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Calvino nello spazio: recensione non autorizzata

Domani esce Astronave Madre, il nuovo album di Calvino.

Forse non sai che Calvino non era un piccolo calvo. Basta col bodyshaming, siamo nel 2021. Cresci un po’. Però fa ridere come Italo Calvino si chiami Italo seppure non sia nato in Italia ma a Cuba. Fa ridere come questo articolo parlerà di Calvino senza parlare di Calvino e tante altre belle cose che non ti sto qui a spiegare. Immaginati però Calvino mentre spara raggi laser da un’astronave, tipo una di quelle che fa PEW PEW come qualsiasi film sullo spazio e sulla lotta tra il bene e il male. Questa è la storia di quel Calvino.

Calvino nello spazio non si sa come ci sia finito. Non si sa che missione avesse o se fosse lì per scopi professionali, tipo per prendere ispirazione per scrivere il sequel de Il Barone Rampante ma stavolta con il protagonista Cosimo aggrappato ad un asteroide invece che sugli alberi dopo essersi definitivamente rotto il cazzo non solo della sua famiglia, della gente delle sue lande, ma di tutto il mondo intero. Non è da biasimare. Sta di fatto che comunque Calvino sullo spazio c’è. È un sogno? Ah, magari. No no, Calvino nello spazio esiste. Non ci credi? Beh, allora mi spiace ma puoi anche finire di leggere l’articolo qua.

Ancora sei qui? Guarda che ti sento mentre pensi. Non è vero che sto tergiversando perché non so su dove voglia andare a parare e che Calvino nello spazio non esiste. Sono tutte bufale le tue, vergognati. Calvino nello spazio c’è, esiste ti dico! Con una mega navetta di Space X, quelle che ti fanno dire “Uà, che spettacolo” quando i suoi razzi riatterrano con classe. Ma non in questo caso: i razzi di Calvino, guidati da una sofisticatissima intelligenza artificiale, sono tipo schizzati malissimo quando questa ha ascoltato tutto l’audiolibro di Città Invisibili letto da Franco Battiato in circa tre secondi e mezzo. Non ha retto così tanta sofisticatezza tutta insieme e presa dall’angoscia e dalla consapevolezza che non sarebbe mai riuscita a raggiungere quella qualità di stile, ha deciso si scagliare i razzi in una scuola per bambini sordo ciechi muti orfani cresciuti e trattati malissimo in istituti privati gestiti da persone cattivissime. Però non è riuscita a colpire l’obiettivo – perché si sa che i sofisticati con la praticità hanno qualche problemuccio, mannaggia – e sbadatamente ha colpito un bocciodromo in provincia di Pesaro-Urbino. In quel momento vuoto: più o meno come la provincia di Pesaro-Urbino. Ma Calvino non ha saputo niente di questo, purtroppo non gli arriva il 5G da lassù e quindi non può leggere le notizie dei quotidiani online italiani. Che fortunato, una vittima in meno nel clickbaiting.

Calvino nello spazio esiste, quindi. Sei tu che non esisti forse. Ancora non sei convinto? Ah, problemi tuoi. Guarda meglio. Lo vedi quel puntino in cielo dalla tua finestra? Esatto, è perché non lavi bene i vetri. Secondo gli studi di un istituto scientifico di cui vorrei citare il nome ma tanto te lo dimenticherai subito, i vetri delle finestre sono quelle cose che vengono lavate di meno all’interno di una casa. Ecco, una volta lavati meglio i vetri potrai cercare Calvino nello spazio. Ma non lo vedrai perché è troppo lontano per osservarlo ad occhio nudo. Neanche con un telescopio tipo uno di quelli megafighissimi che vedi solo nei film americani potrai notarlo, perché per vederlo devi farti un bel viaggione interiore. Uno di quelli che ti fa fare Calvino, la band milanese, con il loro nuovo album Astronave Madre, in uscita domani, venerdì 19 marzo. Ecco, forse così potrai notarlo, accorgendoti soprattutto alla fine di quel viaggio che non sei tu a ricercare Calvino nello spazio, ma è Calvino nello spazio a ricercare te e ciò che puoi veramente diventare. Intanto, iniziare a credere a Calvino nello spazio è un buon inizio.

foto inedite di Simone Pezzolati

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Indie Pop

Lorenzo Vizzini mi ha portato in giro per Milano

Dopo l’anticipazione de “La sera di Natale”,“Karma”, e “Inverno” è uscito “SuXmario”, il terzo disco di Lorenzo Vizzini: un racconto di formazione, scritto nel passaggio fra l’adolescenza e l’età adulta. Composto da 10 canzoni genuinamente pop. L’immagine di Mario, questo supereroe che sembra un bambino ma ha due baffoni da pensionato, dunque sintetizza perfettamente la sensazione di transizione di cui il disco è pervaso. “E in quella X, oltre all’immaginario calcistico che spesso è ripreso nel disco, voleva esserci il risultato nell’incontro finale fra l’adolescenza e l’età adulta: un pareggio, che tutto sommato mi va bene.”. Milanese d’adozione, Lorenzo Vizzini è un concentrato di storie (di quando ha scritto per Ornella Vanoni a soli 18 anni o di quando mi racconta che vorrebbe andare in Brasile, non ho chiesto se nell’immediato, nonostante la pandemia).

Abbiamo camminato su e giù per la Darsena, in zona gialla s’intende, ed ecco cosa mi raccontato.

Qual è il tuo rapporto con la città di Milano? Hai mai pensato di andartene?

Sì, per un periodo l’ho anche fatto e sono tornato in Sicilia, ma non ho mai lasciato Milano per più di un anno. A Milano è stata sempre un’altalena, ho vissuto momenti bellissimi e altri in cui mi sentivo un po’ un pesce fuor d’acqua. Ammetto che col tempo, le voglio più bene: dico sempre che voglio andarmene, ma torno ogni santa volta. Anche se non è un posto che sento appartenermi fino in fondo, ormai mi sono abituato a sentirlo come la mia casa.

Milano è il titolo anche di un brano dal tuo ultimo disco. Ce ne parli?

Sì, è un brano scritto diversi anni fa, nel 2016, come praticamente tutti i brani del disco. E’ un racconto di una notte, in cui avevo perso un treno e non potevo più tornare a casa, ma in generale è un po’ la somma delle parti più complicate della mia vita a Milano: il disorientamento, le giornate che sai come cominciano e non dove finiscono, il cellulare sempre scarico e quella sensazione di sentirsi sempre dei turisti.

E cosa c’è di Milano che proprio non ti va bene?

Ammetto che col tempo mi sono ammorbidito, penso a Milano ci sia quasi tutto quello che cerco e che mi piace, sotto infiniti punti di vista. Quello che più mi manca forse è il mare: per cercare di sedare la nostalgia, vado all’Idroscalo o faccio finta di vedere le onde sui navigli, ma onestamente il risultato non è lo stesso.

Come sono le tue giornate in questo ultimo periodo?

Vuoi la verità? Pigre e ripetitive, ma non ne faccio un dramma. La routine è svegliarmi, portare in giro il cane, scrivere, suonare, cucinare e riaddormentarmi. Però ci sto facendo l’abitudine e per molti versi mi piace.

Ti ricordi l’ultimo concerto (tuo) che hai fatto? Com’è andata?

Mamma mia, sembra passata un’eternità: ero a Roma, chitarra e voce. Dovevo fare presto, perché subito dopo avevo la festa di laurea di un amico e sono dovuto scappare, non ho potuto neanche prendere una birra. Non avrei mai pensato sarebbe stato l’ultimo concerto per un bel pezzo.

Quanto ti mancano le serate sui Navigli, i concerti e tutte quelle cose lì?

Tantissimo, così come viaggiare e perdermi in posti nuovi. Tutti noi non vediamo l’ora di viverci un concerto ,sotto o sopra un palco, che sia. E’ importantissimo per l’intero settore, ma io credo anche per chiunque non vive di musica, ma ne è amante ed appassionato. Allo stesso tempo non vedo l’ora di tornare a conoscere nuovi luoghi, persone, sapori. La vita vissuta penso sia la linfa necessaria per scrivere.

foto inedite di Simone Pezzolati

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Indie Pop

Supernino mi ha portato in giro per Torino

Supernino ha di recente pubblicato un nuovo singolo dal titolo Bastava Dirlo (fuori per Sony Music). Lui è un supereroe con pochi poteri e questa volta ha deciso di rivolgersi alla propria Lei, raccontando su una calda base R&B di una storia d’amore eccessivamente bollente, così bollente da bruciarti vivo e diventare la tua “morte a prima vista”, come dice lui. Il brano narra in modo iperbolico la voracità della passione di un rapporto, dandone una visione grottesca: l’artista non si sofferma sulla bellezza di quei momenti, ma sul disagio fisico e psicologico che quella passione crea in lui, descrivendo in maniera dettagliata i sintomi e paragonando tutto questo ad un’esperienza di pre-morte. Nel brano non mancano i riferimenti a Torino, citando alcune delle poche cose che uccidono, in città, tra queste la pizza Da Gianni e il celebre Tamango, di cui solo i veri torinesi conoscono i leggendari effetti.

Per l’occasione, ho fatto una passeggiata con lui per Torino.

Qual è il tuo rapporto con la città di Torino?
Amo Torino. È una città che trovo perfettamente a misura d’uomo, è grande abbastanza da offrirti tutto ciò di cui puoi aver bisogno nell’arco della tua intera vita ma non troppo da diventare caotica. E poi è così bella e nobile… per non parlare della scena musicale torinese, che secondo me è una spanna sopra tutte le altre. Per motivi di lavoro ammetto che la odiatissima concorrente lombarda sta pian piano trovando spazio nel mio cuore, ma Torino per me è e resterà sempre la mia casa.

Dov’eri nel periodo della famosa prima quarantena? Com’è andata?
Quel weekend ero appena tornato a Torino, avevo già tutti i biglietti prenotati per ritornare a Milano il lunedì successivo ma come tutti sapete poi l’Italia si è fermata. La mia quarantena è andata quindi relativamente bene rispetto a tanti altri, sono sempre stato in compagnia dei miei familiari anche se ho sofferto molto per tutto quello che è successo alla musica: il disco che sta per uscire ad esempio in realtà sarebbe dovuto uscire proprio la primavera scorsa, ma abbiamo preferito aspettare.

Cosa è successo nella pizzeria Da Gianni e al Tamango?
Per me e molti miei amici la pizzeria Da Gianni è un posto incredibile. Entrando ti ritrovi catapultato nel far west, attorno a te vedi solo oggetti tribali e quadri di Indiani d’America. Le tovaglie sono viola scuro e le pizze sono delle “navicelle spaziali” sottili e larghe 50 centimetri. Leggenda vuole che il pizzaiolo, Gianni appunto, sia un cavallo, il quale viene raffigurato in diverse foto nel locale. Ho solo bei ricordi di questo posto. Per quanto riguarda il leggendario Tamango invece… di ricordi non ne ho.

Cosa c’entra l’intelligenza artificiale con la musica?
Nulla, o tutto, dipende come la si vuol vedere. L’AI può avere infinite applicazioni e già oggi esistono algoritmi utilizzati in ambito musicale che fanno cose incredibili. Quello dell’intelligenza artificiale è un percorso parallelo al mio progetto musicale che sono contento di aver intrapreso e che in realtà mi sta dando tanti spunti creativi!

E’ vero quello che dicono che in realtà, nonostante il Supercinema, non sei un appassionato di cinema? Come mai allora questa fascinazione?
È vero, il nome del mio prossimo disco non ha a che fare con una passione particolare per il cinema, ma direi anche meno male, sarebbe stato un po’ troppo banale altrimenti no? È vero però che il cinema inteso come luogo fisico è un qualcosa che mi ha sempre affascinato: l’odore di pop corn, la grana della pellicola, è tutto così anni 80… sono contento che un qualcosa di così “vecchio” sia sopravvissuto ancora oggi (e spero possa continuare a farlo nonostante l’enorme sfida che si trova ad affrontare ultimamente).

Continui a studiare pianoforte?
Lo continuo a suonare ma ammetto che di studiare in generale non ne ho più così voglia. In ogni caso se dovessi riprendere prima o poi mi piacerebbe approfondire lo studio del pianoforte jazz.

Che fine ha fatto la ragazza di “Bastava dirlo”?
È a piede libero e sta mietendo vittime… STATE ATTENTI!

Alla fine sei sopravvissuto, sì?
Posso garantirvi che tutti i protagonisti del brano sono cerebralmente in vita e che la loro situazione clinica pare buona.

foto inedite di Simone Pezzolati

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Indie Internazionale Pop

Ho intervistato Ponee, in un cimitero

Jo, Kid, Ipa, Role è il debut Ep di Ponee, pubblicato lo scorso 16 febbraio 2021 per UMA Records, distribuzione Sony Music Italy. L’EP rinnova quelle formule espressive pop fresche e variegate già intraviste nei primi tre singoli e definisce un nuovo capitolo dell’avventura musicale di Ponee. Quello di Ponee un disco dolce-amore, triste e allo stesso tempo ironico, un po’ come una passeggiata durante un pomeriggio soleggiato, in un cimitero. Per l’occasione, l’ho portato a fare un giro al Cimitero Monumentale di Milano, e gli ho fatto qualche domanda.

Ma il tuo nome si legge con pronuncia british che fa venire fuori una roba tipo Pony o Ponee in senso letterale italiano?
Guarda, già che uno ha il dubbio su come si pronuncia per me è un successo. Non ho ancora fatto inserire la parola nei grandi libri dell’Accademia della Crusca perciò al momento non ci sono direttive ufficiali. Io lo pronuncio “pony” ma oramai mi sto abituando a girarmi anche quando qualcuno mi urla “ponee”.

Diversi autori hanno scritto su di te e nessuno, compreso me, è riuscito a dare un solo nome al genere di musica che fai. Tu come la chiameresti?
Mi metterei anche io tra gli autori che non riescono a definirlo. Non te lo so dire; ma non tanto perchè sia affascinante non essere catalogati, ma piuttosto perchè davvero non lo so. Anche perchè tendenzialmente sono molto influenzato dagli input del momento quindi spesso vado in una direzione e a volte in un’altra, a livello musicale. Però se fossi legato, minacciato e obbligato a scegliere un genere, direi pop…forse.

Abbiamo ascoltato il tuo ultimo ep Jo, Kid, Ipa, Role. I testi delle tue canzoni esplodono con una certa espressività, le abbiamo trovato belle incazzate, dai. Da dove ti viene fuori tutto sto tormento?
In realtà mi fa davvero piacere che – nonostante il sound non troppo sad – ci abbiate colto delle sfumature di “tormento”. Diciamo che tendenzialmente sono abbastanza allegro nella apparenza quotidiana e quindi mi piace usare la vena creativa per sfogare quello che non sfogo in altre situazioni. Di base sono uno insoddisfatto nel profondo, perciò mi viene spontaneo scrivere quello che non va, piuttosto che quello che va; mi coinvolge di più.

Nei tuoi ultimi brani parli un sacco degli effetti dell’emergenza pandemica sulle persone. Quali sono i cambiamenti – sia nel piccolo che nel grande – che ti aspetti di più quando questa situazione si riassesterà? 
Diciamo che ogni giorno ho nuove opinioni e nuove sensazioni a riguardo; in questo esatto momento sono in una fase di leggero scoraggiamento. Forse una delle cose che più mi colpisce è questo continuo cambiamento di approccio alla pandemia, soprattutto da un punto di vista mentale. Faccio fatica a decifrarne gli effetti sulla mente delle persone e credo che in molti facciano fatica a decifrarsi. Io per esempio per un periodo ho avuto la difficoltà a percepire il tempo e lo spazio, come fossi in un luogo metafisico. Spero che tutto questo porti in qualche modo a una maggiore attenzione a quelle che sono le necessità e i bisogni che fanno bene non solo al fisico ma anche alla psiche; perchè è forse la cosa di cui si parla meno.

Come stai vivendo Milano in questo periodo? Pensi che torneremo mai alla Milano di prima o senti che si è rotto qualcosa?
La sto vivendo in un modo davvero strano perchè faccio cose ma non so il perchè. Già prima era un po’ così ma ora mi è più difficile applicarmi al massimo su determinate cose perchè è sempre poco chiaro se determinati piani potranno essere attuati o no. Considera che io lavoro anche nel mondo degli eventi come organizzatore, per cui mi capita di lavorare a progetti che neanche so quando e se potranno essere fatti. Dopo diverso tempo inizia a essere pesante, però sono fiducioso sul fatto che certe necessità sono proprio parte di noi e quindi anche tutto quello che riguarda il mondo di musica, spettacoli, teatri inevitabilmente chiederà e troverà soluzioni per ripartire.

Anticipazioni su progetti futuri?
Ora come ora sto lavorando molto in studio, sto scrivendo tantissimo e sto ampliando le collaborazioni. In generale ti posso dire che la volontà è quella di sviluppare il progetto “Ponee” su più fronti, andare oltre a l’aspetto prettamente musicale. In questa creazione di contenuti a 360 gradi mi sto affidando, oltre ai vari collaboratori, a due realtà molto interessanti: Ohana Studio e Superfluo Project.

foto inedite di Simone Pezzolati

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Internazionale

Biografia non autorizzata dell’Uniporno, leader indiscusso della Babbutzi Orkestar

Di recente è uscito Pornoamore, il nuovo singolo della Babbutzi Orkestar. Un nuovo capitolo che ci avvicina all’uscita di un nuovo disco e che ci introduce alla conoscenza dell’Uniporno, eletto capitano della banda. Pornoamore è un brano sfacciato, di un punk balcanico che segue la tradizione musicale della band della balcan sexy music, un mix unico nel suo genere con un messaggio semplice: l’amore è assurdo, decisamente casinista, e bisogna essere dei tipi piuttosto punk per affrontarlo. L’Uniporno è un personaggio misterioso e controverso. Ma qual è la sua vera storia?

Scopriamolo.

Ci sono due tipi di persone che spaventano a morte tutti quanti: chi pubblica le stories su Whatsapp e chi pubblica le stories su Facebook. Ma in fondo in fondo, pochi sanno che c’è un terzo tipo da non sottovalutare, ovvero i mostri che ti osservano silenziosamente dalla webcam del telefono mentre ti masturbi nell’unico momento libero della tua giornata. Questa è la storia di come uno di questi mostri sia diventato un Dio: questa è la storia di Uniporno.

Carmelo Hercules, detto anche Uniporno, nasce il 31 febbraio del 323 a.C. nella farmacia di un paesino sconosciuto in Macedonia, da una relazione extraconiugale omosessuale tra Ercole e Pegaso, il suo fedele cavallo alato. Essendo Ercole un semidio, egli aveva il potere di ingravidare qualsiasi essere vivente di qualsiasi sesso e così successe al suo fedele amico.

Però, non appena Pegaso si accorse dell’accaduto, prese la dolorosa scelta di abbandonare il figlioletto metà uomo metà cavallo (con un corno che gli crebbe dopo) appena nato in quanto non poteva permettersi di mantenerlo, visto che il padrone lo pagava solamente con i buoni dell’Eurospin. Il povero Carmelo, abbandonato davanti a un fienile, passò ben tre giorni e tre notti da solo senza acqua né cibo fino a quando una famiglia di nomadi – che casualmente quel dì passava da quelle parti per cercare coca ed erba – non lo trovò esamine e decise quindi di accudirlo con amore impietositi dal povero musino equestre. Oggi, quella famiglia di nomadi sono i Pornoamore.

All’età di 17 anni, Carmelo da sempre un bambino molto timido ma a quell’età lì arrapatissimo, disse le sue prime parole, “Cazzo culo vi scopo a tutti quanti” e ciò destò scalpore e inquietudine tra il popolo macedone, tant’è che i genitori acquisiti vennero pestati a sangue e uccisi con delle forbici dalla punta arrotondata. Dopodiché, soprannominato Uniporno per la sua indole e il suo aspetto, il giovane orfano in evidente stato confusionale per l’efferata strage venne mandato in esilio in un paesino sperduto dell’Italia, Faenza, per aver chiesto un po’ di pane alla persona sbagliata, il sindaco omofobo che aveva capito “un po’ di pene”.

A Faenza, il giovane Uniporno imparò l’arte del borseggio, insegnatogli dal suo migliore amico (una busta della spesa del Penny Market), morto per crisi di panico dopo aver visto casualmente Uniporno nudo. Durante il suo primo colpo in una fabbrica di preservativi, Uniporno venne sgamato alla grande poiché, in un attimo di distrazione, si era messo a gonfiare allegramente con la bocca tutti i preservativi presenti nell’edificio. Peccato che il colpo lo fece di giorno, un martedì, durante l’orario lavorativo, bloccando quindi il lavoro dei poveri operai che in un attimo di ira, pestarono selvaggiamente il povero Uniporno per mandarlo via per poter quindi tornare a lavorare. Il macedone fu poi lasciato in fin di vita, evirato e deturpato nelle rive della foce del Po poche ore dopo, ma sfortunatamente quel giorno il fiume era in piena e perciò le acque impetuose lo rapirono e lo trascinarono fino al largo delle coste romagnole.

Rimasto in acqua per ben sette lunghi anni, e rimessosi in sesto nutrendosi solo di plancton e cannucce di plastica, Uniporno si trasmutò in un sirenetto e comunicando con i gabbiani e i delfini imparò a parlare non solo la sua lingua madre, ma anche l’italiano, il cinese, l’inglese, lo spagnolo, l’armeno, lo srilankese, il francese e il latino antico. Ciò gli diede una gran sicurezza che lo portò a tirarsela di fronte alle balene malate di osteoporosi del mare dell’Umbria.

Divenne il re degli oceani, ogni giorno si scopava le più belle scorfane e veniva rispettato persino dai pericolossissimi pesci rossi dell’Acquario di Genova, fin quando un giorno il suo impero venne distrutto: durante l’ennesima scopata (siccome venne evirato precedentemente, per il sesso usava il suo corno dotato di apparato riproduttore femminile) divenne cieco e storpio improvvisamente e ciò lo portò a tornare a riva per curarsi. Spiaggiatosi in Friuli, un vecchio pastore di quelle parti lo prese, lo allevò come un figlio e poi lo corcò di botte senza un valido motivo, abbandonandolo in coma nella ridente città di Gorizia.

Dopo 2286 anni di coma, Uniporno si risvegliò, pelato, cieco, sordo, storpio e pure muto, ma comunque sia cercò di farsi una vita nella ridente città di Gorizia. Purtroppo nessuno lo voleva, nessuno lo desiderava, fin quando un giorno non incontrò una giovane studentessa di cui si innamorò perdutamente. Uniporno cercò di farla ridere narrandole a gesti, in inglese, la sua vita, e ci riuscì. Ma nei due secondi successivi la ragazza si stufò e lo abbandonò, solo, e in tutto ciò Uniporno non se ne accorse (essendo pelato, cieco, sordo, storpio e pure muto), così continuò a gesticolare per quattro giorni di fila, fin quando un celeberrimo pizzaiolo hawaiano di quelle parti, emozionatosi guardando per ore il povero Uniporno, non decise di accoglierlo nella sua bellissima pizzeria di periferia accaparrandogli il lavoro di sguattero. Uniporno lavorando trovò la felicità, e ritrovò la vista e la parola, così un giorno, gasatosi, andò in discoteca, di giorno, di domenica, ma non trovò nessuno e siccome questa bravata gli costò il lavoro, la casa e tutti i denari che aveva guadagnato, decise di diventare un’entità. Così divenne ciò che tutti noi temiamo: il pensiero di essere spiati dalla webcam del nostro telefono mentre ci masturbiamo. Nessun cerotto o pezzo di scotch potrà mai coprire quella videocamera in quanto Uniporno ci controllerà comunque, assetato di vendetta e di una vita che alla fine non ha mai vissuto appieno.

le foto sono di Simone Pezzolati (amico rinnegato dell’Uniporno)