Un disco ricco, intenso, lungo come si faceva una volta, ma anche originale: “Is not here” è il primo lavoro da solista di Myle, pubblicato di recente e in grado di catturare l’attenzione grazie a 14 brani composti ed eseguiti con cura.
Con la collaborazione di grandi nomi come Colin Edwin, Nicola Manzan, Thøger Lund, per un lavoro che il musicista emiliano definisce “personale e corale”. Ed è una considerazione realista: il feeling che traspare è sempre quello “da band”, ma le storie raccontate e la personalità sono indubbiamente individuali, come si conviene a un disco da songwriter.
L’impronta del cantautorato americano, più ancora che semplicemente anglosassone, si esprime spesso in brani ora elettrici ora più acustici, ora molto fluttuanti e aerei, ora decisamente ancorati a terra da sonorità vibranti e anche ronzanti. Succede anche che ci siano brani che presentano entrambe le facce, come una multicolore “Forget Berlin”, che apre il disco.
C’è anche la voce di una soprano, a un certo punto di “Wintersend”, una delle canzoni più significative di “Is not here”. Diciamo questo non per sottolineare l’attitudine vintage, quanto la propensione a utilizzare qualunque mezzo pur di ottenere l’effetto desiderato. Anche una voce lirica, in fondo non tanto illogica se si pensa che Myle arriva pur sempre dalla terra di Giuseppe Verdi.
C’è l’attitudine al viaggio, mentale o effettivo, che contraddistingue alcune delle tracce. Così come l’esplorazione di argomenti del tutto umani, come la dipendenza sessuale e affettiva (“Honeymoon”), la guerra (“The Game”), il dualismo e le tematiche trans (“Revolution”), la ricerca dell’assoluto (la stessa “Wintersend”), oltre ad altri brani che pescano direttamente dal vissuto dell’artista, anche dai momenti più dolorosi.
In conclusione, un disco davvero molto significativo, sicuramente alieno dalle mode ma profondo e intenso, che merita senza dubbio ascolti approfonditi e ripetuti per essere apprezzato al meglio.
Avvertimenti, amore e fiori: MIMOSE è il nuovo singolo firmato da CIANO, per un percorso che sicuramente sarà molto colorato e porterà al nuovo album del cantautore pugliese. CIANO è un colore tra il blu e il verde, uno dei tre primari nella composizione sottrattiva dei colori, anche pseudonimo di Luciano Rivizzigno. MIMOSE è il suo nuovo singolo: un racconto in musica di un’esperienza sentimentale inebriante, con trasporto emotivo perfino eccessivo, come capita a volte di cogliere quei fiori tanto meravigliosi quanto potenzialmente velenosi. La canzone ha l’intento di raccontare la disincantata e spietata realtà, un susseguirsi di immagini colorate di un amore appassionante, veemente, energico, dolce ma non sdolcinato.
Questo brano inaugura una serie di canzoni che saranno pubblicate singolarmente e che andranno a comporre l’omonimo album, con sonorità che scavano a piene mani nel grande panorama del cantautorato anni Ottanta, raccontato da metafore ironiche e incredibilmente dirette. Un nuovo percorso artistico per CIANO, che ne scrive i testi, ne cura le voci, i cori e il basso.
Noi come sempre gli abbiamo chiesto quali sono le sue cinque cose preferite.
La campagna
Adoro la campagna e non riuscirei a vivere senza. Non esiste al mondo nulla che mi ispiri di più della terra, gli ulivi e alberi di agrumi, mi ricordano la mia infanzia, ma mi rammenta anche dove mi piacerebbe trascorrere la mia vecchiaia.
I dischi in Vinile
Mi piace collezionare dischi in vinile. Il poter toccare con mano agli album che hanno fatto la storia della musica poter ascoltare il suono caldo della puntina che striscia, un esperienza impagabile che mi arricchisce ogni volta. Beatles, the Smiths, Radiohead, Battiato, Battisti, sono solo alcuni artisti che conservo gelosamente sulla mia libreria.
Viaggiare
Nei miei viaggi c’è sempre posto per una “chitarrina” in valigia, non che passi le mie vacanze a suonare da solo sulla spiaggia, anzi tutt’altro, ma dopo ogni viaggio le canzoni risuonano sempre in un modo diverso, nuovo più maturo. I posti di mare cono quelli che preferisco, Grecia, Spagna, Italia, niente resort extra lusso o villaggi, prediligo vacanze on the road, quanto più veraci e vere possibile.
Fare il Pane
Nella mia famiglia siamo tutti panificatori, da tre generazioni ci tramandiamo l’arte bianca e dopo la musica la mia più grande passione è proprio l’arte della panificazione. Sono cresciuto con le mani in pasta, non so come sia la vita senza fare il pane è una costante che mi accompagna da sempre, semplicità che contraddistingue questo mondo è diventato per me un vero e proprio stile di vita.
Scrivere canzoni
Scrivere canzoni è la cosa in cui più mi sento a mio agio che mi viene più facile e naturale. E’ un bisogno irrefrenabile è il mio più grande vizio e la mia più grande e disperata passione.
Il gruppo piemontese Madyon ha recentemente pubblicato il nuovo disco “Madyon: Live 3022”. Un concentrato di musica dal vivo che ripercorre la loro carriera e ci prepara a quello che sarà il loro futuro. Noi abbiamo chiesto al frontaman Cristian Barra quali sono le sue 5 cose preferite.
VanillaSky
Si tratta del remake americano del film “Abrelosojos” di Alejandro Amenábar, ma ammetto di averlo scoperto dopo averlo guardato.Ricordo ancora quando nel 2001 mi sedetti al cinema molto titubante, senza grosse aspettative, dopo aver visto un trailer che faceva pensare a tutt’altro genere di film, molto più “normale”. Senza spoilerare niente a chi non l’avesse mai visto, da metà proiezione in avanti ci si trova nel mezzo di un viaggio mentale sconcertante, contornato da una fotografia curatissima e una colonna sonora che passa dai Radiohead ai SigurRòs. Lo riguardo ogni 2/3 anni circa e da vent’anni, ogni volta, il finale mi lascia sempre la stessa sensazione.Sicuramente ciò per la prima volta che mi ha fatto approcciare al genere fantascientifico/cervellotico da cui deriva il mondo che fa da contorno alla nostra musica, e in ultimo l’ambientazione di “MADYON :: LIVE 3022”. Spesso inoltre mi guardo anche attorno per verificare la presenza del mio personale “Supporto Tecnologico”. Questa era per chi l’ha visto.
Scoprire musica e band che non conosce nessuno
Grazie ai correlati sulle piattaforme di streaming, oggi non è così difficile. Basta essere ben disposti e propensi ad accettare il nuovo senza essere condizionati dai numeri. Ascolto band che fanno numeri piccoli, come quelli dei Madyon, e alcune loro canzoni a casa mia o nella mia macchina sono delle vere e proprie hit. Ne volete una prova? Provate ad ascoltare“Oh The Silence”degliOctober Drift, piuttostoche“Hostages”deiThe Howl And The Hum. Ah, e se vi piacciono le loro canzoni, scriveteglielo sui social, non essendo superstar internazionali vi risponderanno, esattamente come facciamo noi.
Trasformare un’idea ambiziosa in totale realtà.
Di mezzo ci sono i sacrifici, il tempo rubato agli affetti, le frustrazioni e la stanchezza… ma quando vedi concretizzata l’idea che mesi prima era soltanto un pensiero, è una delle cose più soddisfacenti della vita. Il 100% però lo si raggiunge soltanto se ciò che si è creato è esattamente corrispondente a ciò che si era immaginato, in tutti i suoi microscopici dettagli. Nel caso dei Madyon non parlo soltanto di suoni e musica ma anche del concept, dell’immagine, degli abiti, insomma di tutto il mondo che avevo in testa.
Non sono molto bravo a delegare, anche perché in passato ho avuto brutte esperienze in merito alla qualità dei risultati ottenuti. E così ogni singolo prodotto di concetto, di grafica, audio e video legato alla band, passa fisicamente dalle mie mani. Tante volte è snervante, soprattutto perché la stanchezza in certi momenti ti fa pensare “Chi me l’ha fatto fare?”oppure “Chissà cosa stanno facendo gli altri mentre io sono qua a sgobbare per tutti”. Ma la verità è che non lo sto facendo per nessun altro se non per me stesso. Lo sto facendo per ottenere quella sensazione impagabile che si ha quando si guarda ciò che si è realizzato con le proprie mani e ci si accorge che si tratta di un risultato al livello delle referenze che si avevamo in partenza. Quella sensazione che ti permette di guardarti allo specchio pensando “ok, non sono un mediocre”.E credetemi: saper suonare uno strumento o cantare nel caso di progetti di questo tipo rappresenta una percentuale bassissima. Forse nemmeno il 10% del totale. Quelle sono competenze che bisogna dare per scontate, come saper cucinare se si vuole aprire un ristorante. Di musicisti e di musica ne è pieno il mondo, credo addirittura che la posizione di ogni musicista sul nostro palco potrebbe essere sostituita da chiunque altro, compresa la mia. Questo perché a far la differenza è tutto il resto di ciò che sta attorno al nome MADYON.
La Formula 1
Vado letteralmente in tachicardia per la Formula 1. Perché? Perché non è il calcio dove ci sono migliaia di squadre e milioni di posti disponibili. In Formula 1 ci sono 10 team e 20 piloti. 20 posti disponibili, non uno di più. Persone con le capacità e l’attitudine di un pilota di caccia, chi più chi meno.
Per anni chiamata la Dormula 1, in questi anni è finalmente rinata grazie a regole e macchine che hanno livellato il gap tra i team e ad una bellissima serie Netflix cheha riportato le attenzioni del mondo sui retroscena dello sport ingegneristico per eccellenza. Uno sport meritocratico. Se vinci il mondiale di Formula 1 non è per merito di un rigore dato. Vinci perché tu e il tuo team siete stati i più bravi a livello analitico. Ah, dimenticavo… tranne l’anno scorso dove all’ultima gara il mio ragazzo è stato derubato del suo ottavo titolo mondiale.Ma non svegliamo il tifoso che è in me. Lo faccio per voi.
Uscire o viaggiare da solo
Amo uscire la sera o fare un viaggio da solo. Trovo che si aprano livelli di analisi interiore molto più profondi, cosa che non sempre può avvenire in gruppo, dove alla fine c’è il bisogno di ricoprire il proprio ruolo. Questo non significa che il viaggio o la serata debbano essere passati in totale silenzio o solitudine, anzi. Si passa dal chiacchierare col proprietario di un pub alle storie di un signore che si trova in viaggio di lavoro in quella zona. Alcune dinamiche sociali non potrebbero scaturire in gruppo poiché lo stesso è spesso un circolo chiuso, non predisposto alla socializzazione.
Da pochissimo è uscito “Garçon Raté”, il disco di debutto del progetto Ali + The Stolen Boy. Un viaggio personale attraverso la visione di Alix, cantautorə e artista cresciutə tra l’Italia e la Francia.
Alix si trasferisce a Parigi in giovane età, e studia letteratura, arti visive, recitazione e danza. Vive a Montmartre in un minuscolo appartamento, alternando mille lavori, mentre esplora lo stretto legame tra musica e performance. Parigi non è una semplice casa: diventa un luogo dove si intrecciano ricerche artistiche, personali e politiche. È da questa intersezione che nascono la sua scrittura e la sua musica. La voce di Elza Soares e Cesaria Evora, il suono di Mayra Andrade e Dino D’Santiago, e il mix musicale di Lisbona lə porteranno poi nella capitale portoghese, dove la sua scrittura si impregna degli incontri fatti con artistə, collettivi queer e attivistə. Tra Lisbona e Londra, scrive canzoni in portoghese, italiano e inglese, canta nei bar e collabora con altrə artistiə.
Noi come sempre ne abbiamo approfittato per fare un salto a casa sua, ed ecco cosa ci ha mostrato.
Questa è la mia icona profana, che mi porto nelle varie case in cui vivo. È un ritratto fatto da Peter Hujar, fotografo New Yorkese morto negli anni ’80 di AIDS. Omosessuale, persona con HIV, artista che ha ritratto le comunità trans, queer marginalizzate di New York degli anni ‘70 e ‘80. È stata una delle voci più importanti di artisti e di movimenti che si sono autoprodotti ai margini delle istituzioni, almeno in quelli anni. Insieme a personalità come Divine, Susan Sontag, William Burroughs, David Wojnarowicz e Robert Mapplethorpe, hanno inventato un’estetica che è importantissima per me. Ho preso questa riproduzione in una mostra a Londra quando vivevo lì qualche anno fa. Le fotografie di Peter Hujar hanno un lato bohémien, celebrano la bellezza di chi sta ai margini, sono sfacciate, ironiche, e mai accomodanti. È una poetica che avvicina molto Parigi a New York.
Ce l’ho sempre vicino alla mia tastiera. Mi ricorda il mio percorso, da autodidatta. Quando compongo nuovi pezzi o suono, è un’estetica che continua a ispirarmi. È un modo per ricordarmi da dove ho imparato a fare musica, a dare un senso a quello che faccio. Le persone che mi hanno insegnato l’arte sono questə artistə
Questo unicorno fosforescente è legato all’ultima data dell’ultima tournée nel 2019, con un colletivo di performing arts che ho co-fondato a Parigi. Ci siamo regalati questi unicorni fosforescenti prima di scioglere il collettivo. Lo sposto sempre in casa mia, quasi inconsciamente, dalla tastiera, al bagno, in cucina, me lo ritrovo accanto al letto. È una sorta di animale guida che mi accompagna e che è profondamente legato alle persone con le quali ho condiviso anni di ricerca artistica. E poi è troppo carino, no? Brilla un sacco la sera.
Questa è la cornetta con cavo jack che utilizzo nelle call di lavoro. Odio le earbuds, mi mettono ansia e mi ricordano gli uomini che lavorano nella finanza. Una parte del mio lavoro è la direzione artistica, e con il COVID le call su Zoom si sono moltiplicate, quando parliamo di un videoclip, o parlo con la produzione, o delle residenze di lavoro in studio, o di budget di promozione… io parlo nella mia cornetta leopardata comprata anni fa a Londra. Quando si tratta di business, mi sento più Britney Spears che Steve Jobs.
Monk! La mia relazione segreta. Questo disco di Thelonious Monk è il disco che forse ho ascoltato di più, dall’adolescenza in poi, nei momenti di insonnia, di paura. È un disco che ascolto in assoluta solitudine, e ho bisogno di avere la copia fisica del cd, come un libro. Monk era un personaggio misterioso, un musicista geniale, parlava pochissimo, lasciava suonare la sua musica, la sua improvvisazione. Anche quando sembra che stia facendo le cose totalmente a caso, c’è una scrittura fortissima dietro. Quanto la sua musica e il suo personaggio fossero improvvisate o studiate a tavolino, quanto ci fosse di ironico o di serio, non lo sapremo mai. E questa cosa mi intriga, crea dipendenza. La mia relazione con Monk è molto irrazionale, il mio cervello funziona in maniera quasi jazzistica, ha il ritmo, l’armonia e la dinamica delle sue composizioni. Se il mio modo di pensare e di sentire istintivamente le cose che vivo fosse musica, sarebbe quella di Thelonious Monk.
La mia Kitty… è una maschera a LED che abbiamo usato nel video di Garçon Raté, uscito a maggio, è un elemento che mi porto dal set. Mi diverte un sacco girare i video dei miei pezzi. Il video di Garçon Raté l’abbiamo girato a Parigi, e c’erano diverse amiche e amici. In alcuni momenti mi sembrava di essere in una delle nostre solite feste a casa di unə di noi, o a un ballo in maschera… stare insieme e divertirsi è molto importante per me. È in queste serate che ho imparato a sperimentare sul mio corpo, a giocare con la mia identità di genere. Nel video di Garçon Raté c’è un po’ questo gioco nello stare insieme. E se in questo momento mi chiedessero in che genere mi identifico, direi LED Kitty.
Lavinia Macheda, classe 2002, è una cantautrice di Reggio Calabria, impiantata a Milano dove studia Economia e gestione aziendale presso l’università Cattolica. “Baci Chardonnay” è il brano chiave che apre il suo nuovo percorso da cantautrice, e ne svela il lato più intimo raccontando di quanto sia importante e necessario a volte mettere nero su bianco quello che la vita ci mette di fronte.
Il videoclip prodotto da Antonio Condello, ha come cornice una Milano notturna, non quella della movida, ma quella delle strade vuote di notte, dei tram romantici e malinconici allo stesso tempo, quelli antichi e storici. Lavinia percorre le strade vuote con la linea del tram n1, in una delle sue notti in bianco proprio come canta il testo della sua canzone, la notte che aiuta a pensare, a fare il punto della situazione, e abbandonarsi alla malinconia.
Abbiamo chiesto a Lavinia di rispondere alle nostre domande:
Ciao Lavinia parlaci un po’ del tuo progetto musicale
Ciao! Mi è sempre piaciuto cantare, a seguito di varie esperienze mi sono trovata ad essere piena di emozioni e a non sapere come sfogarle, quindi ho iniziato a dedicami alla scrittura dei singoli, assieme ad Antonio Condello. Nei testi metto me stessa, le mie emozioni, per cercare di lasciare andare i ricordi ma non solo, anche per cercare di tendere una mano a coloro che, come me, si sono trovati in difficoltà.
Baci chardonnay è il tuo nuovo singolo ci racconti come è nato e di cosa parla?
Baci Chardonnay è nato alla fine dell’estate del 2021. Pioveva e mi trovavo nella mia casa al mare e a seguito dell’ennesima discussione e delusione, avevo deciso di uscire per prendere un po’ d’aria fresca andando in spiaggia. Mi sono seduta in riva al mare e la mia mano ha cominciato a scrivere molti pensieri, domande che mi frullavano in testa. Il singolo parla di come sono riuscita a metabolizzare le mie emozioni con un viaggio a Parigi che fa da cornice ad una storia d’amore giunta al termine.
Quali sono le tue influenze musicali più importanti?
Fin da piccola, i miei genitori hanno cercato di trasmettermi l’amore per la musica, con mio papà che suonava la chitarra e la mia mamma che lo accompagnava con la voce. Direi che sono stati loro che mi hanno aiutata e conoscere importanti artisti del passato, ma al tempo stesso c’è la necessità di stare al passo con i tempi, infatti la musica pop americana penso che abbia avuto molta più influenza su di me. Mi piace molto anche la nuova scena italiana indie.
Cosa ne pensi dell’attuale scena musicale? Con quali artisti ti piacerebbe collaborare
Viaggiando con la fantasia, mi piacerebbe collaborare con tha Supreme, Mara Sattei, Fedez e molti altri.
Progetti per il prossimo futuro?
In pentola bolle già qualcosa. Ho un po’ di testi pronti, la mia intenzione infatti, non è quella di fermarmi al secondo singolo.
Esce venerdì 3 giugno 2022 “LA VIA DI UN PELLEGRINO“, il secondo album solista di Tobja, moniker di Tobia Poltronieri dei C+C=Maxigross, che segue il precedente “Casa Finalmente” del 2018. Il disco, fuori per l’etichetta indipendente TEGA e già stato anticipato dal singolo “Nuova Stagione”, è un cammino tortuoso tra luce e oscurità, dove attitudine dub, reminiscenze hip hop e atmosfere ambient incontrano la canzone contemporanea. Un nuovo inizio.
Siamo stati a casa sua, ed ecco com’è andata!
Mio padre mi ha donato per questo nuovo inizio una corteccia da lui incisa, per avere con me un po’ di Prealpi Lessine. La tengo sul comodino della stanza da letto;
Per purificare gli ambienti non uso spesso la salvia bianca per la sua intensità, ma solo sapere di averla attorno mi provoca una sensazione di tranquillità;
In rappresentanza della selezione di libri che mi sono spedito da Verona scelgo questa raccolta di saggi di Daumal che ho cercato per anni (I poteri della parola, René Daumal, 1968). Le parole di René hanno su di me il potere di un bicchiere di acqua gelida in una torrida giornata di luglio;
Non ho portato con me molta strumentazione, che è rimasta quasi interamente nello Studio Tega. Qui ho giusto l’essenziale per sperimentare, ultimare lavori già cominciati tempo fa e comporne di nuovi. Il campionatore è uno degli ultimi strumenti a cui mi sono approcciato;
La mia Martin D-18 l’anno prossimo compie cinquant’anni. Il suono di quel legno, il modo in cui risuona quando tocco le sue corde mi è familiare come la voce di un parente. Mi accompagna da ormai dodici anni e per anni l’ho suonata per ore ogni giorno.
Fuori dal 10 giugno “A Luci Spente”, il tanto atteso disco dei Profusione. L’album era stato anticipato dall’uscita del singolo “Un buon motivo” che nel giro di pochissimo tempo ha conquistato l’attenzione di fan e addetti ai lavori. “A Luci Spente” è un album che, in dieci canzoni, racchiude tutto il mondo dei Profusione. Rock ed Energia sono le parole d’ordine di questo lavoro che con la sua carica riesce a travolgere e coinvolgere il pubblico. I fan si ritroveranno tra le mani un disco in cui non manca davvero nulla. Abbiamo dei brani tirati che puntano a un impatto immediato, come “Ho imparato a ridere” e altri che salgono in modo graduale. Si presentano come brani intimi avvolgendo l’ascoltatore con atmosfere rarefatte e psichedeliche per poi esplodere in improvvise calvacate elettriche.
In “A Luci Spente” sono presenti due piccole perle, che non vi sveleremo. Si tratta di due brani che si muovono su una base di chitarra acustica e che contribuiscono a delineare con maggiore precisione tutto lo spettro sonoro che i Profusione intendono abbracciare. Le sonorità sono quelle che rappresentano il marchio di fabbrica della band. Suoni distorti e atmosfere cupe, con arrangiamenti essenziali che spingono i brani verso chi ascolta, nella ricerca continua di una comunicazione il più immediata possibile.
“A Luci Spente” è un album da ascoltare tutto d’un fiato. I Profusione attraverso queste dieci canzoni riescono a trasmettere tutta l’energia che ritroviamo ai loro live. Un album rock che saprà conquistare un ampio pubblico. Il nuovo disco dei Profusione è disponibile anche in versione pen-drive con dei contenuti inediti. Le pen-drive saranno disponibile ai concerti della band e acquistabili tramite messaggio privati sui canali social dei Profusione.
Noi, come sempre, ne abbiamo approfittato e gli abbiamo chiesto quali sono le loro cinque cose preferite.
1-IL SILENZIO:
perché è da li che parte tutto il nostro lavoro. Una fase di stasi che viene riempita da note e parole, dal rumore di una penna che scorre su un foglio bianco. Il silenzio che lascia spazio al rumore in una crescita continua fino al riempimento totale di ogni spazio. Fino alla discesa, al processo creativo che si compie e fa ritornare tutto al silenzio iniziale.
2-IL DIVANO A CASA DI REY
Un divano, una chitarra, un basso e un registratore: il posto dove tra una birra, un caffe e un po’ di chiacchiere tutte le idee prendono forma. Il posto che ci fa capire che strada prenderà il nostro nuovo percorso.
3- il 4 DELLE BACCHETTE DI CLAUDIO:
il momento in cui la band comincia ad impossessarsi del brano, lo veste e investe col ritmo che sarà il cuore pulsante della nuova composizione. I volumi si alzano e l’intensità cresce mano a mano che le idee diventano più chiare e nitide. Il 4 è il segnale di partenza, a cui tutti ubbidiscono.
4-IL PRIMO ASCOLTO:
La curiosità e l’emozione di ascoltare per la prima volta ciò che stai costruendo. Sai già che ci saranno cose che non ti piaceranno e che quella che stai ascoltando non sarà la versione definitiva del brano. Però da quel momento in poi saprai se la strada è quella giusta.
5-IL PRIMO LIVE DOPO L’USCITA DELL’ALBUM:
Ovvero: la resa dei conti. E’ il momento in cui tutto il lavoro fatto viene lanciato verso l’esterno. Sali sul palco con un mix di euforia e timore, in attesa di scoprire se i tuoi nuovi brani riusciranno ad arrivare diretti a chi li ascolta. Scruti gli sguardi di quelli che hai davanti, cerchi di capire se sono coinvolti o se, al contrario, sono distratti. Tutto questo dura solitamente pochi minuti, poi la tensione si scioglie e puoi goderti la sensazione liberatoria di suonare le cose su cui hai lavorato così duramente.
Giovedì 16 giugno 2022 è in uscita per Z Tapes e La Barberia Records “Parrots and the park“, il primo EP tratto da “Pastimes”, il nuovo album dei Baseball Gregg composto per la prima volta con la band al completo. Dall’arrivo di Sam in Italia a fine 2021 la formazione italo-californiana ha realizzato venti brani che verranno distribuiti nel corso di tre mesi in altrettante release discografiche per poi confluire in un Full Length la cui pubblicazione è prevista a settembre.
Mood acustico, soft, brani tardo primaverili estivi con violoncello. Il violoncello, così come il contrabbasso, sono una novità timbrica nel suono dei Baseball Gregg. La data di uscita non è casuale: il 16 giugno è il Bloomsday, ovvero il giorno in cui è ambientato nel 1904 l’Ulisse di James Joyce. L’autore irlandese rappresenta il fil rouge dei tre EP e dell’album, a partire dal titolo di quest’ultimo: Pastimes è una citazione del passo “Pastimes are past times” presente nel Finnegans Wake, e la figlia di Joyce è raffigurata nei quattro artwork che accompagnano i lavori. Sam Regan ha reintepretato le foto che Berenice Abbott scattò a Lucia Joyce (all’epoca una stella della danza, poco prima della triste fine in manicomio dove verrà rinchiusa fino alla fine dei suoi giorni) nella Parigi dei ruggenti anni Venti. Parrots and the park è un verso contenuto in Cilantro Grass, brano che è già stato suonato ad aprile per Live in Tuci
Noi siamo stati a casa loro, ed ecco cosa ci hanno mostrato!
1. Impossibile non cominciare da qui con la lista degli oggetti della camera: questo libro è stato molto importante per la scrittura dell’album, e in qualche modo ne permea le atmosfere e l’immaginario. Stazionava fisso nel comodino da dicembre nell’edizione della biblioteca, poi una volta scaduto il prestito mi è stata regalata per il compleanno questa bellissima edizione degli anni sessanta.
2. Sono un appassionato di cassette da tanti anni, e questo è uno dei tanti posti dove le colleziono nella camera. A destra si vedono quattro delle cinque cassette che abbiamo pubblicato sinora, in attesa della pubblicazione in cassetta a settembre del nostro prossimo album.
3. Anni fa per la laurea del mio coinquilino Giacomo gli fu regalata un’Aeropress su iniziativa del mio amico Simone, che vive a Londra ed è un grande appassionato di caffè. Si tratta di un aggeggio per fare il caffè filtrato che negli anni abbiamo imparato ad apprezzare molto. Giacomo, una volta trasferito via da casa nostra, ci ha lasciato l’aeropress e da allora è diventato un rito della mattine sorseggiare il caffè filtro nella tazza di Starbucks portata da Hong Kong da Sam qualche anno fa, che è perfetta come diametro per l’aeropress.
4. Questo è il microfono con cui abbiamo registrato praticamente tutta la nostra musica dal 2014 in avanti – e in realtà l’ho usato anche negli anni precedenti con la mia band Absolut red. È un microfono che ho comprato quando avevo 18 anni, quindi era ed è tuttora piuttosto cheap, ma oramai ci sono affezionato e mi piace pensare che sia in qualche modo parte del gruppo anche lui.
Dal 3 giugno 2022 sarà disponibile in rotazione radiofonica e in digitale “A Beautiful Mistake” (NyNa City 91 records), il nuovo singolo di Simone Corvino. Il brano “A Beautiful Mistake” racconta una di quelle brevi storie che finiscono ancora prima di iniziare ma che lasciano una traccia indelebile in ognuno di noi. A differenza del primo singolo con sonorità rock band, il secondo mostra Simone, chitarra e voce, in tutta la sua dolcezza di songwriter. Spiega l’artista a proposito del brano: “Ed è sempre così, gli ambienti ti scelgono nello stesso modo in cui ti scelgono alcune storie che restano eterne”.
Nel video di “A Beautiful Mistake” per la regia di Claudio D’Avascio, vengono mostrati ambienti che in qualche modo la vita aveva precedentemente scelto per Simone.
Noi come sempre abbiamo deciso di fare un salto a casa sua, ecco cosa ci ha mostrato.
1. Il concerto a Madison Square Garden dei Foo Fighters era energia pura e motivazione chiara. L’esperienza ha confermato che il resto della mia vita sarebbe stato alla ricerca di suoni, melodie e band. Avevo appena preso il diploma a giugno e frequentavo il primo anno di università a Manhattan che iniziava ad agosto. belle memorie.
2. Il primo gruppo che mi ha inspirato alla musica erano i KISS. Mio zio John mi regalò un cd che ho ancora, ma era questo il regalo che vedete in foto, che mi diede 3 anni dopo che amo di più. Li comprò ad un mercato dell’usato. Sono così buffe e brutte e suonano Rock and Roll All Night con la vera voce di Gene Simmons. Mi fa sempre ridere. Mio zio è un personaggio e ha una conoscenza di musica pazzesca.
3. Prima di aver preso la chitarra in mano disegnavo sempre. I miei miti erano Batman e specialmente Spider-man. Mia nonna portava i costumi di halloween che capitava la settimana prima del mio compleanno ed io giravo per il paese mascherato. Vi assicuro che nel 2007 nessuno celebrava Halloween e la gente ci guardava con un po’ di sospetto quando bussavo per chiedere “dolcetto/ scherzetto?”
4. Il pallone era la mia prima grande passione e il Napoli ancora di più! Mamma mi ha conservato tutte le magliette ma questa è la mia preferita perché mi ricorda le amicizie sui campi, sulle spiagge, dopo scuola e in trasferta.
Cabruja ci ripropone una sua versione tutta personale e speciale del singolo di Björk, stiamo parlando di “Unravel”, di cui abbiamo anche il nuovo video. Noi abbiamo chiesto di raccontarsi attraverso le sue 5 cose preferite!
Giochi di Ruolo
I GdR (rigorosamente “Tabletop”, con i manuali, le schede, matite e dadi) sono il mio “hobby” preferito in assoluto. I GdR mi hanno fatto imparare storia, geografia, mitologia; mi hanno fatto viaggiare, mi hanno fatto vivere mille vite, vite che forse è meglio vivere sulla carta. Poi, mi han permesso di sviluppare i rapporti di amicizia più belli che io abbia mai fatto. Gioco ancora oggi con gli amici con cui ho cominciato a giocare ai 14 anni, quasi 30 anni fa, a Caracas.
Coda di cane che scodinzola
Mi dispiace che l’evoluzione dell’uomo ci abbia portato a perdere la coda. Ne vorrei una per scodinzolare quando sono contento.
Avere ragione
Dà troppa soddisfazione. Non è nemmeno necessario dire “te l’avevo detto”. Quello invece è odioso.
I set list di musica da ballare ai matrimoni venezuelani degli anni 80/90 (che poi sono rimasti più o meno invariati)
Si parte col Paso Doble spagnolo, si alterna con il Merengue, la Salsa e della roba truzza; si fa poi “La hora Loca” (dalle sigle di programmi infantili alla tarantella italiana con in mezzo un po’ di “rock en español”) e si finisce con i “tambores” della costa venezuelana, quando il whiskey ha lavato via la dignità e il ritegno. Mi mancano molto queste feste!
Viaggiare
Sarà banale, ma mi piace essere altrove, vedere posti che non conosco e ascoltare lingue che non capisco. Ecco, mi piace non capire un c**zo, mi mette nella posizione di dover fidarmi degli altri. Quando sono in un posto in cui non capisco minimamente la lingua e sento parlare la gente intorno a me, ho sempre la sensazione che dicano solo cose belle o almeno interessanti.