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Le 5 cose preferite di R3TO

R3TO, moniker di Federico Torre, rapper milanese che ci ha già fatto sognare con “F1RST”, ritorna in pista con un nuovo singolo, sempre dedicato al mondo automobilistico. Stiamo parlando di “Fast“, fuori dal 19 maggio, brano che accoglie tra le sue rime la bellezza di un mondo tanto bello quanto pericoloso. Noi ci siamo fatti raccontare meglio, attraverso le sue cinque cose preferite, chi si nasconde dietro il personaggio di R3TO.

Flow e metrica

Esattamente come in un circuito, nella musica flow e metrica si susseguono come le curve. Adoro quella fase di costruzione musicale in cui le mie strofe prendono forma e la mia voce le percorre come fosse un’auto. Dalla somma di tutto questo nasce la magia della musica.

I motori

Fin da bambino sono sempre stato affascinato dal rombo dei motori, fin da quando mio padre mi portò nel primo circuito, inoltre sono sempre stato un appassionato di motorsport.

Il palco

È sempre un’emozione unica poter portare le proprie canzoni sul palco. Il live sul palco è un po’ come aspettare la domenica per partecipare ad una corsa sportiva.

Le persone

In tantissimi casi, chi mi ascolta e mi segue mi raccontano in che situazione ascoltano le mie canzoni e per me è come se mi facessero entrare in qualche modo nella loro vita. Gli sono molto grato di tutto questo e mi dà molto gusto sapere di cosa rappresenta la mia musica per loro o a quale momento è legato.

Le esperienze

Viaggiare sia per piacere che per lavoro, quindi uscire dalla propria zona di confort, è per me una grande fonte di ispirazione e di sfida che permette anche alle mie idee di evolvere.

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Cosa c’è nella camera di Forse Danzica

Esce giovedì 24 marzo 2022 Naftalina, il nuovo singolo del progetto Forse Danzica. Un nuovo capitolo in attesa di un  disco di debutto per il progetto electro-noir di Matteo Rizzi che vuole raccontare il tema dell’assenza, e come spesso le uniche reazioni possibili siano quelle di apatia, inazione e isolamento. Noi, come sempre eravamo curiosi, e siamo andati a dare un’occhiata in camera sua.

Non ho molti oggetti quindi inizio banalmente dalla cosa più preziosa di tutte, ovvero la combo pianoforte + microfono + computer, dove si svolge tutta la parte migliore della mia vita, ovvero quella in cui faccio musica 

Questo è un giraffino che ho trovato sul mio letto il giorno in cui mi sono trasferito a Milano per la prima volta. Non so di chi fosse prima ma ha con sé un bigliettino scritto a mano che dice “forse torno a casa, c’è qualcuno che mi aspetta e finalmente sorriderà”. Ora è il mio piccolo trovatello. 

Ho iniziato a scrivere un diario perché me lo aveva chiesto la psicologa. É diventato uno dei miei luoghi preferiti e mi piace rileggere quello che scrivo e osservare come cambino i miei pensieri e le mie azioni nel corso dei giorni anche se la mia grafia è sostanzialmente incomprensibile persino a me.

Il libro con la più alta concentrazione di momenti belli che io abbia mai posseduto, lo rileggo in continuazione e mi fa sentire innamorato di qualcuno che non ho mai conosciuto. 

Angolo cozy in cui passo i pochi momenti rilassanti che riesco a ritagliarmi. Il guitalele in particolare è uno degli strumenti su cui scrivo le bozze quando non ho voglia di mettermi al computer. 

BONUS TRACK (gatto)
Servono parole per lui?

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Gli Shkodra Elektronike ci convincono ad ascoltare musica di cui non capiamo neanche una parola

Quello degli Shkodra Elektronike è un tunnel elettronico dal quale non avrete speranza di uscirne vivi, perchè nel loro disco di debutto convivono ossessioni, tumulti, danze di popoli lontani e canti di cui non capiamo neanche una parola. Come si può rimanere ipnotizzati da un disco cantato interamente in albanese è un gran mistero che spero che qualche altro ascoltatore solitario mi aiuterà a risolvere. Quattro tracce che suonano come la più folle e malinconica delle feste a cui siete stati. Anzi, come il ritorno in autobus da una delle feste più folli e malinconiche a cui siete stati. Una di quelle feste dove ci si innamora perdutamente, parlando una lingua che non è la nostra, con persone che non rivedremo mai più.

Shkodra Elektronike sono Kole Laca (già tastierista de Il Teatro degli Orrori) e Beatriçe Gjergji: entrambi nati a Scutari, in Albania, ed emigrati in Italia nei primi anni ’90. La loro musica traghetta nel presente la tradizione popolare scutarina (Scutari, città del nord dell’Albania), vestendola di un sound elettronico che spazia senza distinzioni dalla trap alla dance. Sono i primi a compiere una rilettura in chiave contemporanea di un repertorio popolare tanto riconosciuto e importante in patria quanto ancora poco noto al resto del mondo. Loro definiscono questo genere come immigrant pop.

Live @ Uzina è un disco di debutto registrato interamente dal vivo, che conquista sin dal primo ascolto, che scuote e che tormenta, e che rimane inspiegabile. L’albanese, lingua a noi del tutto estranea, arriva come un mantra e ci assorbe, perchè per una volta, per tutti noi musicofili abituati all’it-pop e agli Arctic Monkeys, un brano può voler dire qualsiasi cosa, anche quello che decidiamo noi sul momento.

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Cosa c’è nella camera di Ulisse Schiavo

Esce mercoledì 17 novembre 2021 il nuovo singolo di Ulisse Schiavo dal titolo Precious Silver Grace. Un nuovo capitolo e un cambio di direzione per il cantante e chitarrista padovano classe 1994. Un brano che è un tormento elettronico, che suona come la colonna sonora di una fuga notturna, come perdersi all’interno di un club sotterraneo berlinese: un feat fantascientifico tra Jeff Buckley e Apparat.
 

Così abituati a sostare, sicuri della forza che ci attacca al suolo, saliamo e ci eleviamo caricandoci il peso. Pesiamo con le nostre suole le nostre caviglie, le rotule e la spina dorsale, i nostri capelli, le nostre palpebre. Stiamo.
Eretti e fieri, in equilibrio sulle nostre estremità, ci agitiamo per non cadere.

Inermi, di fronte a certe angolazioni di noi stessi.

Inspira a pieni polmoni e dai silenzi e dalle pause e dalle esplosioni e i dirottamenti e l’intimo in vetrina e nel tuo buio lasciati percorrere dal mancamento. Abbandonati alle sabbie mobili del pavimento liquido su cui da sempre combatti. Ora correggi la luce per essere dal lato giusto dell’inquadratura, col tuo nuovo sguardo, la tua nuova prospettiva. Finalmente vivo. E quando sei dall’altra parte, piegato, accogli il dolore nel ventre e nello stomaco. Accoglilo come tuo compagno fino alla caduta. E ascolta la calma del corpo esausto.

Riparti dal piano terra ed ascendi con lo sguardo ben fisso su di te.
Perché è nel momento della noia che inizia l’attacco. Per una nuova difesa.

Segui le tracce di chi porta con sé lo stendardo della grazia. La grazia preziosa. La grazia d’argento dell’armatura riposta. Segui le tracce di chi ha con sé la memoria dell’esperienza, imparane il linguaggio e lasciati guidare verso il fuoco per essere in luce, sotto la giusta luce a cui sei stato affidato, dalla quale sarai plasmato d’energia già caricata in altri corpi, pronta ad essere sfruttata, per aumentarti.

P S G è la parte più sensibile di forze non violente, pronte a mostrarsi a chi è dalla parte giusta dell’inquadratura, disposto a guardare e a cercare l’altra parte. Ed è il corpo di più voci nude. Lo stesso corpo che si moltiplica pronto a guardarsi da fuori. Un corpo a corpo meticoloso fra le voci della stessa gola che si lascia addomesticare per potenziarsi.

Come sempre, non abbiamo saputo resistere, e gli abbiamo chiesto di fare un giro a casa sua!

Inizio dal basso, da questi splendidi Marsell che non mi toglierei mai. Sono uno a cui piace tenere le scarpe ai piedi, mi fanno sentire pronto. Ricordo che da bambino prima di suonare la mia chitarra giocattolo sentivo l’esigenza di mettermi le scarpe. Io faccio tutto con le scarpe, l’unica cosa che faccio senza è scopare.

Questo è decisamente uno dei miei dischi preferiti, e non solo per come è registrato e suonato, ma soprattutto per la delicatezza e la grazia che trasmette. Quella voce è così fragile che non sai che cazzo dire.

La prima parrucca che ho comprato circa due anni fa, ovviamente dai cinesi. L’ho anche colorata con una bomboletta fuxia con scarsi risultati. Purtroppo si sono persi i frisè che aveva sulle lunghezze. In fondo ho sempre pensato di volermi rasare per poter indossare ogni giorno una parrucca diversa: questa sarebbe quella del lunedì mattina.

Questo libro è un regalo di Gina. Anche di Marco. E pure di Massimo. Devo loro tanto, e questa copertina è meravigliosa.

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Non dimenticatevi di vivere. Una chiacchierata con i Deleted Soul

Nel corso degli ultimi mesi abbiamo imparato a conoscerli e ad apprezzarli sempre di più. Poi, dopo aver fatto questa chiacchierata con loro, li abbiamo amati! Per essere artisti sinceri bisogna essere prima di tutto persone vere. Ecco, i Deleted Soul lo sono. Per loro la musica è ricerca e non un’occasione per apparire. La musica è una cosa preziosa e va coltivata. Come la vita.

Ciao Deleted Soul, per comporre e registrare avete deciso di isolarvi nelle campagne del Chianti. Quanto è importante per voi il rapporto con la natura?

Ci siamo riuniti negli studi di Elastica Records, un casolare nel Chianti, lontani dalla movida. Non parliamo solo di musica, ma cerchiamo di portare gli artisti in un non luogo fuori dallo spazio e dal tempo, il che significa poco wi-fi, passeggiate mattutine con sessioni di yoga, cibo rigorosamente a chilometro 0, direttamente raccolto nell’orto. Questo ci permette di instaurare con i nostri collaboratori una bolla energetica, nel “qui e ora” che ci permette un’ottima astrazione dal quotidiano immedesimandoci nella composizione. Usiamo tecniche di rilassamento, di respirazione, attività di orticultura. E quando la fase compositiva arriva è potente, istantanea ed emotiva.

Siete un collettivo composto da musicisti provenienti da ogni parte del mondo, ma per questi nuovi brani avete deciso di non lavorare più a distanza e di ritrovarvi fisicamente insieme. Ci raccontate i motivi di questa scelta?

Il progetto Deleted Soul nasce a distanza. In particolare con uno stretto rapporto con Mario Tucci, mio fratello e autore di parte dei testi. Lui vive in Oregon, si occupa dell’immaginario di Deleted Soul. Poi al progetto si è aggiunto Marco Zampoli, divenuto parte fondamentale del progetto. Lui è il cantante dei Flame Parade, siamo vicini di casa, condividiamo lo stesso modello di composizione e di vita. Quando abbiamo progettato il secondo disco di Deleted Soul, abbiamo deciso di coinvolgere musicisti disposti ad effettuare questa esperienza di condivisione fisica e analogica. Il risultato è stato un successo: oltre a Pier Paolo Polcari, produttore degli Almamegretta con cui lavoro da anni su molte altre produzioni, all’appello hanno risposto un sacco di musicisti di fama internazionale, attratti proprio dal nostro modello di composizione molto sperimentale. Donald Renda è riuscito a trovare una settimana di spazio tra i tour con Annalisa e Francesca Michielin, Andrea Torresani (bassista di Vasco Rossi) è arrivato con una macchina piena di amplificatori e bassi con un suono pazzesco che si sono rilevati fondamentali per questo disco. La sorpresa è stata Riccardo Onori, storico chitarrista di Jovanotti, che non ha voluto neanche sentire i provini! Ha semplicemente sposato l’idea e si è presentato totalmente aperto alla sperimentazione. E poi ancora Maya Williams, giovane artista che ci ha raggiunto da Brighton, il percussionista Pablo Gamba ed il supporto totale di Brhaams, ottimo negozio di strumenti musicali che si è occupato dell’allestimento dello studio di registrazione e della sala prove. Abbiamo cenato, discusso della vita, poi di musica e del sound che avremmo voluto da questa produzione. Finalmente abbiamo acceso gli amplificatori, la sala prove è stata allestita in una grotta medioevale. Pietra, tanta pietra con reverberi naturali. Ed è iniziata la magia. Sei musicisti affiatati come se avessero suonato insieme da sempre. Totalmente sincronizzati nei ritmi e nei silenzi. Nessun egocentrismo ma solo ritmi essenziali, accordi calibrati e tappeti sonori da brivido.

Il vostro terzo singolo si intitola “Oblivion”. In una società velocissima che consuma, divora e dimentica subito tutto ciò che inghiotte, quali sono le cose che vorreste recuperare dall’oblio?

La riflessione, nel prendere le scelte della vita, in campo musicale, nella composizione ma anche nell’ascolto. Nei prossimi anni sarà importante fare esercizi di riflessione, pensare, prendersi tempo e smettere di affrontare questa vita in modo distratto. Per questo il suono che abbiamo scelto per il nuovo disco di Deleted Soul è un viaggio introspettivo, da ascoltare di sera con la luce soffusa, dopo aver spento il cellulare, senza pensare alle mille cose che la vita propina tutti i momenti. È una controtendenza: rallentiamo, riflettiamo, prendiamo consapevolezza di quello che ci passa davanti agli occhi e nelle orecchie. Basta masticare contenuti per vomitarli dopo qualche ora, impariamo ad assaporare le cose, le sensazioni, i momenti speciali della vita. Spegniamo la TV, l’esercizio risulterà un po’ più facile.

La vostra musica è frutto dell’unione di elementi presi da tanti generi musicali diversi. Ce n’è uno che non avete mai affrontato e sul quale vi piacerebbe mettervi in gioco per qualche produzione futura?

Sto cominciando a fare importanti approfondimenti sul blues, genere fuori dal tempo, ma mi affascinano anche tutte quelle sonorità non europee provenienti dall’Africa e dal Sud America che ci permettono di creare un crossover contemporaneo e vivace. Stiamo facendo importanti ricerche sulla musicoterapia, seguendo l’insegnamento di Brian Eno. Come sempre i nuovi brani di Deleted Soul nascono da giornate di ricerca e ascolti. Poi inizia la fase dedicata alla composizione. Ma a una composizione aperta in cui è fondamentale l’attesa. L’attesa di una festa nel nostro casolare dove si riversano ottimi musicisti assetati di sperimentazione. In questo momento sto attraendo qualche chitarrista blues, prevedo che arriverà fra qualche mese.

A proposito di futuro, cosa ci dobbiamo aspettare dai Deleted Soul?

Aspettatevi un disco in uscita a fine settembre pieno di emozioni. Emozione vere, scaturite dall’energia di musicisti che si guardano negli occhi e si capiscono. L’importante è rallentare, assaporare, gustare con le orecchie. Vi assicuro che se vi concentrerete su questo, potrete sentire anche i sapori, le energie ed i gusti di quei giorni di composizione. Ci vedrete poi in giro per qualche club buio, in qualche festa di quelle serie, dove la gente sta insieme e finalmente può ballare, abbracciarsi e sorridere.

Salutate i lettori di Perindiepoi con tre location (reali o fantastiche) secondo voi perfette per isolarsi a comporre musica.

Beh sicuramente il casolare di Elastica Records è l’ideale. Tra l’altro, qualsiasi musicista che necessiti ospitalità e ispirazione ci può contattare, saremo lieti di aiutare le sue esigenze artistiche!

Poi consiglio di provare l’esperienza di isolamento nella natura, è veramente potente. Viaggiate leggeri. Oggi si può con le nuove tecnologie. Un ottimo microfono a condensazione, una scheda audio. Un computer, qualche accessorio, una chitarra e tanta voglia di produrre e sperimentare.

Consiglio la sperimentazione, perché è da lì che escono le magie. Niente esercizi di stile, non conviene buttare via del tempo per copiare una canzone o un genere sperando in un briciolo di successo, il successo siete già voi!!!! PEACE

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Intervista doppia: Ave Quàsar + Walter Somà

Walter Somà (co-autore di Edda in Semper Biot e Odio i vivi, ma anche di molti altri brani successivi) torna sulle scene dopo un periodo di assenza con un nuovo singolo in collaborazione con Ave Quasàr. Esce infatti venerdì 15 ottobre 2021 I movimenti del cuore (fuori per Ohimeme www.ohimeme.com e in distribuzione Artist First), il nuovo singolo degli Ave Quasàr feat. Walter Somà. Una accoppiata atipica che unisce le qualità per una canzone estemporanea, in bilico tra il concreto e il virtuale nella sua creazione. Un brano romantico, distruttivo, disturbante e bellissimo.

Come nasce la vostra collaborazione? Ci sarà un seguito?

Luca: La nostra collaborazione nasce da una mia richiesta che Walter ha accolto a braccia aperte. Essere corrisposti è motivo di grande entusiasmo. Credo che potrebbe esserci un seguito perché ci scambiamo costantemente canzoni e testi. Non ci corre dietro nessuno. Se uscirà qualcosa è perché sentiremo di averlo finito. 

Per gli Ave Quasàr: com’è stato lavorare con un autore “esterno”? Come sono nati invece i testi dei vostri precedenti singoli? 

Luca: I testi dei nostri singoli precedenti nascono da me. Alcuni vengono da un vero e proprio flusso di coscienza. Altri sono più ragionati. Per esempio “Miserabile il male” è un brano scritto pensando ai fanatici religiosi e ai loro gesti folli. A volte scrivo un pezzo pensando da subito di cosa parlare, altre volte mi lascio trasportare.

Lavorare su “I movimenti del cuore” scritto da Walter è stato utile, addirittura formativo. Ho osservato la mia voce da fuori in maniera più distaccata, forse mi sono emozionato di più perché avevo meno paura di lasciarmi andare meno paura di sbagliare e di guardare in faccia emozioni forti. 

Poi conoscendo il percorso artistico di Walter avevo anche massima fiducia nella sua narrazione, nella sua capacità di portare a galla significati profondi con un vocabolario fatto di moltissimi colori. 

Per Walter Somà: come mai hai scelto di tornare sulla scena musicale, proprio con questo singolo?

Walter: Era diverso tempo che non avevo voglia di lavorare all’uscita di una canzone. Non avrei neanche avuto chiaro in che direzione mandarla. La proposta di Luca degli A.Q. è stata semplice, cioè lavorare su un mio brano. Avrebbero prodotto e pensato loro a tutto il resto. Ma proprio a tutto. Sono una realtà artistica e professionale molto efficiente ed ispirata. Nel mondo A.Q. ho sentito una grande energia e voglia di seminare, ed è stata una cosa contagiosa. Il dialogo con Luca G. ha poi dato molto senso a questo gesto. Allora ho scelto un brano che poteva prestarsi al progetto.

Di cosa parla I movimenti del cuore

Walter: Mah, non è che parla. Straparla, come un folle. Suggerisce di valutare le tue scissioni interne e ti chiede come sei messo, rispetto alla società, rispetto al prossimo, rispetto alla realtà. Rispetto alla vita. Credo ci sia sempre un invito all’amore in quello che scrivo. Anche se magari non si capisce bene, leggendo.

E adesso?
Luca: E adesso si torna in studio. 

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Savnko e tutti i suoi allucinati giovani demoni che si porta dentro

Ritrovarsi a fare i conti con sè stessi è sempre una cosa difficile.

E ci tengo a precisare che in generale i dischi senza parole, tutti i dischi senza parole, sono subdoli e un po’ bastardi, perchè ti lasciano soli con i pensieri, le parole va a finire che ce le devo mettere io, nella mia testa. E finisce che penso a quanto sono stata stronza quella volta che mi sono messa a tirare i piatti e non avevo voglia di parlarti, che forse dovrei scriverti, però poi lo faccio e tu non rispondi, e quindi vaffanculo. Young Demons è il secondo disco di Savnko, che mi ha tirato fuori di tutto, persino quei ricordi assurdi di un’adolescenza lontana in cui passavo le nottate davanti al computer a guardare serie televisive, un episodio dietro l’altro, mangiando e vivendo a letto, in completa solitudine. Non sono mai stata così tormentata e isolata come allora, e Young Demons è la colonna sonora di quel periodo, e della rabbia che oggi ne deriva.

Quello di Young Demons si presenta un progetto che vuole raccogliere tutte le insolite emozioni provate durante questi ultimi due anni altrettanto insoliti: rabbia, incoscienza e voglia di tornare a una vera libertà, senza nessuna paranoia, paura o rimorso riguardanti la vita di tutti i giorni. Questa pandemia ci ha riportato in quel periodo, che tutti noi musicofili che ci leggiamo le recensioni online abbiamo passato (non mentite, per favore!), quello in cui tutti uscivano il sabato sera e ci lasciavano a boccheggiare, e noi in quel tempo lì leggevamo libri tristi, finivamo film d’autore e serie di fantascienza, tutto ciò che abbiamo dovuto riprendere durante quel maledetto 2020. Young Demons sono tutte le volte che ho provato a chiamarti, non hai risposto e sono rimasta ad aspettarti tutta la sera, quella volta che ho incrociato il tuo sguardo, che abbiamo tenuto un segreto, che poi, lontani, siamo rimasti a casa a scrivere e a consumare Antonioni.

Quelli di Savnko sono tormenti elettronici oscuri, tormentati, ossessivi. Un’atmosfera che sa di quella stanza piena di poster e pianti sul cuscino, di nottate illuminate dal pc prima che si parlasse di hikkikomori. Savnko ci porta con la sua elettronica per emarginati a conoscerlo bene, a incontrare i suoi demoni più recenti che probabilmente lo hanno ossessionato in quest’ultimo periodo. La migliore e tormentata canna sul divano, come il peggiore dei balli solitari in un club berlinese dove abbiamo perso tutti i nostri amici, chitarre solitarie che infiltrano nei pensieri in Lust, insinuazioni bassocentriche disturbanti, parole abbandonate come captate dallo spazio. Savnko è indubbiamente uno dei migliori nomi dell’elettronica contemporanea, e si impegna davvero tanto a farci stare male.

Volete stare male come al liceo? Eccovi serviti.

CM

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Quello che ho capito ascoltando il primo album di Lena A.

Ho ascoltato il primo disco di Lena A. e ne ho parlato, traccia dopo traccia, un po’ come viene a me.

Esce venerdì 7 maggio 2021 per Uma Records e in distribuzione Sony Music il primo album di Lena A. dal titolo Nuove Stanze. Un nuovo capitolo definitivo per la cantautrice napoletana che rinnova ancora una volta la sua collaborazione con il produttore Giovanni Carnazza. Benvenuti in un mondo elettronico e malinconico, dove rabbia e amore spesso sono la stessa cosa.

Sono nuove queste stanze, eppure sono sempre esistite. Soltanto che prima avevo gli occhi bendati e non le avevo mai viste: ora le ho davanti e finalmente posso scegliere io di che colore dipingerle. Sono stanze dalle pareti ancora bianche, metri quadri della mente, contenitori di emozioni. Sono le Nuove Stanze di cui scrive Montale; sono i luoghi fisici in cui ho vissuto in questi tre anni: Napoli, Roma, Zaragoza, Santiago; sono il percorso di prime volte che ho tracciato nero su bianco; sono il manifesto della mia salvezza. Dentro Nuove Stanze ci sono sette sguardi diversi, sette identità, sette storie: dal giudizio altrui che piega l’io e lo condanna ad una maschera sociale, alla libertà che dà senso ad ogni azione. Un disco incentrato sull’identità, sull’io e su quanto sia necessario imparare a conoscersi per vivere tra la folla senza disperdersi. Anni fa sembrava impossibile raccontare tematiche come la scelta, la sessualità, la rivalsa di essere donna, la socialità scandita dai media, ma oggi è la quotidianità in cui sono immersa: ho voluto scrivere e cantare cosa hanno visto i miei occhi in questi ultimi anni e mesi, costruendo intorno un universo musicale elettronico ma allo stesso tempo cantautoriale.

Italo Calvino su Il Barone Rampante parla di un giovane ragazzo di origine altolocata che un giorno si stanca della sua famiglia, della sua vita, del suo mondo e decide di passare il resto dei suoi giorni appeso agli alberi. Molti pensano che sia una storia inventata, ma in realtà quello che ha scritto Calvino corrisponde al vero in quanto tutto ciò è stato vissuto e trascritto da una ragazza di nome Alessandra, soprannominata Lena A., divenuta fedele compagna di viaggio di Cosimo, quel Barone Rampante, per un lungo tratto del suo vagare. Calvino non ha fatto nient’altro che ricopiare di pari passo parte dei trascritti di Lena A. e abbellirli aggiungendo personaggi e contesti.

[ Granada ]

Conosciuto sugli alberi di Olivabassa, Lena A. era tra gli esiliati spagnoli costretti a vivere sugli alberi incontrati dal Barone. Calvino sul libro l’ha chiamata Ursula evidenziando quanto lei e Cosimo fossero sincronizzati e innamorati per il semplice fatto che entrambi vivevano sugli alberi. Per motivi narrativi ha deciso di farla apparire per poche pagine, ma in realtà da quell’incontro loro due stettero insieme per molto tempo. Tutto quello che sappiamo su di loro è grazie anche a brevi poesie che lei scriveva per descrivere quello che lei provava.

[ Giugno ]

Una delle poesie più belle parla di quella spensieratezza che loro due hanno sviluppato in quel nomadismo di albero in albero. Non c’era giorno in cui i due si facessero forza, anche perché entrambi alla fine scelsero di stare lontano dalla loro famiglia per creare un mondo loro, una libertà diversa e più matura. Più stavano insieme e più quel rapporto si solidificava: era come se ci fosse una terza persona tra i due, un qualcosa nato dal loro amore, una sorta di personificazione che spiritualmente gli faceva compagnia giorno e notte.

[ Pineta ]

Non riuscirono a quantificare quel tempo insieme, ma in quella solitudine reciproca era prevedibile che a un certo punto arrivassero anche i primi litigi, che non erano nient’altro che il risultato di scelte non condivise: percorsi sbagliati tra i rami degli alberi per scelta o di uno o dell’altra, la disubbidienza nel mangiare un cibo che non doveva essere mangiato, la ribellione nei confronti della conoscenza scaturita dall’esperienza singolare di entrambi. I cosiddetti alti e bassi che ci sono in una coppia, solo che poi quegli alti e bassi viverli sopra a dei rami hanno un sapore tutto diverso, più intenso. L’infelicità in quel contesto può essere pericolosa, mina l’istinto di sopravvivenza.

[ Non Sono Roma ]

E infatti da quei litigi il rapporto non si riprese più. Troppo fu la voglia del Barone di tornare a vagare in solitaria e troppo fu il dolore di lei dopo aver compreso quella consapevolezza. Lena A. se ne stava rendendo conto, descrivendo quella personificazione del loro rapporto non più come un qualcosa di vivo e di solare ma come una sorta di cadavere che entrambi si stavano trascinando e che stava divenendo un peso. Un peso troppo pesante da sopportare. E fu così che le loro strade si divisero.

[ Ecco La Tua Femmina – Adesso Cera ]

Lena A. ritornò dai suoi familiari che erano finalmente riusciti a tornare in Spagna senza più il peso dell’esilio e Cosimo fece la stessa cosa, anche se purtroppo venne a conoscenza della morte del povero padre. Poco dopo l’accaduto, ebbe una nuova storia con una sua vecchia fiamma, Viola, ed è come se a quel punto Lena A. non fosse mai esistita. Lena A. lo venne a sapere anni dopo, con il cuore infranto, quando ormai lui non c’era più, mentre lei per tutto quel tempo non aveva fatto altro che aspettarlo osservando gli alberi.

[ Occhi verdi ]

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Le 5 cose preferite di Sidi

Deep Side è il nome che il batterista e producer Sidi ha scelto per una delle live session più curate e suggestive che vedrete in questo periodo, girata in uno dei canyon più suggestivi d’ Europa, situato in Puglia. Sidi, reduce dalla pubblicazione del suo nuovo EP dal titolo Fluido, fuori per Pitch The Noise Records, ecco un nuovo importante capitolo che mostra live i brani Cactus e Our Sunday.

Il progetto nasce dalla necessità di creare accostamenti di immagini rilegate alla natura da cui Sidi ne trae profonda ispirazione per la scrittura dei due brani presenti.

Il cibo. Durante gli ultimi anni e soprattutto con il lockdown è nata in me la passione di sperimentare in ambito culinario insieme ai miei amici. Sicuramente tra le mie cose preferite c’ è il riso patate e cozze, eredità di valore inestimabile di mia nonna.

I miei skate. É da quando mi fu regalato il primo skate a 9 anni che non l’ ho più mollato. La sensazione di “fluttuare” è tuttora una delle più belle che provo nel corso delle settimane.

Le mie batterie. Sono custodite con parsimonia. Purtroppo negli ultimi anni è stato difficile collocarle in casa qui a Milano per via del vicinato. Ma tra una sala prove e l’ altra ci ricongiungiamo spesso.

Le piante in camera. Sono patito per l’ ordine e l’ estetica nei luoghi in cui lavoro. Qui a Milano insieme alla mia coinquilina Phaabee sin dal primo giorno, abbiamo riempito la casa. Vedo le piante come dei figli e necessitano molta costanza e ciò mi fa star bene.

I dipinti miei e dei miei amici. Sono un elemento immancabile che porto sempre con me ogni qual volta che mi trovo a traslocare. E negli ultimi due anni i traslochi sono stati parecchi!

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Ho scritto la biografia di Metcalfa (senza informarmi)

Esce martedì 23 marzo 2021 Siolence (titolo che viene dall’incontro tra “silence” e “violence”), il disco di debutto di Metcalfa, già anticipato dal singolo Missing. Si tratta del mondo oscuro del progetto solista di Metello Bonanno, primo esponente della hybrid music, che viene finalmente svelato, che presenta un suono che mischia elettronica, influenze jazz, atipiche soluzioni timbriche e ritmiche. Lasciatevi trasportare nel mondo di Metcalfa.

SIOLENCE, un incontro tra le parole “silence” e “violence”. La scelta di questo titolo vuole tradurre in parole quello che succede all’interno del disco e le sensazioni che, si spera, possa suscitare nell’ascoltatore. Attimi di pura quiete affiancati ad elementi più ruvidi, in modo da creare un interessante connubio sonoro.

Nel 1980 accadde uno strano fenomeno nel Nord-Est della penisola italiana. Comparvero degli insetti alquanto insoliti, simili a delle falene nella forma del corpo ma dal muso più vicino agli anfibi. Non si sa come hanno fatto questi strani insetti ad arrivare in Veneto, molti dicono di averli già visti nelle lontane Americhe in tempi antecedenti e che, anzi, in quelle zone fossero in realtà molto comuni. Stiamo parlando delle metcalfe.

Apparentemente innocue, quello che sappiamo su di loro è che si nutrono di linfa vegetale assorbendone solo la parte proteica ed espletando la parte zuccherina su rametti e foglie, successivamente raccolte da api per produrre del delicato miele squisito. Ma quando questo non avviene, la parte zuccherina riviene assorbita dalle piante portando alla nascita di particolari funghetti microscopici che fanno ammalare le foglie di queste rendendole di un colore nero pece.

Da anni circolano storie strane su questi insetti: si pensa che una metcalfa sia nata con una malformazione genetica a causa dell’assorbimento di sostanze nutritive nei vigneti in cui vengono prodotti i frutti che portano alla realizzazione del prosecco e che, nella fase della sua crescita, la sua prolificazione abbia contagiato parte della natura sottostante.

A quanto pare, inizialmente fu poco considerato lo strano comportamento di quelle api che furono le prime ad entrare in contatto con le esplicazioni della metcalfa anomala, producendo un miele che le portarono a scomparire dagli alveari attentamente controllati da apicoltori e gente di campagna. Non si sa dove siano finite queste api, ma molti pensano che abbiano compiuto degli atti suicidi creando alveari nei posti più pericolosi possibili, ovvero proprio dentro le tane degli animali selvatici. Sembra che questi animali, in particolare volpi e cinghiali – dopo aver mangiato il miele prodotto da quelle api ma anche in seguito le piante e frutti ricoperti di quel nero pece anomalo – abbiano acquisito una forma di coscienza collettiva. Una coscienza collettiva che ha portato le volpi a non uccidere più le galline nei pollai, ma bensì a liberarle; stessa sorte che capitò ai maiali degli allevamenti, liberati dai fratelli suini selvatici.

Seppure fatti crescere in cattività, la comunicazione tra di loro acquisì una evidente progressione anche grazie alla loro conseguente nutrizione di piante contagiate, creando retate sempre più organizzate per liberare gli altri loro simili tenuti imprigionati dall’ingordigia dell’essere umano. Fu poi il turno di equini, bovini, caprini e in libertà ebbero modo di creare delle comunità multispeciste autogestite senza essere sotto possesso dell’uomo. Avevano capito che la loro vita non era nient’altro che una farsa di ciò che avrebbero potuto fare davvero, rendendosi conto che erano nati solo per essere sfruttati o per riempire la pancia di coloro che li avevano messi al mondo o di chi avesse comprato le loro carni dopo essere stati maciullati ben bene. Non accettarono questa condizione, per cui fecero un patto di non belligeranza con gli animali selvatici sin dalla nascita ottenendo il giuramento di non essere mangiati da loro e in cambio si ripromisero che insieme avrebbero unito le forze per passare all’atto successivo: fare comunità e fare agli uomini quello che è stato fatto a loro in caso fossero attaccati.

Nel frattempo, ci fu un grande scalpore tra gli esseri umani possessori di quelle aziende agricole appena si resero conto che gli animali che avevano diligentemente allevato stavano misteriosamente scomparendo. Così molti organizzarono delle spedizioni nei boschi alla ricerca dei loro futuri prodotti scomparsi, ma stranamente nessuno faceva mai ritorno. Questa cosa allarmò i paesi limitrofi: come era possibile? Cosa stava accadendo nei boschi?

La ricerca degli animali scomparsi si trasformò in ricerca delle persone scomparse, ma chi entrava dentro ai boschi automaticamente non avrebbe fatto più ritorno a casa. Gli animali domestici avevano perfettamente capito cosa stesse succedendo, infatti molti tentarono di bloccare i padroni prossimi alla ricerca ferendoli prima di partire e impedendogli così di scomparire anche loro in quell’enorme buco nero che stava divenendo la natura.

Le spedizioni stavano iniziando a diventare troppe, per questo gli animali per evitare ulteriori spargimenti di sangue, migrarono in massa in zone ancora più selvagge: dai colli trevigiani arrivarono fino alle Dolomiti per creare delle tane vicine che insieme andavano a formare delle comunità armoniose.

Gli umani non accettarono tutto questo, per cui organizzarono delle ricognizioni aeree per attaccare i nemici che ormai avevano capito essere quegli stessi animali che una volta possedevano. Vennero utilizzate armi di distruzioni di massa per terminare questa situazione, con alberi devastati dalla reazione crudele.

Tuttavia, nonostante perdite ingenti, la risposta degli animali fu altrettanto calibrata: lupi, orsi, cinghiali e rapaci furono gli unici ad uscire dalle loro comunità naturali per attaccare i centri abitati da cui provenivano gli attacchi. Le strade si riempirono di sangue di uomini, donne e bambini. Ci sono stati addirittura paesini completamente svuotati. Il tutto attuato nel silenzio delle tenebre e con l’aiuto del buio, la condizione più favorevole.

Furono eventi ricordati da tutti. Gli umani capirono: li dovevano lasciare in pace e accettare la condizione. Lasciarono in pace anche le foreste a quel punto, si arresero. Gli animali avevano vinto. Si diffuse la voce in tutta la nazione: chi fosse entrato dentro le foreste, sarebbe automaticamente sparito in uno spirale di silenzio e violenza. Tutto merito di un piccolissimo insetto chiamato metcalfa.