FINFERLAND è il nuovo album di ALFONSO CHENG, “bedroom music maker” campano classe 1990. Il disco pubblicato lo scorso venerdì 17 maggio per .Belva e Manita Dischi.
Un crogiolo postmoderno di citazioni musicali e culturali che arrivano dagli anni 90, ma non sono mai uguali alla sorgente.
Non potevamo quindi farci invitare nella sua cameretta, quella in cui prendono forma le sue canzoni, per vedere quali sono gli elementi che la contraddistinguono.
L’angolo dei ricordi
L’angolo del ricordo, i due vinili dei miei nonni materni, poi ci sono tutti i pass dei festival dove ho suonato, i dischi delle mie vecchie band le prime cassette numerate 01 del mio primo disco, e tanti altri ricordi.
Le action figure
Ogni tanto mi devo fermare e prendere l’action figure di Sanji, devo sconnettere la mente dal mondo, e devo immaginare di stare nel mondo di One Piece.
Korg Monotribe
Questa foto rappresenta l’inizio, dove è nato tutto. Infatti il mio primo disco è tutto fatto con questi tre strumenti. Il microfono era di mio nonno, lo presi da piccolo da casa sua. Il Korg monotribe, una delle mie macchine preferite, che uso ancora durante i live, e la mitica Casio ( immancabile in ogni casa ). Ricordo che nel 2020 avevo solo questi tre strumenti oltre la chitarra acustica e il basso, e registravo con questo microfono vicino le casse di questa Casio ( non avendo nessuna uscita jack).
Il mio synth preferito
Questo è il mio synth preferito in assoluto, è una riproduzione boutique del Juno 60 e 106, super compatto e piccolo e comodo da portare ovunque. Con questa ci ho registrato Sabatosera e poi tutto il secondo disco. Non me lo toglierò mai.
L’immancabile Microkorg
Lui è l’immancabile Microkorg. ultimamente lo sto usando pochissimo, però con lui ho registrato un pezzo nuovo nuovo nuovo di zecca!
Poche settimane dopo l’uscita di “Metaversus“, il nuovo singolo della band più eclettica di Pescara, LE CANZONI GIUSTE, abbiamo pensato di farci ospitare nel loro studio dove musica, creatività e gioco si uniscono in una formula esclusiva.
Prima di svelarvi cosa ci hanno mostrato vi lasciamo con l’ascolto del brano pubblicato lo scorso 19 aprile in maniera autoprodotta!
Scrivania Senza di essa non avremmo la comodità di poterci accomodare e passare ore intense di session. A volte restiamo settimane intere a scrivere canzoni e fare produzioni, e l’ordine e l’ambiente di lavoro sono fondamentali.
Metapo e Fraligatr Il fulcro del nostro mantra: aggressività e spirito di conservazione, ci aiutano a ricordarci sempre chi siamo e cosa vogliamo essere.
Bruno Non è una cosa, ma è fondamentale. Il punto focale de LCG.
La Play Station Che fai, tra una pausa e l’altra, un caffettino, una sigaretta e una partita alla play.
Il 19 gennaio 2024 è uscito il primo album di Cranía, “584”, via Costello’s Records con distribuzione The Orchard. Il titolo del disco si riferisce al numero di giorni che compie Venere per riportarsi in congiunzione con il sole. Le nove tracce, a loro volta, rappresentano l’orbita del disco: si susseguono creando un’esperienza d’ascolto che riverbera con la stessa intensità delle onde del mare che rispondono ai moti celesti della Luna. L’approccio di Cranía alla scrittura è riflessivo e metodico, quasi matematico: il lavoro svolto dietro il disco, sia in fase di produzione che di composizione, si distingue per raffinatezza e qualità, senza mai sacrificare l’emozione e l’essenza coinvolgente di un ascolto spontaneo. Questa sinergia tra precisione e passione dà vita a un lavoro di alto livello, di sapore internazionale. Ascoltare “584” di Cranía è una passeggiata sul suono lunare, dove le melodie elettroniche e i testi evocativi trasportano l’ascoltatore in un viaggio fuori dal tempo e dallo spazio, attraverso paesaggi sonori che rispecchiano la maestosità e la quiete degli spazi siderali.
Ad: Facciocosepunto Ph: Stella Giulia Casarin
Per l’occasione abbiamo fatto due chiacchiere con la cantautrice lombarda per approfondire la sua arte.
1) Quali differenze ci sono state nella lavorazione (dall’ideazione dei brani alla produzione dei brani in studio) del primo EP e di questo primo disco? Quello sul primo disco è stato un lavoro più di cesellamento a partire dalla creazione stessa dei brani, che ho rivisto a più riprese. Sono partita da canzoni che già avevo nel cassetto, ma che per svariati motivi non riuscivo a completare, forse non erano ancora mature, fino a lasciarmi andare alle nuove. Per quanto riguarda le produzioni, è andata nello stesso modo: c’è stato un lavoro fitto di pre-prod con Mirko Bruno, culminato in un mese di studio da Federico Carillo alla ricerca dei vestiti giusti per “584”.
2) Quali sono le tue principali influenze (o cosa ti piace ascoltare ultimamente) e con qual* artist* ti piacerebbe fare un featuring? RY X e Luigi Tenco sono le mie principali influenze, ma ultimamente sono in fissa con il fado. In merito al featuring, mi piacerebbe farlo con… ve lo dico nella prossima intervista 🙂
3) C’è un festival o un palco in particolare in cui ti piacerebbe esibirti? Ogni palco è importante, soprattutto per chi come me vuole proporre la propria musica. Se devo fare un nome dico il “MI AMI” perché è un festival che seguo con interesse e che ha a cuore anche i progetti emergenti.
4) Arrivi da una valle del bresciano e in un brano del precedente EP citi il tuo paese natale, ma quanto è importante oggi quel tipo di dimensione per la genesi della tua musica? È vitale. Senza le mie radici, non sarei la musica che scrivo appunto. Inoltre, sento la necessità di ritornare alle mie origini ogniqualvolta ho il bisogno di visualizzare le montagne, il mio orizzonte.
BIO Cranìa è una cantautrice che ha le montagne negli occhi. La sua voce è rotta e si fa strada scavando tra crepe di parole fragili. Ma è in superficie che trova la luce su ritmiche morbide, intrecci elettronici e melodie ariose. Una luce pronta a lasciare il segno.
Il 30 gennaio 2024 è uscito “Un nuovo richiamo”, l’EP d’esordio di Elio con distribuzione Artist First. Abbiamo colto l’occasione per fare qualche domanda al cantautore.
Ciao Elio, rompiamo il ghiaccio chiedendoti di raccontare ai nostri lettori cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera solista, dopo quasi 10 anni di esperienze musicali variegate, tra le quali ricordiamo quella di gruppo con Il Grande Capo e l’interessante progetto Animaliguida, dove assieme a Roberta Lanave creavate degli happening a cavallo tra una performance teatrale e un concerto sperimentale.
Ciao!
Il mio rapporto con la scrittura è un rapporto assiduo da quando ho 15 anni. Ho sempre visto la “struttura Canzone” come un contenitore all’interno del quale inserire quello che vivevo nell’istante in cui lo vivevo. Lavoro in teatro da sempre e conosco persone meravigliose che negli anni hanno collaborato con me, e che hanno contribuito a trasformare il mio “centro di gravità permanente”. Ma due anni fa ho capito che era necessario assumersi la responsabilità di un gesto solitario, di un’azione artistica che avesse totale appoggio sulle mie stesse radici e in cui specchiarmi e ritrovarmi.
Per il tuo percorso solista hai avuto al tuo fianco Roberto Cammarata, musicista e produttore già “dietro” importanti realtà palermitane come La Rappresentante di Lista e Omosumo. Come si è sviluppato il lavoro con lui?
Il lavoro con Roberto è stato intenso e coinvolgente. Ha colto nelle demo che gli avevo proposto dei lati che non avevo valutato, li ha amplificati e ha dato respiro alla struttura musicale, senza aver paura di dare un taglio diverso rispetto all’originale. Ho seguito i suoi suggerimenti, le sue visioni, e ho imparato moltissimo da lui. E’ stato davvero molto importante per me.
Il tuo EP d’esordio ha un concept molto particolare, una sorta di viaggio introspettivo attraverso diverse fasi della vita. Com’è nata l’idea di associare le canzoni del disco ai quattro elementi naturali?
Quando ho scelto i brani dell’EP ho volutamente scelto quattro canzoni molto diverse tra loro. Ho immaginato di potermi presentare attraverso le varie sfaccettature del mio mondo creativo. Ho cercato di specificarne sempre di più la differenza, ed ecco che gli elementi naturali sono venuti in aiuto. Ogni canzone ha un particolare e dettagliato rapporto con l’elemento a cui è stata associata.
Sappiamo che Giovanni Lindo Ferretti e Franco Battiato sono un po’ i numi tutelari del progetto. Ci sono stati anche ascolti internazionali che hanno influenzato il sound e lo stile di “Un Nuovo Richiamo”? In certi momenti ci sembra che ti sia avventurato vicino a lidi elettronici nordeuropei.
Sono contento che sia arrivata questa sensazione. Adoro i Royksopp, Kalkbrenner e in generale la musica elettronica nordeuropea (mi viene in mente anche Rasmussen). Non nego di essere anche molto condizionato dai Depeche Mode e dall’indietronica francese, che negli ultimi anni imperversa nei miei ascolti.
Ci salutiamo con una curiosità. Leggendo i crediti del tuo lavoro abbiamo notato che dietro le foto e l’art direction del disco si cela Ilaria Tortoriello, la stessa persona che suonava il basso nella tua vecchia band, Il Grande Capo. Se non si tratta di un clamoroso caso di omonimia, puoi raccontarci come si è sviluppata la nuova collaborazione con lei?
Io e Ilaria ci conosciamo da quando avevamo 16 anni. Entrambi facciamo parte di un piccolo gruppo di creativi che come noi sono cresciuti nel Sud Pontino, che hanno vissuto anni bellissimi di musica live, spaziando tra tantissimi generi musicali, e che negli anni non hanno mai smesso di credere nella ricerca artistica, facendola diventare il loro modo di sopravvivere. Abbiamo suonato insieme per quattro anni ma Ilaria nel frattempo è diventata una fotografa straordinaria. Abbiamo creato un concept che accompagna ogni canzone dell’EP. Mi sono affidato completamente, anche perché la collaborazione che dura da anni in questi casi fa la differenza. Ilaria ha dato al progetto ancora più forza grazie al suo lavoro.
Fuori dal 19 gennaio “Dimensioni”, il doppio singolo di Sea.bass_beat. Quattro minuti che raccontano una storia ambientata, per l’appunto, in due dimensioni differenti. Nella prima stanza abbiamo suoni più leggeri, mentre la seconda lascia spazio all’introspezione. Sea.bass_beat ama da sempre sperimentare con i suoni e in ogni suo lavoro avviene un piccolo salto di qualità. La musica scorre come un flusso continuo e senza giudizio lascia che sia l’ascoltatore a trovare la propria interpretazione.
“Dimensioni” ha lo scopo di aiutare l’ascoltatore a creare la propria ambientazione. E’ come se avessimo a disposizione due stanze e in una di essa costruiamo quello che ci suggerisce la nostra immaginazione.
Ne abbiamo parlato direttamente con lui.
“Dimensioni” è il tuo nuovo singolo pubblicata a metà gennaio. Da dove nasce l’ispirazione per questo brano?
“Dimensioni” è un idea nata dall’unione di due singoli in uno legati da un flusso, da una storia, da varie ambientazioni che in qualche modo possano ‘’parlarsi’’. “Dimensioni” non è significato di chiusura mentale anzi, ma di creazione della propria messa in scena. E’ come se avessimo a disposizione due stanze vuote e in ognuna di essa potessimo provare a riempirle costruendo quello che ci suggerisce la nostra immaginazione.
Hai usato la voce campionata di Dolce Nera, come mai questa scelta?
Quando ho ascoltato la prima volta il brano di De Andrè, la voce iniziale mi ha accesso immediatamente una lampadina. Nella mia testa iniziavo a ripetermi quella parte e sentivo che poteva essere mischiato con le mie sonorità.
Ci dicono che tu abbia una passione per le percussioni, come si riflette questa cosa nella tua musica?
Questa passione nasce fin da bambino. Sono praticamente nato con le bacchette in mano. Per anni ho suonato la batteria ma successivamente mi sono avvicinato alle percussioni. Prima di tutto sono rimasto affascinato da come vengono costruiti e poi dalla libertà che esprimono mentre li suoni. Percuoterli mi ha dato la possibilità di avvicinarmi a delle realtà totalmente diverse dal nostro mondo, dal nostro modo di vivere. Così poi ho pensato di omaggiare diverse etnie, soprattutto quelle africane, nelle mie produzioni.
Quali sono gli artisti che hanno influenzato la tua musica?
Tra tutti spicca per influenze e sonorità Paul Kalbrenner. Ma sono cresciuto a pane e Pink Floyd grazie ai vinili di mio padre, alle colonne sonore per film e ai dischi di musica hip hop/rap di mio fratello.
Qual è il concerto più bello a cui tu sia mai stato? E perché è stato il più bello?
La mia ragazza mi ha regalato per il mio compleanno il live di Paul Kalbrenner. L’abbiamo visto a Ferrara ed è stata una serata indimenticabile. Mi sono commosso davanti al mio idolo e inoltre, non avevo mai ricevuto qualcosa di così bello e grande prima d’ora nella mia vita.
Prossimi progetti nel cassetto?
Posso tranquillamente anticiparvi che sto lavorando ad un nuovo EP. Sono per ora arrivato a completare 3 brani. In totale penso che saranno 5. Il progetto va a riprendere alcune sonorità del compositore Vangelis (per intenderci colui che ha vinto l’oscar per “Chariots of Fire”).
La cantautrice e dj-producer Iron Soft pubblica il nuovo singolo “Solo noi due”, prodotto da Francesco Megha e fuori per l’etichetta Cobalto Dischi. “Solo noi due” è un brano che racconta l’alba: il ritorno alla consapevolezza delle difficoltà dell’essere se stessi dopo una serata attraversata da una spensieratezza surreale.
Noi l’abbiamo intervistata, ecco che cosa ci siamo detti!
Ciao Irina! Partiamo con la tua formazione musicale per conoscerti meglio: durante il tuo percorso artistico hai avuto modo stare a contatto in un primo mento con numerosi artisti della scena hip hop e poi di spostarti all’estero esibendoti in diversi club berlinesi; quanto ti ha aiutato il rap per poi fare techno?
Ciao!
La scena Hip Hop direi che è quella che ha più influenzato inizialmente la mia produzione. Per quanto riguarda il dj set, è qualcosa che ho vissuto abbastanza separatamente e le influenze sono state molteplici, prima tra tutte la bass music inglese in tutte le sue declinazioni. Quando mi sono spostata a Berlino per studiare, è stata inevitabile la contaminazione con la techno tedesca.
Come avviene il passaggio dai dj set al cantautorato?
Non c’è mai stato un vero passaggio e forse neanche un vero dialogo tra questi due aspetti. La mia ricerca di musicale è un percorso che sfocia nelle due cose in due modalità differenti. Si può parlare di passaggio se si intende quando ho iniziato a cantare sulle mie basi, quello è stato improvviso e abbastanza inaspettato!
Parliamo del nuovo singolo “Solo noi due”: chi sono i protagonisti di questo brano?
Il testo l’ho scritto un paio d’anni fa, l’ambientazione è sicuramente Berlino e senza dubbio ruba spunto da una mia relazione amorosa. Tuttavia, credo siano immagini in cui si potrebbe facilmente riflettere chiunque.
Questo brano parla sia della sensazione di invincibilità della vita notturna che del ritorno alla
consapevolezza di sé; quale “fase” ispira maggiormente la tua scrittura? Quella di spensieratezza o quella realista?
Bella domanda… sicuramente alcune cose sono state scritte o pensate anche in quella bolla di invincibilità notturna o di spensieratezza, ma è sempre necessario poi un confronto con la realtà, anche quando si tratta di scrittura.
Quali sono gli elementi in comune e le differenze tra “Solo noi due” e il tuo precedente EP “Piove dentro casa”?
Il periodo di scrittura è stato lo stesso, “Solo noi due” è rimasta indietro perché la percepivo incompleta e anche forse volevo lasciare che il primo EP avesse un mood prettamente malinconico. L’ho prodotto sempre con Megha, c’è sicuramente continuità. La differenza che per me è più evidente è che questo singolo è stato registrato con molta più rilassatezza e più a mio agio con la mia voce.
Hai altri progetti in programma?
Sì, certo. Sto lavorando a dei pezzi ancora più elettronici, forse è arrivato per me il momento di integrare le due identità di cui abbiamo parlato.
La storia di questo disco è davvero singolare: tre personaggi dell’underground si rinchiudono in una suggestiva location a Cairo Montenotte, lontana da tutto, e nella mia testa anche lontano dalla frenesia di Milano e da queste giornate che sto vivendo, in un loop sempre uguale. La cosa migliore che possiate assorbire da questo disco degli Elektrostal, è un mix unico di generi che piacerà sia agli amici rockettari che a quelli che erano gli assidui frequentatori del Lume, a chi sogna ancora i club berlinesi di quell’Erasmus di cui, alla fine, si ricorda ben poco. Gli Elektrostal firmano la colonna sonora frenetica e ossessiva di un rave che sta per finire, l’alba e tutto che si rischiara.
Complice il contributo del musicista albanese Kole Laca ai synth, le vibes sovietiche sono innegabili, rare e così riconoscibili. Sembra di stare in un episodio allucinato di Twilight Zone, nella più illuminata puntata di Doctor Who, Il pianeta proibito e tutta la fantascienza che abbiamo dimenticato. William Nicastro (basso) e Marco Quarantotto (batteria), riconoscibili e ossessivi, pazzi e meravigliosamente diversi tra di loro, creano un quadro unico che può chiamarsi solo Elektrostal, uguali a nessuno, senza scena, senza background, senza nessun riferimento se non quei tre giorni di follia estrema in una session infinita che ha portato a questo disco.
É abbastanza difficile dimenticare questo disco dopo averlo ascoltato, non ritrovarsi a vedersi cambiare un viaggio in auto, a non scendere dalla vettura per finire di ascoltarlo, perchè è un’ossessione contagiosa che, personalmente, ha finito per accompagnare tutte le mie ultime giornate, piegando la routine casa / lavoro, e sentendomi estraneo a qualsiasi cosa. Se volete andare nello spazio interstellare a bordo di una navicella spaziale russa (probabilmente nominata Sputnik, come qualsiasi cosa laggiù), probabilmente questo è il modo migliore per farlo.
Che ormai Sem&Stènn, duo electro-pop divenuto celebre inizialmente per aver partecipato ad X-Factor, durante la stessa edizione dei Maneskin, sono in giro da parecchio. Me li sono ritrovato spesso a scegliere canzoni in serate assurde, di cui mi ricordo poco se non queste eteree figure con, bisogna dirlo, sempre scarpe bellissime. Loro sono il duo della Milano che balla, dei Navigli fino a sera tardi, del Rocket prima del Covid, del Plastic tra la ressa e il sudore. Ci hanno scritto anche un pezzo qualche tempo fa, si chiamava Ho pianto in discoteca, che riassumeva bene come mi sentivo per la maggior parte del tempo: un disastro, senza una vera vita sociale, ma sempre e perennemente in fila per entrare in un club.
Ammetto di aver detto anche un paio di cose brutte su di loro, che sono sempre perennemente alla ricerca del successo, e che i loro pezzi son paraculi, plastici, confezionati apposta per piacere. Il problema è che poi è vero, che i loro pezzi piacciono. E facendomi due conti, devo dire che non è vero che i loro pezzi sono paraculi, perchè facendomi un giro su Scuola Indie, mi sembra inevitabile notare un’estrema voglia di essere alternativi, di candidarsi come gruppo di punta alla festa dell’Unità di Buccinasco, con il mullet, le Dr. Martens basse e i calzini bianchi, e forse anche un Urania tascabile ficcato nella tasca dei jeans. Sem&Stènn, i veri punk di una scena che forse noi pseudo intellettuali di sinistra non ci meritiamo, se ne fottono e arrivano, oggi con un nuovo EP, sfacciato, pop, ballabile, senza giri di parole nè occhiolini ad una scena in declino schiava dell’algoritmo. Eroi, veri e propri.
Bromance è l’ultimo brano che passano alle 5 mattina di un bar di provincia, forse l’unico in zona, dove ci raduniamo tutti a sudare fino a fare schifo. I sentimenti elettronici che frizzano sotto i piedi e ci fanno ballare, sulla cassa dritta (che non sbaglia mai).
Rocky di Mudimbi è la mia personalissima colonna sonora di quando mi sento una merda (spesso) ma comunque mi ritrovo a fare le 4 del mattina in un giorno infrasettimanale, e Mudimbi, dalla tomba dei fenomeni musicali che ci eravamo dimenticati, è una scelta fantastica e particolarmente riuscita. Un po’ come me, che faccio pace con Sem&Stènn. Eroi, il titolo dell’EP pubblicato oggi, giovedì 12 gennaio, sono cinque tracce, e le dedico a tutti noi radical che in realtà sogniamo solo saperci vestire bene e saper portare le scarpe giuste nel locale giusto, fottendocene di chi pensa che siamo dei modaioli paraculo.
Reduce dalla pubblicazione del suo EP di debutto “Chapters“, torna il produttore Rodolfo Liverani, in arte The 24 Project, con un nuovo singolo in uscita venerdì 9 dicembre 2022 (in distribuzione Believe Digital) dal titolo “Impero del male“. Primo assaggio di una serie featuring di prossima uscita, questo nuovo brano vede la stretta collaborazione con Tigri, cantautore di stanza a Milano che ha esordito un anno fa con l’album “Serenata Indiana“, declinando le varie definizioni dell’amore.
Impero del Male è invece una canzone sul conflitto tra l’essere felici e avere paura di essere felici, tra cercare la salvezza negli altri ed il rifiuto di aprirsi al mondo. Il risveglio dell’eroe che ci aiuterà ad accettare noi stessi ed il prossimo è cadenzato da un ritmo trip hop spezzettato, voci post-blues distorte ed epicità orchestrale.
Li abbiamo incontrati per far loro qualche domanda.
Com’è avvenuto il vostro primo incontro? E qual è stato il terreno comune che poi vi ha portato a collaborare per questo nuovo singolo?
The 24 Project: Ci siamo conosciuti per la prima volta alla “festa di compleanno” di Studio Cemento, realtà con cui collaboriamo entrambi. Credo che avessimo voglia di sperimentare cose nuove e quindi l’idea di collaborare è venuta in maniera abbastanza naturale.
TIGRI: esatto, diciamo che ci siamo conosciuti in un ambiente già fertile. Io avevo ascoltato le produzioni di The 24 Project e mi erano piaciute molto, anche perché amo la musica elettronica e da tempo pensavo a lavorare con qualcuno che fosse forte in quell’area. A quel punto ci siamo detti: “perché non unire le forze?”
The 24 Project
Per entrambi è una sorta di ritorno dopo un disco di debutto. State intanto lavorando a qualcosa di nuovo anche da solisti? Cosa potete anticiparci dei vostri rispettivi percorsi musicali?
The 24 Project: Per quanto mi riguarda sto lavorando ad altre collaborazioni che vedranno la luce prossimamente. Come solista continuo a produrre brani ma al momento sono più che altro delle idee che mi sto appuntando.
TIGRI: Anche io sono al lavoro su musica nuova che probabilmente vedrà la luce nel 2023. l’esperienza su Impero del male devo dire mi ha dato molto, perché è stata una bella prova cimentarsi con un altro artista con le sue idee e con un modo di scrivere ed arrangiare diverso dal mio. Ne sto facendo tesoro per il futuro.
Quali sono le difficoltà dell’avere un progetto musicale in un momento storico dove si vive di numeri, playlist e follower? Siete attenti a questi aspetti oppure vivete in modo completamente distaccato ciò che fate?
The 24 Project: Credo che la difficoltà principale sia proprio quella che se non ti omologhi allo standard rischi che il tuo brano non venga considerato all’interno delle playlist. Quando produco musica non faccio questi ragionamenti perchè altrimenti mi sentirei un po’ in gabbia. Chiaramente una volta che il brano viene pubblicato presto la giusta attenzione anche a questi aspetti.
TIGRI: Non è una risposta semplice. Da una parte tutti gli artisti come noi quando esce un pezzo speriamo che “funzioni” in termini di posizionamenti, numeri, riconoscimenti “esterni”, e se accade che queste cose si realizzino è evidente che siamo contenti. Come The 24 Project però penso che le forzature non abbiano spazio in questo contesto: se il tuo obiettivo è davvero fare solo numeri devi essere credibile con quel modo di pensare, ed idem se il tuo obiettivo è invece fare musica che ti piace, che ti ispira.
Siete riusciti a conciliare anche le vostre influenze ed esperienze musicali diverse? Quali sono le cose che vi piacciono l’uno dell’altro?
The 24 Project: Partendo dal fatto che non ci siamo imposti nulla di specifico nel momento in cui abbiamo iniziato a collaborare, credo che alla fine il brano che abbiamo prodotto sia proprio la fusione dei nostri gusti musicali. Sicuramente tra le cose che mi hanno spinto a lavorare con Tigri c’è proprio questa sua forte identità artistica e questa sua voglia di sperimentare cose nuove che ha fatto sì che quello che abbiamo prodotto fosse qualcosa di caratteristico e originale.
Tigri
TIGRI: Sicuramente siamo entrambi due belle “spugne” che sanno assorbire mondi musicali diversi con apertura mentale, il che – lo dico in una piccola parentesi di vanagloria – non è sempre semplicissimo. Come dice The 24 Project, siamo partiti letteralmente da un foglio bianco senza nessuna idea specifica. Ed è stato tutto naturale, nel senso che siamo partiti con un loop di chitarra, poi un suono, poi un altro e così via. The 24 Project ha poi le capacità di beatmaker che piacciono a me: arrangiamenti variegati e suoni sempre a fuoco, ma un suo stile e sound. Mettere assieme le due teste è stato super.
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Il nuovo singolo è uscito il 18 novembre.
Noi siamo stati a casa loro, ed ecco cosa ci hanno mostrato.
Tania: Regalo per anniversario di mio ex ragazzo Vinnie Marakas. Se leggi questo articolo sappi che ancora devi venire a riprendertelo insieme a tuoi stupidi vestiti da neve.
Dimitri: Mia camera dove tengo moto di riserva per quando mio amico Pablo Suzuki mi da buca per nostra serata cinema il venerdì sera.
Masao: frigo bar per provviste invernali. Nostra casa è in posto molto freddo e durante settembre è importante andare a supermercato più vicino per comprare wurstel di buona qualità e facili da cucinare per lungo inverno.
Saponetta per doccia portatile che portiamo sempre a nostri concerti. Comoda perchè può passare in aeroporto senza essere gettata nel cestino dei liquidi. Igiene molto importante.
Forse oggetto più importante. È un pò nostra sacra sindone. Queste lenzuola non saranno mai lavate perchè qui dormì nostro impresario Michele Novak primo giorno che ci siamo conosciuti. sono ben visibili i suoi segni caratteristici e siamo molto affezzionati.