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Henry Beckett e il regista Nicola Schito ci raccontano il videoclip di “Some People Get Lost”

Henry Beckett è un cantautore italiano nato a Milano, ma di anima americana. È proprio il mondo dell’alternative rock, tinto da chitarre riverberate e atmosfere d’oltreoceano, ad averlo attirato verso la musica e ispirato a comporre i suoi pezzi. Nel 2017 autoproduce il suo EP di esordio “Heights”, che presenta nello stesso anno al MI AMI Festival di Milano. In questo primo lavoro emerge una sensibilità profonda, intima e romantica, contornata allo stesso tempo da sfumature più tenebrose proprie di una personalità irrequieta quanto riflessiva.”Some people get lot” è il suo singolo più recente.

Nicola Schito è un regista attivo su Milano ed è membro di AIR3 (Associazione Italiana Registi).  Nato a Padova, si appassiona ed inizia a lavorare nell’industria cinematografica (sia in Italia che negli USA) sin da quando era molto giovane. Nel 2015 si è diplomato presso la “Civica Scuola di Cinema Luchino Visconti” in Fotografia Cinematografica e Linguaggi Multimediali.  Dopo aver completato gli studi, ha lavorato a numerose produzioni con Red Bull, NBA, Coca-Cola e SKY. Dal 2016 collabora con “The Big Angle”, casa di produzione del gruppo Dentsu Italy, lavorando su spot pubblicitari e contenuti per brand.  Allo stesso tempo ha diretto cortometraggi come “Mi.AMI”, “L’Americano”, “Lock Notes” che hanno ricevuto riconoscimenti in diversi festival internazionali.

  1. Quale storia racconta il video di “Some people get lost”? 

Tutti noi quando ci interroghiamo seriamente su chi siamo, sul nostro passato o sul futuro, esponiamo parti nascoste di noi stessi che potrebbero farci sentire vulnerabili e persi. A volte le risposte che ci siamo dati in precedenza potrebbero non essere più valide e abbiamo difficoltà a trovarne di nuove. È un rischio che si corre quando ci si mette in discussione per individuare quale sia il nostro posto in questo mondo o la nostra meta. Nel videoclip tale traguardo è rappresentato metaforicamente dal sole. Ogni personaggio, nel tentativo di raggiungerlo, passa attraverso un personale momento di crisi: una ragazza cerca di esprimersi scrivendo su un diario ma non riesce a trovare le parole, un pittore è alla caccia del proprio volto, un’acrobata sta perdendo la propria armonia ed anche Henry è in viaggio per trovare la propria strada. Alla fine, ciascuno riesce a trovare una parte di sé anche se probabilmente tutti torneranno a perdersi, dato che una simile ricerca prevede un continuo ed alternato smarrirsi e ritrovarsi.

  1. Come è avvenuto il vostro incontro e quando avete che capito che avreste assolutamente dovuto collaborare insieme ad un video? Ci sarà un seguito?

Ci conosciamo da quando avevamo meno di 20 anni, trovandoci spesso a frequentare lo stesso posto di mare durante l’estate. In qualche modo, in realtà, siamo lontani parenti. Entrambi abbiamo condiviso le nostre passioni su cui ci siamo sempre trovati, sia musicalmente che cinematograficamente, e questo ci ha avvicinato. 

HenryUn giorno mi sono presentato a casa di Nicola per fargli ascoltare Some People Get Lost. Gli è piaciuto immediatamente. Subito dopo si è ascoltato l’intero album e, in accordo sull’idea di produrre un videoclip non convenzionale, abbiamo avviato il progetto mettendoci in gioco con entusiasmo e passione. Dopo questo lavoro, pieno di soddisfazioni, è rimasto sicuramente il desiderio di collaborare di nuovo e sono sicuro risuccederà”. 

Nicola “Henry mi ha letteralmente portato dentro il suo mondo, ed è stato capace di farmi provare nuove emozioni. Ed è proprio grazie a questo che è nata la nostra sinergia ed affinità. Siamo solo all’inizio!”

  1. Avete mai parlato di musica e di cinema? I vostri gusti si incontrano?

Assolutamente sì! Confrontarci su questi temi per capire precisamente la visione dell’altro era necessario per lavorare al meglio su “Some People Get Lost”. Per fortuna è stato tutto molto semplice perché queste arti ci appassionano enormemente e i nostri gusti tendenzialmente si incontrano. Inoltre, siamo reciprocamente incuriositi dall’altro per via della stima che nutriamo tra di noi. Questo ha permesso anche di coniugare le nostre differenze per creare un qualcosa di speciale nel connubio delle nostre personalità.

  1. Domanda provocatoria. Qual è il senso di fare un videoclip così ambizioso nel 2022, in un momento storico dove i video sono così poco visti? 

Magari sono poco visti perché sono poco ambiziosi!  

Henry

Dipende dall’interpretazione che si vuole dare alla parola ambizione.

Nicola

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Indie Internazionale Intervista Pop

PASSATEMPO: Vimine racconta la sua passione per la musica nel nuovo brano

PASSATEMPO” è il nuovo singolo di VIMIME, inserito da Spotify nella playlist editoriale “Anima Rnb“. Il brano parla della passione per la musica e della voglia di recuperare il tempo perso e le occasioni sprecate. Una medium ballad prodotta da dal sound rnb che mette in risalto la vocalità black dell’artista.

Abbiamo fatto qualche domanda a VIMINE:

Per iniziare, ci racconti chi è Vimine ?

Vimine è un ragazzo abbastanza timido, che grazie alla musica e alle esperienze fatte grazie alla musica sta venendo fuori abbattendo la timidezza; Originario Pugliese nato a Cerignola (FG) da mamma casalinga e papà Marmorista, ho una sorella un po più grande di me anche lei appassionata del canto; Diplomato in Arredo e Architettura, pizzaiolo per otto anni nella mia stessa pizzeria gestita con la mia famiglia; Ho iniziato sin da piccolo ad essere quasi sempre protagonista nelle recite dove mi assegnavano sempre la parte da solista, ho fatto anche esperienze all’interno di cori musicali per poi arrivare a scrivere i miei brani e a pubblicare la mia musica

Quando, come e perchè hai iniziato a fare musica?

Ho iniziato a fare musica nel Novembre 2020 iscrivendomi a scuola di canto, non sapendo cosa mi aspettava; Mi sono convinto ad iniziare un percorso formativo nel canto perchè durante la pandemia da Covid così per caso mi sono iscritto ad un contest che girava su facebook dove bisognava mandare un video di una esibizione canora e da li poi passare sotto una valutazione da parte di una giuria; da li è scoppiata la scintilla che mi ha fatto capire che questa è la mia strada; Da quel contest sono passato nella fase finale dove per la prima volta ho dovuto cantare dal vivo a Roma avanti ad un pubblico, li ho capito che per la musica sono disposto a tutto, da quello stesso contest sono passato ad un altra finale disputata a settembre 2020 e subito ho iniziato a studiare canto e musica

Quali sono i messaggi, le sensazioni, le emozioni, che vuoi trasmettere con i tuoi pezzi?

I messaggi che voglio trasmettere con le mie canzoni sono gli stessi che nella mia vita ho sempre portato avanti, comportandomi sempre bene con tutti, generoso, disponibile con chi mi dimostra di volermi bene, umile, sempre con i piedi per terra con le maniche rimboccate nel lavoro, facendo sacrifici e raggiungendo i miei obiettivi con impegno, testa e cuore; Sono un tipo che difficilmente mostra le proprie emozioni, anche se dentro di me ogni giorno ne avverto tante, belle o brutte che siano, è un lavoro che sto facendo su me stesso nel riuscire attraverso la musica a manifestarle senza vergognarmi

“Passatempo” è il brano con cui ti abbiamo conosciuto all’interno del nostro portale. Ti va di parlarci di quello che significa per te questo pezzo?

“Passatempo” per me è come uno sfogo personale, pensando al fatto che sono stato troppo superficiale nel pensare che la musica non potesse essere la strada a cui dovevo dare priorità più di ogni altra cosa

Guardando indietro, quale brano del tuo percorso, fino ad adesso, reputi essere il più importante e significativo?

Sicuramente Passatempo 

Cosa stai preparando, invece, per il futuro?

Per il prossimo autunno ho 2 brani pronti sempre scritti da me che sto lavorando per ultimarli e farli uscire; Spero di partecipare attivamente a contest che mi facciano conoscere anche in un contesto live;

Giocando con la fantasia, con quale artista sogni di collaborare, un giorno

In primis con Laura Pausini, sono un suo fan, da quand’ero piccolo e che grazie alla mia famiglia l’ho conosciuta, ascoltandola prima nelle cassette poi comprando anche i suoi cd e partecipando ai suoi concerti; Ma comunque pensando invece a cantanti di oggi che comunque rappresentano il mio mondo cioè l’R&B ne dico qualcuno come Rkomi, Ghemon, Mara Sattei;

Qual è il punto di arrivo che ti sei prefissato?

Per il momento non voglio darmi un punto d’arrivo, perchè pensando a un punto di arrivo è come destinare una fine al mio percorso, spero duri più a lungo possibile senza aspettarmi troppo, ma nello stesso tempo credendoci fino all’ultimo; 

Dove ti vedi tra 5 anni?

Tra 5 anni senza essere troppo esagerato mi vedo su un palco pronto per un mio concerto anche alla festa patronale del mio paese, (rido) o chi lo sa, qualcosa di più

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Un altro posto: Emme racconta il nuovo singolo

“In un altro posto” è il nuovo singolo di “EMME“, che arriva dopo la pubblicazione di “I nostri corpi”. Il brano parla di scelte, di coraggio e di quanto sia faticoso uscire dalla staticità e dall’immobilismo. “EMME“, girà intorno al concetto di “felicità”, e della continua ricerca sul significato di -questo stato d’animo e su cosa siamo disposti a fare per per raggiungerlo.

EMME ha risposto alle nostre domande:

Per iniziare, ci racconti chi è EMME?

Nella vita di tutti i giorni sono Matteo Mancini, una persona che ha un figlio, un lavoro, che fa la spesa e paga le bollette. EMME è la parte irrazionale, anche infantile se vogliamo. Una dimensione in cui mi distacco dalle cose materiali e mi concentro sulle emozioni, una fuga -se vogliamo- dalla vita di tutti i giorni che a parte gli affetti, per il resto è un costante imbattersi nella meschinità dell’essere umano. Ovviamente sto esagerando ma neanche troppo.

Quando, come e perchè hai iniziato a fare musica?

Ho avuto la fortuna di avere due fratelli più grandi che mi hanno introdotto alla musica quando avevo 5 o 6 anni. Avere Kurt Cobain come idolo quando frequentavo la scuola primaria è stato un grande privilegio, un imprinting di tutto rispetto 😉

Ho studiato chitarra, canto per molti anni ma la mia vocazione è sempre stata quella di scrivere. Ho iniziato a 14 anni con delle cose ovviamente oscene ma non ho più smesso e non credo che smetterò mai.

Quali sono i messaggi, le sensazioni, le emozioni, che vuoi trasmettere con i tuoi pezzi?

Io scrivo molto per me stesso, è un modo che uso per rielaborare i miei vissuti. Molto spesso trovo delle cose nei miei testi che non sare mai riuscito ad esprimere con un discorso.

Ecco, quello che vorrei trasmettere è l’importanza di trovare un proprio linguaggio, anche solo per parlare a se stessi. Mi piacerebbe che questa mia attività fosse uno stimolo per qualcuno

IN UN ALTRO POSTO è il brano con cui ti abbiamo conosciuto all’interno del nostro portale. Ti va di parlarci di quello che significa per te questo pezzo?

Banalmente questo progetto nasce anche per superare un momento difficile. Attraverso la scrittura io rielaboro i miei vissuti e mi faccio forza. In pratica è una sorta di auto terapia, in questo senso “In un altro posto” parla proprio di lasciare qualcosa di importante, di affrontare il dolore, di una scelta difficile, dolorosa e faticosa però necessaria per uno scopo più gande che è la felicità.

5. Guardando indietro, quale tappa del tuo percorso, fino ad adesso, reputi essere la più importante e significativa?

Una tappa precisa non c’è. Ogni volta che chiudo una canzone avverto una  sensazione di benessere che è anche difficile da spiegare. E’ quasi una droga e ogni volta che accade mi ripeto che non dovrà essere l’ultima. Fatto sta che belle o brutte, scrivo canzoni da 20 anni.

Cosa stai preparando, invece, per il futuro?

Altre canzoni ma soprattutto mi sto preparando per iniziare l’attività live

Giocando con la fantasia, con quale artista sogni di collaborare, un giorno? Mi piacerebbe molto collaborare con Dardust, sarebbe un grande salto di qualità nelle mie produzioni

Qual è il punto di arrivo che ti sei prefissato?

Per ora, dopo qualche anno di attività, potermi sentire di nuovo un artista, detto con la massima umiltà, è un grande punto di arrivo. Non importa quello che accadrà, ho 34 anni e un approccio diverso, non voglio conquistare il mondo, voglio continuare a risparmiare sullo psicologo grazie alla musica.

Dove ti vedi tra 5 anni?

Dove sono adesso, speriamo con la compagnia di EMME

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Il matto è il nuovo singolo di Eman

Il matto è nuovo singolo di Eman, un brano che fotografa una società in balia del consumismo e che non riesce a dare più il giusto valore alle piccole cose. Simone, un uomo che continua a guardare con disincanto il mondo che lo circonda, con gli occhi colmi di stupore di un bambino, che viene deriso dagli altri per il suo stile di vita e il suo modo di fare e che preferisce dedicare il suo tempo a godersi quanto di bello il quotidiano possa offrirli piuttosto che diventare schiavo di scadenze, file e impegni. 

Noi di Perindiepoi abbiamo fatto qualche domanda ad EMAN

Ciao e benvenuto. Se vai troppo di fretta poi vivi a metà canti in Il Matto. Quanto è difficile secondo te prendersi del tempo per se stessi in questa società della continua corsa?

Io non credo che sia complicato, immagina di dedicarti metà del tempo passato ogni giorno sullo smartphone… Siamo già a buon punto.

Un altro elemento oggetto di riflessione ne Il Matto è il consumismo. Siamo diventati schiavi degli oggetti tecnologici che usufruiamo quotidianamente. Come pensi che possiamo riappropriarci della nostra indipendenza?

Non mi riferisco solamente alla tecnologia, il concetto è veramente ampio e meriterebbe molto spazio ma cercherò di essere breve e chiaro: siamo quello che possediamo/ostentiamo; abbiamo delegato a degli oggetti l’onere di definirci, convinti che ne avessero la capacità e la profondità… e ora mi sembra che siano “le cose a possedere le persone”. Sappiamo tutti cosa c’è dietro la possibilità di avere un Iphone ogni 6 mesi: uno sfruttamento maggiore per qualcuno, un profitto esagerato per qualcun’altro, e il disagio di essere “indietro??” per moltissimi

Hai deciso di non pubblicare un video vero e proprio ma un visual dove stai in una barca. Dove è stato girato e come mai questa scelta?

E stato girato sul Lago di Endine e volevamo qualcosa che desse spazio ad altro… Il visual ti permette un approccio che con il videoclip risulterebbe più complicato: visioni artistiche senza l’obbligo della narrativa.

Quali obiettivi a breve e lungo termine ti dai dopo questo tuo ritorno e dopo essere approdato in una delle principali etichette indipendenti italiane che è la Mescal?

Abbiamo deciso di valorizzare le diverse anime e sfaccettature presenti nella mia musica dividendo il progetto in più capitoli; l’idea mi piace molto, mi dà la possibilità di non sentirmi limitato da una linea comune che i brani dovrebbero avere in un album. Ho scritto tante cose, alcune che possono sembrare diverse tra loro, ma fanno parte di me… È sempre stato così: alla domanda su quale fosse il mio genere non ho mai risposto.

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Internazionale

APE NEL PARCO: Martedì 7 a Milano, gli Addict Ameba ci conquisteranno, li abbiamo intervistati

Addict Ameba è un collettivo musicale con base a Milano, nel quartiere Casoretto. La band di dieci elementi nasce allo storico studio Il Guscio, dove è stato registrato il primo disco, Panamor, uscito a luglio 2020 per Black Sweat Records. L’esordio – che mescola afro, ethio jazz, psych rock e musica latina – è stato apprezzato e salutato con curiosità dalla critica (Musical Box Rai Radio 2 e Battiti Rai Radio 3, BBC Radio 6, Internazionale, Rumore, Zero…). Attualmente stanno lavorando al secondo disco.

Martedì 7 Giugno a Parco Sempione (zona Arena Civica) a Milano gli Addict Ameba saranno ospiti di APE, con Milangeles che curerà il dj set a seguire. APE è un collettivo che si è consolidato come una delle principali realtà milanesi, creando eventi all’aperto con l’obiettivo di valorizzare l’aggregazione sociale. In questa nuova stagione ritroveremo come sempre l’accesso gratuito, street food e drinks per l’aperitivo, concerti, djset e tanto divertimento. 

  1. Quanto è importante Milano e la scena milanese per l’ispirazione del vostro progetto? 

Milano è la nostra culla e la nostra bara, citando il grande Testori. Alcuni di noi sono nati qui, altri ci sono arrivati. Ci sopravviviamo come tutti, cercando le cose belle e creandone a nostra volta, si vedano le rassegne e i concerti organizzati da molti di noi con la Chullu. 

La scena musicale milanese è vivissima, abbiamo fratelli e sorelle in numerose band come Al Doum & The Faryds, Mombao, Il Mago del Gelato, Mefisto Brass, K^B°B° Orchestra… Da ognuno di questi progetti veniamo inevitabilmente contaminati, così come da questa città che contiene il mondo, specialmente nella nostra zona, a nord est, tra Loreto, Lambrate e via Padova.

  1. Il vostro debutto risale al 2020, anno non proprio facile per il mercato musicale. Com’è andata per voi? 

Effettivamente è stato un periodaccio, alcuni di noi sono partiti e abbiamo dovuto ricompattare la banda. Avevamo il disco pronto e nonostante l’impossibilità di promuoverlo abbiamo deciso di buttarlo fuori perché “Panamor” è un messaggio d’amore universale e pensavamo ce ne fosse bisogno. Per il lancio del disco anziché un concerto abbiamo organizzato una caccia al tesoro al parco Lambro. Ci siamo nascosti tutti e dieci e di volta in volta davamo indicazioni per trovare la tappa successiva e i premi. È finita in una gran jam e dj set… Un anno fa, quando suonare era ancora difficile, abbiamo autoprodotto un concerto sempre al parco Lambro. Sembrava un piccolo Re Nudo!

  1. In che modo il Covid ha influito invece positivamente sul destino degli Addict Ameba? 

Senza queste vicissitudini non avremmo incrociato i nuovi musicisti che ci hanno trasmesso nuova energia e nuove idee (Julie Ant alla batteria, Lorenzo Faraò al sax, Thomas Umbaca al piano, Rabii Brahim alla voce). Inoltre quel lungo stop e la voglia di tornare a suonare ci ha fatto capire quanto tenevamo a questo ensemble. Il calore del nostro piccolo ma affezionato pubblico, al nostro ritorno sul palco, ci ha scaldati non poco.

  1. Come nasce invece la vostra collaborazione con il collettivo APE? 

Alcuni di noi conoscono i ragazzi di APE dall’inizio, da quando organizzavano i ritrovi al chiosco di Pippo in porta Venezia. Li abbiamo sempre seguiti con simpatia, ci piace l’idea di dare la possibilità ai giovani di vivere lo spazio pubblico gratuitamente, creando socialità. Sono occasioni di scambio e condivisione, con una particolare cura della selezione musicale.  

  1. Programmi per il futuro?

Quest’estate saremo in tour in giro per la Sicilia, dal 13 al 22 agosto. Seguiteci per scoprire dove, di sicuro sarà una bella ballotta. Partiremo in dieci ma speriamo nell’effetto valanga, cioè di finire in mille e riconquistare l’Italia dal basso. Scherzi a parte stiamo anche lavorando al secondo disco, in uscita nel 2023… stay ameba!

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Cosa c’è nella camera dei Van Dyne

Esce giovedì 19 maggio 2022 “Vorrei“, il nuovo singolo del progetto Van Dyne, un nuovo capitolo che segue l’esordio con “Luna Park” per la band di Bologna. Si tratta di un brano che suona come un fiore che appassisce, è un quadro rimasto incompleto, è il desiderio di volerlo completare pur sapendo di non avere i colori giusti per continuare. È un brano scritto durante gli ultimi mesi di una relazione e rappresenta una piccola catarsi sentimentale racchiusa in uno degli episodi forse più immediati e diretti del primo EP della band. 

Noi come sempre non potevamo resistere, e abbiamo fatto un giro in camera loro.

(Carlo Marrone) Ho scelto un modellino del centro sociale Xm24, sgomberato due anni fa.
Xm24 per me e molti altri è stato un luogo fantastico, inclusivo e sicuro, in cui fare e fruire di musica, cultura, arti figurative e tanto altro. Si mangiava veg e a km zero, e poi corsi di italiano per stranieri, whorkshop, sala prove, palestra, ciclofficina, tutto gratis o quasi! …E che feste memorabili che abbiamo fatto!

(Lillo) Questa è una bottiglia da un litro di Laphroaig a doppia maturazione che mi regalò un mio caro amico in occasione della mia laurea. Era così buona che se ne andò via come l’acqua in pochi giorni ma decisi di lasciarne giusto due dita per un’occasione importante. Dopo aver aspettato un po’ di tempo e aver fatto passare anche le occasioni ho deciso che lascerò quelle due dita di whiskey lì per sempre, perché ci saranno sempre occasioni migliori.

(Nicola) Ho scelto un vasetto per le bolle di sapone, di quelli che compri alle bancarelle della fiera. Ho sempre avuto una passione per le bolle e da piccolo ero ossessionato dal trovare la giusta ricetta per farle più grandi e resistenti possibile, perché non sopportavo che esplodessero così in fretta. Sperimentavo miscele di detersivi e saponi vari e passavo i pomeriggi a giocare con questi composti. Adoro l’imprevedibilità della superficie delle bolle di sapone con quei turbinii che cambiano costantemente colore.

(Paolo) Questa è una baglama greca, costruita da un liutaio di Atene e regalatami in un momento di grande invaghimento per “Rebetiko Gymnastas” di Vinicio Capossela. Rappresenta in un certo senso un legame con la tradizione mediterranea e con gli strumenti e i suoni tipici che accomunano le culture che vanno dal nord Africa alla Turchia.

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Quali oggetti sono immancabili, se sei in tour con i Rumba De Bodas

Venerdì 22 aprile esce Krabu di Rumba de Bodas, per la label italotedesca Rubik Media, disponibile da questa data su tutte le piattaforme digitali e in rotazione radiofonica. È un inno alla musica africana, un inno alla vita, un viaggio musicale senza sosta alla scoperta del continente nero. Il brano, scritto dal bassista Giacomo Vianello Vos, cerca di racchiudere quanti più sapori africani mischiati insieme, dalla Tanzania al Mali, dal Madagascar alla Guinea Bissau. Ritmo, melodie e arrangiamenti incalzanti trasportano subito l’ascoltatore in luoghi caldi e potenti, vivi.  Rimanere immobili sarà un’impresa ardua: in pieno stile Rumba de Bodas!

– Giacomo Vianello Vos, bass

Durante il tour porto sempre al collo le mie 3 collane: una fatta da me, una fatta da mia mamma e una che ho comprato in India quando ci andammo con i Rumba per suonare al Sula Fest. Queste collane rappresentano i miei affetti e i miei sogni e sono per me come un promemoria che mi ricorda di continuare a viaggiare, sempre.

– Alessandro Orefice, drums

In tour ci ritroviamo sempre nelle situazioni più variegate: a volte ci capita di dormire in hotel di lusso; altre volte invece finiamo a dormire in tenda nel bel mezzo di un campo con la musica a palla in sottofondo. E spessissimo dobbiamo recuperare le ore di sonno perdute in furgone! Per cui il mio must da tour sono i miei tappi per le orecchie rosa, super ergonomici e che mi aiutano a dormire ovunque capiti!

– Rachel Doe, vocals

Gestire i capelli afro non è semplice, anzi, è un vero e proprio stile di vita! E quando andiamo in tour le cose si fanno ancora più complicate. Negli anni ho perfezionato delle tecniche per gestire i miei capelli, e tra queste c’è il prezioso foulard di seta per raccogliere i miei ricci durante i viaggi in furgone, di modo che rimangano perfetti (o quasi) anche dopo 8 ore di viaggio!

– Kim Gianesini, sax

La vita di uno strumentista a fiato è sempre sul filo del rasoio: quando meno te lo aspetti ecco che quel filino di aria che hai preso il giorno prima sul palco si trasforma in un mal di gola incredibile! Ecco perché con me in tour ho sempre il magico botticino di propoli puri spray, ottimi sia per prevenire che per curare. Qualche spruzzo e via che si soffia di nuovo!

– Pietro Posani, guitar

L’oggetto di cui non posso fare a meno in tour (e nella vita in generale) è il mio zaino con mille tasche. Dentro ci sta tutta la mia vita, insieme ad attrezzi e attrezzini per ogni situazione.

Citando il mio scrittore preferito, con uno zaino ben caricato in tour puoi fare qualsiasi cosa: da aprire una macchina a chiudere una conversazione.

– Mattia Franceschini, synth/keys

L’oggetto da tour per me indispensabile è il cuscino che mi permette di dormile almeno 7 ore su 10 durante i viaggi in cui non devo guidare. Ovviamente va abbinato a dei super tappi per le orecchie per filtrare il casino che c’è in furgone!

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JENNIFER: “Resilienza e passione” nel nuovo brano di Samuele Cara

JENNIFER è il nuovo brano del cantautore romano SAMUELE CARA uscito venerdì 29 aprile, una canzone che racconta di una ragazza cresciuta troppo in fetta, di voglia di felicità in tutte le sue forme. Jennifer che malgrado tutte le incertezze e i momenti cupi affronta la vita fregandosene del giudizio altrui, e alla fine vince. Un sound a metà tra cantautorato ed indie pop che omaggia la trazione dello stornello romano e i grandi autori italiani degli anni 70 (Rino Gaetano, Venditti, De Gregori). Una ballata intensa che racconta la voglia di andare avanti senza rimpiangere quello che ti sei lasciato dietro.

Abbiamo chiesto a Samuele Cara di rispondere alle nostre domande:

Per iniziare, ci racconti chi è Samuele Cara?

Samuele Cara nasce a Palestina, in provincia di Roma, scrivo le mie canzoni e ho iniziato a fare musica grazie a Rino Gaetano e a gli Oasis

Come hai iniziato a fare musica?

Per pure esigenza personale, ho iniziato a suonare su per giù all’età di 13 anni, poi con il passare del tempo ho approfondito meglio l’argomento e ho cominciato a scrivere per conto mio

Cosa vuoi trasmettere con i tuoi pezzi

Me stesso, vorrei far conoscere il mio mondo alla gente in modo sincero e schietto

“JENNIFER” è il tuo nuovo brano, cosa significa per te questo pezzo?

E’ una canzone importante per me, che ho voluto far uscire nonostante non sia un brano “alla moda”, una canzone che parla del coraggio di andare avanti nonostante le difficoltà.

Cosa stai preparando, invece, per il futuro?

Tanta musica nuova e magari qualche live per far ascoltare le mie canzoni

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Jacopo Nutz debutta con il singolo Mezzo bicchiere

Una cruda descrizione del presente: tacere per non avere problemi è davvero la soluzione? Jacopo Nutz debutta con Mezzo bicchiere, singolo prodotto e registrato dallo stesso Jacopo, dalle sonorità brit pop e dal testo dai forti connotati sociali. Il cantautore fiorentino si interroga sul parallelismo tra aspettative e realtà con l’immagine del bicchiere che viene visto sempre mezzo pieno o mezzo vuoto a seconda delle circostanze e del modo di interpretare i fatti.

Abbiamo chiesto a Jacopo di rispondere alle nostre domande:

Ciao Jacopo, di cosa parla il tuo nuovo singolo Mezzo bicchiere?

Il brano è essenzialmente una riflessione sulla quotidianità e su quanto essa venga influenzata dalle aspettative nostre e degli altri. In questo senso la nostra ricerca continua della felicità non rispecchia una felicità reale, ma un’idea creata per giustificare gli sforzi e le azioni che compiamo.

Chi ha realizzato il video e come si collega alla canzone?

Il video è stato realizzato da Mario Albanese Pereira, regista veramente bravo, che è riuscito ad estremizzare il concetto della canzone in una chiave ironica un po’ Tarantiniana. Se la chiave del pezzo è la quotidianità, il lavoro e la società, il video affronta in maniera surreale queste situazioni estremizzandole. Tutto questo ha reso il video molto più dinamico.

È il tuo singolo di debutto e anticiperà il tuo primo Ep, come mai hai scelto questo brano per presentarti e cosa dobbiamo aspettarci dall’ep?

Ho scelto questo pezzo come esordio perchè era uno dei miei preferiti, ma anche perchè aveva un sound elettronico, ma anche abbastanza aggressivo. L’Ep si basa molto sulla componente elettronica che si unisce a quella suonata, nel disco infatti troviamo pezzi “tosti” come mezzo bicchiere, ma anche pezzi più intimi, sempre però arrangiati in questa forma ibrida tra l’elettronico e il pop/rock. Poi in fondo c’è anche una bonus track piano e voce.

Hai prodotto diversi artisti, cosa ti convince di un artista affinché tu decida di lavorarci insieme?

Di base vivo il mio lavoro come produttore/arrangiatore con l’obiettivo di creare una comunicazione con chi ascolta, ho sempre molto rispetto del testo e cerco di far sì che la musica accompagni le parole creando una storia. In questo senso per me è importante che il modo di comunicare di chi canta o scrive le canzoni sia affine con il mio modo di arrangiare e produrre, in modo da fare sì che la storia funzioni, in questo senso devo dire che arrangiare e produrre pezzi scritti da me è stata un’esperienza molto impegnativa, anche psicologicamente

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Le 5 cose preferite di Aura Nebiolo

Aura Nebiolo il 12 maggio ha pubblicato il nuovo disco “A KIND OF FOLK“, un concentrato di puro talento jazz! Noi ci siamo fatti raccontare da lei quali sono le sue 5 cose preferite, per conoscere meglio il suo mondo.

I Giochi di Parole
A dir la verità le parole mi piacciono quasi tutte, tranne alcune come “succulento”, che proprio non sopporto. In particolare mi piacciono quelle parole che vogliono dire più cose, più concetti! Oppure combinare le parole per crearne altre.Il titolo del disco è un gioco di parole su più piani, traducendolo può significare “un tipo di Folk”, inteso come genere musicale, oppure, il significato che intendo io, “un tipo di gente”.È un gioco nel gioco perché riprende il titolo di una composizione che amo di Kenny Wheeler, “Kind Folk”.


Camminare nei Boschi
Ho sempre vissuto in campagna, ma quand’ero bambina il bosco mi faceva tanta paura. Lo vedevo buio, pericoloso, insidioso. Ora lo vedo per quello che è, insidioso sì, ma pieno di vita, di incontri ed incastri. In “Frequenze Armoniche” ho cercato di tradurre queste sensazioni in note.Poi mi dite se ci sono riuscita o a cosa vi fa pensare questo brano!


Le Ombre
Adoro il sole in faccia, quella sensazione di calore che ti pervade da fuori a dentro. Ma trovo molto più interessante ciò che la luce fa alle nostre figure, le allunga, le deforma. Può renderci dei mostri o delle fate, con le mani.Di luci e ombre è impregnato tutto il disco, sono concetti che tento sempre di coniugare all’interno delle mie composizioni. 


Il mio disordine
Senza il mio disordine non sarei io, e non sarebbe nata l’introduzione di Good Roots. Nel mio disordine c’è sempre tutto quello di cui ho bisogno, basta trovarlo! Ma la ricerca è sempre una di quelle cose che mi appassiona.
Ps: adoro il mio disordine, non quello altrui eheh

I gatti
Questi esseri così indipendenti, fieri, che sopportano il dolore e lo mascherano con indomito coraggio. Anche pigri e spesso indolenti.Avevo un gatto con un naso grigio, che ha vissuto con fierezza fino al suo ultimo giorno. “Grey Nose” è per lui e per il suo coraggio.
Che di coraggio ne vorrei anche un po’ io per affrontare le parole che a volte non so gestire, le insidie e gli incroci intricati ed intriganti dei boschi, le ombre e il disordine della mente.