ho ancora fatto inserire la parola nei grandi libri dell’Accademia della Crusca perciò al momento non ci sono direttive ufficiali. Io lo pronuncio “pony” ma oramai mi sto abituando a girarmi anche quando qualcuno mi urla “ponee”.

Diversi autori hanno scritto su di te e nessuno, compreso me, è riuscito a dare un solo nome al genere di musica che fai. Tu come la chiameresti?
Mi metterei anche io tra gli autori che non riescono a definirlo. Non te lo so dire; ma non tanto perchè sia affascinante non essere catalogati, ma piuttosto perchè davvero non lo so. Anche perchè tendenzialmente sono molto influenzato dagli input del momento quindi spesso vado in una direzione e a volte in un’altra, a livello musicale. Però se fossi legato, minacciato e obbligato a scegliere un genere, direi pop…forse.

Abbiamo ascoltato il tuo ultimo ep Jo, Kid, Ipa, Role. I testi delle tue canzoni esplodono con una certa espressività, le abbiamo trovato belle incazzate, dai. Da dove ti viene fuori tutto sto tormento?
In realtà mi fa davvero piacere che – nonostante il sound non troppo sad – ci abbiate colto delle sfumature di “tormento”. Diciamo che tendenzialmente sono abbastanza allegro nella apparenza quotidiana e quindi mi piace usare la vena creativa per sfogare quello che non sfogo in altre situazioni. Di base sono uno insoddisfatto nel profondo, perciò mi viene spontaneo scrivere quello che non va, piuttosto che quello che va; mi coinvolge di più.

Nei tuoi ultimi brani parli un sacco degli effetti dell’emergenza pandemica sulle persone. Quali sono i cambiamenti – sia nel piccolo che nel grande – che ti aspetti di più quando questa situazione si riassesterà? 
Diciamo che ogni giorno ho nuove opinioni e nuove sensazioni a riguardo; in questo esatto momento sono in una fase di leggero scoraggiamento. Forse una delle cose che più mi colpisce è questo continuo cambiamento di approccio alla pandemia, soprattutto da un punto di vista mentale. Faccio fatica a decifrarne gli effetti sulla mente delle persone e credo che in molti facciano fatica a decifrarsi. Io per esempio per un periodo ho avuto la difficoltà a percepire il tempo e lo spazio, come fossi in un luogo metafisico. Spero che tutto questo porti in qualche modo a una maggiore attenzione a quelle che sono le necessità e i bisogni che fanno bene non solo al fisico ma anche alla psiche; perchè è forse la cosa di cui si parla meno.

Come stai vivendo Milano in questo periodo? Pensi che torneremo mai alla Milano di prima o senti che si è rotto qualcosa?
La sto vivendo in un modo davvero strano perchè faccio cose ma non so il perchè. Già prima era un po’ così ma ora mi è più difficile applicarmi al massimo su determinate cose perchè è sempre poco chiaro se determinati piani potranno essere attuati o no. Considera che io lavoro anche nel mondo degli eventi come organizzatore, per cui mi capita di lavorare a progetti che neanche so quando e se potranno essere fatti. Dopo diverso tempo inizia a essere pesante, però sono fiducioso sul fatto che certe necessità sono proprio parte di noi e quindi anche tutto quello che riguarda il mondo di musica, spettacoli, teatri inevitabilmente chiederà e troverà soluzioni per ripartire.

Anticipazioni su progetti futuri?
Ora come ora sto lavorando molto in studio, sto scrivendo tantissimo e sto ampliando le collaborazioni. In generale ti posso dire che la volontà è quella di sviluppare il progetto “Ponee” su più fronti, andare oltre a l’aspetto prettamente musicale. In questa creazione di contenuti a 360 gradi mi sto affidando, oltre ai vari collaboratori, a due realtà molto interessanti: Ohana Studio e Superfluo Project.

foto inedite di Simone Pezzolati

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Internazionale

Biografia non autorizzata dell’Uniporno, leader indiscusso della Babbutzi Orkestar

Di recente è uscito Pornoamore, il nuovo singolo della Babbutzi Orkestar. Un nuovo capitolo che ci avvicina all’uscita di un nuovo disco e che ci introduce alla conoscenza dell’Uniporno, eletto capitano della banda. Pornoamore è un brano sfacciato, di un punk balcanico che segue la tradizione musicale della band della balcan sexy music, un mix unico nel suo genere con un messaggio semplice: l’amore è assurdo, decisamente casinista, e bisogna essere dei tipi piuttosto punk per affrontarlo. L’Uniporno è un personaggio misterioso e controverso. Ma qual è la sua vera storia?

Scopriamolo.

Ci sono due tipi di persone che spaventano a morte tutti quanti: chi pubblica le stories su Whatsapp e chi pubblica le stories su Facebook. Ma in fondo in fondo, pochi sanno che c’è un terzo tipo da non sottovalutare, ovvero i mostri che ti osservano silenziosamente dalla webcam del telefono mentre ti masturbi nell’unico momento libero della tua giornata. Questa è la storia di come uno di questi mostri sia diventato un Dio: questa è la storia di Uniporno.

Carmelo Hercules, detto anche Uniporno, nasce il 31 febbraio del 323 a.C. nella farmacia di un paesino sconosciuto in Macedonia, da una relazione extraconiugale omosessuale tra Ercole e Pegaso, il suo fedele cavallo alato. Essendo Ercole un semidio, egli aveva il potere di ingravidare qualsiasi essere vivente di qualsiasi sesso e così successe al suo fedele amico.

Però, non appena Pegaso si accorse dell’accaduto, prese la dolorosa scelta di abbandonare il figlioletto metà uomo metà cavallo (con un corno che gli crebbe dopo) appena nato in quanto non poteva permettersi di mantenerlo, visto che il padrone lo pagava solamente con i buoni dell’Eurospin. Il povero Carmelo, abbandonato davanti a un fienile, passò ben tre giorni e tre notti da solo senza acqua né cibo fino a quando una famiglia di nomadi – che casualmente quel dì passava da quelle parti per cercare coca ed erba – non lo trovò esamine e decise quindi di accudirlo con amore impietositi dal povero musino equestre. Oggi, quella famiglia di nomadi sono i Pornoamore.

All’età di 17 anni, Carmelo da sempre un bambino molto timido ma a quell’età lì arrapatissimo, disse le sue prime parole, “Cazzo culo vi scopo a tutti quanti” e ciò destò scalpore e inquietudine tra il popolo macedone, tant’è che i genitori acquisiti vennero pestati a sangue e uccisi con delle forbici dalla punta arrotondata. Dopodiché, soprannominato Uniporno per la sua indole e il suo aspetto, il giovane orfano in evidente stato confusionale per l’efferata strage venne mandato in esilio in un paesino sperduto dell’Italia, Faenza, per aver chiesto un po’ di pane alla persona sbagliata, il sindaco omofobo che aveva capito “un po’ di pene”.

A Faenza, il giovane Uniporno imparò l’arte del borseggio, insegnatogli dal suo migliore amico (una busta della spesa del Penny Market), morto per crisi di panico dopo aver visto casualmente Uniporno nudo. Durante il suo primo colpo in una fabbrica di preservativi, Uniporno venne sgamato alla grande poiché, in un attimo di distrazione, si era messo a gonfiare allegramente con la bocca tutti i preservativi presenti nell’edificio. Peccato che il colpo lo fece di giorno, un martedì, durante l’orario lavorativo, bloccando quindi il lavoro dei poveri operai che in un attimo di ira, pestarono selvaggiamente il povero Uniporno per mandarlo via per poter quindi tornare a lavorare. Il macedone fu poi lasciato in fin di vita, evirato e deturpato nelle rive della foce del Po poche ore dopo, ma sfortunatamente quel giorno il fiume era in piena e perciò le acque impetuose lo rapirono e lo trascinarono fino al largo delle coste romagnole.

Rimasto in acqua per ben sette lunghi anni, e rimessosi in sesto nutrendosi solo di plancton e cannucce di plastica, Uniporno si trasmutò in un sirenetto e comunicando con i gabbiani e i delfini imparò a parlare non solo la sua lingua madre, ma anche l’italiano, il cinese, l’inglese, lo spagnolo, l’armeno, lo srilankese, il francese e il latino antico. Ciò gli diede una gran sicurezza che lo portò a tirarsela di fronte alle balene malate di osteoporosi del mare dell’Umbria.

Divenne il re degli oceani, ogni giorno si scopava le più belle scorfane e veniva rispettato persino dai pericolossissimi pesci rossi dell’Acquario di Genova, fin quando un giorno il suo impero venne distrutto: durante l’ennesima scopata (siccome venne evirato precedentemente, per il sesso usava il suo corno dotato di apparato riproduttore femminile) divenne cieco e storpio improvvisamente e ciò lo portò a tornare a riva per curarsi. Spiaggiatosi in Friuli, un vecchio pastore di quelle parti lo prese, lo allevò come un figlio e poi lo corcò di botte senza un valido motivo, abbandonandolo in coma nella ridente città di Gorizia.

Dopo 2286 anni di coma, Uniporno si risvegliò, pelato, cieco, sordo, storpio e pure muto, ma comunque sia cercò di farsi una vita nella ridente città di Gorizia. Purtroppo nessuno lo voleva, nessuno lo desiderava, fin quando un giorno non incontrò una giovane studentessa di cui si innamorò perdutamente. Uniporno cercò di farla ridere narrandole a gesti, in inglese, la sua vita, e ci riuscì. Ma nei due secondi successivi la ragazza si stufò e lo abbandonò, solo, e in tutto ciò Uniporno non se ne accorse (essendo pelato, cieco, sordo, storpio e pure muto), così continuò a gesticolare per quattro giorni di fila, fin quando un celeberrimo pizzaiolo hawaiano di quelle parti, emozionatosi guardando per ore il povero Uniporno, non decise di accoglierlo nella sua bellissima pizzeria di periferia accaparrandogli il lavoro di sguattero. Uniporno lavorando trovò la felicità, e ritrovò la vista e la parola, così un giorno, gasatosi, andò in discoteca, di giorno, di domenica, ma non trovò nessuno e siccome questa bravata gli costò il lavoro, la casa e tutti i denari che aveva guadagnato, decise di diventare un’entità. Così divenne ciò che tutti noi temiamo: il pensiero di essere spiati dalla webcam del nostro telefono mentre ci masturbiamo. Nessun cerotto o pezzo di scotch potrà mai coprire quella videocamera in quanto Uniporno ci controllerà comunque, assetato di vendetta e di una vita che alla fine non ha mai vissuto appieno.

le foto sono di Simone Pezzolati (amico rinnegato dell’Uniporno)