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Tommaso Paradiso ci mostra disagio e romanticismo in Space Cowboy: la recensione

Lo aveva annunciato quasi due anni fa e doveva intitolarsi Sulle Nuvole, ma a causa della pandemia, oltre a slittare, quest’album ha anche cambiato nome. Parliamo di Tommaso Paradiso, che pubblica il suo primo album da solista, dopo essersi separato dai Thegiornalisti nel 2019. Space Cowboy èuscito a mezzanotte il 4 marzo per Islands Records e Universal Music Italia, contiene 11 brani, di cui 7 inediti. Dopo essersi guadagnato un posto importante nella scena indie italiana, con questo lavoro è deciso ad affermarsi nella musica pop: tante le nuove sonorità, a volte tendenti al rock e alla musica anni Ottanta. In questi brani c’è un po’ di tutto, non manca la quotidianità, da cui il cantautore romano prende sempre ispirazione, troviamo un po’ di registi, attori, scrittori e così via. Come lo stesso Tommy ha affermato più volte, il citazionismo fa parte dell’arte, ma lui non si limita al copiare, per lui è fonte di creatività e di rinnovamento. Per l’uso del basso, per esempio, si è ispirato a John Lennon. Il filo conduttore è in primis il disagio, soprattutto quelloche prova nel vivere in questo mondo, fatto di ipocrisia, egoismo e violenza. L’altro tema fondamentale che non può mai mancare nei suoi brani è l’amore, per la vita, per gli amici e per la sua Carolina, musa ispiratrice. La penna ormai riconoscibile di Tommaso è caratterizzata da nostalgia, difficoltà quotidiane, malinconia, sensibilità, delicatezza, romanticismo e desiderio. Con parole semplici e mai banali ci racconta con naturalezza la normalitàche spesso non consideriamo, ma una volta ascoltata prendiamo consapevolezza che questa è parte di noi, e deve essere vissuta così com’è.

Ma perché il titolo è proprio Space Cowboy? Tommaso ama i film di Sergio Leone e non solo, tutti i western e quelli dell’immaginario dei cowboy americani. Il “cowboy dello spazio” è una proiezione di sé stesso, a volte malinconico, agitato dal continuo disagio ma pur sempre romantico e sognatore.

 La pubblicazione di Space Cowboy è stata anticipata dall’uscita di Tutte le notti, prodotta da Dorado Inc. e dai singoli Magari No (disco d’oro), La Stagione del Cancro e del Leone e Lupin, che sono contenute nell’album. Quindi, gli altri brani, quali, Ricordami, certificatodisco di platino, Ma Lo Vuoi Capire, disco d’oro, I nostri anni, anch’essodisco d’oro, e Non avere paura, entrato nella Top Ten di tutte le classifiche (FIMI/Gfk, Spotify, Airplay EarOne, iTunes e Apple Music) e certificato triplo disco di platino, non fanno parte di Space Cowboy.

Tutti i brani vedono la produzione di Enrico Nardelli già al fianco di Gazzelle, Ligabue e Colapesce-Dimartino. L’album è stato registrato in Costiera Amalfitana, davanti al mare, che per Tommy è sempre un elemento d’ispirazione; a volte si sentono suoni di cicale che ha voluto tenere così, senza modificarli o eliminarli.

L’album si apre con Guardarti Andare Via. Il brano parte lento, dolce, ed esprime alcuni semplici desideri del cantautore, la sua pura quotidianità: la ragazza che esce, lui non sa cosa fare se non continuare a guardare film sulla Rai, aspettando che torni. Lui non può cambiare questa elementare consuetudine, se non guardarla andare via e cercare emozioni nel cielo. “Non sarà così impossibile/ Sorvolare l’oceano/ Rispetto al male che mi fa/ Guardarti andare via

Proseguendo l’ascolto parte Amico Vero feat. Franco126, unico featuring dell’album. Non a caso il brano vede la presenza dell’amico Franchino, amico di vecchia data e autore del precedente successo Stanza Singola. Ritornano i soliti disagi in veste diversa: Tommaso ama l’estate, il mare, il caldo, ma odia il traffico e le lunghe code. Qui parla di due ragazzi che ad agosto sono ancora a Roma, fa un caldo torrido, la città è deserta, si sentono al telefono e si mettono a girare l’Italia, ovunque la macchina li porti. Dice all’amico di sbrigarsi per andare al mare, perché ci sarà la coda e che magari trovano qualche “ragazza che ci sta”, ma se va tutto storto non c’è di cui preoccuparsi perché in fin dei conti nulla è più importante dell’amicizia. Basta infatti la compagnia di un “amico vero” e magari una bottiglia da bere in due, per stare bene. “Mentre andiamo senza meta / Ma con il serbatoio pieno / Io sto bene anche così / Con un amico vero”.

Magari no è un brano di nostra vecchia conoscenza, pubblicato il 15 novembre 2021. Qui si possono sentire le tastiere, l’elettronica e un ritmo forte. Ci sono poi i cori sullo sfondo, le doppie voci e un ritornello che entra subito in testa. Il tema è la malinconia e il cantautore ricorda questa storia d’amore, che sembra avere una crisi, con nostalgia. “E non dirmi davvero che ti risveglierai lunedì/ Senza un casino nel petto, un casino nel letto / L’ultimo pacchetto e poi magari smetto / O magari no”. A volte nella più comune quotidianità si finisce per non essere più capaci di trovarsi e capirsi. I momenti della vita in questo brano sono descritti con concretezza. Paradiso non riesce a dormire, va in giro e ripensa ai momenti vissuti assieme, mentre beve una Coca-Cola in autogrill con la musica a palla per restare sveglio. Ciò che resta, alla fine, è la certezza che “tanto domani il sole arriverà”. È una certezza che si manifesta solo sul finale, forse per consolare l’ascoltatore, perché magari l’amore non è ancora finito, avrà ancora una chance per rinascere. O magari no.

Lupin è di nuovo scappato” canta nel singolo Lupin lanciato lo scorso gennaio. Parla anche qui di cose comuni che potremmo vivere o che abbiamo vissuto: un normale giorno qualunque… “Ma che splendida normalità“! La normalità che in questi due anni di pandemia è cambiata, anche le piccole cose ora dovremmo apprezzarle di più: rivedere un amico, prendere aria fresca, guardare la pubblicità con spensieratezza, bere una bibita insieme o stare da soli, perché in fin dei conti bisogna bastarsi anche da soli. Nella solitudine però c’è sempre qualcosa con noi, con Tommaso c’è sempre il suo pianoforte. Lupin è un po’ lui mentre, in qualche modo, si divincola dalla realtà e fugge verso l’immagine serena di normalità.

La Stagione Del Cancro e Del Leone è quella tipica hit estiva che vede la sua firma, la sentiremo sicuramente in spiaggia la prossima estate.  Il singolo però è stato pubblicato a dicembre proprio per incentivare il sentimento di malinconia. Tommaso ha detto che “questa canzone non è stata scritta per l’estate, ma per l’estate che abbiamo dentro anche d’inverno”. La malinconia dell’estate, del caldo, dell’aria fresca: tutto finisce, la messa, la scuola, iniziano le vacanze e i mesi estivi, inizia la stagione del cancro e del leone! “E non posso stare male / quando gli amici stanno bene / e quando tutti vanno al mare / con le facce rilassate”.

Space Cowboy è la title track dalle sonorità dolci e sembra uscire da un jukebox. Tommaso ci dice che piange sempre per gli stessi film, cita il mito americano ma ci dice che l’America è bella vista da lontano, infatti ha sempre Vasco nel cuore. Come al solito, odia l’inverno tanto che anche la neve vuole vederla da lontano, se fosse per lui vivrebbe in estate, con il sole che splende in cielo e il vento caldo della sera. La vita è così bella nella semplicità, ammirare con i propri occhi la luna non da dietro un cellulare. “Sono solo un vaccaro che ama guardare il cielo / Sono solo / Uno Space Cowboy”.

È solo domenica è un brano lento e nostalgico, ispirato alla perdita di un amico, è difficile paragonare quel senso di vuoto domenicale con una scomparsa. Tommaso ha difficoltà con il lunedì e lo sappiamo bene, quando cantava “Il lunedì mi fa male / dalla scuola elementare”. Questo giorno gli ricorda la scuola e le interrogazioni, che gli provocavano ansia già la domenica. Pur essendo cresciuto, però, collega l’ultimo giorno della settimana alla fine di qualcosa e questo provoca in lui agitazione e smarrimento. “Che quando il giorno dopo mi sveglio / oh-oh / Sono pronto a pagare il prezzo / Tanto è solo domenica”.

Segue Silvia, un brano che ti entra subito in testa, dal sound rock. Silvia è la metafora della spensieratezza, della vita che passa: la scuola finisce, inizia l’estate e ci si alterna tra uscite con gli amici, giornate al mare a bere, ballare e divertirsi, trovare un amore o fare baldoria. “Per capire che la vita dura solo un’estate”. Bisogna vivere i momenti anche quelli in cui, noi come Silvia, ci sentiamo soli. Come dice Tommaso, “l’unica arma che ha l’uomo che vive una tragedia è fare una commedia della propria vita. L’alternativa è la rassegnazione”.

Arriva la volta di Tutte le notti, una sincera lettera d’amore scritta per la persona che è nei suoi pensieri, cosa sarebbe la vita senza di lei? La sogna ogni notte e sogna di vedere con lei tutti i film di Fellini e andare a cavallo insieme come i veri cowboy. Un altro desiderio è allontanarla da questo mondo violento, quale il conflitto che stiamo vivendo o le crudeltà della vita come le malattie. “Vorrei vederti ballare in una discoteca / A piedi nudi sulla macchina fino a dentro casa / Separarti da questo mondo violento / Che non è il mio, non è il nostro, ne sono certo”.

Vita è il racconto della vita di Tommaso. Ha un gruppo su WhatsApp che si chiama proprio Vita, dove ci sono tutti i suoi migliori amici. Si incontrano tutti allo stesso bar per discutere se qualcuno di loro ha un problema. “Tanto questo bar non chiude mai / Ci sono gli amici tuoi / Questo bar pieno di guai / Di vita e non di eroi”.

A chiudere il disco è Sulle Nuvole, brano che doveva essere la title track del disco ma che è diventato la colonna sonora del film che uscirà a fine aprile in tutte le sale cinematografiche italiane per Warner Bros e che si intitolerà proprio Sulle Nuvole. È un brano classico e cantautoriale, si parla di quotidianità, quella che ci racconterà anche nel lungometraggio.

Buon ascolto!

Intervista di Veronica Piri

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Cosa c’è nella camera di Dada Sutra

Esce venerdì 25 febbraio 2022 in distribuzione Artist First “big boy“, il singolo di debutto del progetto dada sutra (ex Sandra Vesely). Un brano ossessivo e disturbante che suona come uno schiaffo in faccia, ispirandosi a personalità del calibro di Nick Cave e PJ Harvey. L’immagine della violenza sessuale in qualche forma è stata presente, da subito, anche nella parte strettamente musicale della canzone, che è nata da un’improvvisazione insieme al pianista e compositore Vincenzo Parisi: il titolo provvisorio quando ancora non aveva un testo era “Buonanotte, Miss Greenlee”, in riferimento a una famosa necrofila.

Noi per l’occasione siamo stati a casa sua, ed ecco cosa ci ha mostrato!

Tanpura elettronica, comprata dopo un corso a Madrid con la cantante Fátima Miranda. Ha un suono orrendo e un’estetica abbastanza trash e mi piace anche per questo. La uso per una pratica vocale indiana di cui non ricordo assolutamente il nome ma che è utile per esercitare il respiro, l’ascolto, sviluppare gli armonici.

Merchandise di Nick Cave. Molto divertente. Ho anche un plettro con su stampata la faccia di Warren Ellis, da vera fanatica.

Beh, questo è un dildo d’acciaio. A parte l’utilizzo pratico, che eventualmente posso dettagliare in privato, lo trovo un oggetto particolarmente bello.

Questo è in casa mia solo temporaneamente. È un prestito di Andrea Lombardini, che è una delle autorità massime sugli effetti per basso, e comunque su qualsiasi cosa riguardi il basso elettrico. È un boost analogico al germanio, fichissimo.

Bonus gatto. Probabilmente non conta come oggetto ma è molto fotogenica. Si chiama Milli Vanilli, cerca di mangiarsi qualsiasi genere alimentare trovi in casa e ha una specie di tic masturbatorio per cui appena le dimostri un po’ di affetto comincia ad auto-succhiarsi un capezzolo.

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La folle festa dei Little Pony è ciò di cui avete davvero bisogno

I Little Pony sono una folle realtà, che il fatto che non siano famosissimi li rende già indegni per il suolo italico e in questo periodo di sospensioni e rinascite, hanno pubblicato da poco un nuovo album dal titolo “Voodoo we do“: un rito pagano, una festa sfrenata, la perdita completa di inibizioni dopo due anni di reclusione, l’ultimo rave a cui non siete andati per pigrizia, prima che scoppiasse il Covid, quello che avete sempre rimpianto, dannatovi l’anima dopo l’ennesimo “andrà tutto bene“. Che sia andato tutto bene, almeno per me, egoisticamente, è stato vero, ma allo stesso tempo mi è sembrato di invecchiare almeno 10 anni in questo periodo. Mi sono dimenticato le feste in casa, mi sono dimenticato le corse in macchina per andare ai concerti, mi sono dimenticato le nottate in stazione e tutte le relative conseguenze. E non solo mi sono dimenticato di tutti quei prima, mi sono reso conto che forse non me ne importava neanche più molto, forse ero grande ormai.

Ed eccomi qui, in macchina perchè devo portare una cassettiera trovata ad un mercatino dell’usato ad un amico che è appena andato a convivere, un regalo da trentenni per una vita da trentenni. Dannati noi millenials che il Covid ci ha trovato giovani e ci ha ritrovati sull’orlo dell’avere una famiglia nostra. Ed ecco che inizia la prima traccia CPC che mi colpisce come un pugno in faccia e mi torna tutto dentro: la voglia di fare letteralmente schifo, l’alcol, le biciclettate, la casa incasinata, Giacomo sul divano, Anna che mi perdona e che non mi lascia perchè sono noioso. Voodoo we do si rivela essere un rito doloroso che ti fa tornare ai momenti migliori della tua vita, quelli per cui pensavi di non essere più tagliato.

Canzoni scritte in viaggio, riflessioni sulle ossessioni della modernità e le stregonerie da social… Un rito magico, potente come solo i bambini possono immaginare, per scacciare via il superfluo, il compulsivo, l’ostinata arroganza dell’omologazione coatta delle interazioni nelle piccole e grandi cose del quotidiano. I Little Pony non fanno jazz, non fanno rock, non fanno hip hop nè punk o spoken words su basi funk disco rap; i Little Pony sono fuori moda e fuori dal tempo. Il disagio ha un suono ironico, cupo e rabbioso mentre balla: i Little Pony fanno Voodoo.

Con questo mix unico di ansie e sospiri, di rock e jazz, di punk e tratti rap, Voodoo we do è per tutti noi che c’eravamo dimenticati com’era divertirci, che non ci facciamo una canna da mesi e che forse vogliamo tornare ad essere cool prima di essere boomer. Questo disco fa tornare la voglia di vivere.

CM

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Marchettini: nelle sue canzoni kg di incertezze, Milano inferno e messaggi vocali

Marchettini è uno di quegli artisti la cui cifra stilistica e distintiva si può racchiudere dietro alla sua città: come dichiara in Milano Inferno, servendosi di una poetica urbana, la sua dimensione è costituita da mari di strade, rumori di ambulanze, e un senso di dispersione e impotenza, causato da una metropoli che ti guarda dall’alto e ti inghiotte. Il brano, uscito nel 2021 come singolo, e poi confluito nel suo primo album – Odiarsi Male, può essere considerato il biglietto da visita del cantautore di Varese, classe 1995, la cui scrittura si caratterizza per essere un’istantanea di ricordi e momenti cristallizzati nel tempo: ritratti di una quotidianità raccontata in un modo talmente trasparente da diventare universale.

La penna di Marchettini si contraddistingue per essere il risultato di un mix tra cantautorato old-school e nuova musica italiana, in cui suoni hip hop, elettronici e rimandi lo-fi si mischiano a creare uno stile poliedrico e personalissimo.

L’originalità che lo caratterizza emerge anche in occasione della sua partecipazione a #curiamocidimusica, progetto a cui aderisce nel 2020, e che gli permette di entrare nelle fila di Believe Music partecipando al programma Signed By, offerto da TuneCore Italia. Questo servizio offre agli artisti emergenti un team specializzato nel settore musicale, che li supporti in ogni fase della propria carriera; inoltre, grazie a questo progetto, gli artisti hanno la possibilità, nel futuro, di firmare un contratto proprio con Believe Music.

Da questo momento la sua storia con la musica diventa una cosa più seria: una prospettiva di futuro che dai sogni sembra spostarsi al piano della realtà. Grazie a Signed By si circonda di un team di lavoratori specializzati nel settore, e inizia ad elaborare, con loro, un progetto artistico articolato con strategie pensate ad hoc. A parlarci di questo cambiamento, nella sua musica, è Marchettini stesso, che afferma di essere passato, così, dall’essere un artista emergente alle prese con tutti gli aspetti della sua musica, al sentirsi un vero professionista circondato da un team.

“Il mio consiglio agli artisti emergenti è di essere sempre rispettosi, gentili e generosi con i collaboratori che vi sostengono. Ho davvero dovuto riporre la mia fiducia nel team di Believe per finire il lavoro in tempo. Ma, allo stesso tempo, siate sempre onesti innanzitutto con voi stessi e abbiate fiducia in quello che fate, perché il lavoro duro dell’artista dà sempre i suoi frutti”.

Il cantautore viene notato anche da Spotify nella pubblicazione dei suoi singoli; e così, si ritrova in più occasioni ad essere inserito in playlist importanti, come Indie Triste e Scuola Indie, per la quale gli viene dedicata la copertina in occasione dell’uscita di Luna, il singolo che conta più di 1 milione di ascolti. Dopo questi traguardi, Marchettini si classifica, nel 2021, tra i semifinalisti del Premio Fabrizio De André XIX – sezione Musica.

Nel brano Luna, che prende la veste di una lettera di scuse, Marchettini si ritrova a scrivere, nel giro di pochi versi, una confessione universale, che potremmo ritrovarci a fare tutti, verso la persona che ci vive accanto, costretta il più delle volte a vivere la parte peggiore di noi. Proprio contro i mostri interiori, l’artista si trova in una costante lotta, dalla quale la parte peggiore di sé emerge periodicamente dallo specchio, a ricordare contro chi, e perché, si combatte:

Sarebbe bello smettere per un secondo / Di perdersi nel centro e guardare il contorno / Che fanno un po’ più male i tagli sulle dita / Quando ti piove dentro tutta la fatica / Sarebbe meglio, me ne rendo conto / Riuscire a fare pace quando hai tutto contro / Invece di combattere una guerra persa / E fare a pugni sì, ma con l’immagine riflessa / E lo so che non è la versione migliore di me / Quella che vedi tu / E lo so che la parte peggiore non fa più per te / Per te che vivi sulla Luna.

I versi di Luna dimostrano come l’artista riesca a incidere, nei suoi brani, significati quasi metafisici e carichi di emotività: la sensazione di non essere abbastanza contraddistingue i giovani della sua età, in una costante lotta contro il tempo alla quale li costringe la società in cui viviamo. In questo modo, Marchettini diventa di diritto il cantautore hip-hop dei mostri interiori della sua generazione. Ed è forse proprio questo il motivo per cui ci piace tanto.

di Chiara Grauso

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Elettrogruppogeno: Come si crea un videogioco a partire da una canzone

La mia ragazza è una nerd è la canzone perfetta per introdurre il pubblico al mondo dell’Elettrogruppogeno. Non è un caso quindi che la prima canzone che abbiamo deciso di registrare in studio sia proprio questa. 

Avevamo portato una demo chitarra, batteria e voce, ma grazie agli arrangiamenti di Samuele Cangi e Tommaso Giuliani (BlueMoon Rec Studio) il pezzo si è arricchito di un sound modern-retrò che si sposava perfettamente col contenuto della canzone. Una volta ascoltato il risultato finale, abbiamo avuto la folgorazione: con quel sound, quei riferimenti e quella tematica, dovevamo farne un videogioco. Nella scelta ha aiutato il fatto che Andrefuoco, quando non indossa la sua tutina, è un ingegnere informatico col sogno nel cassetto destro di fare il creatore di videogiochi. Per fortuna poi nella vita ha scelto di perseguire il sogno nel cassetto sinistro… 

Purtroppo però dalla programmazione semplice a quella specifica di videogiochi c’è un bel salto. Abbiamo quindi capito che senza dei collaboratori non saremmo andati da nessuna parte. Nello specifico dovevamo trovare degli addetti sia per la parte grafica che per lo sviluppo vero e proprio: dopo una lunga ricerca abbiamo deciso di collaborare con Veruska Ceruolo (illustrazione) e Simone Bastiani (ZilpioGaming). Andrea (l’alterego di Andrefuoco) invece ha fatto da coordinatore e direttore dei lavori, stilando le specifiche del progetto e cimentandosi quando possibile con la pixel-art. 

A quel punto abbiamo discusso l’idea iniziale: vista la quantità di citazioni esplicite e implicite nella canzone, sarebbe stato bello realizzare una sorta di platformer nella quale il protagonista avrebbe dovuto saltare a tempo di musica mentre tutto intorno a lui “succede quello che dice la canzone”. Per fortuna esistono le femmine, e Veruska (che è in effetti una femmina) ci ha fatto notare che sarebbe stato molto più efficace realizzare il videogioco dal punto di vista della ragazza, scelta che avrebbe rispecchiato meglio lo spirito della canzone (che comunque descrive una ragazza molto emancipata) e ci avrebbe fatto evitare il cliché del cavalierechesalvaladonzellainpericolo.

Dal lato grafico la difficoltà principale è stata la mole di lavoro: abbiamo infatti deciso di creare il mondo del videogioco da zero, quando generalmente la “scelta facile” è quella di utilizzare gli asset (i.e. le immagini singole) royalty-free che si possono trovare su internet. Invece no, abbiamo mantenuto la linea dura e ora possiamo dire che ci sono più pixel posizionati a mano in questo videogioco che granelli di sabbia a Livorno!

Per lo sviluppo invece la sfida più interessante che abbiamo dovuto affrontare è stata quella di far rimanere il giocatore sempre in sincronia con la canzone, infatti ci siamo accorti presto che far mantenere velocità costante al main character era impossibile se volevamo mettere un minimo di variabilità nel livello (ostacoli, terreni diagonali…). Con l’aiuto di Simone abbiamo realizzato un escamotage degno delle migliori serie TV degli anni ‘90: invece della ragazza, a muoversi in sincronia con la canzone è un punto che scorre a velocità costante chiamato PIVOT. La ragazza cerca sempre di minimizzare la distanza da questo punto, quindi aumenterà o diminuirà la velocità per tornare in sincronia con la canzone!

Vedere il gioco realizzato dopo che lo avevamo ideato quasi per scherzo anni fa è stata una grande emozione di cui siamo tutti molto soddisfatti.

Il videogioco è disponibile sul Play Store oppure online direttamente a questo link: https://zilpio-gaming.itch.io/la-mia-ragazza-una-nerd 

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Quanto lontano possono portare una chitarra e la pura curiosità? Ce lo racconta Francesco Morrone

La sensazione che affiora sentendo per la prima volta Le Mani, il nuovo pezzo di Francesco Morrone, è quasi quella di star ascoltando un cantastorie di altri tempi, dedito a raccontare avventure ed emozioni di persone conosciute in ogni dove. Come se fosse musica popolare, ma che non appartiene a nessun popolo. 
La canzone è composta solo da voce e chitarre, ma in sottofondo si riesce quasi ad immaginare il rumore delle onde, o il fruscio delle foglie, protagonisti del viaggio che Francesco ha iniziato quasi tre anni fa, con l’uscita del suo primo progetto, Ripartendo Adesso, e che, quasi per caso, non è mai davvero finito. 
La musica che ci regala è figlia delle esperienze crude e viscerali di un uomo che si sente a casa ovunque vada, e che trova in un foglio ed una chitarra l’unico modo giusto per raccontarne le peculiarità. 
Abbiamo avuto l’occasione di farci raccontare qualcosa di più sulla sua vita e la sua arte, e non ce la siamo fatta scappare.

Come hai deciso che la scelta giusta per te sarebbe stata quella di trascorrere un periodo della tua vita senza riferimenti geografici precisi?

In assenza di scelte ho preferito partire senza avere una meta precisa, lo spirito nomade è una parte prevalente del mio carattere, ricordo da bambino viaggi esplorativi brevi. Non credo sia solo un periodo ma una costante, ho la mia casa natale ma non mi sento veramente a casa, vagheggio, non posso controllarlo. Riconosco il mio perché di questo tanto vagare, per me è più che sufficiente.

Che rapporto hai con le terre che calpesti nei tuoi percorsi? Che sensazioni ti trasmettono?

La curiosità ha la meglio sul mio lato razionale quindi cerco in tutti i modi di scoprire la storia di un luogo, conoscere i personaggi “storici” di un paese, trovo piacere ad avere conversazioni lunghe con gli anziani, sono libri di storia viventi. Cito il lato razionale perché delle volte la mia curiosità mi mette nei guai.

Da quando hai deciso di intraprendere questo stile di vita il tuo approccio alla musica, il tuo modo di scrivere è cambiato?

È radicalmente cambiato, in origine avevo un approccio prettamente estetico, ho cambiato il mio modo di scrivere, di raccontare, di vivere la stesura di un testo. Ad oggi è strettamente legato ai viaggi, alle esperienze viscerali con anime così pure da potergli leggere la vita dagli occhi.

Il brano appena uscito, Le Mani, ha una durata importante per la media delle canzoni che siamo abituati ad ascoltare. È stata una scelta voluta?

“Abitudine” una parola che mi incuriosisce molto, è così equilibrata, bene ho cercato di rompere questo equilibrio, ho intrapreso questo viaggio con artisti che stimo e che a loro volta stimano la mia dimensione. È stata una decisione che ha seguito un flusso, avevo la canzone chitarra e voce il vestito è stato cucito dalle emozioni da uno spirito figlio di anni di viaggi, non abbiamo badato alla durata ma alla completezza del viaggio.

Nel pezzo la strumentale ha un ruolo preponderante. Nonostante la delicatezza delle chitarre, la loro presenza è imponente e abbracciano le tue parole in modo impeccabile. Come sviluppi un brano solitamente? Hai un processo definito?

Lasciatemi citare i compositori di quest’opera, che sono L’ennesimo e Andrea Principato. Le chitarre sono l’anima di questo disco e se non ci fosse stata la presenza di Andrea l’anima sarebbe stata un’anima a metà. Nella fase embrionale la canzone si sviluppa semplicemente chitarra e voce, solitamente sono immerso in luoghi isolati dove mi è più semplice essere me stesso, nudo. Sono flussi di coscienza, le canzoni, i testi esistono già dentro di me devono solo prendere forma.

Riusciresti a definirmi la tua “guerra da sfamare”?

Non mi è possibile definirla, la riconosco quando si presenta, mi soffoca. Devo continuamente alimentarla per riuscire a placarla.

Ogni artista decide di fare musica per una motivazione diversa ed estremamente personale. Qual è la tua?

Il mio perché è il viaggio, che a suo modo si manifesta in diverse forme. Un viaggio può essere un tramonto, un bicchiere di vino con uno sconosciuto che ti racconta la sua vita dal fondo del bicchiere, può essere il silenzio che ti trasporta in dimensioni inesplorate della mente.

Potrebbe risultare una domanda banale, ma nel tuo caso forse lo è meno. Dove ti vedi tra cinque anni? Pensi che questa fase della tua vita sia legata ad un momento che potrebbe terminare nel prossimo futuro?

L’unica certezza del futuro è l’incertezza, e va bene così.

Grazie di averci dedicato il tuo tempo ed in bocca al lupo!

Grazie a voi ragazze, siete una realtà che ha un’anima, non vi perdete nelle logiche di un mercato illogico.

 Intervista di Ilaria de Guidobaldi

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Le cinque cose preferite dei Tales Of Sound

Il 14 gennaio è uscito “Paura”, il terzo singolo dei Tales of Sound. Il trio di Vicenza, seguendo lo stile dei precedenti brani, metto a nudo le proprie fragilità in un brano molto attuale che parla proprio della paura dell’altro.  Ci scontriamo tutti i giorni con una realtà che ci sta dividendo e allontanando sempre di più dagli altri. Questo sentimento, questa paura, è come un urlo che rimbomba nelle nostre teste. I Tales of Sound non si nascondono dietro la maschera dei supereroi, tutt’altro. Il loro scopo è raccontare storie reali, di persone fragili.

La natura ci dona di uno strumento che definisce il coraggio: la paura. L’istinto che sovrasta tutti gli altri con lo scopo di preservare la specie da ogni pericolo. E se quest’istinto si manifestasse proprio in presenza della tua stessa specie? Il circuito mentale genera panico, paranoia, allucinazione dissociative.  Paura è un delirio fobico che racconta il terrore di essere umano fra umani, senza sentirsi tale. Racconta il percepirsi come inferiore, debole, sbagliato rispetto alla sfavillante massa che plastifica la propria esistenza. Il timore di essere vivo e considerarlo già una conquista. Paura è indossare un sorriso di circostanza che nasconde urla di disagio. “Pillole Acide Urlano Rabbia Asettica”, soffocati dall’inevitabilità di questa vita“, così il trio descrive il proprio brano.

Noi per l’occasione abbiamo chiesto loro quali sono le loro 5 cose preferite.

(risponde Samakruss)

Tutta la discografia di Giorgio Gaber.

Il Signor G, con le sue canzoni, mi ha spiegato come funziona il cuore. La meraviglia e lo schifo che si annida dentro le persone. Da l’inquietante “io se fossi Dio” (potente ancora oggi), dove rivedo l’antica ostilità sociale e difficile comprensione dell’uomo becero ed egoista, alla leggera “Barbera e Champagne” che ti lascia l’amaro in bocca della disparità sociale accomunata dal calcio e l’amore. Canzoni, monologhi, interventi. Nella sua carriera credo ci abbia donato tutto il suo sapere senza che fossimo pronti. Ancora inarrivabile.

Pasolini

Niente mi ha creato tanta confusione, dolore e attrazione come le opere di Pasolini. In particolare, Salò e le 120 giornate di Sodoma. Il film rende in maniera disturbante, vera e cruda la natura umana. Inutile nasconderci dietro a perbenismi di sorta, tutti si tenta di divenire persone socialmente accettabili ma allo stesso tempo tutti coltiviamo una macabra verità che nascondiamo nei più reconditi pensieri.

Doctor Who

Qualche “whovians” mi ucciderà ma, non intendo la serie classica. In particolare, con Tennants e Capaldi, Il dottore è il personaggio che, di stagione in stagione, è così umano da farci comprendere perfettamente il fatto che sia alieno. Così umano da non esserlo. Sensazione a cui a volte mi sento davvero vicino. Cuore, coraggio, decisioni, famiglia, solitudine, paura. Tutti stati emotivi che fra un viaggio spaziotemporale e l’altro, il dottore ci insegna ad affrontare. 

HellBlazer e Spawn

Fumetti che ho scoperto per sbaglio in adolescenza e che hanno rafforzato in me il concetto fluido di bene e male. Dal buon John Constantine, tabaggista spediscidemoni dal senso dello humor delizioso, ho appreso come ci siano sfere di correttezza nell’agire. Soprattutto, ho capito come la redenzione è un ottima strada da intraprendere nella vita ma che, che lo si voglia o meno, diviene nel tempo una banale pausa dal prossimo passo falso. Quindi conviene arrendersi? No, conviene provare fin che il tempo ci è concesso. Da Al Simmons, Spawn, ho imparato che fare patti con Malebolgia non è conveniente. Che devi capire per chi lavori prima di finire a guidare orde di demoni in nome del male. Che l’amore non ha dimensione o tempo, è una scelta che se vera va oltre l’eternità. Ultima cosa, anche sei brutto e tendenzialmente non buonissimo, niente ti impedisce di agire per il bene di qualcuno. Non di tutti.

La musica

In un verso scrivevo “la musica è mia madre, ed io ho peccato d’incesto”. Non riesco a spiegarlo troppo bene. Posso solo dire che nel mio caos interiore la musica si allinea al mio animo a seconda del periodo storico. Come amica non mi ha mai deluso, l’ho sempre trovata lì vicino a tenermi la mano nella gioia e la tristezza. Come amante è decisamente una peripatetica. Può toglierti il fiato come abbandonarti e riprenderti quando vuole. Quando fa l’amante, non ho volontà. Come madre, mi rigenera con qualità di umano diverse. Come se mi buttasse in un turbinio di genesi perenne riportandomi a nuova vita dopo 3 minuti di qualche frammento di se stessa.

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I Listrea hanno pubblicato un disco che è un vero e proprio thriller psicologico

Era dai tempi dei Verdena che non mi innamoravo così di una band, in un modo così viscerale e sincero. Mi ricordo ancora com’era andata: era il periodo di Emule e ci si passava intere discografie su pesantissimi hard disk che facevano il giro di Milano passando da uno zaino all’altro. In uno dei momenti più fortunati in cui l’hard disk toccò a me ci trovai dentro Il suicidio dei samurai, e lì cambio tutto. Mi ricordo come quel disco, più che una serie di file che mi tenevo nel mio iPod, era diventata la colonna sonora di quel 2004 così complicato (come tutti gli anni passati al liceo). L’angoscia di quello che stavo vivendo si mischiava alle chitarre di Alberto Ferrari e mi soffocava ogni volta che partiva Luna. Inutile dire che i Verdena sono tra le mie band preferite, anche oggi.

Con i Listrea e il loro album di debutto Formicolio è andata più o meno allo stesso modo, un disco che arriva quasi per caso, e quest’ansia generale causata dai tormentoni estivi di Sanremo che finalmente esplode alle prime note di Steso in carmine. I Listrea, con una maturità musicale incredibile, mischiano più genere, in un frullatore che sta per esplodere. Non è stata una settimana facile questa in cui ho ascoltato Formicolio, perchè la nebbia, il freddo milanese e l’angoscia di questi testi surreali tendono a conquistarti e a non lasciarti più andare. Ho vissuto in un thriller psicologico popolato dalle persone della mia vita, dai visi distorti e la voce falsata. Formicolio è un incubo ad occhi aperti, di quelli dilatati che tengono il pubblico in tensione fino al colpo di scena. Formicolio è il cinema di Gaspar Noè ambientato in Brianza, il più allucinato dei numeri di Dylan Dog.

Mi mancava sentirmi così, mi mancava trovare un disco in grado di turbarmi, un disco che nasce nell’intimità più estrema di una cameretta, perchè sembra quasi che i dischi da cameretta non esistano neanche più. Durante quest’ultima estate infatti, la band lombarda, inizia la scrittura di un nuovo nucleo di canzoni, registrate e prodotte completamente in home recording l’inverno stesso. “Formicolio” svela quindi un disturbante mondo che ci riporta nei locali sotterranei e nel cuore della scena musicale underground: un mondo nostalgico che mischia elementi di noise, psichedelia e progressive e che ora, dopo una pandemia globale, ci sembra fantascientifico e sconosciuto. Da non perdere per nessun motivo al mondo, mi ha salvato dal periodo di Sanremo.

CM

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Internazionale

Cosa c’è nella camera di Raele

Esce giovedì 20 gennaio 2022 per Le Siepi Dischi e in distribuzione Believe Digital rame“, il singolo che segna l’inizio del nuovo percorso di Rachele Marinelli come raele. Questa canzone è una lettera d’amore scritta di getto, un primo capitolo di un disco in uscita nel 2022, un brano scritto su un treno sincero che suona come il più caldo dei colori. 

Noi per l’occasione siamo stati a casa sua, ed ecco cosa ci ha mostrato!

L’utilità del camino in camera mia? In sette anni che abito a Roma non l’ho mai acceso e con gli anni, è diventato un ripostiglio per le mie cianfrusaglie e il mio altarino dei ricordi… ma andiamo a vederli meglio. 

Una vecchia polaroid dei miei genitori: ho sempre amato conservare i ricordi, soprattutto le foto, perché immortalano dei momenti finiti impossibili da riprodurre. Mi piace imprimerli in una polaroid e custodirli lì per non farli spegnere.  Mi ricordano di me, di quei piccoli pezzetti che ho lasciato indietro e che, abbracciati in una foto, posso ritrovare sempre allo stesso posto.

Cosa scontata ma mai banale: la mia prima chitarra. Non le ho mai dato un nome e solo adesso mi sto pentendo di non averlo fatto; quindi ho appena deciso che si chiamerà Gisella. Tengo molto a lei, dal primo momento in cui l’ho vista in una vetrina di Napoli me ne sono innamorata immediatamente. Non so se vi è mai capitato di vedere qualcosa o qualcuno ed esserne attratti magneticamente, il classico colpo di fulmine. Ecco, con lei è successo proprio così e da quel momento non mi ha più lasciata.

Il regalo perfetto in un momento catastrofico: questo vinile, come la persona che me l’ha regalato, è stata la mia salvezza, fonte d’ispirazione e di conforto in un periodo buio della mia vita. 

Over the rainbow: Cosa c’è di più sorprendete di un arcobaleno? Per me rappresenta il cambiamento, la speranza in un futuro in cui la diversità sia considerata una ricchezza, la rinascita di chi ha avuto il coraggio di accogliersi e amarsi per come si è. Ogni sera, prima di addormentarmi, questa lampadina mi ricorda quanto sia importante la mia libertà di amare chiunque io voglia amare. 

Chi sa che cos’è questo? E’ proprio lui, il Kazoo. Questo fantastico strumentino mi è stato regalato da una cara amica e mi ha accompagnata per le strade di Stoccolma e Roma nel mio periodo da Busker. La curiosità e la gioia negli occhi dei bambini che si fermavano ad ascoltarmi, i centinaia di passanti di cui incrociavo gli sguardi, mi hanno spronata a proseguire il mio percorso artistico e a diventare oggi raele.

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“Come Serpenti” è il debutto di Hermes

Disponibile dal 5 gennaio, “COME SERPENTI”, il singolo d’esordio di HERMES distribuito da ADA Music Italy. Il brano, prodotto da Alessandro Landini e masterizzato da Marco Ravelli ( Pinguini tattici nucleari, Iside, Chiamamifaro), racconta di una relazione ormai arrivata al capolinea, e di quanto a volte può essere difficile accettare e superare la paura che la fine di un rapporto comporta.

Il sound mescola rnb, indie pop e it pop. Un brano uptempo dove ritmiche funky delle chitarre sostengono un groove ballabile e catchy. Hermes è Christian Cotugno, giovane cantautore classe 2000. Si approccia al mondo della musica e dalla danza sin da bambino e la sua musica racconta la “generazione z” e le loro storie d’amore con ironia ed un pizzico di leggerezza. Nel 2021, dopo diverse esperienze musicali, inizia a lavorare al suo primo EP anticipato dal brano “Come serpenti” edito da Aurora Dischi Publishing e distribuito da ADA Music Italy.

Hermes a risposte alle nostre domande in questa intervista: