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“Una canzone semplice” è il debutto inaspettato dei Laica Luna

Fuori dal 28 febbraio “Una canzone semplice”, il singolo di debutto dei Laica Luna. La band di Trieste si presenta al mondo con un pizzico di ironia: un titolo fuorviante perché il brano non è assolutamente la hit estiva che ci si può aspettare.

Una canzone semplice” si muove su una base rock con ritmi incalzanti soprattutto nel ritornello. L’inizio lascia spazio alla melodia per poi far entrare Lana con la sua voce graffiante e potente. Il testo è una presentazione di come dovrebbe essere una canzone semplice e quale sarebbe il suo scopo, ma il tutto esplode nel ritornello quando si canta “non ce l’ho”.

Non potevamo che conoscerli meglio così, con le loro cinque cose preferite.

  1. Il crepuscolo

A Paolo (Chitarra) piace il crepuscolo perché è il momento nel quale le ombre stanno per sparire. Le ombre definiscono gli oggetti. Sono il loro contorno. Ma nel buio tutto è uguale pur restando gli oggetti se stessi. L’universo che esplora Laica Luna è buio, ma proiettando un raggio di luce si intravvedono i contorni delle cose, parti, frammenti che possono essere messi assieme per capire cosa siano, o forse solo per creare chimere. Ma anche quest’ultime possono dirci qualcosa su cosa abiti la nostra mente.  

  1. I segni

A Jaren (batterista) piace quando qualcosa diventa segno. Il segno e’ qualcosa che rimanda a qualcos’altro. A quello che non c’e’ nel ‘riquadro’. C’è bisogno di un’interpretazione, ed in questo, l’uomo proietta il suo modo di pensare, ed in quel momento si rivela. Capire i segni è capire l’uomo. Capire quello che abbiamo dentro, è uno degli obiettivi di Laica Luna. I segni del mondo che ci circonda sono spesso simulacri, fraintendimenti o manipolazioni. L’ironia è un modo per demolire i simulacri. Così, ad esempio, la pipa di Magritte non è una pipa ma qualcos’altro.

  1. Il vento

A Luca (Bassista) piace il vento, lo fa sentire libero e lo fa respirare. Il vento non si vede. Si vede quello che il vento muove. Si vedono i suoi effetti; i risultati della sua volontà. A Trieste, Laica Luna vive nel vento. Un vento che ha un nome: Bora. Che ci scuote come fosse una forza misteriosa, come fosse un destino, come volesse sempre farci cadere. E’ un vento imprevedibile, ma chi vive qui lo capisce e sa come usarlo per andare avanti; contro il destino. E’ questo che distingue a Trieste l’uomo dalle cose. Il primo contrasta il destino, le cose invece sono in balia del vento. 

  1. Cantare con gli amici

A Lana (voce) piace cantare con gli amici ed ancora di piu’ in osmica. L’osmica e’ un tipo particolare di agriturismo familiare tipico del Carso triestino dove si mangiano affettati, formaggi e si beve il vino di qua: forte ed aspro, e si canta. Canzoni antiche nel nostro dialetto, che è una miscela di tutte le lingue dei popoli che vivono a Trieste. Si sta assieme e si ascoltano le storie di tutti. Tante inventate di sana pianta, tante vere, e non sai mai cosa sia finzione e cosa realtà. Un’atmosfera sospesa: un limbo ed un musical allo stesso momento.

  1. Le emozioni

A Laica Luna piace la musica che trasmette emozioni perché sono queste ad illuminare il buio nel quale viviamo. Laica Luna esplora il buio tra gli oggetti luminosi nel cielo, sondando la complessità degli esseri umani rimasti senza dei, senza miti e senza scuse; come fece Laika dalla sua astronave. Laika è viva! Vive sulla Luna!

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“Fulmini”: il pop variopinto di Camelia

“Fulmini” è il nuovo singolo di Camelia, uscito martedì 25 febbraio 2025. Pop elettronico multicolor che cattura al primo ascolto. Un plauso anche alla prod. di Edo Nocco, che dissemina con gusto tracce di tropical house all’interno del brano.

Foto: Laura Bianchi Foto

Queste le parole con le quali l’artista presenta la traccia:
«”Fulmini” è il primo singolo di un nuovo progetto che si identifica nel genere pop ed elettronico. Il testo, scritto di getto su un treno, parla di emozioni istantanee, parla di me e di momenti realmente vissuti che, grazie all’aiuto del mio produttore Edo Nocco, sono riuscita a mettere in musica. Il risultato è un pezzo che mi rappresenta, nel quale qualcuno si può ritrovare e che ha l’intenzione di trasmettere, a chi l’ascolterà, la voglia di ballare.»

Puoi ascoltare il brano qui:

BIO
Arianna Casano, in arte Camelia, cresce nella provincia ligure e nel 2021 lancia il suo primo progetto musicale solista, spinta dalla necessità di comunicare tramite musica la sua interiorità. Camelia è un’artista e cantautrice di 25 anni che, con la collaborazione del produttore Edo Nocco, scrive brani che viaggiano tra melodie pop e sonorità elettroniche. Le ultime trovano ispirazione dai suoi viaggi all’estero, in particolare dal suo periodo trascorso in Germania, luogo chiave per le storie di alcuni suoi testi.
Il suo ultimo singolo si intitola “Birra” feat. Davide Diva.
Attualmente è al lavoro per l’uscita del suo primo EP, in collaborazione con Costello’s Agency.

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Fonte: Costello’s Agency

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Comunicato stampa Elettronica Pop

SUPERTELE e gli anni ’90: quando la techno alleviava ogni dolore

“BOOSTER” è il nuovo singolo di SUPERTELE, uscito venerdì 24 gennaio 2025. Il musicista lombardo sale sullo scooter come negli anni d’oro e tira fuori la sua anima più danzereccia, sfornando una hit electro dirompente.

Foto: Enrico Luoni
Art direction: Nicolò Bruno

Queste le parole con le quali l’artista presenta la canzone:
«La canzone è un inno malinconico e ironico sulla gioventù perduta e sui rimpianti di un amore che non ha trovato la sua strada. Attraverso immagini vivide e surreali, come viaggi improbabili in Giappone o Corea del Nord in motorino, l’autore intreccia ricordi dolci-amari con riflessioni sulla crescita e sull’inevitabile scorrere del tempo.
I temi centrali sono il senso di disillusione e la nostalgia per un passato vibrante, rappresentato simbolicamente dal “booster” e dal “pusher” della gioventù, figure metaforiche che oggi sembrano spegnersi. La techno, con il suo ritmo ipnotico e liberatorio, diventa un rifugio e una cura temporanea per le ferite emotive, simboleggiando il desiderio di sentirsi ancora vivi e in connessione.
Il brano cattura il contrasto tra l’energia del passato e l’alienazione del presente, portando alla luce il desiderio di riprendersi quel tempo perduto, anche solo per una notte di musica, sogni e vibrazioni condivise.
La musica intreccia ritmi elettronici trascinanti con linee melodiche essenziali, evocando un senso di movimento e desiderio, creando un equilibrio tra energia danzereccia e introspezione. Le sonorità, a metà tra techno pulsante e accenti più malinconici, amplificano il senso di viaggio e sospensione, evocando l’incontro tra passato e presente, accompagnano il testo in un crescendo emotivo che alterna euforia e riflessione.»

Puoi ascoltare il brano qui:

BIO
SUPERTELE inizia a suonare a 10 anni. Da quando ne ha 13 scrive canzoni. Innamorato da adolescente del punk e del grunge suona in una serie di band in giro per la Brianza, Milano e il nord Italia. Con il passare degli anni, amplia il suo orizzonte musicale, sperimentando sonorità più psichedeliche e sperimentali, contaminandole con un approccio cantautorale nei testi.
Durante la pandemia inizia a dedicarsi alla produzione musicale, gettando le basi per il suo progetto solista. In questa seconda vita artistica, mescola sample, suoni catturati dalla vita quotidiana e strumenti vintage, mantenendo lo spirito DIY che ha caratterizzato le sue origini.
Il risultato è un sound ibrido che spazia tra alternative pop e lo-fi, con influenze elettroniche e momenti più ballabili. In questo progetto, SUPERTELE scrive, produce e canta la sua musica, occupandosi anche dell’intera componente visiva.

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Fonte: Costello’s Agency

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“IN:titolo” è l’estroso album d’esordio di Giulia Impache

“IN:titolo” è il nuovo LP di Giulia Impache, uscito venerdì 17 gennaio 2025 via Costello’s Records. Se si dovesse stilare una classifica dei dischi più originali dell’anno appena iniziato questo allucinante debutto che mescola ingegnosamente elettronica, madrigali e glitch-pop sarebbe al primo posto, ma è molto probabile che mantenga una posizione ragguardevole anche tra 11 mesi. Una penna dallo stile unico, una voce celestiale. Giulia è la fantasia al potere.

Foto: Stefano Mattea

Queste le parole con le quali l’artista presenta il disco:
«Ho scelto questa foto scattata qualche tempo fa dalla fotografa emergente Luce Berta per vari motivi, tra cui la delicatezza di questa fotografia e l’armonia delle onde create dal velo che mi avvolge. Trovo che rendano il tutto più etereo. Io e Luce abbiamo iniziato questo percorso insieme, le ho affidato l’immagine del mio progetto fin dall’inizio. Lavorando insieme, spesso anche in simbiosi, la nostra produzione artistica si è lasciata contaminare dalle nostre rispettive ispirazioni. Penso non ci sia aspetto più prezioso nel condividere l’amicizia con un’artista. La fotografia di Luce è stata adattata da Cecilia Rolfo, graphic designer torinese per la realizzazione finale della Cover del disco. Il volto in copertina si mostra al pubblico coperto da un abito velato, il mio filtro con la realtà, il velo che mi consente di esserci con delicatezza e lasciare spazio alla mia musica. Dove mi trovo? Da dove vengo? Mi hanno appena depositato dallo spazio o mi ci stanno portando?
In:titolo dai primi ascolti ti avvolge in un’atmosfera elettro-cosmica, con i suoi suoni sperimentali che si intrecciano insieme a melodie influenzate  dall’ascolto di musica antica intersecata alla line pop e alle sonorità elettroniche. E io, un po’ aliena in questo universo, mi avvalgo dei suoni per comunicare nel modo più terrestre possibile.
“Vorrei che i testi delle canzoni che compongono il disco facciano fluttuare con semplicità chi ascolta in delle suggestioni in cui rivedersi”
Per questo i brani hanno dei testi volutamente sospesi, come quelle storie dal finale aperto che lasciano all’immaginazione delle persone la possibilità di crearselo da sé. Con le parole creo delle immagini che permettono di avvicinarsi al mio mondo e alla mia musica.
Da sempre sono affascinata dal mondo della fantascienza, mischiato agli anime giapponesi e alla passione per l’epoca medievale e la musica antica. Tutto questo si può ritrovare  nel disco “In:titolo”.
Perché ho scelto questo nome? Mi sono chiesta: “come lo intitolo? In:titolo!”
Alla fine come si fa a racchiudere un percorso, che dura da anni, di scoperta, studio e sacrifici per la musica in un’unica parola?
“In:titolo” è un modo per esorcizzare il fatto che tutto debba essere sempre preso troppo sul serio. Sono una persona ironica e mi piaceva giocare anche con il mondo dell’arte contemporanea, in cui le opere sono spesso prive di titolo.»

Puoi ascoltare l’album qui:

BIO
Giulia Impache è una cantante e compositrice italiana. Il suo suono e la sua ricerca musicale esplorano la voce in relazione al corpo su un piano tecnico ed emotivo. Si tiene lontana da etichette e generi, cercando di mantenere la sua natura ibrida, data dalla miscela di influenze che vanno dalla musica antica al folk e dall’ambient all’elettronica “spaziale”. Aperta all’ascolto, è stata in grado di plasmare una miscela stilistica e sonora che coinvolge la voce come strumento per creare suoni avvolgenti, eterei e oscuri.
La sua ricerca mira anche a rompere il legame canonico con le parole. Sperimentando con le sonorità, si trova a parlare nuovi linguaggi basati sulla connotazione, sul fonema libero da qualsiasi legame concettuale predefinito, lo stesso impasto emotivo ed evocativo che un suono può portare.

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Fonte: Costello’s Records

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Elettronica

Le cinque cose preferite di Ferrylife

Ridere delle proprie tragedie personali, mentre in background gira un sound che viaggia a mille, che corre più forte del contemporaneo e della propria malinconia: LOST MY WEED IN THE WOOD è il nuovo singolo, e il nuovo inizio, di FERRYLIFE. LOST MY WEED IN THE WOOD (ho perso la mia erba nel bosco) è un brano che racconta di quando FERRYLIFE ha perso la sua erba nel bosco a un rave party. 

Questo può sembrare divertente, ma è stato in realtà un incubo perché ho dovuto parlare con la gente da sobrio. Scherzi a parte, il brano utilizza un taglio ironico per sviscerare gli aspetti più profondi di una dipendenza psicologica, come il non riuscire a divertirsi e a comunicare con gli altri senza l’abuso di sostanze e il non essere in grado di rimanere da soli con i propri pensieri”.

Per conoscerla meglio, le abbiamo chiesto quali fossero le sue cinque cose preferite.

Piangere: 

Piangere è liberatorio, un toccasana per la salute mentale e inoltre è estremamente cool. C’è chi dice che chi non piange è un fico, ma la verità è che solo chi lo fa sa quanto è aesthetic singhiozzare mentre ti guardi allo specchio e fumi una sigaretta sentendoti come in un videoclip di Lana Del Rey.  Recenti studi assolutamente soggettivi provano che per una vita sana ed equilibrata si dovrebbe piangere dalle 3 alle 4 volte al giorno. 

San Giuliano terme: 

Sono un bimbo di campagna. Per alcuni potrebbe rappresentare un elemento di vergogna, ma io lo rivendico con orgoglio. Crescere in un piccolo paese mi ha consentito di sviluppare la mia personalità lontano da mode o pressioni sociali (oltre che una insana passione per il gioco della briscola), e questo dal mio punto di vista è un vantaggio, non una mancanza. In qualunque metropoli io mi trasferisca, farò sempre in modo di costruire la mia piccola San Giuliano, fatta di persone che incontri per strada e saluti chiamandole per nome. 

I festival:

Di qualunque genere e tipo. Mi piace tutto, dei festival, dai panini alla salsiccia dei foodtrucks ai fricchettoni che ballano scalzi ai clubber con gli occhiali da sole alle 6 del mattino. La musica dal vivo è meditazione per chi non sa star fermo, e come può testimoniare chiunque mi abbia fatto da babysitter in tempi passati, io sono una di quelle persone. 

I miei amichetti:

“Il successo di una vita si misura nelle persone che ti vogliono bene” mi disse una volta la mia zia pazzerella. Per tanto tempo ho pensato che il successo di una vita si misurasse in base ai propri successi, poi ho capito che aveva ragione lei: dietro ogni traguardo ce ne è un altro più grande, ma amicizia e amore sono infiniti: una volta che li hai stabiliti, puoi rilassarti. Sei arrivato. 

Le dipendenze: 

Mi piacciono tutte. Caffeina, zucchero, sigarette, junk food, tv spazzatura. Quelli che per altri sono piaceri sporadici per me sono veri e propri rituali che danno ritmo e senso alle mie giornate.  In generale, sono un grande appassionato di quelle zone grigie dove il giusto e lo sbagliato coesistono separati da una barriera spessa quanto un capello. Se non avessi smesso di bere, per fare un esempio, non avrei mai potuto scrivere il mio disco. Ma se non avessi cominciato a bere, nemmeno.

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Comunicato stampa Elettronica

Gli occhi possono comunicare, ma la voce di Giulia Impache non smette mai di incantare

“Occhi” è il nuovo singolo di Giulia Impache, uscito venerdì 22 novembre 2024. Ci sono certe compositrici per le quali la sperimentazione è il primo motore, ciò che le spinge a creare. Giulia è una di queste. Vi sfido a trovare un’artista della scena alternativa italiana che miscela con tale maestria glitch e suggestioni ambient a reminiscenze di musica medievale. Il risultato è incredibile.

Foto: Luce Berta
Styling: Sarah Podestani

Queste le parole con le quali l’artista presenta la canzone:
«”Occhi” è il brano con cui mi sono avvicinata alla musica antica e medievale.
L’ho scelto come singolo perché è un nuovo capitolo del mio percorso musicale, il tentativo che prova a conciliare tutti quelli che sono i miei ascolti.
Abbiamo passato un periodo della nostra vita in cui erano solo gli occhi a parlare. Gli occhi cambiano, patiscono in silenzio, gli stessi occhi che io ho voluto.»

Puoi ascoltare il brano qui:

BIO
Giulia Impache è una cantante e compositrice italiana. Il suo suono e la sua ricerca musicale esplorano la voce in relazione al corpo su un piano tecnico ed emotivo. Si tiene lontana da etichette e generi, cercando di mantenere la sua natura ibrida, data dalla miscela di influenze che vanno dalla musica antica al folk e dall’ambient all’elettronica “spaziale”. Aperta all’ascolto, è stata in grado di plasmare una miscela stilistica e sonora che coinvolge la voce come strumento per creare suoni avvolgenti, eterei e oscuri.
La sua ricerca mira anche a rompere il legame canonico con le parole. Sperimentando con le sonorità, si trova a parlare nuovi linguaggi basati sulla connotazione, sul fonema libero da qualsiasi legame concettuale predefinito, lo stesso impasto emotivo ed evocativo che un suono può portare.

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Fonte: Costello’s Records

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Elettronica Intervista

Rievocare la sensazione di un luogo attraverso il suono. L’intervista a Marco Scipione

Abbiamo fatto qualche domanda al sassofonista Marco Scipione, fresco dello sperimentale disco d’esordio solista, per il quale ha avuto la percezione di essere “disperso in una foresta dove volevo andare da tempo”.

Artwork: Pietro Bonaiti

  • Dopo aver già pubblicato musica con i DANG!, la tua band post punk hardcore, “H(ost)” rappresenta il tuo vero e proprio debutto solista: che sensazione è aver rilasciato un progetto totalmente personale?
    Il lavoro compositivo con i DANG! è una palestra dove tutti portano idee e guidati dalla risolutezza del trio si arriva sempre ad una soluzione in modo molto efficiente. Invece, lavorare su un progetto originale in solo, da la sensazione di essere dispersi in una foresta. Se hai i mezzi e le capacità, puoi procacciarti cibo, acqua e costruire a mani nude una capanna, ma devi prendere delle decisioni. Devi seguire una direzione in un sentiero senza segnali e tirare dritto nella speranza di trovare degli indizi che ti suggeriscano cosa potrai trovare al prossimo checkpoint del tuo cammino. Al momento comincio a trovarmi bene in questa foresta e sto cercando di trarre ispirazione il più possibile da essa anche perché ci sono andato volontariamente e volevo farlo da tempo. Non è il primo disco di originali della mia vita (anzi…) ma è il primo in solo e sono molto emozionato anche solo ad immaginarne una sua evoluzione. Ovviamente averlo pubblicato è meraviglioso e mi sono tolto un gran peso dalle spalle che ora si stanno appesantendo nuovamente per il suo seguito.
  • Già dal titolo, il tuo disco esprime l’intenzione di unire generi e suggestioni diverse tra loro, dalla colonna sonora all’ambient, dal jazz alle influenze elettroniche, l’album include uno spettro di riferimenti poliedrico e sfaccettato. Qual è il filo rosso della tua ricerca sonora, al di là dell’utilizzo del sassofono?
    Penso siano i miei viaggi e la ricerca ossessiva di descriverla a suoni, non a melodie, come si potrebbe pensare da un sassofonista. Con suono intendo, texture sonora che rievoca in me la sensazione di un luogo. Ad esempio “Morning Mist” è la rappresentazione sonora delle mie passeggiate all’alba con il mio cane (Sergio) immersi nella nebbia più fitta, molto spesso al buio. Il telefono non squilla, si è in totale solitudine, al freddo, si ha la possibilità di pensare molto e per noi artisti è una cosa molto importante.
  • La stessa volontà di pubblicare un album dominato dal suono del sassofono può rappresentare un azzardo all’interno di un panorama musicale che esclude quasi totalmente la musica strumentale. Ciononostante, il tuo approccio artistico e sperimentale riesce a includere elementi pop che intrattengono e catturano l’ascoltatore; come riesci ad elaborare uno stile capace di non risultare eccessivamente virtuosistico?
    Semplicemente non ci penso, non mi sono mai posto il problema. “H(ost)” è quello che ero al momento della sua composizione senza nessun filtro, pensando solo ad esternare la semplice voglia di creare e cercare. Ovviamente è un disco che comprende una summa delle mie esperienze musicali, quindi anche il pop da cui ho appreso molto.

  • Oltre all’ampia varietà di generi toccati da “H(ost)”, dichiari di esserti ispirato a una gamma di prodotti culturali davvero ampia, dalla musica dei Radiohead ai videogiochi e alla cultura cinematografica. Come trasformi questo complesso background culturale in musica?
    Come un jazzista parla il suo linguaggio e affonda le mani nella tradizione senza pensarci attivamente, grazie al mio “Sassofono Modificato” ho la possibilità di esprimermi in 4 dimensioni e creare senza nessun tipo di filtro. I videogame, i manga, le colonne sonore, il rock, il death, i viaggi durante i tour, sono già parte di quello che sono perciò, nel momento esatto in cui mi esprimo, queste cose riaffiorano naturalmente, senza che io debba sforzarmi per farlo.
  • Al di là della tua attività di musicista dal vivo e session man, con questo progetto hai avuto la possibilità di esprimere a pieno il lato più intimo e personale della tua riflessione artistica. Che sensazioni vorresti trasmettere attraverso il suono di “H(ost)”?
    La prima cosa di cui mi preoccupo quando riascolto il brano che ho appena registrato è se riesce a trasmettere il “colore” che ho in mente a me stesso. Devo sentire lo stomaco che si stringe in una leggera sofferenza, allora capisco che la direzione è giusta. Penso che ognuno di noi elabori la realtà in maniera differente e di conseguenza anche le emozioni che si provano ascoltando musica. Spero di trasmettere, anche solo in parte, quello che provo durante la composizione ripensando ai miei viaggi e alle mie esperienze nell’intimità del mio studio.

BIO
Marco Scipione è un sassofonista italiano considerato uno dei nomi più rilevanti della scena emergente. Sassofonista anomalo, virtuoso nel jazz e nella fusion ma con un solido background nel rock e nel metal, è uno dei principali utilizzatori di effetti sul suo strumento che distorce e modifica ispirandosi a Kurt Cobain, ai riff di Tom Morello e alle suggestioni sonore eteree dei Radiohead. Un approccio che esprime a pieno nel suo trio post punk hardcore DANG!
La passione per le colonne sonore, la musica di ricerca, i videogames hanno spinto Marco a continue esplorazioni sonore, maturate in diversi progetti e concerti in solo.
L’anima rock e quella sperimentale si chiudono in un perfetto ed eterogeneo triangolo musicale con la sua attività di session man che lo vedono girare il mondo assieme ad alcuni dei più autorevoli artisti pop e jazz italiani (Eros Ramazzotti, Mario Biondi, Tommaso Paradiso).
“H(ost)” è il debutto di Marco Scipione come solista. Registrato al Bunker Studio di Brooklyn è un disco di solo sax, senza sovraincisioni o loop.

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Fonte: Costello’s Agency

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Elettronica Intervista Pop

La musica elettronica è jazz. L’intervista a Giovanni Milani

Abbiamo seguito da vicino il recente percorso artistico di Giovanni Milani e siamo rimasti colpiti dal suo modo di sperimentare. Non potevamo quindi non fargli qualche domanda sul suo ultimo lavoro e sul futuro del progetto.

Artwork: Alberto Zampano

  • La copertina di “Fotografia N.2” ti ritrae mentre uccidi metaforicamente un’altra versione di te. Da dove nasce questa scelta, e come mai hai deciso di veicolare questa idea in maniera così diretta già dalla copertina?
    Il gesto di puntarmi una pistola alla testa è un’immagine che purtroppo non mi libera da qualche anno, e in qualche modo la copertina vuole anche esorcizzare quest’azione, poiché in questo caso l’atto di uccidermi significa anche rinascere.
  • Compositore, sassofonista e cantautore: sei un artista in costante cambiamento, e ascoltando questo disco è chiaro come tu abbia provato a unire tutte le tue anime traendone un progetto coeso ed unitario. Credi di esserci riuscito, o pensi di essere ancora immerso nel processo di sperimentazione?
    No, non credo di esserci riuscito, credo sia solo l’inizio di un processo molto lungo. Ciò non toglie il fatto che sono soddisfatto del mio lavoro.
  • Oltre ai riferimenti musicali provenienti dalla tua formazione, tra cui il jazz e il conseguente utilizzo del sassofono, hai deciso di integrare nell’album anche delle componenti apparentemente estranee, come il pop e l’elettronica. Per quale motivo hai deciso di affrontare questa sfida cercando di trovare un punto di congiunzione fra elementi così apparentemente diversi?
    Perché a mio avviso non sono affatto diversi, in particolare jazz e musica elettronica. Jazz è avanguardia, non è Swing, non è Cool, non è Bebop, è un movimento costante e a mio avviso la musica elettronica a livello concettuale è Jazz. Poi chiaramente ascoltando generi riconosco che ognuno di essi ha delle caratteristiche particolari che ho voluto unire nell’intento di creare una mia estetica personale.

  • Un’altra sfida che hai lanciato, questa volta nei confronti del mercato musicale attuale, è stata quella di inserire delle vere e proprie pause strumentali all’interno della tracklist del disco. Credi in qualche modo nella possibilità di educare il pubblico anche a generi musicali, come il jazz, spesso lasciati da parte o ritenuti eccessivamente “intellettuali”?
    Sì è proprio così, credo che sia importante educare gli ascoltatori e essere consapevoli che ciò che facciamo è destinato a loro.
  • Scegliendo un titolo come “Fotografia N.2” hai voluto in qualche modo superare la versione precedente di te stesso e avviare un nuovo capitolo del tuo percorso. Come credi che sarà il prossimo Giovanni?
    Il prossimo Giovanni sarà musicalmente più duro, molto più elettronico e scuro, più moderno nella scelta dei suoni e nelle ispirazioni.

BIO
Compositore, sassofonista e cantante mugellano, Giovanni Milani si propone di creare una musica che unisca il suo vissuto musicale: il jazz nell’ambito accademico, il pop nella vita quotidiana e l’elettronica nella vita notturna. Un suono che scalda ma non brucia.

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Elettronica Indie Pop

Cosa c’è nella camera di Alfonso Cheng

FINFERLAND è il nuovo album di ALFONSO CHENG, “bedroom music maker” campano classe 1990. Il disco pubblicato lo scorso venerdì 17 maggio per .Belva e Manita Dischi.

Un crogiolo postmoderno di citazioni musicali e culturali che arrivano dagli anni 90, ma non sono mai uguali alla sorgente.

Non potevamo quindi farci invitare nella sua cameretta, quella in cui prendono forma le sue canzoni, per vedere quali sono gli elementi che la contraddistinguono.

L’angolo dei ricordi

L’angolo del ricordo, i due vinili dei miei nonni materni, poi ci sono tutti i pass dei festival dove ho suonato, i dischi delle mie vecchie band le prime cassette numerate 01 del mio primo disco, e tanti altri ricordi.

Le action figure

Ogni tanto mi devo fermare e prendere l’action figure di Sanji, devo sconnettere la mente dal mondo, e devo immaginare di stare nel mondo di One Piece.

Korg Monotribe

Questa foto rappresenta l’inizio, dove è nato tutto. Infatti il mio primo disco è tutto fatto con questi tre strumenti. Il microfono era di mio nonno, lo presi da piccolo da casa sua. Il Korg monotribe, una delle mie macchine preferite, che uso ancora durante i live, e la mitica Casio ( immancabile in ogni casa ). Ricordo che nel 2020 avevo solo questi tre strumenti oltre la chitarra acustica e il basso, e registravo con questo microfono vicino le casse di questa Casio ( non avendo nessuna uscita jack).

Il mio synth preferito

Questo è il mio synth preferito in assoluto, è una riproduzione boutique del Juno 60 e 106, super compatto e piccolo e comodo da portare ovunque. Con questa ci ho registrato Sabatosera e poi tutto il secondo disco. Non me lo toglierò mai.

L’immancabile Microkorg

Lui è l’immancabile Microkorg. ultimamente lo sto usando pochissimo, però con lui ho registrato un pezzo nuovo nuovo nuovo di zecca!

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Elettronica Pop

Cosa c’è nello studio de LE CANZONI GIUSTE

Poche settimane dopo l’uscita di “Metaversus“, il nuovo singolo della band più eclettica di Pescara, LE CANZONI GIUSTE, abbiamo pensato di farci ospitare nel loro studio dove musica, creatività e gioco si uniscono in una formula esclusiva.

Prima di svelarvi cosa ci hanno mostrato vi lasciamo con l’ascolto del brano pubblicato lo scorso 19 aprile in maniera autoprodotta!

Scrivania
Senza di essa non avremmo la comodità di poterci accomodare e passare ore intense di session.
A volte restiamo settimane intere a scrivere canzoni e fare produzioni, e l’ordine e l’ambiente di lavoro sono fondamentali.

Metapo e Fraligatr
Il fulcro del nostro mantra: aggressività e spirito di conservazione, ci aiutano a ricordarci sempre chi siamo e cosa vogliamo essere.

Bruno
Non è una cosa, ma è fondamentale. Il punto focale de LCG.

La Play Station
Che fai, tra una pausa e l’altra, un caffettino, una sigaretta e una partita alla play.