Categorie
Indie Internazionale Pop

Le 5 cose preferite di Anna Castiglia

Anna Castiglia, artista poliedrica ed eccentrica nata a Catania ma di stanza a Torino, pubblica il suo nuovo singolo “Bovarismo” per l’etichetta Tippin’ Factory il 25 marzo. Il brano riprende musiche dal valzer francese passando per il pop e il cantautorato.

Ad Anna abbiamo chiesto di raccontarci quali sono le sue 5 cose preferite, ecco che cosa ci ha detto!

Colazione

Il mio pasto preferito, nonché una delle mie cose preferite in assoluto. La colazione, rigorosamente dolce a meno che non sia in viaggio in un hotel frequentato da tedeschi, è l’inizio della giornata, ne stabilisce l’andamento. Crema, nutella, marmellata, miele, vuoto, il cornetto mi piace in tutti modi specialmente se accompagnato da un cappuccino, anche se la vera colazione, quella che faccio tutti i giorni è la classica latte e biscotti.

La versione estiva prevede latte di mandorla ghiacciato (solo se mi trovo in Sicilia), granita con brioche (idem), yogurt e cereali e magari anche un po’ di macedonia.

Se malauguratamente non faccio colazione, causa fretta o qualunque altra cosa,  quasi sicuramente la mia giornata va male.

Arte nel sociale

Una cosa che amo è conferire all’arte un’utilità maggiore, o meglio, rivendicare la sua utilità e responsabilità, soprattutto in un periodo in cui è stata esclusa dalle priorità della vita quotidiana (addirittura sotto lo spritz). Sto svolgendo, da quasi un anno ormai, il servizio civile in una casa di Quartiere di Torino, nella quale ho conosciuto per la prima volta il potere che può avere l’arte per alcune persone. A partire dalla pittura con un ragazzo in messa alla prova fino alle attività di piazza e di giardinaggio (anch’esso un’arte) con i disabili. Inoltre, da pochi mesi, tengo un laboratorio di musica e scrittura, quindi di cantautorato, con gli ex detenuti del carcere di Torino ed è un onore aiutarli a reinserirsi nella società tramite la musica.

Caldo

La verità è che ODIO il freddo e ogni minimo contatto con esso, della serie pigiama dentro le calze, maglia dentro i pantaloni. Ma essendo un format positivo, quindi fondato su ciò che piace, parlerò di quando ami il caldo: quindi le città calde, i cibi caldi, le persone calde.

Mi piace il calore del sole sul viso, quello bruciante che ti fa venire i brividi e concilia il sonno.

Mi piace il calore della coperta d’inverno e d’estate (ops).

Il camino, i vestiti riscaldati sul termosifone.

La calzamaglia sotto i jeans.

Mi piace la sauna.

Mi piace sudare.

Tour

Ho appena scoperto di amare i tour. Viaggiare per suonare e suonare per viaggiare è la cosa più gratificante, arricchente e soddisfacente che abbia mai fatto fin’ora.

Non nego la fatica che si accumula durante questi tour “amatoriali” fatti di treni e cambi incastrati quindi anche di corse, sudore, mal di schiena e tanta ansia, però una volta giunta a destinazione la sfida è conquistare un nuovo pubblico che non ti conosce e quando ci riesci è stupendo. Conosci tanta gente, tanti punti di vista, accenti, una miriade di letti e docce e anche te stessa. Ho scoperto di piacermi quando sono in tour.

Outfit per concerti

Sono cresciuta in una famiglia di attori, circondata da maschere e costumi. Mia madre portava sempre me e mia sorella in teatro durante le prove degli spettacoli ed è lì che mi sono innamorata degli abiti di scena. Ricordo che teneva tutti i suoi costumi in una cassapanca di legno vecchissima e uno dei nostri giochi preferiti era prepararci per la scena, qualunque essa sia, coinvolgevamo i bambini del condominio facendoli travestire e mettendo in scena sempre storie diverse. Adesso, la mia scena sono i concerti, per cui ogni volta che devo suonare mi preparo come se dovessi interpretare un personaggio, io non mi vesto, mi travesto! La stessa cosa vale per i trucchi.

Categorie
Internazionale

Cosa c’è nella camera di Yomibest

Dal 18 Febbraio 2022 sarà disponibile in rotazione radiofonica “Iwa-Lewa”, il nuovo singolo di Yomibest. Brano già disponibile su tutte le piattaforme di streaming dal 7 Febbraio. “Iwa-Lewa” è un brano dalle sonorità leggere, dove una voce con caratteristiche sia maschili che femminili accompagna l’ascoltatore per tutta la canzone e richiama la visione di morbidi passi di danza.

Spiega l’artista a proposito del brano“ La canzone “Iwa-Lewa” è il tipo di musica che potrebbe aiutare le coppie ad apprezzarsi. È soprattutto dedicata agli uomini perchè si mettano nelle condizioni di comprendere al meglio le donne e non le darle per scontate. Il carattere di una donna è la sua bellezza.”

Noi per l’occasione siamo stati a casa sua, ed ecco cosa ci ha mostrato.

Questo monitor per amplificatore del basso, aiuta il mio bassista ad avere un buon suono, è utile sul palco o in studio quando ho bisogno di esercitarmi con il basso.


Questo trasmettitore wireless mi serve per le esibizioni sul palco, aiuta un chitarrista a sentirsi più a suo agio sul palco, io come chitarrista posso camminare a 30 metri di distanza dal mixer con questo trasmettitore, rende la vita più facile sul palco. 

Questa è una cornice da parete, è stata forte di ispirazione per molti miei prodotti musicali.

Questo è un tagliacapelli, la mia bellezza è importante per l’immagine che ho sul mercato musicale.

Questa è una lampadina illumina la casa, aiuta una casa di notte, senza una lampadina sarà tutta una notte buia, e questo è molto importante in ogni casa per noi musicisti, infatti le produzioni migliori vengono ideate la notte! 

Categorie
Internazionale

Cosa c’è nella camera de L’Avvocato Dei Santi

Esce martedì 29 marzo 2022 una nuova versione di “Amandoti“, immortale brano dei CCCP, a cura de L’Avvocato Dei Santi, il progetto solista di Mattia Mari. Un’unione che non ci saremmo mai immaginati e che segna il ritorno di uno dei progetti più intensi della scena underground, un’unione che Mattia Mari descrive così: “Quel che n’è uscito è un sabba nel quale danzano tra loro passione, ossessione, amore, rabbia e sesso. L’ultimo ballo prima dell’arrivo del Sole, o quella danza che impedirà al Sole stesso di sorgere”

Noi come sempre abbiamo deciso di farci portare a casa sua a Roma, ed ecco cosa ci ha mostrato.

Teo è libero.

Questa è una foto di mio zio Emiliano, orientativamente scattata nel 1975 a Tiburtino Terzo, borgata popolare di Roma in cui la mia famiglia ha vissuto. La cosa interessante della foto è la scritta dietro al bimbo, che inizialmente recitava “TEO LIBERO” e che poi è stata riadattata a “TEO È LIBERO”, dopo la scarcerazione. Mi fa pensare allo spirito di adattamento che contraddistingue persone che arrivano da alcuni luoghi, a posti e personaggi come quelle borgate li, che stanno lentamente sparendo, e a mio zio che non c’è più. Mi diverte pensare alla posa in cui era stato messo, col pugno chiuso, e che poi fosse stato in realtà un Berlusconiano convinto.

Telefono Hamburgher.

Sull’altare della chincaglieria, e in casa mia vi assicuro che se ne trovano svariati, troneggia lui: il telefono hamburger. Ai tempi eravamo ossessionati dal film JUNO, l’avremo visto decine di volte, e tra le varie chicche del film c’erano queste telefonate della protagonista dal suo telefono hamburger. Alla fine ne comprammo uno. Dietro, tra le tante cose, una foto dei Mars Volta. Luce guida.

Napulion’.

Una miniatura Napoleone Bonaparte, da me realizzata con un tappo di sughero, che é tra i personaggi che abitano il mio albero di Natale alternativo. Appeso al muro da circa 4 anni ininterrottamente, credo. Mi piacciono le lucine. Insieme a lui nella foto: della polvere, uno tra i miei libri preferiti, la password del mio Wi-Fi e delle scatole di cerini. Le amo, le prendo ovunque si possa in giro per il mondo.

Mirko e Lucia.

“Davvero non amo più il mio corpo?” è un quadro di Mirko Leuzzi. Il quadro non è mio, ma di Lucia. È da me, felicemente, in stallo. Mirko è bravo, è tra le persone che amo di più al mondo, ed è un puro. Lucia è una sicurezza, anche se lei non sa di esserlo nemmeno per se stessa. Il quadro è storto, e questa cosa mi disturba enormemente, non potete immaginare quanto, ma questa cosa mi ricorda che dovrò lasciarlo andare prima o poi, e che a volte bisogna accettare le cose anche quando non vanno proprio nella maniera in cui volevamo.

Jeux d’enfants.
Jeux d’enfants è un film che mi ha cambiato la vita. Mi ha fatto e mi fa fare cose straordinarie.
Questa piccola scultura è diventata il simbolo di un amore che si può toccare con mano, anche se il tempo lo ricopre lentamente di polvere. Suona “La vie en rose”, se giri la manovella.

Fronte dei Mari.

L’ultima lettera dal fronte greco-albanese del mio pro zio Angelo al mio bisnonno Antonio, prima della sua morte il 7 Marzo del 1941. Alfabetizzazione pressoché nulla, cuore grande come l’intero Gran Sasso. La paura unisce, così come la morte, al contrario di quanto si possa pensare.

Categorie
Internazionale

Cosa c’è nella camera di Guzzi

Esce venerdì 25 marzo 2022 “Margherita (io ti odio)“, il nuovo singolo di Guzzi fuori per ACP Records e distribuito da Ada Music, divisione Warner Music Italia. Un nuovo capitolo per il progetto solista di Alessandro Domenici, un brano dedicato a tutti gli ultimi romantici che conoscono fin troppo bene tutte le fasi post-rottura. 

Noi abbiamo fatto un salto a casa sua, ed ecco cosa ci ha segnalato.

PINOCCHIO

Perché proprio Pinocchio? Mi rivedo tantissimo in lui. Entrambi toscani, entrambi con un desiderio in testa e soprattutto quando cerco di combinare qualcosa, faccio sempre dei guai. È stato anche il primo libro che ho ricevuto da bambino.


I GIN
Quando sento il bisogno di rilassarmi mi faccio un Gin Tonic con uno dei miei gin preferiti. Anche quando sono in fase creativa mi piace berne uno ( uno eh, perché poi non sono lucido 😅). Avete presente quando in Harry Potter il mago Silente si toglie i pensieri troppo pesanti dalla testa con la bacchetta? Ecco, funziona più o meno così.


LAMPADA

Questa lampada è un regalo che mi sono scelto, si può scegliere tra luce calda e luce fredda, regolando anche l’intensità. Mi rilassa un sacco e quando scrivo mi piace tenere accesa solo quella. Non so perché, ma mi sembra che dia al salotto un tocco retró da film americano.


LIMONE
Questa pianta di limone l’ho comprata l’anno scorso, mi piace curarla e soprattutto ODIO che qualcuno la curi al posto mio. In realtà ho molte altre piante, ma questo limone mi dà particolarmente soddisfazione!


CHITARRA
Poteva mancare lo strumento? Ovviamente no! Sono molto legato a questa chitarra perché me l’ha regalata mio papà per i 30 anni. Non avevo mai avuto la sensazione che a papà piacesse il mio voler essere un musicista a tutti i costi, e questo regalo mi ha fatto ricredere.

Categorie
Internazionale Pop

Dammi tre parole #4 – Marzo

Parole, parole, parole: parole che rimbalzano contro i finestrini di macchine lanciate a tutta velocità verso il fraintendimento, mentre accanto a noi sfilano cortei di significati e di interpretazioni che si azzuffano per farsi strada nella Storia, provando a lasciare un segno. Parole giuste, parole sbagliate; parole che diventano mattoni per costruire case, ma anche per tirare su muri; parole che sono bombe, pronte a fare la guerra o a ritornare al mittente dopo essere state lanciate con troppa superficialità: parole intelligenti, parole che sembrano tali solo a chi le pronuncia, mentre chi le ascolta cerca le parole giuste per risanare lo squarcio. Parole che demoliscono, parole che riparano. Spesso, parole che sembrano altre parole, che pesano una tonnellata per alcuni mentre per altri diventano palloncini a cui aggrapparsi per scomparire da qui. Parole che sono briciole seminate lungo il percorso da bocche sempre pronte a parlare, ma poche volte capaci di mordersi la lingua: se provi a raccoglierle, come un Pollicino curioso, forse potresti addirittura risalire all’origine della Voce, e scoprire che tutto è suono, e che le parole altro non sono che corpi risonanti nell’oscurità del senso.

Parola, voce, musica: matrioske che si appartengono, e che restituiscono corpo a ciò che sembra essere solo suono.

Ogni mese, tre parole diverse per dare voce e corpo alla scena che conta, raccogliendo le migliori uscite del mese in una tavola rotonda ad alto quoziente di qualità: flussi di coscienza che diventano occasioni di scoperta, e strumenti utili a restituire un senso a corpi lessicali che, oggi più che mai, paiono scatole vuote

LEO LENNOX

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “talento, talent-show, talentscouting

Se penso a queste 3 parole, mi risulta istintivo immaginare una televisione. In effetti gli anni che stiamo vivendo sono stati, per la musica, una storia d’amore (a tratti di quelle che finiscono male) con il canale di comunicazione di massa più importante. La musica e la TV si sono incrociate anche per mezzo dei talent e, nonostante il binomio non sia stato sempre vincente, non possiamo urlare alla disfatta. Sangiovanni, Irama, Marco Mengoni, Aka7even sono solo alcuni dei nomi che ci forniscono la prova provata che, checché se ne dica, con i talent ci si possa costruire una carriera.

Sarebbe anche un po’ da retrogradi pensare il contrario se si ha piena coscienza dell’era in cui viviamo. Eppure non è tutto oro ciò che luccica e molti dei concorrenti che tentano la strada, o l’autostrada, per meglio dire, dei talent , finiscono per fare un piacevolissimo giretto nell’incubo comune del XXI secolo: il celeberrimo dimenticatoio.

La verità, se mai ce ne fosse una e una sola, è che i talent , almeno secondo me, amplificano ciò che si è. Se c’è del talento, esso viene in breve tempo trasformato in diamanti e gemme musicali pronte per la fruizione del pubblico, altrimenti si torna a casa, soli soletti, ma mi auguro sempre in compagnia della voglia di fare della buona  musica. Che poi alla fine è ciò che accomuna sia chi fa freestyle sotto i ponti che chi porta la 674° cover di Adele in TV.

PINTUS

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “talento, talent-show, talentscouting”.

Ho sempre pensato al talento come qualcosa di estraneo a chi dovrebbe tecnicamente possederlo. In fin dei conti, il talento è riconosciuto dall’esterno a qualcun altro, e quindi per definizione un’etichetta per riconoscere qualcosa di particolarmente fuori dagli schemi (o sopra la media) rispetto a degli standard. Il concetto di talento si è prestato negli anni alla commercializzazione del talent scouting o del talent show, che hanno un po’ ridotto il discorso di cui parlo sopra all’opposto: riconosco di avere talento e cerco di metterlo in mostra con gli strumenti che il mondo di oggi mi fornisce. Non esiste più la vera ricerca di talento, perché è mangiata dalla troppa esposizione del presunto proprio talento, la cui affermazione è già di per sé scostante rispetto a come secondo me dovrebbe essere. 

Credo, inoltre, che spesso il talento venga confuso con l’originalità rispetto alla proposta di ognuno, e qui parlo di musica in particolare. Vengono spesso definite come talentuose le gesta di un musicista che riesce a raggiungere risultati significativi, ma quest’ultimo aspetto è troppo dipendente a mio avviso dal contesto, dal periodo storico, dall’allineamento della proposta con il trend del momento. Tutto questo fa si che sia difficile riconoscere del talento in maniera puramente diretta, astraendo dai consensi di massa o dai gusti personali. In fin dei conti forse il talento oggettivo non esiste, e proprio per questo ricercarlo come se fosse una verità assoluta negandone le mille sfaccettature ha un che di anacronistico. 

KASHMERE

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “talento, talent-show, talentscouting”

Il talento è certamente importante per poter essere notati, ma non è mai sufficiente, perché se non viene costantemente coltivato non può essere in grado di garantire con certezza degli ottimi frutti. Di conseguenza, il ricercatore di talenti detiene un ruolo fondamentale, ma certamente non cruciale e decisivo, perché il talento costituisce senza dubbio una buona base su cui lavorare, ma se poi non c’è allenamento, i risultati faticano ad arrivare. 

Credo che i talent-show possano costituire un possibile trampolino di lancio per qualsiasi artista emergente che ricerchi maggior successo, ma ciò non significa che questo valore dei talent-show non possa rivelarsi un’arma a doppio taglio. L’artista emergente che, dal nulla, si ritrova catapultato in un contesto all’interno del quale il proprio hobby diventa improvvisamente il proprio lavoro può spesso incespicare in numerose difficoltà che potrebbe non essere in grado di sostenere, poiché non ancora pronto a intraprendere tale percorso. 

CELESTE 

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “talento, talent-show, talentscouting”

Se penso alla parola talento mi viene in mente la capacità di una persona di rendere un qualcosa di così semplice estremamente magico e irrealizzabile. Preferisco associare questo termine, dunque, non tanto alle abilità tecniche, assolutamente fondamentali, ma alla capacità di saper far emozionare, probabilmente proprio a quelle abilità innate o no che però passano in secondo piano.

Talent-Show e Talescounting mi fanno invece pensare a uno dei sogni che ho nella vita, ovvero quello di fare l’A&R. Credere in qualcuno credo che sia una delle forme di amore più belle che possano esistere. 

URANIA

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo talento, talent show, talent scouting.

Stefania: Il talento è un dono e lo è altrettanto l’identificarne l’esistenza. Tutti possiamo trovare dentro di noi un piccolo talento e farlo crescere, se abbiamo la forza per svilupparlo e farlo respirare nel modo giusto Il talento non si misura, non si riceve e non si possiede. Si cerca, si trova e si costruisce. Credo che oggi essere una persona di talento nel mondo della musica significhi avere qualcosa da dire e farlo con intelligenza, costanza ed empatia.
I talent show possono dare occasioni e una speranza in più per farsi conoscere ed emergere.

Laura: Talento: Ce l’abbiamo tutti, dobbiamo solo tirarlo fuori. Ognuno di noi ha un’inclinazione particolarmente sviluppata verso qualcosa fin dalla nascita e la sfida sta non solo nel tirarla fuori ma poi nell’accrescerla e renderla un automatismo. Siamo un prato da coltivare che più viene curato più cresce e si fa bello. Dunque oltre ad un talento innato mi viene in mente che serve poi una grande costanza e pazienza per svilupparlo al meglio e arrivare attraverso quello a comunicare qualcosa di se stessi senza tanti giri di parole perchè alla fine 1% è talento e il restante 99% è il lavoro che uno fa.

Talent show: Un mezzo per farsi conoscere e comunicare, un modo per mettersi in gioco e per confrontarsi con tante altre persone che inseguono il tuo stesso sogno, un atto di coraggio verso se stessi e verso il messaggio che si vuole diffondere con la propria arte.

Talent scouting: Ricerca e scoperta di piccoli fiori nascosti fra migliaia di piante grasse piene di spine, una possibilità per i giovani talenti di farsi sentire, un’attività che punta a tirare fuori un talento prima ancora che egli stesso sappia di esserlo o comunque che lo aiuti a farlo emergere nel miglior modo possibile.

KALDOREI

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “talento, talent-show, talentscouting”

TALENTO

Quando si parla di talento possono venire in mente numerose definizioni e/o modi di pensare. Per noi il talento è qualcosa di nascosto, è qualcosa che si nasconde da noi stessi e che viene rivelato solo vivendo; una volta fatto questo va allenato , raffinato e portato alla luce. 

Tutti noi ne abbiamo uno , visibile o invisibile , è una sorta di caccia al tesoro dove non c’ è chi cerca e chi perde , c’ è solo chi sente e chi trova.

TALENT-SHOW e TALENTSCOUTING

I talent-show non ci hanno sempre convinto, perché è sempre stato difficile giudicare una persona per quello che realmente è, evitando di giudicarla in base ai propri gusti personali.

Il giudice gioca un ruolo davvero importante, il giudice è un critico oggettivo per la meritocrazia di un talento, deve saperlo scovare, deve saper vedere oltre un ragazzo con una semplice chitarra, un ragazzo con lievi imperfezioni…

Nei talent sono sempre più rari questi giudici e queste capacità che , delle volte devono seguire un certo sistema imposto dal programma.

Questo non esclude la presenza di talent e giudici meritevoli che sanno vedere nelle note di una singola voce un artista puro.

ROBERTO QUASSOLO

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “talento, talent-show, talentscouting”

Il talento è un’attitudine innata, qualcosa che contraddistingue un individuo in maniera singolare, una potenzialità che comunque necessita di particolari condizioni per poter essere espressa, e che se riconosciuta coltivata ed affinata può offrire nel corso della vita opportunità.

Riconoscere il proprio talento non è sempre un’operazione immediata e spesso si rischia di trascurare quelle abilità e capacità singolari per una serie di motivi, che il più delle volte hanno a che fare con le nostre paure ed insicurezze, su tutte la paura del giudizio altrui, con la quale tutti noi ci confrontiamo quotidianamente. Scoprire, riconoscere e sviluppare i propri talenti può quindi rivelarsi un compito davvero arduo. 

Ecco quindi che il talent scounting inteso come un processo finalizzato all’implementazione di abilità e caratteristiche che mira all’acquisizione di nuove consapevolezze da parte dell’individuo rispetto al proprio funzionamento e all’effetto delle proprie azioni può risulta estremamente utile ed essere paragonato a mio avviso ad un vero e proprio processo educativo, e chi intraprende questa attività dovrebbe avere la responsabilità di guidare coloro con cui collabora proprio in tal senso.  Non si tratta infatti di lavorare semplicemente su eventuali difetti per migliorarli, ma prestare attenzione ai talenti, abilità e risorse per rafforzarli ancora di più.

Personalmente ritengo che tutto questo processo necessiti tempo, e il più delle volte risulta strettamente connesso all’evoluzione dell’individuo stesso nel corso degli anni, alle esperienze di vita ed indubbiamente agli incontri di persone significative, non è quindi pensabile che l’acquisizione ed il potenziamento delle proprie caratteristiche e potenzialità possa avvenire in un format come quello dei talent show che comunque restano una buona vetrina. Detto in altre parole, non tutti i talenti passano in Tv.

BERT

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “talento, talent show, talent scouting”.

Qualcosa di abbastanza lontano dalla mia idea musicale in questo momento. Anche se riconosco che, probabilmente, la popolarità di un emergente passa sicuramente da li nella maggior parte dei casi.

Non credo però che il talento risieda solo li, anzi, ci sono tantissimi artisti bravissimi che non hanno nessuna visibilità ma sono di valore assoluto.

Credo anche che molte cose che vediamo in tv, non corrispondano effettivamente alla realtà.

https://open.spotify.com/track/0Q0bVGUfmFSccMXo26rg9W?si=00e4e151510a48e4

ALESSANDRO TOSI

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “talento, talent-show, talentscouting”

Il talento è una cosa individuale e tutti ne abbiamo uno: tutti abbiamo qualcosa in cui siamo più bravi; non i più bravi, semplicemente più bravi. I talent show sono la frizione dei talenti ma il successo in questi contesti non è necessariamente dovuto alla bravura, ma alla commerciabilità del talento. Il talent scout è una figura mitologica che ti contatta quando oramai hai già raccolto il tuo pubblico. Ma è scouting questo?

MAZZOLI

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “talento, talent-show, talentscouting”

Vedo il talento come una predisposizione naturale nei confronti di qualcosa, da solo non basta e va curato con la tecnica e l’osservazione, chi parte già col talento dalla sua è un passo avanti ma non per questo è un vantaggio, spesso la consapevolezza di questo stato di grazia è un’arma a doppio taglio 

I Talent show mi sembrano invece uno specchio per le allodole, nella percezione comune sono diventati quasi l’unico modo per arrivare al successo, quando in realtà statisticamente è molto raro, oltre che non mi sembra una strada permissiva nei confronti dell’artista che vi si propone.

Se ci fosse più attenzione sul talento e meno sullo show potrei considerarli pure una strada plausibile per me

Il talent scouting è un’attività fondamentale, credo che la ricerca di artisti con determinate qualità fatta da chi ha visione nel campo pratico possa essere un’enorme possibilità per entrambe le parti.

Una soluzione che lascia spazio agli artisti come agli scout di trovare un profilo adatto l’uno per l’altro con cui crescere e sperimentare.

ZERELLA

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “talento, talent-show, talentscouting”

Quando sento la parola “talento” mi vengono in mente tante immagini. Se dovessi restare confinato alla musica moderna ti parlerei di una mia amica cantautrice: Galea.

Se dovessi spiegare a parole cosa è il talento, probabilmente, vi chiedere di fare una chiacchierata con lei su come scrive e canta le canzoni.

Facile dirlo ora, che è fuori con un disco per Sugar – direte voi – ma io lo sostengo dal nostro primo incontro, nel 2018.

Se mi parli di talent show – ahinoi, non posso che sperare che la formula di questi format televisivi cambino iniziando a puntare meno su vestiti, capelli tinti e paillettes e più sulle canzoni. Attualmente il look e la storia personale prevale sul valore delle canzoni, mi auspico accada il contrario.

Se mi parli di talent scounting, disegni sul mio viso un sorriso amaro. Che fine ha fatto il talent scouting? Chi ancora lo fa nei locali o negli studi di registrazione? Chi esce ad ascoltare gli artisti anche dal vivo e non solo su Scuola Indie o New Music Friday?

Categorie
Internazionale

Vinnie Marakas è il Willy Wonka della scena indipendente

Ci stavo riflettendo proprio l’altro giorno. Essere una rockstar di questi tempi è davvero faticoso. Sono finiti i tempi in cui ondeggiare, esporsi a tal punto, sul palco pieno di alcol (se va bene), fare schifo, distruggere camerini o piantare figli in giro e cose del genere si rivelava una cosa positiva, ora è più rock dichiarare di essere contro le droghe, è rock truccarsi, è rock raccogliere fondi per gli ospedali in Siria. Jim Morrison nel 2022 sarebbe un perfetto coglione, per intenderci. Trasgredire, non è più una cosa figa, lo è percorrere saggiamente strade già stabilite e riuscirci… riuscirci è la cosa più figa del mondo. E questo nostro atteggiamento di restare nei confini giusti lo ritroviamo ovunque: in playlist che sono tutte la copia l’una dell’altra, in progetti che sono tutti l’una la continuazione naturale l’uno dell’altra, in copie su copie di altre cose. Il concetto stesso di rockstar è finito.

E poi c’è Vinnie Marakas.

Come un profeta di quartiere, Vinnie Marakas arriva per spezzare tutti gli schemi con il suo nuovo disco dal titolo Giovane Cagliostro (fuori per Dischi Sotterranei) che si sviluppa in sei tracce che sono incredibili, indecifrabili e, soprattutto, incatalogabili. Un genere poliedrico, ibrido, che potremmo chiamare “italian touch” in cui più urgenze espressive chiedono il proprio spazio vitale, o almeno il proprio lessico per essere ascoltate. Giovane Cagliostro è un rave a cui si partecipa da lontano, la porta prima di Narnia, una fabbrica di cioccolato indie dove Vinnie Marakas è l’inevitabile Willy Wonka: un reietto felice, un sognatore anarchico, un solitario, contro tutto ciò che rimane là fuori.

Sono grato a questo disco che si può ballare anche di sera, sul parquet scivolando sui calzini, che ricorda che forse le rockstar vanno cercate nell’underground, che mi ha salvato dalla settimana più intensa della mia vita, che d’ora in poi sarà la mia personalissima fabbrica di cioccolato.

CM

Categorie
Internazionale

Photogallery di ANIMA è quel ricordo che ci fa piangere, o sorridere di nuovo.

Anima è il progetto del cantautore romano Stefano Gentile: classe 1997, la sua musica si muove tra sonorità rap, pop, r&b. Il cantautore ha trovato la sua arma vincente: trasformare la tristezza in creatività; e così, in poco tempo conquista il pubblico e Spotify, che inserisce i suoi primi singoli nelle playlist Generazione Z, Novità Rap Italiano e Anima R&B.

Il punto forte del cantautore è sicuramente la scrittura, in particolare la capacità di riuscire a ricreare, attraverso questa, un immaginario intimo e personale, ma di facile identificazione da parte dell’ascoltatore. Anima non rinnega il passato, anzi talvolta lo rivisita, riscoprendo emozioni che trasforma in musica.

Gli scorci di Roma i tuoi fianchi che cingo

e se mi abbracci ora sento che ho vinto

mi dai la schiena fragole e amarena

quella voglia di te che mi avvelena”.

In occasione dell’uscita di Photogallery, Anima ci ha raccontato come i ricordi custoditi gelosamente nella gallery del suo telefono abbiano preso la forma di canzoni, raccolte poi nel disco d’esordio uscito il 4 marzo per ADA Music Italy.

Ciao Stefano! Hai sempre scritto canzoni o ti sei avvicinato alla scrittura in altre forme?

Raccontaci un po’…

Ciao! Ho iniziato a scrivere poesie a 16 anni per via di una forte necessità d’espressione. Volevo lasciare un segno di quello che avevo dentro. In seguito a 18 anni sono entrato per la prima volta in studio ed ho inciso il mio primo brano come regalo per la mia ragazza dell’epoca.

Sei stato apprezzato da Spotify che ha selezionato i tuoi singoli per playlist quali Generazione Z, Novità Rap Italiano e Anima R&B. Considerando il gran numero di uscite settimanali, non è banale essere inseriti in playlist editoriali. Per cosa ti sei distinto?

Grazie. Penso semplicemente di avere il mio stile. Indipendentemente dal genere che faccio, il tipo di scrittura e di immaginario che cerco di portare nella musica è differente da quello degli altri. Penso sinceramente che questo sia il mio punto forte, avere una mia identità nonostante non faccia un genere specifico.

Pi Greco è un noto producer. Com’è nata la vostra collaborazione?

Ho conosciuto Pi Greco direttamente sul campo lavorando al nostro primo brano insieme: Cento Baci. Penso che sia una delle persone fondamentali per l’album Photogallery, ma soprattutto per il progetto Anima. Pi Greco mi ha aiutato a trovare un’identità musicale ben precisa, gli devo molto.

Ti definisci più rapper o cantautore?

Ho iniziato con il rap nel 2016 circa, ma poi più andavo avanti e più mi rendevo conto che non era proprio il massimo essere relegato solo ed esclusivamente ad un tipo di metrica. Provando a cantare di più nei brani ho capito che riuscivo ad esprimermi decisamente meglio. Ad oggi alcuni miei brani sono rappati e altri cantati, ma se proprio devo scegliere preferisco definirmi cantautore.

Antiproiettile, A parte te, Re, Non Va, Non vediamoci più hanno riscosso grande successo. Il 4 marzo è uscito il tuo disco di debutto. Hai sentito un po’ l’urgenza di definire il progetto con l’album o è stato un percorso naturale? Raccontaci un po’ della lavorazione al disco.

L’album è nato dopo i brani, nel senso che l’idea di accorpare le canzoni in un progetto unico si è sviluppata una volta che avevo un bel po’ di materiale. Inizialmente volevo fare un ep di massimo 8 brani ma poi ne avevo così tanti che era un peccato far prendere loro polvere per chissà quanto tempo. Prima ero un po’ più geloso della mia musica mentre da quando sono indipendente voglio farne uscire il più possibile. L’album è nato e cresciuto in quarantena, non potendo andare in studio ho comprato microfono e scheda audio e ne ho creato uno in casa e questo ha aumentato di molto la mia produttività. Photogallery dal lato grafico si è sviluppato grazie alla mia amica Chiara Yan che si è occupata di tutta la fotografia dell’album.

Sonorità pop e un rap che tocca un sentimentalismo evidente. Le tue canzoni raccontano personali esperienze di vita o, in fondo, sai anche tu che una buona dose di tristezza fa bene all’ Anima di chi ascolta musica?

Sinceramente io sono la persona più nostalgica, malinconica e a volte triste che conosco. Quasi mi piace sguazzare nella tristezza. Scrivo sempre meglio quando sono triste. Nei miei brani racconto quello che vivo, letteralmente parlo di esperienze di vissuto o di mie idee e pensieri utilizzando uno stile di scrittura ricco di metafore come piace a me.

Però non devo sforzarmi di fare canzoni tristi, le faccio perché mi piace farle, poi ovvio che se altre persone ci si rispecchiano io sono solo che contento.

I tuoi testi mi hanno ricordato il mood malinconico e sentimentale di Mecna. Ho notato anche alcuni riferimenti, magari non voluti, ai suoi brani nelle tue canzoni (Lungomare Inverno, Danza della pioggia). Ti ispiri un po’ a lui? Ti piace, lo ascolti?

Hai fatto centro. Mecna è l’artista italiano che più preferisco ma da sempre! Ho imparato da lui l’utilizzo di una scrittura particolare rispetto ad altri. In danza della pioggia trovo che ci sia qualche similitudine nell’enfasi e nel modo di dire le cose, ma poi in quanto a scrittura io parlo sempre e comunque del mio mondo, ci sono riferimenti alla mia vita privata.

Lungomare Inverno forse ti riferisci al fatto che un suo album si chiama Lungomare Paranoia ma oltre a questo in questo brano non ci sono altre somiglianze. Il nome del brano proviene dal fatto che l’ho scritto sul lungomare in inverno banalmente.

 Fammi tre nomi di artisti internazionali e tre italiani che ascolti.

In realtà da qualche anno ascolto molto meno la musica, ma posso comunque dirti artisti che mi piacciono. Internazionali: Post Malone, Justin Bibier, Travis Scott. Italiani: Marracash, Mecna, Cesare Cremonini. Sono i primi che mi sono venuti in mente, ma il mondo è pieno di artisti fenomenali.

Photogallery ospita artisti interessanti. Perché hai pensato a loro per alcuni brani del tuo album d’esordio?

Esordisco dicendo che io adoro collaborare con altri artisti perché penso che unire stili e modi di versi di intendere la musica sia stimolante e produttivo. Tutti gli artisti presenti all’interno dell’album sono ragazzi che stimavo come artisti e di cui conoscevo alcuni brani. Ho chiamato per ogni brano l’artista che più era adatto a completare l’immaginario di quel brano portando il proprio mondo nel mio. Un esempio che posso fare è proprio danza della pioggia dove il brano era composto dalle mie due strofe ma sentivo che nel ritornello ci voleva un qualcosa di diverso e il tocco di Kevin Payne è stato incredibile, quando mi è arrivato sono saltato in aria. Tutti gli artisti coinvolti in Photogallery hanno spaccato, davvero.

Sono d’accordo con te sul fatto che i nostri telefoni racchiudano tutto il nostro mondo e i nostri ricordi. Considerando il titolo del tuo disco, rientri tra quelli che leggono vecchie chat o riguardano la gallery, o preferisci archiviare?

Le vecchie chat mai, specialmente di relazioni finite altrimenti mi prende male e rievoco dolori passati. Però molto spesso se sono in fila da qualche parte o se non ho nulla da fare guardo tutta la gallery del telefono dal 2015 ad oggi e, attraverso video e foto, rivivo quelle emozioni e sensazioni che magari avevo anche dimenticato o comunque riposto in una parte della memoria difficilmente accessibile.

Live in programma per la presentazione del disco?

Al momento non abbiamo live in programma, ma con la stagione estiva sicuramente ci sarà occasione ed io non vedo l’ora di incontrare dal vivo tutte le persone che in questo ultimo anno mi hanno supportato infinitamente.

di Alessia Pardo

Futura 1993 è il primo network creativo gestito da una redazione indipendente. Cerca i nostri contenuti sui magazine partner e seguici su Instagram e Facebook!

Categorie
Internazionale

Cosa c’è nelle camere di Clio and Maurice

Dopo l’anteprima sul sito di Sky TG24, esce finalmente il video per “Faithfully” del duo Clio and Maurice, brano contenuto nel loro disco d’esordio dal titolo “Fragile” pubblicato nel 2020. Loro sono un duo impossibile formato solo da voce e violino, rispettivamente Clio Colombo e Martin Nicastro (dei Pashmak). La loro musica è frutto dell’unione di diverse influenze, fuse nel minimalismo della loro formazione atipica: dal soul di Nina Simone, fino al pop sperimentale degli ultimi lavoro di ArcaBjörk e James Blake. Qui gli archi vengono orchestrati e manipolati grazie all’utilizzo di effetti e pedali, formando i paesaggi sonori dove la voce è protagonista.

Divisi tra Milano e Berlino, abbiamo chiesto loro di farci fare un giro delle loro rispettive camere, ed ecco cosa ci hanno mostrato.

(Piante trattate dello shooting di Lost)

Martin: Queste piante si trovano sulla mia scrivania di Milano: ci sono molto legato perché vengono direttamente dal set dello shooting fotografico che ha accompagnato l’uscita del nostro primo brano. Ad un certo punto hanno cercato di uccidere Clio, forse perché erano troppo piene di polvere: sicuramente devo stare attento che non le mangi il gatto (Cosino), lui sì che ci schiatterebbe davvero.

(Pedale rosso scassato)

Martin: Questo VE-20 era tutto quello che usavamo all’inizio oltre al violino e due microfoni, perché in effetti fa tutto: loop machine, ambienti e octaver. Che fatica e che stress utilizzarlo, ma senza di lui non avremmo mai incominciato: adesso se ne sta scassato su uno scaffale in camera mia a Milano. Funziona ancora e ho cercato di venderlo, senza troppa convinzione perché tutto sommato ci sono affezionato.

(tazza azzurra e moka)

Clio: Sono a Berlino per qualche mese e per quanto sia bello essere circondata da persone e oggetti nuovi ho capito che un piccolo ricordo di casa serve sempre. Tengo sulla scrivania una moka che mi hanno regalato i miei genitori, ma anche una tazza azzurra che ho comprato qui ma che mi ricorda moltissimo la mia tazza gigante a Milano. Certo, questa non ha scritto “COLAZIONE – CEREALI” in un violentissimo caps lock come l’originale, ma posso considerarla la sua modesta sostituta berlinese.

(cappotto della nonna)

Clio: Qualche anno fa ho ereditato questo cappotto di cammello della mia nonna, che quando mi sono trasferita ero indecisa se portare con me perché, sebbene sia un ottimo alleato del freddo milanese, sicuramente non sarebbe bastato per il clima gelido di gennaio e febbraio a Berlino. Ho così optato per un piumino, sempre della nonna, funzionale ma non proprio elegante su di me. Tuttavia, durante il mio breve ritorno a casa a metà febbraio ho deciso di fare uno scambio e riprendere il mio adorato cappotto cammello, forse l’unico capo che mi fa sentire ben vestita e che mi ricorda Milano e la mia stilosissima nonna.

cof
Categorie
Internazionale

Le 5 cose preferite delle Cleopatras

Quelle ganze delle Cleopatras hanno recentemente pubblicato il nuovo singolo “Kiss kiss kiss”, con il quale si cimentano nel coverizzare un brano di Yoko Ono. Impresa coraggiosa e riuscitissima, attraverso la quale le quattro toscane lanciano un appello all’amore e alla pace. Per conoscerle meglio, ci siamo fatti raccontare quali sono le loro 5 cose preferite.

Il girl power

Ebbene si, tifiamo per l’empowerment femminile, la fine degli stereotipi e la sovversione del patriarcato! Alcune tematiche legate alla questione femminile stanno diventando sempre più centrali sia nella nostra attitudine che nelle nostre canzoni; nel nostro nuovo disco, di prossima uscita, ne affrontiamo alcune, e anche il nostro ultimo singolo “Kiss Kiss Kiss” non è scelto a caso: abbiamo voluto scardinare uno degli stereotipi più vecchi della storia del rock’n’roll, ossia che non sia una cosa da donne, che anzi addirittura ne sono spesso la rovina. Beh vogliamo provare che non è affatto vero.

I prodotti tipici

Si potrebbe pensare che il movente principale che ci spinge a fare estenuanti tirate in macchina per concerti in ogni dove sia la passione per il rock’n’roll, ma in realtà c’è molto di più. Lo facciamo per assaggiare i prodotti tipici dei posti dove andiamo a suonare! (incidentalmente, ci divertiamo anche un sacco a girare l’Italia e il mondo tra sorelle, ma questo è un altro aspetto).

Questo è un messaggio (poco) subliminale per i gestori dei locali e dei festival che ci ospiteranno: è scientificamente provato che un musicista appagato performa meglio, dunque vi suggeriamo di sostituire pizza  e pasta con qualche leccornia locale!

I vestiti di scena (dette anche “le mute”)

È un argomento che arriva a monopolizzare la nostra chat per decine e decine di messaggi: come ci vestiamo per il concerto di domani? Abbiamo infatti una quantità di divise, note tra noi come “mute”, che Malibù Stacey scansati proprio, e le scegliamo in base all’occasione (noblesse oblige). Parte della nostra identità di band è quella di dare un’immagine univoca di noi; questo ci rispecchia perché siamo un gruppo molto paritario, in cui ognuna ha il suo ruolo e nessuna predomina. Inoltre a livello di look e stile crediamo che abbia un impatto molto particolare.

Le medicine

Attenzione, ovviamente vorremmo non prenderne mai, ma non partiamo mai sguarnite…non si sa mai! Le nostre 4 borse assieme hanno tutto il kit di pronto intervento di base per qualsiasi patologia, e per le più comuni non è raro che possiamo scegliere anche tra più formulazioni e principi attivi. Questo armamentario è noto come la farmacia ambulante delle Cleopatras, tanto che ci abbiamo anche scritto su una canzone. Per il beneficio del pubblico e del nostro entourage, siamo sempre disponibili per consulti e per qualche blister sottobanco.

Mick jagger

Mick è il nostro Guru soprattutto per quanto riguarda la preparazione atletica pre-tour e la capacità di cambiare innumerevoli mute durante uno stesso concerto. Possiamo dire che per questi aspetti ci ispiriamo a lui, e il nostro grande sogno è raggiungere i suoi livelli di forma fisica anche dal divano dove invece, spesso, ci limitiamo a guardare i suoi video di allenamento sui social. E proprio a Mick Jagger abbiamo dedicato un brano che farà parte del nostro nuovo album.

Mick Jagger, of the Rolling Stones, performs during the band’s “No Filter” tour on Monday, Nov. 15, 2021, at Ford Field in Detroit. (Photo by Rob Grabowski/Invision/AP)

I Ramones

Il sound delle Cleopatras deriva delle influenze musicali di noi 4, che sono abbastanza diverse tra loro (Camilla, unico membro fondatore della band oggi rimasto, ha un’impronta più garage punk, Marla viene dal punk 77, Alice dal post-rock e Vanessa milita anche in una band shoegaze), ma il nome dei Ramones ci accomuna. Le loro canzoni essenziali, scarne, brevi e veloci, la loro attitudine un po’ strafottente e quel nome che sembra identificare 4 fratelli piuttosto che una band, rispecchia a pieno la nostra attitudine e il nostro modo di intendere il punk e il rock’n’roll.

Categorie
Elettronica Internazionale

Gli Shkodra Elektronike ci convincono ad ascoltare musica di cui non capiamo neanche una parola

Quello degli Shkodra Elektronike è un tunnel elettronico dal quale non avrete speranza di uscirne vivi, perchè nel loro disco di debutto convivono ossessioni, tumulti, danze di popoli lontani e canti di cui non capiamo neanche una parola. Come si può rimanere ipnotizzati da un disco cantato interamente in albanese è un gran mistero che spero che qualche altro ascoltatore solitario mi aiuterà a risolvere. Quattro tracce che suonano come la più folle e malinconica delle feste a cui siete stati. Anzi, come il ritorno in autobus da una delle feste più folli e malinconiche a cui siete stati. Una di quelle feste dove ci si innamora perdutamente, parlando una lingua che non è la nostra, con persone che non rivedremo mai più.

Shkodra Elektronike sono Kole Laca (già tastierista de Il Teatro degli Orrori) e Beatriçe Gjergji: entrambi nati a Scutari, in Albania, ed emigrati in Italia nei primi anni ’90. La loro musica traghetta nel presente la tradizione popolare scutarina (Scutari, città del nord dell’Albania), vestendola di un sound elettronico che spazia senza distinzioni dalla trap alla dance. Sono i primi a compiere una rilettura in chiave contemporanea di un repertorio popolare tanto riconosciuto e importante in patria quanto ancora poco noto al resto del mondo. Loro definiscono questo genere come immigrant pop.

Live @ Uzina è un disco di debutto registrato interamente dal vivo, che conquista sin dal primo ascolto, che scuote e che tormenta, e che rimane inspiegabile. L’albanese, lingua a noi del tutto estranea, arriva come un mantra e ci assorbe, perchè per una volta, per tutti noi musicofili abituati all’it-pop e agli Arctic Monkeys, un brano può voler dire qualsiasi cosa, anche quello che decidiamo noi sul momento.