Reduce dal live milanese realizzato per la rassegna di JazzMi, il duo formato da Akonkagua, cantante e produttore franco-argentino, e Adagio, pianista jazz italiano nato a Milano, sarà in concerto al Biko di Milano, domenica 17 novembre 2024 (co-headliner con Stefano Barigazzi). Con una speciale formazione a sette, la band presentarà dal vivo il disco di debutto “Milalma“, già anticipato dai singoli estivi “A Mi Manera” e “Me lo ha robado“: un mix unico di generi, lingue e influenze che si stratificano, pulsano e si condensano in ritmi afro, e groove funk, e dove il jazz si fonde con la salsa, dance, funk e rumba.
Noi volevamo conoscerli meglio, e abbiamo deciso di farci invitare a casa loro, perchè potessero scegliere 5 oggetti da mostrarci, e raccontarci, in attesa del live di domenica.
Guiro e Maracas
Il guiro e le maracas rappresentano l’anima latina di Agua Y Agio. Spesso ci divertiamo a suonarle per dare il via alle nostre produzioni, oppure anche solo per delle jam session improvvisate sul momento.
Radio Vintage
Questa radio non funziona, ma è un oggetto di arredamento che ci fa viaggiare nel tempo, pensando a come avrebbero percepito la nostra musica i nostri nonni, ascoltandola per la prima volta attraverso una di queste radio.
Dipinto basco
Rappresentazione del fuoco di un’artista dei Paesi Baschi, Nagore Erauso. Il fuoco è uno dei nostri elementi fondanti e in questa declinazione alla maniera Euskara ci riporta alla multiculturalità propria del progetto.
Burro di arachidi
Elemento, e alimento, imprescindibile per alimentare la creatività quando le giornate sono più grigie.
Yamaha CP
In generale l’accozzaglia di tasti bianchi e neri comunemente definita pianoforte, definisce l’anima più jazz di Agua Y Agio.
“I muri delle case” è il nuovo singolo di Livrea, fuori su tutte le piattaforme digitali da venerdì 25 ottobre 2024.
Il brano racconta in modo realistico episodi tratti dalla vita familiare, momenti nascosti e intimamente protetti. Il legame che viene messo in evidenza è un rapporto profondo tra due persone nascoste, due outsider, due cani sciolti. “I muri delle case” si fanno scudo per proteggere dalle malelingue e dagli occhi indiscreti. L’amore fraterno diventa tenerezza curativa, soprattutto nella parte del ritornello in cui si intravede una via d’uscita nel momento in cui il dolore si dirada e lascia spazio ad una sottile nostalgia. La profondità di questo legame si percepisce anche dal sound viscerale; il ritmo tribale delle batterie, i pattern dei synth e la voce in primo piano rendono il brano piacevolmente frastornante, come un incantesimo.
Per conoscerla meglio, non potevamo che farci portare a casa sua, perchè scegliesse cinque oggetti particolarmente significativi per il suo progetto musicale.
AUDIO CASSETTA
Ultimo acquisto musicale, trovata in un mercatino. Pur non essendo il mio album preferito di Mina, questo concept estetico è incredibile, lei sembra una regina aliena. Amo la musica su supporto fisico, la cassetta mi dà proprio l’idea del cofanetto prezioso. La musica è sempre preziosa.
MOKA ROSSA
Questa moka rossa me l’ha regalata il mio ragazzo quando siamo andati a vivere insieme; la moka per me non è solo un oggetto, è un rito, un simbolo. Moka è casa.
ACQUASANTIERA
L’acquasantiera è un oggetto che mi è stato regalato da un’amica di mia mamma quando sono nata, non sapevo neanche di averlo a dire la verità, ma quando ho fatto il trasloco è saltata fuori, come se volesse seguirmi. È un oggetto davvero affascinante, fatto interamente a mano da un artigiano di Caltagirone, io la uso per appoggiare il palo santo.
TAPPETO
Amo i tappeti, coprirei ogni superficie di casa con dei tappeti, come l’opera di Stingel a Punta della Dogana a Venezia nel 2013 (si, sono ossessionata). Il tappeto di cui oggi vi parlo non è particolarmente pregiato, ma per me ha un valore affettivo importante. L’hanno comprato i miei genitori negli anni ’90 in un viaggio marocchino, è il tappeto su cui ho sempre giocato da bambina e quando ho cambiato casa me l’hanno lasciato. Ho deciso di posizionarlo in studio, il luogo in cui lavoro, scrivo e suono; per me è come un tappeto volante: magico.
PIANTE
Lo confesso: non sono un pollice verde, mi dimentico di dare da bere alle piante, alcune sono anche morte, però che soddisfazione vederle crescere e trovare il loro spazio in questo corridoio costellato di oggetti. Mi rendono proprio felice le piante, mi illudo di riuscire a prendermi cura di loro, quando in realtà sono loro che si prendono cura di me. E poi che belli gli autoscatti con le piante come sfondo!
2002-2009: 7 anni in cui i Love Shower Love hanno attraversato generi e formazioni con nomi diversi. Dal post-grunge anglofono degli Ashen Wave, insieme al cantante Fabio Cantù, all’indie rock italiano dei LaCorte, con la formazione a 4 che sarebbe poi diventata quella definitiva, seppur con un ritorno all’inglese e a suoni più alternative. Ora la band ha deciso di pubblicare sulle piattaforme di streaming, disponibile da martedì 15 ottobre 2024 per Gelo Dischi, in una nuova versione rimasterizzata, tutti i brani rimasti ancora inediti per il digitale, come conchiglie che risalgono dalla risacca. Per rispondere alla domanda: “Com’eravamo”, anzi, “L’onda, che eravamo”.
Questa raccolta celebrativa viene accompagnata da un nuovissimo singolo, “Lido Caina”, che segna il ritorno alla lingua italiana. Una cavalcata garage allucinata con un ritornello che ricorda un mantra insieme euforico e disperato.
Come spesso capita, abbiamo pensato che il modo migliore per conoscerli fosse proprio lasciarci condurre a casa di uno di loro, in particolare di Davide, per farci raccontare la storia di cinque oggetti. Ecco cosa ha scelto per noi.
Casa di Davide, il frontman, location ricorrente di suonate, mangiate e bevute che è finita per dare il nome alla seconda delle tre incarnazioni della band, i LaCorte, appunto.
Gabonzo l’invincibile Robot, Dr. Pira
Davide e Marco (basso) sono fan sfegatati di questo stralunato cartoonist e ogni volta che esce un suo post fanno a gara a chi lo inoltra per primo. Del Dr. Pira ci fa ridere letteralmente qualsiasi cosa, sin da quando abbiamo cominciato a seguirlo sul blog agli inizi degli anni Duemila.
Adesivo Sub Pop
Arrivato direttamente da Seattle con un ordine cumulativo di sticker. La Sub Pop è stata l’artefice della rivoluzione culturale che a partire dagli anni ‘80 ha impostato il gusto delle scena alternativa a venire, e quindi anche il nostro.
Korg, Monotron
Sempre il nostro bassista si è cominciato a dilettare negli ultimi anni molto con i Synth, di varia natura, suono e… grandezza. Questo Korg analogico è grande quanto un mouse, ma produce un suono pazzesco. Per qualche ragione ora è nelle mani di Davide.
Common Useless Mistakes, Love Shower Love
Il nostro primo disco come Love Shower Love, per l’etichetta Fontana Indie Label che ha anche stampato una serie di CD promozionali. L’artwork di copertina è un carattere tipografico disegnato ad hoc da un nostro caro e talentuosissimo amico visual designer, Alberto Antoniazzi.
T-shirt nera, Love Shower Love
In occasione del nostro primo tour nel Centro Italia, abbiamo pensato di realizzare del merchandising da vendere ai banchetti. Il problema è che siamo pessimi in qualsiasi cosa non musicale riguardi la nostra band (qualcuno potrebbe anche dire musicale). Quindi di fatto proprio durante quel tour, sbronzi, nessuno si prendeva mai la briga di stare al banchetto e regalavamo con molto zelo le magliette a chi veniva a farci i complimenti per il live. A conti fatti, possiamo tranquillamente dire che sul profilo commerciale l’operazione è stata puro masochismo.
É sempre più difficile concentrarsi sui dischi, un susseguirsi di dieci o più tracce ad occupare tempo prezioso del nostro venerdì, ormai dedicato al consumo di singoli da classifica, da playlist o da algoritmo di Tik Tok. Ormai è come se le nostre giornate non fossero proprio più programmate per accogliere un album, una pausa lunga per accogliere interamente l’immaginario di un artista. Ad ottobre ne sono usciti parecchi, e ho deciso di selezionarne tre che mi hanno particolarmente colpito e che mi hanno fatto compagnia durante questa settimana di pioggia incessante.
“Whale Fall” di Damon Arabsolgar
Che la testa di Damon Arabsolgar fosse piuttosto piena di meraviglie, avevamo già avuto modo di costatarlo ai tempi dei Pashmak e più recentemente coi Mombao, ma abbiamo sempre avuto la sensazione come di vederlo filtrato, trattetuno, o forse semplicemente adattato ad un contesto che non fosse completamente suo. Quello che ci ha donato con “Whale Fall” è un’incredibile autobiografia musicale: un riassunto tra inglese ed italiano, di sonorità sospese tra i generi e i contenuti, di tutta la sua vita sinora. Damon, come una balena in punto di morte, si libera probabilmente di alcuni pensieri scomodi, dolori e amori passati, e non poteva farlo in modo più piacevole.
“The wave we are” dei Love Shower Love
E a proposito di riassunti ben riusciti, i Love Shower Love hanno deciso di uscire di scena in grande stile (e un po’ di ritardo!) con un best of di quelli che sono stati i loro sette anni di attività, sette dei nostri anni migliori dove l’indie-rock era cool, si potevano ascoltare i Green Day senza essere considerati degli sfigati, ed eravamo totalmente sganciati dalle dinamiche dei social. Questo Best Of, oltre ad essere un bellissimo album dei ricordi con la firma di Luca Urbani, è anche un’indagine emotiva sui nostri ascolti dei primi anni Duemila, e i Love Shower Love sono il simbolo di una scena che faceva casino e si divertiva molto, che forse non c’è più. Da ascoltare indossando vecchie tute e camminando per casa immaginandosi la nostra vecchia cameretta, piena di poster e caos, una chitarra elettrica che poi forse abbiamo venduto e quel eravamo felici, ma non lo sapevamo ancora.
“La città radiosa” di Epoca22
E per non vivere solo nel passato, e di ricordi, non posso che soffermarmi qui, su questo disco indipendente che aspettavamo. Epoca22 è un progetto fuori dal tempo, che non si può collocare in questi ruggenti anni Venti, nè in un passato di spirito amarcord, è un mix unico di oscurità e punti luce, post-punk e suggestioni elettroniche, chitarre potenti e anche quella voglia di raccontare sentimenti sfacciati, senza mascherarsi. Esporsi, porsi come un mentore che dà lezioni sul rapporto tra Uomo, Natura e Città, in un mondo come quello rock, può sembrare fuori luogo e un po’ inquietante, cringe, come dicono i giovani, qui risulta la cosa più naturale del mondo. Per le macchinate notturne, per le serate di pioggia, per gli amici scettici che non si innamorano di un disco da un bel po’, e per noi, che non abbiamo molti amici e stiamo costruendo la nostra città radiosa.
Lo scorso 27 settembre è uscito per Bloos Records “See Ya Later, Gladiator!”, il primo album di Mary Lee and Caesar’s Cowboys. Dieci brani, di cui due originali, con i quali la band si affaccia sulla scena musicale internazionale, riportando alla luce un genere musicale davvero unico: il western swing d’oltreoceano. Pochissimi giorni dopo l’uscita del disco, la band è partita alla volta dell’Inghilterra per far conoscere questo particolarissimo genere al pubblico di Rhythm Riot, uno dei più importanti festival internazionali dedicati Rhythm & Blues e all’Early Rock ‘n’ Roll.
Abbiamo quindi chiesto ai membri della band di portarci con loro sui palchi inglesi e di farci rivivere i momenti più memorabili della loro esperienza oltremanica. Ecco cosa ci hanno raccontato:
“Pronti – via! Siamo stati catapultati sul palco senza fare alcuna prova del suono; dalla tranquillità del camerino all’arena con i leoni. Non ci si augura mai una situazione del genere ma quando capita bisogna essere pronti e lanciarsi senza preoccupazioni avendo come unico obiettivo quello di divertirsi e far divertire.”
“Il bello di questi festival è che, indipendentemente dalla musica che proponi, ci sarà sempre qualcuno pronto a scendere in pista e danzare con le tue canzoni, creando un’atmosfera ancor più coinvolgente nella sala.”
“Quanto ci siamo divertiti con il pubblico del Rhythm Riot! E’ sempre stimolante avere davanti persone che conoscono il repertorio e il loro apprezzamento è per noi una bellissima gratificazione.”
“Poco dopo il nostro show siamo risaliti sul palco, stavolta per fare un videoclip con uno dei nostri videomaker preferiti: Bopflix! A breve sarà disponibile anche sul suo canale YouTube, seguito da centinaia di migliaia di fan in tutto il mondo.”
“Si ritorna a casa dopo un’esperienza davvero positiva: da una parte siamo felici del riscontro del pubblico e della vendita dei dischi; dall’altra la nostra esibizione è stata notata da diversi esponenti del circuito internazionale, i quali hanno espresso il desiderio di farci partecipare ad altri splendidi festival. Grazie, Rhythm Riot!”
Abbiamo passato qualche giorno alla ricerca delle cose più interessanti che sono accadute nella scena indipendente, e non solo italiana. Lontano dalle rotazioni radiofoniche e dai circuiti mainstream, la musica ci offre ancora tantissimi punti e occasioni per fare una bellissima figura con gli amici nerd. Pronti?
Il nuovo inizio di EMIT
Abbiamo ascoltato EMIT, tra i nomi che rimbalzano numerosi in questo autunno che sembra particolarmente prolifico, come un piccolo faro di speranza: si può fare musica pop, si può parlare di amori e di amori che finiscono, si può usare una chitarra acustica e venature elettroniche, senza essere uguali a qualcun altro, ed è il caso di questo bacio che ci regala Emanuele Conte, in arte EMIT. Un respiro, una visione, il cominciare di nuovo davanti a un percorso ad ostacoli, tutti caduti malamente a terra, si può essere estremamente tristi e allo stesso tempo non suonare melodrammatici, si può essere innamorati, senza usare le parole da Festivalbar “sole, cuore, amore” a tutti i costi. EMIT è un nome interessante che si è svelato con questo singolo, un primo assaggio timido che speriamo sia solo l’inizio per qualcosa di più grande. Fatevi accogliere dalla sua Kissland.
Il primo full length di dada sutra
Un alieno che si aggira tra noi, di battiti, ansimi e sussurri, dada sutra è qualcosa che non avete mai sentito prima, che non potete paragonare a nessun altro. Il suo è un atteso mix che avevamo già osservato dai precedenti singoli: l’alternative rock degli anni Novanta che ritrovano anche vibes dei fumosi locali jazz, amori e dipendenze, poesie estinte e quella voglia, che rimane, permane anche ad ore dopo l’ascolto di questo disco, di spaccare tutto. Siamo felici di avere un ascolto lungo, un album intero, un mondo oscuro in cui affondare, e di questi tempi di banalità e brani tutti uguali, ne avevamo veramente bisogno.
“questo amore mortale” ha un titolo preso in prestito dal famoso murale berlinese del bacio tra i politici Honecker e Brežnev, e vuole essere un inno alla disobbedienza e alla ricerca di spazi di guarigione in un mondo infettato da oppressione, genocidi e distruzione ambientale. Parla della necessità di inventarci nuovi miti, nuove divinità che non siano complici di crimini o malate di indifferenza, riscrivere una storia che non sia solo la verità parziale scritta dalla cultura ufficiale e dalle classi dominanti, che sia una storia di speranza e rigenerazione.
Il musicista Vincenzo Adelini sta facendo un tour nei planetari di tutta Italia
E a proposito di cose che non hanno precedenti, non potevamo che parlarvi anche di Vincenzo Adelini, musicista e compositore che sta portando in giro per tutta Italia, ma solo in location spettacolari, i planetari, uno spettacolo dal titolo “Moonlight From“. Una rassegna senza precedenti in Italia per uno spettacolo dal vivo in oltre 11 strutture astronomiche da nord a sud del paese. Accolti da ambientazioni intime e profonde, assisteremo alla creazione di una colonna sonora estemporanea, che Adelini intreccerà con le proiezioni della volta celeste. Oltre al suo principale strumento a 6 corde utilizzerà in simultanea archetti per il violoncello, E-bow, Joystick per la Nintendo Wii, Slide di ferro, pedaliere e theremin, il tutto per realizzare uno spettacolo unico ed irripetibile.
Un’ottima scusa per uscire con quel ragazzo che non sapete mai a che concerti portare, per far uscire quell’amica che non ama i live in piedi, per chi ama le stelle, sognare, il buio, ma anche chiudere gli occhi e lasciarsi andare.
La magia di Indieponente
E da poco abbiamo assistito a una magia che ci sentiamo di segnalarvi, tra le cose che sono successe ultimamente. Un piccolo festival alla sua prima edizione, completamente indipendente. Avete presente quando da ragazzini tutti noi abbiamo sognato di organizzare il nostro festival, di chiamare a suonare la nostra band del cuore, e di fare una grande festa. Due ragazzi qualsiasi lo hanno fatto davvero. Un festival di musica (ma anche un mondo di degustazioni, street food e street market…) che si è posto l’obiettivo di portare i grandi artisti della musica indipendente italiana nell’estremo ponente ligure. La prima edizione della kermesse, oltre a band arrivate da tutta Italia, ha avuto come artista di punta lo storico gruppo dei MEGANOIDI.
Due dischi internazionali che vi consigliamo davvero di non perdervi
E per non rimanere solo in Italia, abbiamo deciso di scavare tra le nuove uscite, anche internazionali, e non potevamo che cadere in due dei dischi più interessanti pubblicati dopo l’estate. Albin Lee Meldau ci avvicina al suo dolore nel suo ultimo album “Discomforts“, ad una malinconia estrema condita di pop-folk che è lo specchio di un periodo buio, quello della riabilitazione. Albin si mette a nudo e regala ai suoi ascoltatori racconti del suo vissuto, errori commessi e lezioni apprese. Queste canzoni sono capitoli di ciò che è stata la sua vita fino ad oggi, raccontando dei suoi anni più selvaggi e travagliati e riflettendo su quanto sia fortunato ad essere ancora vivo.
E se avete bisogno di una di quelle serate solitarie, un bicchiere di vino e un piano martellante, forse dovreste affidarvi anche a Leif Vollebekk. Un artista degli artisti, tra suoi ammiratori ci sono diversi colleghi, Vollebekk – che in “Revelation” ha autoprodotto e suonato pianoforte, chitarra, basso, organo B3, armonica, fisarmonica e sintetizzatore Moog – ha riunito un cast di supporto impressionante che testimonia il calibro del suo talento musicale e l’atmosfera delle registrazioni. Tra questi, il leggendario batterista Jim Keltner, la nota chitarrista Cindy Cashdollar (Bob Dylan, Van Morrison e Rod Stewart) e il venerato bassista Shahzad Ismaily. Tra i suoi collaboratori per l’album ci sono anche artisti come Angie McMahon e Anaïs Mitchell nei cori.
Un mondo che si può ballare, anche se è molto triste, una libertà che si rompe di pianto, una vita intera che sembra una rivelazione che non possiamo raccontare a nessuno. Un disco da consumare.
PIACE PURE A ME, pubblicato venerdì 20 settembre 2024, è il nuovo singolo degli STORNAVANTI, band capitolina nata e consolidata nell’universo rock, crossover, punk e trap. Questo singolo rappresenta un nuovo passo per il progetto che li vede scrivere insieme a nudda, un singolo che deride tutti i limiti imposti dalla società che viviamo che ci rende come costanti antagonisti, quando siamo fatti della stessa materia, e soprattutto ci ritroviamo tutti negli estesi e difficoltosi strati della mente a cercare di “sopravvivere” a ciò che ci succede giorno per giorno.
Noi per conoscerli meglio, ci siamo fatti invitare nel loro studio, ed ecco cosa ci hanno mostrato.
Piante grasse, l’unica cosa che in qualche modo “collezioniamo”. Possono essere strane, bislacche, ma sono anche precise e pungenti.
Questa è la nostra spada , ci ricorda chi siamo stati nella vita passata, sulla lama è inciso “amor vincit omnia” perché nessuno dovrà mai usarla. L’amore vince su tutto, l’antitesi di una frase del genere sulla lama di una spada ci ricorda la stretta unione tra il bene e il male, e il confine tra di essi, solo la volontà dell’uomo ne determina la scelta.
Le clessidre ci hanno sempre affascinato. Non c’è una ragione in particolare. Ci piacciono, ce ne sono di mille tipi, ci piace guardarle, ci rilassa.
Laccetti ferma cavi, li troviano ovunque in studio, li compriamo di continuo, perché negli aspetti tecnici legati al suono e alla musica, desideriamo essere il più ordinati possibile, da ossessivi compulsivi quali siamo, vorremmo sempre portare ordine negli aspetti della nostra vita, per placare le ansie. La musica, la fonia, sono gli unici ambiti in cui riusciamo a farlo con leggerezza d’animo. E poi i cavi portano rumore, e l’idea di qualcosa che porta ordine nel caos ci piace, ci fa pensare alla produzione
Tra i tanti illuminati della storia di sicuro quello più affascinante, la posatezza del buddah ci riporta al qui e ora
Disponibile su tutte le piattaforme digitali da venerdì 20 settembre 2024 il nuovo singolo del progetto Dellamore, un’esplosione di energia e sentimento. Un brano che racconta di una connessione potente e indomabile, dove due anime ribelli affrontano insieme le difficoltà della vita. Non solo musica, ma un vero manifesto di forza. Benvenuti nel brano che pone metaforicamente fine all’estate, dedicato agli ultimi romantici che non perdono mai la voglia di ricominciare.
Noi ci siamo fatti invitare a casa sua, ed ecco che cosa ci ha mostrato!
Dite ciao a questo tenero kodama! Lo spirito della foresta spesso presente nel fantastico film dello studio Ghibli, La Principessa Mononoke. Sono un grande appassionato di anime e questo film è stato il primo film animato che ho visto quando ero bambino. Subito me ne innamorai rivedendolo ancora e ancora. In breve, il film tratta della dura relazione tra l’uomo e la natura, e di come. Spesso, l’essere umano voglia farci la guerra invece che rispettarla e onorarla. Ps: ho anche un tatuaggio del kodama.
Eccolo qui, il mio compagno di registrazioni: lo Shure KSM27, microfono a condensatore che utilizzo da più di un decennio per registrare le mie bozze ed i miei provini. Da Palermo, l’ho portato con me a Barcellona. Sebbene sia già anzianotto, per il lavoro che deve svolgere, è più che adatto ancora. Tanto poi riregistro tutto quanto a Milano, in uno studio più attrezzato di camera mia. E ci credo, dirai.
Sulla parete della mia stanza troviamo il mio primo disco ufficiale, Sintomi. Quanti ricordi. Quando ancora non c’era Spotify, andai a stampare e a masterizzare questi dischi, per poi venderli in piazza Politeama (piazza centrale di Palermo dove ci riunivamo tutti i weekend per fare freestyle). Questo disco, uscito nel 2008, vanta le collaborazioni di Johnny Marsiglia, Davide Shorty ed EmisKilla!
Chalcosoma caucasus, per altri scarabeo, per altri ‘’AAAAH, che schifo!’’. Ma non per me. Sin da piccolo ho sempre amato gli insetti. Mi affascinavano e li volevo sempre prendere per il gusto di ammirarli e poi lasciarli ovviamente liberi per la loro strada. Nel mio ultimo recente viaggio intercontinentale, in Thailandia, ho comprato questa bacheca con questo bellissimo esemplare imbalsamato. Poverino, lo so, ma era già così.
Per ultimo, nella mia stanza sempre più in stile giapponese ormai, troviamo una illustrazione fatta da una mia amica tatuatrice, fan anche lei della cultura giapponese e degli anime. Vi presento la (donna dalla bocca spaccata). E`una delle leggende più belle della cultura horror giapponese. “Sono ancora bella?” questa è la domanda con cui avvicina i ragazzi, si narra. Se rispondi “no”, tira fuori un paio di forbici e ti va volare la testa. Se rispondi “sì”, invece, lei mostrerà il suo viso completamente sfigurato da un’enorme ed orribile bocca urlando: “E ora, sono ancora bella?”; a questo punto, bisogna ammetterlo, anche la persona più impassibile al mondo avrà una reazione e, dunque, spunteranno di nuovo le forbici.
Continuo ormai a essere sempre più convinto che la forma “EP” sia sempre meglio di un album, perchè è un concetrato, è il tempo di una passeggiata, il tempo di una macchinata, di andare in spiaggia. Venti minuti per un pugno in faccia, per stare male, per entrare in un mood. Un album, e mi vergogno quasi a scriverlo, non riesco quasi a mai a finirlo, mi stufo, devo essere pronto, devo avere il tempo, è come vedere un film di quattro ore, e non si può guardare “Via col vento” tutti i giorni. Gli EP sono come una serie TV, come guardarsi un episodio durante una pausa pranzo estiva in ufficio, qualcosa da vivere bene, a cui aggrapparsi, che non ti sovrasta. E qui ve ne è selezionati tre, tra i più nuovi che sono arrivati in redazione ultimamente, e che ci hanno conquistato.
“Crescere Perdersi” de Il Generatore Di Tensione
Questi due vi faranno innamorare. Vi faranno entrare in una bellissima atmosfera à la “Chiamami con il tuo nome“, in quest’estate italiana assolata e malinconica. “Farci male“, la traccia che dà inizio a tutto questo, è proprio questo, potrebbe essere una colonna sonora alternativa di quel film, due che si amano, ma non più, ma ancora tanto, con quell’ossessione che accompagna i momenti della fine. E le voci di questi due, questi due che vi conquisteranno alla prima traccia, che si chiamano Il Generatore Di Tensione, si intrecciano meravigliosamente, e ci sono echi di De Andrè, che cantava senza cercare ossessivamente la melodia, ma chiacchierava, come a raccontare qualcosa al proprio migliore amico, ma scivolano facilmente in ritornelli che vi troverete a canticchiare in macchina, allontanandoci dall’iper produzione, riducendo tutto all’osso, a sentire una chitarra acustica che basta, basta e basta.
Andare via di casa, sentirsi lontani anni luce, nostra madre che ci sembra diversa, una storia di cui non ci libereremo mai, una serie infinita di meraviglia, di house concert, di Milano che ci sta troppo stretta, e il cuore a Bologna.
“Annuario” di AL!S
E dalla chitarra acustica, passiamo a un piano invadente e sincero, aggressivo: a parlarci di amore che non amore e di ansia sociale. AL!S ci racconta la sua vita, ballando un valzer malato come quello di “Scarpette Rosse“, quello a cui non possiamo sfuggire. La storia di Alice è quella di molte altre ragazze, in questo mondo di uomini che non sanno amare, che sono distanti e invisibili, e che ci tengono in attesa, su cui possiamo solo ironizzare, per non stare troppo male. Ci piace il modo bellissimo in cui si può parlare di tutto qui, un disco come un diario, senza paura di tirare frecciatine, di parlare di fegato consumato, di alcol e fughe notturne, come se i nostri genitori non potessero mai ascoltarci.
Da uomo, mi ritrovo qui dentro, mi rendo conto di come sia difficile amare qualcuno, perchè dall’altra parte c’è una forza come Alice, che ti sbatte in faccia in un disco qualsiasi cosa, tutti i suoi pensieri di cristallo, e poi ci siamo noi, che non sappiamo ascoltare, nè formulare, nè concepire, tutta questa vita. Il pop indipendente non è mai stato così trascinante, triste, vero, incredibile.
“I Fiori Del Male” di Kimera
E a proposito di pianoforte, mi piace molto quello di Kimera, che di relazioni fredde che si interrompono se ne intende, di piacere carnale che traduce in sintomi e vortici di pensieri. Kimera e AL!S li vedrei bene a cantare insieme, che hanno quell’anima tormentata comune, concentrata, che si esaurisce in poche tracce, perchè delle cose vere non si può contare troppo a lungo, come quei romanzi che poi non si leggono mai fino alla fine, perchè ormai hanno detto tutto quello che dovevano dire. Così fa Kimera, in questo piccolo disco struggente, oscuro, di cantautorato e venature elettroniche, e allo stesso tempo incredibilmente estivo, che riempirebbe bene i club dei litorali, quelli frequentati dai locali e non dai turisti, che servono drink nei bicchieri di plastica, di quell’Italia provinciale, affascinante. Un romanzo di Cassola nel 2024.
Di amori che non fanno più ridere, tunnel elettronici e ipnotici che non vi lasceranno andare facilmente. Che meraviglia.
I May Gray, con il loro nuovo album “Fragili”, offrono un’esplorazione della condizione umana attraverso la lente della fragilità. Il gruppo, conosciuto per il loro rock energico e melodico, continua a evolversi senza perdere di vista le radici che li hanno resi popolari. Il titolo stesso, “Fragili”, suggerisce un cambiamento di prospettiva: non più la fragilità come debolezza, ma come una qualità da abbracciare e comprendere.
L’album si apre con “Fragili (Intro)”, un brano strumentale che stabilisce immediatamente il tono del disco. L’atmosfera creata è intensa, quasi cinematografica, e prepara l’ascoltatore a un’esperienza ricca di emozioni e riflessioni. Segue “Respirare”, un pezzo che combina riff potenti e testi profondi, riflettendo sulla necessità di trovare spazio per respirare, sia fisicamente che emotivamente.
“(Ho Rotto Le) Catene” è un brano che incarna perfettamente il messaggio del disco. Qui, la band trasforma la frustrazione e la rabbia generate dalla pandemia in un’opportunità di rinascita. Il testo parla di liberazione dalle costrizioni, un tema universale che risuona particolarmente forte in questo periodo storico. La musica è altrettanto potente, con chitarre distorte e una batteria incalzante che spingono il brano in avanti.
“Insieme ancora” e “Qui, Resta Qui” continuano l’esplorazione della fragilità umana, ma con un tono più introspettivo. “Insieme ancora” è una riflessione sulla forza che si trova nella connessione con gli altri, mentre “Qui, Resta Qui” esplora la ricerca di stabilità in un mondo in costante cambiamento. Questi brani mostrano la capacità dei May Gray di bilanciare potenza e delicatezza, creando un sound unico che è allo stesso tempo energico e riflessivo.
“Chiedimi” e “Adesso o Mai Più” chiudono l’album, offrendo una nota di speranza. “Chiedimi” invita l’ascoltatore a confrontarsi con le proprie vulnerabilità, mentre “Adesso o Mai Più” è un inno alla resilienza e alla determinazione. Concludendo l’album su una nota positiva, i May Gray dimostrano che la fragilità non è qualcosa da temere, ma una parte essenziale della nostra umanità.
In definitiva, “Fragili” è un album che mette in evidenza la crescita artistica dei May Gray. La band riesce a combinare rock potente con liriche che esplorano temi profondi e universali. Ogni brano è un tassello di un mosaico più grande, che invita l’ascoltatore a riflettere sulla propria fragilità e a vedere la forza che può derivare da essa.