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Elettronica

“Chapters” di The 24 Project ha messo fine alla mia estate

Ho scoperto una grande verità su me stesso. Il fatto che spesso mi piaccia la musica strumentale e che lo scorso luglio abbia praticamente usurato quel disco di Jon Hopkins che non avevo considerato quando era uscito (uguale a quello precedente, tra l’altro, ma non diciamolo troppo a voce alta) non è perchè sono un’inguaribile intellettuale, ma solo uno schiavo del lavoro. In estate, quest’estate, quando finalmente ho potuto scollarmi da questo dannato computer per un po’, son tornato ad ascoltare le playlist del Miami, tutto quel vergognoso cantautorato pop che riesco a snobbare durante il resto dell’anno. In estate mi piace Ibisco, Margherita Vicario e persino Calcutta. In inverno Jamie XX, le Modern Boxes di Thom York e quel dannato Jon Hopkins.

Questo perchè ascolto mentre lavoro, assorbo tutto, e cerco inconsapevolmente la colonna sonora perfetta per il mio freddo declino verso la pensione minima, se mai ci arriverò. Ed è così che, scavando tra tutti i dischi che mi sono perso durante l’anno, scopro il misterioso The 24 Project, il progetto di Rodolfo Liverani che è un elettrico tuffo nel vuoto. Un viaggio subacqueo di cerchi e suoni, pesci pagliacci alienati e bottiglie di plastica che si incagliano sul fondale marino, emanando bellissimi e tragici riflessi. Il mondo elettronico di atmosfere dilatate e notturne è qui raccolto, a disposizione per gli ascoltatori che ancora non si sono adeguati alla sovrabbondanza musicale e alle dinamiche delle playlist digitali.

Questo disco, uscito in realtà all’inizio dell’estate, pone ufficialmente fine alla mia, ripiombandomi in quel mood di pioggia, autobus e stress da ufficio, lavoro, routine e stranezze. In questo clima anche un disco fantastico sembra una cosa normale, passabile, sarà l’ultimo disco per il quale mi emozionerò fino all’estate prossima. Questo disco è la fine ufficiale dell’estate, e ve lo consiglierei tantissimo, se non ponesse fine ineluttabilmente anche alla vostra.

CR

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Elettronica Pop Post-Punk

Cosa c’è nella camera di Decrow

Esce venerdì 17 giugno 2022 in distribuzione Believe Digital “Cuore Aperto“, il nuovo singolo di Decrow ft. yuks. Primo capitolo atipicamente estivo, energico e dalle sonorità pop-punk, questo brano segue il precedente singolo “Laser”  e ci riporta nel mondo sopra le righe delle feste notturne e dei dopo sbronza. “Cuore aperto” parla di una relazione d’amore tossica sull’orlo della fine in cui le ansie date dalla paura di perdere l’altro causano il batticuore e affanno.

Noi come sempre abbiamo deciso di fare un salto a casa sua, ecco cosa ci ha mostrato.

Questo scaccia sogni è stata una delle cose più fuori di testa che mi sia mai venuta in mente. Era un periodo che soffrivo di incubi e una mia cara amica che a differita mia crede al soprannaturale mi aveva regalato questo bellissimo scacciasogni. Ovviamente la situazione non migliorava. Poi una volta durante un videoclip avevamo legato delle lamette a un filo e io ero stato rapito dal rumore che facevano le lamette sbattendo tra di loro. Quindi tornato a casa ho fatto un po’ di fili con legate le lamette e le ho attaccate allo scaccia sogni. D’ estate il rumore delle lamette quando lo scacciasogni veniva mosso dal vento per me era ipnotico e mi faceva dormire come un bambino.

Un po’ scontato ma ci tengo tantissimo: ho questo armadio da una vita veramente. La cosa bella è che dall inizio ci attacco adesivi solo se lo stiker che ci sto attaccando mi ricorda una cosa fica della serata in cui ho rimediato L’ adesivo. Quindi ci sono adesivi che non c’entrano niente con la mia persona ma se sono venuto in possesso di quell adesivo per un motivo x che mi ricorderò per sempre quello stiker si merita un posto sul mio armadio. Direi che di momenti indimenticabili ne ho avuti. Pensa che faccio la stessa cosa con i tatuaggi. Non mi tatuo cose belle, ma cose che mi ricordano il momento in cui mi sto tatuando e perché.

Le casse che mio padre mi ha regalato ormai 10 anni fa. A sua volta lui ci ascoltava la musica quando era ragazzo. Hanno 50 anni forse ste casse. Per me sono importanti perché le guardò e penso che tutta la musica che hanno ascoltato loro spero di riuscirla ad ascoltare anche io nella mia vita. Mio padre è un grande ascoltatore di musica. Si sente veramente tanti generi e queste casse lo hanno seguito per gran parte della sua vita e secondo me seguiranno anche fra parte della mia.

Questo è uno dei quadri più belli realizzato da mia madre secondo me. A lei neanche piace tanto infatti la attaccato al bagno. Invece a me piace perché consapevole del fatto che rappresenta una angoscia, una tempesta, o dei capelli ricci che non vogliono stare al proprio posto se vuoi, Comunque qualcosa di caotico e frenetico, a me mette tranquillità. Lo guardò e mi sento a casa. Fa bene guardare un po’ di caoticità esterna quando ne hai tanta dentro di te ahahah

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Elettronica Indie Pop

“Chi ti crederà più” è il nuovo singolo di Kashmere

“Chi ti crederà più? Ma chi ti crederà più?” così canta Kashmere nel suo nuovo singolo, fuori il 24 giugno e prodotto da Thufo.

Sulle note di un ritmo dance anni Ottanta, ecco che Kashmere è pronto a farci godere lo show, magari, riprendendo le parole del testo, anche insieme a dei pop corn.

Sì, perché Kashmere ci racconta attraverso la sua verità di una storia andata male. “Ti ho tenuta vicino, raccontato chi sono ma sei stata veleno. Ora cosa mi resta, solo caos nella testa. Provo a non pensarci più”. Questo il monito che Kashmere ci comunica, cioè la necessità di non pensare più a come è andata ma iniziare quindi a vivere e a voltare pagina. Tutto questo l’artista riesce a renderlo attraverso una musicalità danzereccia, che ti stimola a ballare e perdersi tra le note della canzone anziché soffermarsi a pensare al futuro di quello che verrà.

“Chi ti crederà più” ammicca al singolo estivo senza pretendere di essere un tormentone. Con la speranza di farci scrollare di dosso tutta la calura estiva, non possiamo far altro che acclamare a gran voce che il nuovo singolo di Kashmere ha sicuramente colpito nel segno.

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Elettronica

Cosa c’è nella camera di Asteria

ANCORA è il debut single di ASTERIA, nuova voce dell’urban italiano, in uscita il 3 giugno per Humble in distribuzione ADA Music Italy.  ASTERIA è l’alter ego e la nemesi di Anita Ferrari.  La giovane artista bergamasca debutta con questo singolo nei digital store ma ha all’attivo già diverse apparizioni live: l’anno scorso ha vinto il Premio Bindi e il Premio Nuovo IMAIE ed è stata finalista del Premio dei Premi del MEI a Faenza. ANCORA è un brano che racchiude l’essenza di ASTERIA, capace di cantare i suoi vent’anni tra le difficoltà e le possibilità di un nuovo mondo, più fluido e disgregato, dove ci si può perdere con grande facilità. Un singolo che fa del proprio conflitto interiore una discoteca generazionale dove si balla sulle solitudini e si urlano le speranze.

Noi come sempre abbiamo deciso di presentarsi a casa sua, ecco cosa ci ha mostrato.

CHITARRE: Ho passato tutti i miei sabati pomeriggio delle elmentari a stressare mia madre per portarmi al negozio di chitarre della mia città. Ogni settimana ne provavo una diversa, vi lascio immaginare il commesso quanto era contento. Di tutte la mia preferita rimane la prima che ho comprato e che un giorno ho ridipinto in maniera atroce insieme ad un’amica. Doveva essere uno swirl, ma sembra più un ecosiostema marino con delle alghe qua e là. Ci suonavo i Metallica a 12 anni, le corde mi sa che sono ancora di quel periodo. *brividi*

QUADERNETTO: Questo è il rappresentante dei miei mille quadernetti, l’unico non ancora finito. Non sempre scrivo le bozze sul quadernetto, a volte preferisco il cellulare per l apraticità con cui si cancella e la chiarezza che mi permette di non ri registrare un provino cento volte, ma un’abitudine che ho, finito un pezzo, è di trascriverlo sempre su carta, come a ufficializzarlo. Su questo ci ho scritto il primo pezzo in italiano e spero le pagine si moltiplichino magicamente e che possa non finire mai. Spoiler: finirà e piangerò un sacco.

ALBUM FOTO: Amo fotografare gli ambienti urbani e nei miei viaggi cerco sempre di portarmi a casa qualche foto particolare. C’è una cosa che faccio ormai da qualche tempo, cioè stampare le fotografie più belle di ogni anno. Ho comprato degli album terribili a cui faccio delle copertine ancora più brutte, ma che contengono tante belle cose e tanti bei momenti. Inutile dire che ho paura di dimenticarmi le cose belle che mi succedono perché ho sempre ricordato meglio quelle brutte. Quindi ho deciso di stampare tutto, così da averlo quando invecchierò.

CARTE DA GIOCO: Durante la maturità, quattro anni fa, quando spegnevo internet per non distrarmi, ho riscoperto i giochi offline di Windows. Inutile dire che sono diventata fortissima a solitario e un po’ meno in storia. Questo pacco di carte l’ho comprato in America, a New York, sarebbe per giocare a Bicycle, ma, al di là del fatto che non so cosa sia il Bicycle, odio la competizione e ho le mani che tremano troppo per riuscire a fare un castello usando più di tre carte, quindi le uso quando sono stressata o quando ho dei messaggi scomodi su whatsapp e il telefono rimane per ore offline.

SOUL OF A SUPERTRAMP: Tra le cose in cameretta non potevo non mettere il mio album preferito dell’artista, secondo me, più sottovalutato di sempre: Mezzosangue. È un disco che mi ha svoltato tutto. È stato il mio più grande amico quando non ne avevo uno, è stato il mio psicologo quando non riuscivo a calmarmi la notte ed è diventato la mia religione da quando ho ascoltato “diventa quello che sei”. 

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Elettronica Pop Rap

Le 5 cose preferite di R3TO

R3TO, moniker di Federico Torre, rapper milanese che ci ha già fatto sognare con “F1RST”, ritorna in pista con un nuovo singolo, sempre dedicato al mondo automobilistico. Stiamo parlando di “Fast“, fuori dal 19 maggio, brano che accoglie tra le sue rime la bellezza di un mondo tanto bello quanto pericoloso. Noi ci siamo fatti raccontare meglio, attraverso le sue cinque cose preferite, chi si nasconde dietro il personaggio di R3TO.

Flow e metrica

Esattamente come in un circuito, nella musica flow e metrica si susseguono come le curve. Adoro quella fase di costruzione musicale in cui le mie strofe prendono forma e la mia voce le percorre come fosse un’auto. Dalla somma di tutto questo nasce la magia della musica.

I motori

Fin da bambino sono sempre stato affascinato dal rombo dei motori, fin da quando mio padre mi portò nel primo circuito, inoltre sono sempre stato un appassionato di motorsport.

Il palco

È sempre un’emozione unica poter portare le proprie canzoni sul palco. Il live sul palco è un po’ come aspettare la domenica per partecipare ad una corsa sportiva.

Le persone

In tantissimi casi, chi mi ascolta e mi segue mi raccontano in che situazione ascoltano le mie canzoni e per me è come se mi facessero entrare in qualche modo nella loro vita. Gli sono molto grato di tutto questo e mi dà molto gusto sapere di cosa rappresenta la mia musica per loro o a quale momento è legato.

Le esperienze

Viaggiare sia per piacere che per lavoro, quindi uscire dalla propria zona di confort, è per me una grande fonte di ispirazione e di sfida che permette anche alle mie idee di evolvere.

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Elettronica Pop

Cosa c’è nella camera di Forse Danzica

Esce giovedì 24 marzo 2022 Naftalina, il nuovo singolo del progetto Forse Danzica. Un nuovo capitolo in attesa di un  disco di debutto per il progetto electro-noir di Matteo Rizzi che vuole raccontare il tema dell’assenza, e come spesso le uniche reazioni possibili siano quelle di apatia, inazione e isolamento. Noi, come sempre eravamo curiosi, e siamo andati a dare un’occhiata in camera sua.

Non ho molti oggetti quindi inizio banalmente dalla cosa più preziosa di tutte, ovvero la combo pianoforte + microfono + computer, dove si svolge tutta la parte migliore della mia vita, ovvero quella in cui faccio musica 

Questo è un giraffino che ho trovato sul mio letto il giorno in cui mi sono trasferito a Milano per la prima volta. Non so di chi fosse prima ma ha con sé un bigliettino scritto a mano che dice “forse torno a casa, c’è qualcuno che mi aspetta e finalmente sorriderà”. Ora è il mio piccolo trovatello. 

Ho iniziato a scrivere un diario perché me lo aveva chiesto la psicologa. É diventato uno dei miei luoghi preferiti e mi piace rileggere quello che scrivo e osservare come cambino i miei pensieri e le mie azioni nel corso dei giorni anche se la mia grafia è sostanzialmente incomprensibile persino a me.

Il libro con la più alta concentrazione di momenti belli che io abbia mai posseduto, lo rileggo in continuazione e mi fa sentire innamorato di qualcuno che non ho mai conosciuto. 

Angolo cozy in cui passo i pochi momenti rilassanti che riesco a ritagliarmi. Il guitalele in particolare è uno degli strumenti su cui scrivo le bozze quando non ho voglia di mettermi al computer. 

BONUS TRACK (gatto)
Servono parole per lui?

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Elettronica Internazionale

Gli Shkodra Elektronike ci convincono ad ascoltare musica di cui non capiamo neanche una parola

Quello degli Shkodra Elektronike è un tunnel elettronico dal quale non avrete speranza di uscirne vivi, perchè nel loro disco di debutto convivono ossessioni, tumulti, danze di popoli lontani e canti di cui non capiamo neanche una parola. Come si può rimanere ipnotizzati da un disco cantato interamente in albanese è un gran mistero che spero che qualche altro ascoltatore solitario mi aiuterà a risolvere. Quattro tracce che suonano come la più folle e malinconica delle feste a cui siete stati. Anzi, come il ritorno in autobus da una delle feste più folli e malinconiche a cui siete stati. Una di quelle feste dove ci si innamora perdutamente, parlando una lingua che non è la nostra, con persone che non rivedremo mai più.

Shkodra Elektronike sono Kole Laca (già tastierista de Il Teatro degli Orrori) e Beatriçe Gjergji: entrambi nati a Scutari, in Albania, ed emigrati in Italia nei primi anni ’90. La loro musica traghetta nel presente la tradizione popolare scutarina (Scutari, città del nord dell’Albania), vestendola di un sound elettronico che spazia senza distinzioni dalla trap alla dance. Sono i primi a compiere una rilettura in chiave contemporanea di un repertorio popolare tanto riconosciuto e importante in patria quanto ancora poco noto al resto del mondo. Loro definiscono questo genere come immigrant pop.

Live @ Uzina è un disco di debutto registrato interamente dal vivo, che conquista sin dal primo ascolto, che scuote e che tormenta, e che rimane inspiegabile. L’albanese, lingua a noi del tutto estranea, arriva come un mantra e ci assorbe, perchè per una volta, per tutti noi musicofili abituati all’it-pop e agli Arctic Monkeys, un brano può voler dire qualsiasi cosa, anche quello che decidiamo noi sul momento.

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Elettronica

Cosa c’è nella camera di Ulisse Schiavo

Esce mercoledì 17 novembre 2021 il nuovo singolo di Ulisse Schiavo dal titolo Precious Silver Grace. Un nuovo capitolo e un cambio di direzione per il cantante e chitarrista padovano classe 1994. Un brano che è un tormento elettronico, che suona come la colonna sonora di una fuga notturna, come perdersi all’interno di un club sotterraneo berlinese: un feat fantascientifico tra Jeff Buckley e Apparat.
 

Così abituati a sostare, sicuri della forza che ci attacca al suolo, saliamo e ci eleviamo caricandoci il peso. Pesiamo con le nostre suole le nostre caviglie, le rotule e la spina dorsale, i nostri capelli, le nostre palpebre. Stiamo.
Eretti e fieri, in equilibrio sulle nostre estremità, ci agitiamo per non cadere.

Inermi, di fronte a certe angolazioni di noi stessi.

Inspira a pieni polmoni e dai silenzi e dalle pause e dalle esplosioni e i dirottamenti e l’intimo in vetrina e nel tuo buio lasciati percorrere dal mancamento. Abbandonati alle sabbie mobili del pavimento liquido su cui da sempre combatti. Ora correggi la luce per essere dal lato giusto dell’inquadratura, col tuo nuovo sguardo, la tua nuova prospettiva. Finalmente vivo. E quando sei dall’altra parte, piegato, accogli il dolore nel ventre e nello stomaco. Accoglilo come tuo compagno fino alla caduta. E ascolta la calma del corpo esausto.

Riparti dal piano terra ed ascendi con lo sguardo ben fisso su di te.
Perché è nel momento della noia che inizia l’attacco. Per una nuova difesa.

Segui le tracce di chi porta con sé lo stendardo della grazia. La grazia preziosa. La grazia d’argento dell’armatura riposta. Segui le tracce di chi ha con sé la memoria dell’esperienza, imparane il linguaggio e lasciati guidare verso il fuoco per essere in luce, sotto la giusta luce a cui sei stato affidato, dalla quale sarai plasmato d’energia già caricata in altri corpi, pronta ad essere sfruttata, per aumentarti.

P S G è la parte più sensibile di forze non violente, pronte a mostrarsi a chi è dalla parte giusta dell’inquadratura, disposto a guardare e a cercare l’altra parte. Ed è il corpo di più voci nude. Lo stesso corpo che si moltiplica pronto a guardarsi da fuori. Un corpo a corpo meticoloso fra le voci della stessa gola che si lascia addomesticare per potenziarsi.

Come sempre, non abbiamo saputo resistere, e gli abbiamo chiesto di fare un giro a casa sua!

Inizio dal basso, da questi splendidi Marsell che non mi toglierei mai. Sono uno a cui piace tenere le scarpe ai piedi, mi fanno sentire pronto. Ricordo che da bambino prima di suonare la mia chitarra giocattolo sentivo l’esigenza di mettermi le scarpe. Io faccio tutto con le scarpe, l’unica cosa che faccio senza è scopare.

Questo è decisamente uno dei miei dischi preferiti, e non solo per come è registrato e suonato, ma soprattutto per la delicatezza e la grazia che trasmette. Quella voce è così fragile che non sai che cazzo dire.

La prima parrucca che ho comprato circa due anni fa, ovviamente dai cinesi. L’ho anche colorata con una bomboletta fuxia con scarsi risultati. Purtroppo si sono persi i frisè che aveva sulle lunghezze. In fondo ho sempre pensato di volermi rasare per poter indossare ogni giorno una parrucca diversa: questa sarebbe quella del lunedì mattina.

Questo libro è un regalo di Gina. Anche di Marco. E pure di Massimo. Devo loro tanto, e questa copertina è meravigliosa.

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Elettronica

Non dimenticatevi di vivere. Una chiacchierata con i Deleted Soul

Nel corso degli ultimi mesi abbiamo imparato a conoscerli e ad apprezzarli sempre di più. Poi, dopo aver fatto questa chiacchierata con loro, li abbiamo amati! Per essere artisti sinceri bisogna essere prima di tutto persone vere. Ecco, i Deleted Soul lo sono. Per loro la musica è ricerca e non un’occasione per apparire. La musica è una cosa preziosa e va coltivata. Come la vita.

Ciao Deleted Soul, per comporre e registrare avete deciso di isolarvi nelle campagne del Chianti. Quanto è importante per voi il rapporto con la natura?

Ci siamo riuniti negli studi di Elastica Records, un casolare nel Chianti, lontani dalla movida. Non parliamo solo di musica, ma cerchiamo di portare gli artisti in un non luogo fuori dallo spazio e dal tempo, il che significa poco wi-fi, passeggiate mattutine con sessioni di yoga, cibo rigorosamente a chilometro 0, direttamente raccolto nell’orto. Questo ci permette di instaurare con i nostri collaboratori una bolla energetica, nel “qui e ora” che ci permette un’ottima astrazione dal quotidiano immedesimandoci nella composizione. Usiamo tecniche di rilassamento, di respirazione, attività di orticultura. E quando la fase compositiva arriva è potente, istantanea ed emotiva.

Siete un collettivo composto da musicisti provenienti da ogni parte del mondo, ma per questi nuovi brani avete deciso di non lavorare più a distanza e di ritrovarvi fisicamente insieme. Ci raccontate i motivi di questa scelta?

Il progetto Deleted Soul nasce a distanza. In particolare con uno stretto rapporto con Mario Tucci, mio fratello e autore di parte dei testi. Lui vive in Oregon, si occupa dell’immaginario di Deleted Soul. Poi al progetto si è aggiunto Marco Zampoli, divenuto parte fondamentale del progetto. Lui è il cantante dei Flame Parade, siamo vicini di casa, condividiamo lo stesso modello di composizione e di vita. Quando abbiamo progettato il secondo disco di Deleted Soul, abbiamo deciso di coinvolgere musicisti disposti ad effettuare questa esperienza di condivisione fisica e analogica. Il risultato è stato un successo: oltre a Pier Paolo Polcari, produttore degli Almamegretta con cui lavoro da anni su molte altre produzioni, all’appello hanno risposto un sacco di musicisti di fama internazionale, attratti proprio dal nostro modello di composizione molto sperimentale. Donald Renda è riuscito a trovare una settimana di spazio tra i tour con Annalisa e Francesca Michielin, Andrea Torresani (bassista di Vasco Rossi) è arrivato con una macchina piena di amplificatori e bassi con un suono pazzesco che si sono rilevati fondamentali per questo disco. La sorpresa è stata Riccardo Onori, storico chitarrista di Jovanotti, che non ha voluto neanche sentire i provini! Ha semplicemente sposato l’idea e si è presentato totalmente aperto alla sperimentazione. E poi ancora Maya Williams, giovane artista che ci ha raggiunto da Brighton, il percussionista Pablo Gamba ed il supporto totale di Brhaams, ottimo negozio di strumenti musicali che si è occupato dell’allestimento dello studio di registrazione e della sala prove. Abbiamo cenato, discusso della vita, poi di musica e del sound che avremmo voluto da questa produzione. Finalmente abbiamo acceso gli amplificatori, la sala prove è stata allestita in una grotta medioevale. Pietra, tanta pietra con reverberi naturali. Ed è iniziata la magia. Sei musicisti affiatati come se avessero suonato insieme da sempre. Totalmente sincronizzati nei ritmi e nei silenzi. Nessun egocentrismo ma solo ritmi essenziali, accordi calibrati e tappeti sonori da brivido.

Il vostro terzo singolo si intitola “Oblivion”. In una società velocissima che consuma, divora e dimentica subito tutto ciò che inghiotte, quali sono le cose che vorreste recuperare dall’oblio?

La riflessione, nel prendere le scelte della vita, in campo musicale, nella composizione ma anche nell’ascolto. Nei prossimi anni sarà importante fare esercizi di riflessione, pensare, prendersi tempo e smettere di affrontare questa vita in modo distratto. Per questo il suono che abbiamo scelto per il nuovo disco di Deleted Soul è un viaggio introspettivo, da ascoltare di sera con la luce soffusa, dopo aver spento il cellulare, senza pensare alle mille cose che la vita propina tutti i momenti. È una controtendenza: rallentiamo, riflettiamo, prendiamo consapevolezza di quello che ci passa davanti agli occhi e nelle orecchie. Basta masticare contenuti per vomitarli dopo qualche ora, impariamo ad assaporare le cose, le sensazioni, i momenti speciali della vita. Spegniamo la TV, l’esercizio risulterà un po’ più facile.

La vostra musica è frutto dell’unione di elementi presi da tanti generi musicali diversi. Ce n’è uno che non avete mai affrontato e sul quale vi piacerebbe mettervi in gioco per qualche produzione futura?

Sto cominciando a fare importanti approfondimenti sul blues, genere fuori dal tempo, ma mi affascinano anche tutte quelle sonorità non europee provenienti dall’Africa e dal Sud America che ci permettono di creare un crossover contemporaneo e vivace. Stiamo facendo importanti ricerche sulla musicoterapia, seguendo l’insegnamento di Brian Eno. Come sempre i nuovi brani di Deleted Soul nascono da giornate di ricerca e ascolti. Poi inizia la fase dedicata alla composizione. Ma a una composizione aperta in cui è fondamentale l’attesa. L’attesa di una festa nel nostro casolare dove si riversano ottimi musicisti assetati di sperimentazione. In questo momento sto attraendo qualche chitarrista blues, prevedo che arriverà fra qualche mese.

A proposito di futuro, cosa ci dobbiamo aspettare dai Deleted Soul?

Aspettatevi un disco in uscita a fine settembre pieno di emozioni. Emozione vere, scaturite dall’energia di musicisti che si guardano negli occhi e si capiscono. L’importante è rallentare, assaporare, gustare con le orecchie. Vi assicuro che se vi concentrerete su questo, potrete sentire anche i sapori, le energie ed i gusti di quei giorni di composizione. Ci vedrete poi in giro per qualche club buio, in qualche festa di quelle serie, dove la gente sta insieme e finalmente può ballare, abbracciarsi e sorridere.

Salutate i lettori di Perindiepoi con tre location (reali o fantastiche) secondo voi perfette per isolarsi a comporre musica.

Beh sicuramente il casolare di Elastica Records è l’ideale. Tra l’altro, qualsiasi musicista che necessiti ospitalità e ispirazione ci può contattare, saremo lieti di aiutare le sue esigenze artistiche!

Poi consiglio di provare l’esperienza di isolamento nella natura, è veramente potente. Viaggiate leggeri. Oggi si può con le nuove tecnologie. Un ottimo microfono a condensazione, una scheda audio. Un computer, qualche accessorio, una chitarra e tanta voglia di produrre e sperimentare.

Consiglio la sperimentazione, perché è da lì che escono le magie. Niente esercizi di stile, non conviene buttare via del tempo per copiare una canzone o un genere sperando in un briciolo di successo, il successo siete già voi!!!! PEACE

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Elettronica Internazionale

Intervista doppia: Ave Quàsar + Walter Somà

Walter Somà (co-autore di Edda in Semper Biot e Odio i vivi, ma anche di molti altri brani successivi) torna sulle scene dopo un periodo di assenza con un nuovo singolo in collaborazione con Ave Quasàr. Esce infatti venerdì 15 ottobre 2021 I movimenti del cuore (fuori per Ohimeme www.ohimeme.com e in distribuzione Artist First), il nuovo singolo degli Ave Quasàr feat. Walter Somà. Una accoppiata atipica che unisce le qualità per una canzone estemporanea, in bilico tra il concreto e il virtuale nella sua creazione. Un brano romantico, distruttivo, disturbante e bellissimo.

Come nasce la vostra collaborazione? Ci sarà un seguito?

Luca: La nostra collaborazione nasce da una mia richiesta che Walter ha accolto a braccia aperte. Essere corrisposti è motivo di grande entusiasmo. Credo che potrebbe esserci un seguito perché ci scambiamo costantemente canzoni e testi. Non ci corre dietro nessuno. Se uscirà qualcosa è perché sentiremo di averlo finito. 

Per gli Ave Quasàr: com’è stato lavorare con un autore “esterno”? Come sono nati invece i testi dei vostri precedenti singoli? 

Luca: I testi dei nostri singoli precedenti nascono da me. Alcuni vengono da un vero e proprio flusso di coscienza. Altri sono più ragionati. Per esempio “Miserabile il male” è un brano scritto pensando ai fanatici religiosi e ai loro gesti folli. A volte scrivo un pezzo pensando da subito di cosa parlare, altre volte mi lascio trasportare.

Lavorare su “I movimenti del cuore” scritto da Walter è stato utile, addirittura formativo. Ho osservato la mia voce da fuori in maniera più distaccata, forse mi sono emozionato di più perché avevo meno paura di lasciarmi andare meno paura di sbagliare e di guardare in faccia emozioni forti. 

Poi conoscendo il percorso artistico di Walter avevo anche massima fiducia nella sua narrazione, nella sua capacità di portare a galla significati profondi con un vocabolario fatto di moltissimi colori. 

Per Walter Somà: come mai hai scelto di tornare sulla scena musicale, proprio con questo singolo?

Walter: Era diverso tempo che non avevo voglia di lavorare all’uscita di una canzone. Non avrei neanche avuto chiaro in che direzione mandarla. La proposta di Luca degli A.Q. è stata semplice, cioè lavorare su un mio brano. Avrebbero prodotto e pensato loro a tutto il resto. Ma proprio a tutto. Sono una realtà artistica e professionale molto efficiente ed ispirata. Nel mondo A.Q. ho sentito una grande energia e voglia di seminare, ed è stata una cosa contagiosa. Il dialogo con Luca G. ha poi dato molto senso a questo gesto. Allora ho scelto un brano che poteva prestarsi al progetto.

Di cosa parla I movimenti del cuore

Walter: Mah, non è che parla. Straparla, come un folle. Suggerisce di valutare le tue scissioni interne e ti chiede come sei messo, rispetto alla società, rispetto al prossimo, rispetto alla realtà. Rispetto alla vita. Credo ci sia sempre un invito all’amore in quello che scrivo. Anche se magari non si capisce bene, leggendo.

E adesso?
Luca: E adesso si torna in studio.