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Elettronica

Le cinque cose preferite di Ferrylife

Ridere delle proprie tragedie personali, mentre in background gira un sound che viaggia a mille, che corre più forte del contemporaneo e della propria malinconia: LOST MY WEED IN THE WOOD è il nuovo singolo, e il nuovo inizio, di FERRYLIFE. LOST MY WEED IN THE WOOD (ho perso la mia erba nel bosco) è un brano che racconta di quando FERRYLIFE ha perso la sua erba nel bosco a un rave party. 

Questo può sembrare divertente, ma è stato in realtà un incubo perché ho dovuto parlare con la gente da sobrio. Scherzi a parte, il brano utilizza un taglio ironico per sviscerare gli aspetti più profondi di una dipendenza psicologica, come il non riuscire a divertirsi e a comunicare con gli altri senza l’abuso di sostanze e il non essere in grado di rimanere da soli con i propri pensieri”.

Per conoscerla meglio, le abbiamo chiesto quali fossero le sue cinque cose preferite.

Piangere: 

Piangere è liberatorio, un toccasana per la salute mentale e inoltre è estremamente cool. C’è chi dice che chi non piange è un fico, ma la verità è che solo chi lo fa sa quanto è aesthetic singhiozzare mentre ti guardi allo specchio e fumi una sigaretta sentendoti come in un videoclip di Lana Del Rey.  Recenti studi assolutamente soggettivi provano che per una vita sana ed equilibrata si dovrebbe piangere dalle 3 alle 4 volte al giorno. 

San Giuliano terme: 

Sono un bimbo di campagna. Per alcuni potrebbe rappresentare un elemento di vergogna, ma io lo rivendico con orgoglio. Crescere in un piccolo paese mi ha consentito di sviluppare la mia personalità lontano da mode o pressioni sociali (oltre che una insana passione per il gioco della briscola), e questo dal mio punto di vista è un vantaggio, non una mancanza. In qualunque metropoli io mi trasferisca, farò sempre in modo di costruire la mia piccola San Giuliano, fatta di persone che incontri per strada e saluti chiamandole per nome. 

I festival:

Di qualunque genere e tipo. Mi piace tutto, dei festival, dai panini alla salsiccia dei foodtrucks ai fricchettoni che ballano scalzi ai clubber con gli occhiali da sole alle 6 del mattino. La musica dal vivo è meditazione per chi non sa star fermo, e come può testimoniare chiunque mi abbia fatto da babysitter in tempi passati, io sono una di quelle persone. 

I miei amichetti:

“Il successo di una vita si misura nelle persone che ti vogliono bene” mi disse una volta la mia zia pazzerella. Per tanto tempo ho pensato che il successo di una vita si misurasse in base ai propri successi, poi ho capito che aveva ragione lei: dietro ogni traguardo ce ne è un altro più grande, ma amicizia e amore sono infiniti: una volta che li hai stabiliti, puoi rilassarti. Sei arrivato. 

Le dipendenze: 

Mi piacciono tutte. Caffeina, zucchero, sigarette, junk food, tv spazzatura. Quelli che per altri sono piaceri sporadici per me sono veri e propri rituali che danno ritmo e senso alle mie giornate.  In generale, sono un grande appassionato di quelle zone grigie dove il giusto e lo sbagliato coesistono separati da una barriera spessa quanto un capello. Se non avessi smesso di bere, per fare un esempio, non avrei mai potuto scrivere il mio disco. Ma se non avessi cominciato a bere, nemmeno.

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Comunicato stampa Elettronica

Gli occhi possono comunicare, ma la voce di Giulia Impache non smette mai di incantare

“Occhi” è il nuovo singolo di Giulia Impache, uscito venerdì 22 novembre 2024. Ci sono certe compositrici per le quali la sperimentazione è il primo motore, ciò che le spinge a creare. Giulia è una di queste. Vi sfido a trovare un’artista della scena alternativa italiana che miscela con tale maestria glitch e suggestioni ambient a reminiscenze di musica medievale. Il risultato è incredibile.

Foto: Luce Berta
Styling: Sarah Podestani

Queste le parole con le quali l’artista presenta la canzone:
«”Occhi” è il brano con cui mi sono avvicinata alla musica antica e medievale.
L’ho scelto come singolo perché è un nuovo capitolo del mio percorso musicale, il tentativo che prova a conciliare tutti quelli che sono i miei ascolti.
Abbiamo passato un periodo della nostra vita in cui erano solo gli occhi a parlare. Gli occhi cambiano, patiscono in silenzio, gli stessi occhi che io ho voluto.»

Puoi ascoltare il brano qui:

BIO
Giulia Impache è una cantante e compositrice italiana. Il suo suono e la sua ricerca musicale esplorano la voce in relazione al corpo su un piano tecnico ed emotivo. Si tiene lontana da etichette e generi, cercando di mantenere la sua natura ibrida, data dalla miscela di influenze che vanno dalla musica antica al folk e dall’ambient all’elettronica “spaziale”. Aperta all’ascolto, è stata in grado di plasmare una miscela stilistica e sonora che coinvolge la voce come strumento per creare suoni avvolgenti, eterei e oscuri.
La sua ricerca mira anche a rompere il legame canonico con le parole. Sperimentando con le sonorità, si trova a parlare nuovi linguaggi basati sulla connotazione, sul fonema libero da qualsiasi legame concettuale predefinito, lo stesso impasto emotivo ed evocativo che un suono può portare.

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Fonte: Costello’s Records

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Elettronica Intervista

Rievocare la sensazione di un luogo attraverso il suono. L’intervista a Marco Scipione

Abbiamo fatto qualche domanda al sassofonista Marco Scipione, fresco dello sperimentale disco d’esordio solista, per il quale ha avuto la percezione di essere “disperso in una foresta dove volevo andare da tempo”.

Artwork: Pietro Bonaiti

  • Dopo aver già pubblicato musica con i DANG!, la tua band post punk hardcore, “H(ost)” rappresenta il tuo vero e proprio debutto solista: che sensazione è aver rilasciato un progetto totalmente personale?
    Il lavoro compositivo con i DANG! è una palestra dove tutti portano idee e guidati dalla risolutezza del trio si arriva sempre ad una soluzione in modo molto efficiente. Invece, lavorare su un progetto originale in solo, da la sensazione di essere dispersi in una foresta. Se hai i mezzi e le capacità, puoi procacciarti cibo, acqua e costruire a mani nude una capanna, ma devi prendere delle decisioni. Devi seguire una direzione in un sentiero senza segnali e tirare dritto nella speranza di trovare degli indizi che ti suggeriscano cosa potrai trovare al prossimo checkpoint del tuo cammino. Al momento comincio a trovarmi bene in questa foresta e sto cercando di trarre ispirazione il più possibile da essa anche perché ci sono andato volontariamente e volevo farlo da tempo. Non è il primo disco di originali della mia vita (anzi…) ma è il primo in solo e sono molto emozionato anche solo ad immaginarne una sua evoluzione. Ovviamente averlo pubblicato è meraviglioso e mi sono tolto un gran peso dalle spalle che ora si stanno appesantendo nuovamente per il suo seguito.
  • Già dal titolo, il tuo disco esprime l’intenzione di unire generi e suggestioni diverse tra loro, dalla colonna sonora all’ambient, dal jazz alle influenze elettroniche, l’album include uno spettro di riferimenti poliedrico e sfaccettato. Qual è il filo rosso della tua ricerca sonora, al di là dell’utilizzo del sassofono?
    Penso siano i miei viaggi e la ricerca ossessiva di descriverla a suoni, non a melodie, come si potrebbe pensare da un sassofonista. Con suono intendo, texture sonora che rievoca in me la sensazione di un luogo. Ad esempio “Morning Mist” è la rappresentazione sonora delle mie passeggiate all’alba con il mio cane (Sergio) immersi nella nebbia più fitta, molto spesso al buio. Il telefono non squilla, si è in totale solitudine, al freddo, si ha la possibilità di pensare molto e per noi artisti è una cosa molto importante.
  • La stessa volontà di pubblicare un album dominato dal suono del sassofono può rappresentare un azzardo all’interno di un panorama musicale che esclude quasi totalmente la musica strumentale. Ciononostante, il tuo approccio artistico e sperimentale riesce a includere elementi pop che intrattengono e catturano l’ascoltatore; come riesci ad elaborare uno stile capace di non risultare eccessivamente virtuosistico?
    Semplicemente non ci penso, non mi sono mai posto il problema. “H(ost)” è quello che ero al momento della sua composizione senza nessun filtro, pensando solo ad esternare la semplice voglia di creare e cercare. Ovviamente è un disco che comprende una summa delle mie esperienze musicali, quindi anche il pop da cui ho appreso molto.

  • Oltre all’ampia varietà di generi toccati da “H(ost)”, dichiari di esserti ispirato a una gamma di prodotti culturali davvero ampia, dalla musica dei Radiohead ai videogiochi e alla cultura cinematografica. Come trasformi questo complesso background culturale in musica?
    Come un jazzista parla il suo linguaggio e affonda le mani nella tradizione senza pensarci attivamente, grazie al mio “Sassofono Modificato” ho la possibilità di esprimermi in 4 dimensioni e creare senza nessun tipo di filtro. I videogame, i manga, le colonne sonore, il rock, il death, i viaggi durante i tour, sono già parte di quello che sono perciò, nel momento esatto in cui mi esprimo, queste cose riaffiorano naturalmente, senza che io debba sforzarmi per farlo.
  • Al di là della tua attività di musicista dal vivo e session man, con questo progetto hai avuto la possibilità di esprimere a pieno il lato più intimo e personale della tua riflessione artistica. Che sensazioni vorresti trasmettere attraverso il suono di “H(ost)”?
    La prima cosa di cui mi preoccupo quando riascolto il brano che ho appena registrato è se riesce a trasmettere il “colore” che ho in mente a me stesso. Devo sentire lo stomaco che si stringe in una leggera sofferenza, allora capisco che la direzione è giusta. Penso che ognuno di noi elabori la realtà in maniera differente e di conseguenza anche le emozioni che si provano ascoltando musica. Spero di trasmettere, anche solo in parte, quello che provo durante la composizione ripensando ai miei viaggi e alle mie esperienze nell’intimità del mio studio.

BIO
Marco Scipione è un sassofonista italiano considerato uno dei nomi più rilevanti della scena emergente. Sassofonista anomalo, virtuoso nel jazz e nella fusion ma con un solido background nel rock e nel metal, è uno dei principali utilizzatori di effetti sul suo strumento che distorce e modifica ispirandosi a Kurt Cobain, ai riff di Tom Morello e alle suggestioni sonore eteree dei Radiohead. Un approccio che esprime a pieno nel suo trio post punk hardcore DANG!
La passione per le colonne sonore, la musica di ricerca, i videogames hanno spinto Marco a continue esplorazioni sonore, maturate in diversi progetti e concerti in solo.
L’anima rock e quella sperimentale si chiudono in un perfetto ed eterogeneo triangolo musicale con la sua attività di session man che lo vedono girare il mondo assieme ad alcuni dei più autorevoli artisti pop e jazz italiani (Eros Ramazzotti, Mario Biondi, Tommaso Paradiso).
“H(ost)” è il debutto di Marco Scipione come solista. Registrato al Bunker Studio di Brooklyn è un disco di solo sax, senza sovraincisioni o loop.

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Fonte: Costello’s Agency

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Elettronica Intervista Pop

La musica elettronica è jazz. L’intervista a Giovanni Milani

Abbiamo seguito da vicino il recente percorso artistico di Giovanni Milani e siamo rimasti colpiti dal suo modo di sperimentare. Non potevamo quindi non fargli qualche domanda sul suo ultimo lavoro e sul futuro del progetto.

Artwork: Alberto Zampano

  • La copertina di “Fotografia N.2” ti ritrae mentre uccidi metaforicamente un’altra versione di te. Da dove nasce questa scelta, e come mai hai deciso di veicolare questa idea in maniera così diretta già dalla copertina?
    Il gesto di puntarmi una pistola alla testa è un’immagine che purtroppo non mi libera da qualche anno, e in qualche modo la copertina vuole anche esorcizzare quest’azione, poiché in questo caso l’atto di uccidermi significa anche rinascere.
  • Compositore, sassofonista e cantautore: sei un artista in costante cambiamento, e ascoltando questo disco è chiaro come tu abbia provato a unire tutte le tue anime traendone un progetto coeso ed unitario. Credi di esserci riuscito, o pensi di essere ancora immerso nel processo di sperimentazione?
    No, non credo di esserci riuscito, credo sia solo l’inizio di un processo molto lungo. Ciò non toglie il fatto che sono soddisfatto del mio lavoro.
  • Oltre ai riferimenti musicali provenienti dalla tua formazione, tra cui il jazz e il conseguente utilizzo del sassofono, hai deciso di integrare nell’album anche delle componenti apparentemente estranee, come il pop e l’elettronica. Per quale motivo hai deciso di affrontare questa sfida cercando di trovare un punto di congiunzione fra elementi così apparentemente diversi?
    Perché a mio avviso non sono affatto diversi, in particolare jazz e musica elettronica. Jazz è avanguardia, non è Swing, non è Cool, non è Bebop, è un movimento costante e a mio avviso la musica elettronica a livello concettuale è Jazz. Poi chiaramente ascoltando generi riconosco che ognuno di essi ha delle caratteristiche particolari che ho voluto unire nell’intento di creare una mia estetica personale.

  • Un’altra sfida che hai lanciato, questa volta nei confronti del mercato musicale attuale, è stata quella di inserire delle vere e proprie pause strumentali all’interno della tracklist del disco. Credi in qualche modo nella possibilità di educare il pubblico anche a generi musicali, come il jazz, spesso lasciati da parte o ritenuti eccessivamente “intellettuali”?
    Sì è proprio così, credo che sia importante educare gli ascoltatori e essere consapevoli che ciò che facciamo è destinato a loro.
  • Scegliendo un titolo come “Fotografia N.2” hai voluto in qualche modo superare la versione precedente di te stesso e avviare un nuovo capitolo del tuo percorso. Come credi che sarà il prossimo Giovanni?
    Il prossimo Giovanni sarà musicalmente più duro, molto più elettronico e scuro, più moderno nella scelta dei suoni e nelle ispirazioni.

BIO
Compositore, sassofonista e cantante mugellano, Giovanni Milani si propone di creare una musica che unisca il suo vissuto musicale: il jazz nell’ambito accademico, il pop nella vita quotidiana e l’elettronica nella vita notturna. Un suono che scalda ma non brucia.

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Elettronica Indie Pop

Cosa c’è nella camera di Alfonso Cheng

FINFERLAND è il nuovo album di ALFONSO CHENG, “bedroom music maker” campano classe 1990. Il disco pubblicato lo scorso venerdì 17 maggio per .Belva e Manita Dischi.

Un crogiolo postmoderno di citazioni musicali e culturali che arrivano dagli anni 90, ma non sono mai uguali alla sorgente.

Non potevamo quindi farci invitare nella sua cameretta, quella in cui prendono forma le sue canzoni, per vedere quali sono gli elementi che la contraddistinguono.

L’angolo dei ricordi

L’angolo del ricordo, i due vinili dei miei nonni materni, poi ci sono tutti i pass dei festival dove ho suonato, i dischi delle mie vecchie band le prime cassette numerate 01 del mio primo disco, e tanti altri ricordi.

Le action figure

Ogni tanto mi devo fermare e prendere l’action figure di Sanji, devo sconnettere la mente dal mondo, e devo immaginare di stare nel mondo di One Piece.

Korg Monotribe

Questa foto rappresenta l’inizio, dove è nato tutto. Infatti il mio primo disco è tutto fatto con questi tre strumenti. Il microfono era di mio nonno, lo presi da piccolo da casa sua. Il Korg monotribe, una delle mie macchine preferite, che uso ancora durante i live, e la mitica Casio ( immancabile in ogni casa ). Ricordo che nel 2020 avevo solo questi tre strumenti oltre la chitarra acustica e il basso, e registravo con questo microfono vicino le casse di questa Casio ( non avendo nessuna uscita jack).

Il mio synth preferito

Questo è il mio synth preferito in assoluto, è una riproduzione boutique del Juno 60 e 106, super compatto e piccolo e comodo da portare ovunque. Con questa ci ho registrato Sabatosera e poi tutto il secondo disco. Non me lo toglierò mai.

L’immancabile Microkorg

Lui è l’immancabile Microkorg. ultimamente lo sto usando pochissimo, però con lui ho registrato un pezzo nuovo nuovo nuovo di zecca!

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Elettronica Pop

Cosa c’è nello studio de LE CANZONI GIUSTE

Poche settimane dopo l’uscita di “Metaversus“, il nuovo singolo della band più eclettica di Pescara, LE CANZONI GIUSTE, abbiamo pensato di farci ospitare nel loro studio dove musica, creatività e gioco si uniscono in una formula esclusiva.

Prima di svelarvi cosa ci hanno mostrato vi lasciamo con l’ascolto del brano pubblicato lo scorso 19 aprile in maniera autoprodotta!

Scrivania
Senza di essa non avremmo la comodità di poterci accomodare e passare ore intense di session.
A volte restiamo settimane intere a scrivere canzoni e fare produzioni, e l’ordine e l’ambiente di lavoro sono fondamentali.

Metapo e Fraligatr
Il fulcro del nostro mantra: aggressività e spirito di conservazione, ci aiutano a ricordarci sempre chi siamo e cosa vogliamo essere.

Bruno
Non è una cosa, ma è fondamentale. Il punto focale de LCG.

La Play Station
Che fai, tra una pausa e l’altra, un caffettino, una sigaretta e una partita alla play.

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Elettronica Indie Intervista Pop

“584” di Cranìa: un viaggio celestiale nell’elettronica pop

Il 19 gennaio 2024 è uscito il primo album di Cranía, “584”, via Costello’s Records con distribuzione The Orchard.
Il titolo del disco si riferisce al numero di giorni che compie Venere per riportarsi in congiunzione con il sole. Le nove tracce, a loro volta, rappresentano l’orbita del disco: si susseguono creando un’esperienza d’ascolto che riverbera con la stessa intensità delle onde del mare che rispondono ai moti celesti della Luna.
L’approccio di Cranía alla scrittura è riflessivo e metodico, quasi matematico: il lavoro svolto dietro il disco, sia in fase di produzione che di composizione, si distingue per raffinatezza e qualità, senza mai sacrificare l’emozione e l’essenza coinvolgente di un ascolto spontaneo. Questa sinergia tra precisione e passione dà vita a un lavoro di alto livello, di sapore internazionale.
Ascoltare “584” di Cranía è una passeggiata sul suono lunare, dove le melodie elettroniche e i testi evocativi trasportano l’ascoltatore in un viaggio fuori dal tempo e dallo spazio, attraverso paesaggi sonori che rispecchiano la maestosità e la quiete degli spazi siderali.

Ad: Facciocosepunto
Ph: Stella Giulia Casarin

Per l’occasione abbiamo fatto due chiacchiere con la cantautrice lombarda per approfondire la sua arte.

1) Quali differenze ci sono state nella lavorazione (dall’ideazione dei brani alla produzione dei brani in studio) del primo EP e di questo primo disco?
Quello sul primo disco è stato un lavoro più di cesellamento a partire dalla creazione stessa dei brani, che ho rivisto a più riprese. Sono partita da canzoni che già avevo nel cassetto, ma che per svariati motivi non riuscivo a completare, forse non erano ancora mature, fino a lasciarmi andare alle nuove. Per quanto riguarda le produzioni, è andata nello stesso modo: c’è stato un lavoro fitto di pre-prod con Mirko Bruno, culminato in un mese di studio da Federico Carillo alla ricerca dei vestiti giusti per “584”.

2) Quali sono le tue principali influenze (o cosa ti piace ascoltare ultimamente) e con qual* artist* ti piacerebbe fare un featuring?
RY X e Luigi Tenco sono le mie principali influenze, ma ultimamente sono in fissa con il fado. In merito al featuring, mi piacerebbe farlo con… ve lo dico nella prossima intervista 🙂

3) C’è un festival o un palco in particolare in cui ti piacerebbe esibirti?
Ogni palco è importante, soprattutto per chi come me vuole proporre la propria musica. Se devo fare un nome dico il “MI AMI” perché è un festival che seguo con interesse e che ha a cuore anche i progetti emergenti.

4) Arrivi da una valle del bresciano e in un brano del precedente EP citi il tuo paese natale, ma quanto è importante oggi quel tipo di dimensione per la genesi della tua musica?
È vitale. Senza le mie radici, non sarei la musica che scrivo appunto. Inoltre, sento la necessità di ritornare alle mie origini ogniqualvolta ho il bisogno di visualizzare le montagne, il mio orizzonte.

BIO
Cranìa
 è una cantautrice che ha le montagne negli occhi. La sua voce è rotta e si fa strada scavando tra crepe di parole fragili. Ma è in superficie che trova la luce su ritmiche morbide, intrecci elettronici e melodie ariose. Una luce pronta a lasciare il segno.

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Fonte: Costello’s Records

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Elettronica Intervista Pop

Il nuovo EP di ELIO guidato dai quattro elementi naturali. L’intervista al cantautore laziale che ama l’elettronica

Il 30 gennaio 2024 è uscito “Un nuovo richiamo”, l’EP d’esordio di Elio con distribuzione Artist First. Abbiamo colto l’occasione per fare qualche domanda al cantautore.

Ciao Elio, rompiamo il ghiaccio chiedendoti di raccontare ai nostri lettori cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera solista, dopo quasi 10 anni di esperienze musicali variegate, tra le quali ricordiamo quella di gruppo con Il Grande Capo e l’interessante progetto Animaliguida, dove assieme a Roberta Lanave creavate degli happening a cavallo tra una performance teatrale e un concerto sperimentale.

Ciao!

Il mio rapporto con la scrittura è un rapporto assiduo da quando ho 15 anni. Ho sempre visto la “struttura Canzone” come un contenitore all’interno del quale inserire quello che vivevo nell’istante in cui lo vivevo. Lavoro in teatro da sempre e conosco persone meravigliose che negli anni hanno collaborato con me, e che hanno contribuito a trasformare il mio “centro di gravità permanente”. Ma due anni fa ho capito che era necessario assumersi la responsabilità di un gesto solitario, di un’azione artistica che avesse totale appoggio sulle mie stesse radici e in cui specchiarmi e ritrovarmi. 

Per il tuo percorso solista hai avuto al tuo fianco Roberto Cammarata, musicista e produttore già “dietro” importanti realtà palermitane come La Rappresentante di Lista e Omosumo. Come si è sviluppato il lavoro con lui?

Il lavoro con Roberto è stato intenso e coinvolgente. Ha colto nelle demo che gli avevo proposto dei lati che non avevo valutato, li ha amplificati e ha dato respiro alla struttura musicale, senza aver paura di dare un taglio diverso rispetto all’originale. Ho seguito i suoi suggerimenti, le sue visioni, e ho imparato moltissimo da lui. E’ stato davvero molto importante per me. 

Il tuo EP d’esordio ha un concept molto particolare, una sorta di viaggio introspettivo attraverso diverse fasi della vita. Com’è nata l’idea di associare le canzoni del disco ai quattro elementi naturali?

Quando ho scelto i brani dell’EP ho volutamente scelto quattro canzoni molto diverse tra loro. Ho immaginato di potermi presentare attraverso le varie sfaccettature del mio mondo creativo. Ho cercato di specificarne sempre di più la differenza, ed ecco che gli elementi naturali sono venuti in aiuto. Ogni canzone ha un particolare e dettagliato rapporto con l’elemento a cui è stata associata.

Sappiamo che Giovanni Lindo Ferretti e Franco Battiato sono un po’ i numi tutelari del progetto. Ci sono stati anche ascolti internazionali che hanno influenzato il sound e lo stile di “Un Nuovo Richiamo”? In certi momenti ci sembra che ti sia avventurato vicino a lidi elettronici nordeuropei.

Sono contento che sia arrivata questa sensazione. Adoro i Royksopp, Kalkbrenner e in generale la musica elettronica nordeuropea (mi viene in mente anche Rasmussen). Non nego di essere anche molto condizionato dai Depeche Mode e dall’indietronica francese, che negli ultimi anni imperversa nei miei ascolti.

Ci salutiamo con una curiosità. Leggendo i crediti del tuo lavoro abbiamo notato che dietro le foto e l’art direction del disco si cela Ilaria Tortoriello, la stessa persona che suonava il basso nella tua vecchia band, Il Grande Capo. Se non si tratta di un clamoroso caso di omonimia, puoi raccontarci come si è sviluppata la nuova collaborazione con lei?

Io e Ilaria ci conosciamo da quando avevamo 16 anni. Entrambi facciamo parte di un piccolo gruppo di creativi che come noi sono cresciuti nel Sud Pontino, che hanno vissuto anni bellissimi di musica live, spaziando tra tantissimi generi musicali, e che negli anni non hanno mai smesso di credere nella ricerca artistica, facendola diventare il loro modo di sopravvivere. Abbiamo suonato insieme per quattro anni ma Ilaria nel frattempo è diventata una fotografa straordinaria. Abbiamo creato un concept che accompagna ogni canzone dell’EP. Mi sono affidato completamente, anche perché la collaborazione che dura da anni in questi casi fa la differenza. Ilaria ha dato al progetto ancora più forza grazie al suo lavoro.

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Elettronica

Sea.bass_beat ci racconta il suo nuovo singolo “Dimensioni”

Fuori dal 19 gennaio “Dimensioni”, il doppio singolo di Sea.bass_beat. Quattro minuti che raccontano una storia ambientata, per l’appunto, in due dimensioni differenti. Nella prima stanza abbiamo suoni più leggeri, mentre la seconda lascia spazio all’introspezione. Sea.bass_beat ama da sempre sperimentare con i suoni e in ogni suo lavoro avviene un piccolo salto di qualità. La musica scorre come un flusso continuo e senza giudizio lascia che sia l’ascoltatore a trovare la propria interpretazione.

“Dimensioni” ha lo scopo di aiutare l’ascoltatore a creare la propria ambientazione. E’ come se avessimo a disposizione due stanze e in una di essa costruiamo quello che ci suggerisce la nostra immaginazione.

Ne abbiamo parlato direttamente con lui.

“Dimensioni” è il tuo nuovo singolo pubblicata a metà gennaio. Da dove nasce l’ispirazione per questo brano?  

“Dimensioni” è un idea nata dall’unione di due singoli in uno legati da un flusso, da una storia, da varie ambientazioni che in qualche modo possano ‘’parlarsi’’. “Dimensioni” non è significato di chiusura mentale anzi, ma di creazione della propria messa in scena. E’ come se avessimo a disposizione due stanze vuote e in ognuna di essa potessimo provare a riempirle costruendo quello che ci suggerisce la nostra immaginazione. 

Hai usato la voce campionata di Dolce Nera, come mai questa scelta? 

Quando ho ascoltato la prima volta il brano di De Andrè, la voce iniziale mi ha accesso immediatamente una lampadina. Nella mia testa iniziavo a ripetermi quella parte e sentivo che poteva essere mischiato con le mie sonorità.

Ci dicono che tu abbia una passione per le percussioni, come si riflette questa cosa nella tua musica?

Questa passione nasce fin da bambino. Sono praticamente nato con le bacchette in mano. Per anni ho suonato la batteria ma successivamente mi sono avvicinato alle percussioni. Prima di tutto sono rimasto affascinato da come vengono costruiti e poi dalla libertà che esprimono mentre li suoni. Percuoterli mi ha dato la possibilità di avvicinarmi a delle realtà totalmente diverse dal nostro mondo, dal nostro modo di vivere. Così poi ho pensato di omaggiare diverse etnie, soprattutto quelle africane, nelle mie produzioni.

Quali sono gli artisti che hanno influenzato la tua musica?

Tra tutti spicca per influenze e sonorità Paul Kalbrenner. Ma sono cresciuto a pane e Pink Floyd grazie ai vinili di mio padre, alle colonne sonore per film e ai dischi di musica hip hop/rap di mio fratello. 

Qual è il concerto più bello a cui tu sia mai stato? E perché è stato il più bello?

La mia ragazza mi ha regalato per il mio compleanno il live di Paul Kalbrenner. L’abbiamo visto a Ferrara ed è stata una serata indimenticabile. Mi sono commosso davanti al mio idolo e inoltre, non avevo mai ricevuto qualcosa di così bello e grande prima d’ora nella mia vita. 

Prossimi progetti nel cassetto?

Posso tranquillamente anticiparvi che sto lavorando ad un nuovo EP. Sono per ora arrivato a completare 3 brani. In totale penso che saranno 5. Il progetto va a riprendere alcune sonorità del compositore Vangelis (per intenderci colui che ha vinto l’oscar per “Chariots of Fire”).

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Elettronica Internazionale Intervista

Iron Soft, Berlino e “Solo noi due”: intervista

 La cantautrice e dj-producer Iron Soft pubblica il nuovo singolo “Solo noi due”, prodotto da Francesco Megha e fuori per l’etichetta Cobalto Dischi. “Solo noi due” è un brano che racconta l’alba: il ritorno alla consapevolezza delle difficoltà dell’essere se stessi dopo una serata attraversata da una spensieratezza surreale.

Noi l’abbiamo intervistata, ecco che cosa ci siamo detti!

Ciao Irina! Partiamo con la tua formazione musicale per conoscerti meglio: durante il tuo percorso artistico hai avuto modo stare a contatto in un primo mento con numerosi artisti della scena hip hop e poi di spostarti all’estero esibendoti in diversi club berlinesi; quanto ti ha aiutato il rap per poi fare techno?

Ciao!

La scena Hip Hop direi che è quella che ha più influenzato inizialmente la mia produzione. Per quanto riguarda il dj set, è qualcosa che ho vissuto abbastanza separatamente e le influenze sono state molteplici, prima tra tutte la bass music inglese in tutte le sue declinazioni. Quando mi sono spostata a Berlino per studiare, è stata inevitabile la contaminazione con la techno tedesca.

Come avviene il passaggio dai dj set al cantautorato?

Non c’è mai stato un vero passaggio e forse neanche un vero dialogo tra questi due aspetti. La mia ricerca di musicale è un percorso che sfocia nelle due cose in due modalità differenti. Si può parlare di passaggio se si intende quando ho iniziato a cantare sulle mie basi, quello è stato improvviso e abbastanza inaspettato!

Parliamo del nuovo singolo “Solo noi due”: chi sono i protagonisti di questo brano?

Il testo l’ho scritto un paio d’anni fa, l’ambientazione è sicuramente Berlino e senza dubbio ruba spunto da una mia relazione amorosa. Tuttavia, credo siano immagini in cui si potrebbe facilmente riflettere chiunque.

Questo brano parla sia della sensazione di invincibilità della vita notturna che del ritorno alla

consapevolezza di sé; quale “fase” ispira maggiormente la tua scrittura? Quella di spensieratezza o quella realista?

Bella domanda… sicuramente alcune cose sono state scritte o pensate anche in quella bolla di invincibilità notturna o di spensieratezza, ma è sempre necessario poi un confronto con la realtà, anche quando si tratta di scrittura.

Quali sono gli elementi in comune e le differenze tra “Solo noi due” e il tuo precedente EP “Piove dentro casa”?

Il periodo di scrittura è stato lo stesso, “Solo noi due” è rimasta indietro perché la percepivo incompleta e anche forse volevo lasciare che il primo EP avesse un mood prettamente malinconico. L’ho prodotto sempre con Megha, c’è sicuramente continuità. La differenza che per me è più evidente è che questo singolo è stato registrato con molta più rilassatezza e più a mio agio con la mia voce.

Hai altri progetti in programma?

Sì, certo. Sto lavorando a dei pezzi ancora più elettronici, forse è arrivato per me il momento di integrare le due identità di cui abbiamo parlato.