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Il Conte Biagio sta portando avanti un tour segreto, ed è tutto bellissimo

Immaginatevi di vedere il vostro cantautore preferito (che ok, magari non è il Conte Biagio – e non stiamo parlando di bravura, ma solo di statistica – ), e di poterlo avere tutto per voi e pochi altri per una sera, poterci parlare, poter condividere una bottiglia di vino e potersi vivere un concertino come se si fosse ad una cena tra amici, di quelle che ci hanno riempito le settimane durante i periodi di zona rossa, che non rimpiangiamo se non per questo: che bastava una chitarra e qualcuno con un po’ di inventiva per vivere un momento magico. Il Conte Biagio sta portando avanti la propria battaglia: un tour segreto ormai alla sua ottava tappa in piccole location di Milano, l’annuncio sui social il giorno stesso e tutti i dettagli solo per chi riesce a prenotarsi, il risultato è sempre una bevuta con lui, otto-dieci persone intorno, luci soffuse e un concertino chitarra e voce irripetibile.  Un viaggio alternativo per le strade di Milano: live intimi chitarra e voce nei quartieri più belli del capoluogo lombardo. 


 

Il Conte Biagio, all’anagrafe Biagio Conte è un cantautore classe ‘89 originario di Palomonte. Grazie ad un campagna di crowdfunding si è esibito nelle piazze delle più grandi città d’Italia, come musicista di strada da Milano a Catania – 10 città in 10 giorni. Occhiali a specchio è uno dei singoli più significativi per il suo percorso, il videoclip del brano è ambientato a Roma e qui Il Conte Biagio spacca i telefoni ai passanti, e finisce sul noto tabloid britannico “Daily Mirror” che ha voluto caricare un estratto del video sul proprio sito ed intervistare Il Conte.

Uno degli ultimi appuntamenti del Secret Tour è stato accolto all’Art Mall di via Torino a Milano. Un sabato sera, fuori la pioggia, dentro un tavolo con calici di vino, cappotti sulle sedie e un concertino privato, solo una decina scarsa di fortunati, chitarra e voce, e le canzoni del Conte Biagio. Occhiali a specchio per chi combatte sempre con i soci, Università per chi si è trovato per un periodo immerso in avventure ma a sentirsi comunque solo, Depressione per chiudere e scatenare i coretti.

Un concerto che sembra una serata tra amici, anche se in fondo il Secret Tour del Conte Biagio riunisce sconosciuti che rispondono ad una storia su Instagram e in comune hanno solo l’avere una serata libera. Sogniamo che una cosa del genere possa accedere anche con altri progetti, magari più famosi, magari anche solo diversi, per potersi riempire la settimana di seratine di concerti che ci fanno sentire importanti, che ci fanno sentire vicini agli artisti che di solito incontriamo svogliatamente solo su Spotify e ci fanno conoscere altri musicofili solitari. Il nostro consiglio? Seguire Il Conte Biagio per non perdersi le prossime tappe che potrebbero anche allargarsi fuori da Milano.

foto di Simone Pezzolati

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Internazionale

Avete mai sentito parlare di Kudalesimo?

I KU.DA nascono nel 2013, e dopo un po’ di anni su e giù dai palchi, hanno pubblicato lo scorso giugno il loro secondo album “Two Pathetic Soul”. Un lavoro con sfumature diverse che merita una chiacchierata.

Ciao KU.DA, descrivetevi in quattro aggettivi.

Ciao! Di solito la domanda è “descrivetevi con tre aggettivi,” quindi siamo contenti che ce ne sia uno bonus: avventurieri, caparbi, irrazionali e ovviamente “Patetici”

Il vostro ultimo album si intitola, appunto, “Two Pathetic Souls”. Un titolo curioso. Come va inteso l’aggettivo patetico?

Va inteso come da vocabolario: nel gergo popolare ha un’accezione svalutante, ma se pensiamo ad esempio alla celebre opera di Čajkovskij “La Patetica”, si capisce che è stata intitolata così intendendo un’esibizione di dolore e di malessere interiore inguaribile, che porta di conseguenza a un sentimento positivo che è la compassione. Con ciò non vogliamo auto-demolirci o, ancor peggio, fare gli intellettuali, ma prendere coscienza di noi stessi. Ci siamo fatti la domanda “ Stiamo bene? Siamo sereni?” E la risposta è quella che sentite nel disco.

Quest’estate avete aperto un concerto ai New Trolls: vi sentite più proiettati verso il futuro musicale o pensate sia più importante coltivare le radici?

Questa è una bella domanda, perché non ha una risposta giusta e quindi può aprire un bel dialogo! Le radici vanno sempre coltivate per stare in piedi e far sì che il vento che tira non ti abbatta. Abbiamo degli ascolti che influenzano il nostro gusto e il nostro modo di scrivere e credo lo influenzeranno per sempre. Crescendo però stiamo imparando ad ascoltare più noi stessi e quello che è il presente. Il futuro è incerto e imprevedibile, quindi proiettarci verso di esso non è sempre una cosa giusta, è più un ragionamento che dovrebbero fare gli imprenditori o i politici. La musica per noi è qualcosa di legato al presente.

Citando un vostro vecchio lavoro, che cos’è il Kudalesimo?

Il Kudalesimo è una sorta di nostra filosofia e anche una reinterpretazione dell’immaginario bucolico in cui viviamo. Per spiegarlo velocemente è un sogno ad occhi aperti: come quando da bambini il tuo giardino di casa diventava lo scenario di chissà quale fantasia, il castello con lo scivolo era un galeone dei pirati, il bosco in campagna celava chissà quali misteri, questo è Kudalesimo.

La vostra musica è sicuramente di respiro internazionale, ma avete mai pensato di scrivere testi in italiano?

Entrambi scriviamo delle cose in lingua madre, ma sono progetti paralleli e personali, quello che ci accomuna è l’amore per la musica internazionale e per la sperimentazione, quindi potremmo anche inserire l’italiano in dei lavori futuri, ma sempre con l’idea di rivolgerci ad un pubblico non solo italiano.

Quali sono i vostri progetti per il futuro?

Come accennavamo il futuro è imprevedibile, ora stiamo sviluppando delle nuove idee con un respiro molto più gioioso e spensierato. Intanto stiamo fissando le date per questo autunno per fare ascoltare dal vivo il nuovo album e parte del primo. Per ora la smania di suonare dal vivo è quella più impellente.

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Intervista a Emma Nolde: approfondimento della sua nuova collaborazione artistica con Generic Animal

Alla vigilia del suo mini-tour in quattro date insieme all’amico Luca Galizia, in arte Generic Animal, abbiamo incontrato Emma Nolde e già vi anticipiamo che è stato super interessante. 

Emma nasce in quelli che Vasco Brondi definirebbe “anni ‘00” a San Miniato, un paese di poco meno di trentamila anime nella provincia di Pisa. Un’artista che mescola il rock, le tinte soul e una scrittura intima, il tutto condito da estrema eleganza e finezza derivanti dai suoi studi al Conservatorio. Il suo album d’esordio Toccaterra uscito a settembre dello scorso anno è piaciuto al pubblico ed ha strabiliato la critica. Pochi giorni fa è uscito il suo nuovo singolo in collaborazione con Generic Animal, dal titolo Un Mazzo di Chiavi, un Ombrello, Lì in Mezzo. I due hanno coronato la loro collaborazione artistica in quattro tappe: dal Bronson (Ravenna) al Locomotiv (Bologna) passando per l’Off (Modena) e il Circolo Kessel (RE). In queste due chiacchiere con Emma gli abbiamo chiesto del passato, del suo tour e del futuro, ma non siamo per gli spoiler.

Ciao! Innanzitutto, come nasce questo nuovo singolo? Ma soprattutto, come è scaturita la collaborazione con Generic Animal?

Ho iniziato a scrivere questo pezzo a casa al pianoforte, sapevo di cosa volessi parlare: avevo da poco perso un rapporto molto importante con un amico stretto, che però in qualche modo sapevo dovesse finire perché non era più sano. Sono una persona che perde sempre le cose, gli oggetti, chi mi sta vicino lo sa, e quindi volevo cercare di descrivere il posto dove si ritrovano accumulate tutte le cose che ho perso. 

Appena mi sono accorta che nel testo avevo iniziato a usare parole molto concrete e materiali mi è venuto in mente Luca (Generic Animal), che ha un modo di scrivere estremamente materiale. 

Usa parole di tutti i giorni inserite in contesti diversi. Già ci eravamo conosciuti, gli ho mandato il pezzo, gli è piaciuto e lo abbiamo finito insieme.

Da studente di marketing e comunicazione d’impresa salta subito agli occhi il titolo: Un Mazzo di Chiavi, un Ombrello, Lì in Mezzo. È un titolo “tecnicamente anticomunicativo”: Da dove arriva? E perché?

È un’idea di Generic Animal, si è ispirato ai titoloni lunghi dei pezzi post rock anni ‘90. Quando me lo ha proposto io invece mi sono immaginata un romanzo, il titolo di un libro di narrativa, e mi sembrava perfetto per una canzone che secondo me racconta una storia ben precisa, che si apre e si chiude. Una sorta non solo di capitolo, ma proprio di storia a parte, che sapevo di non voler inserire nel disco a cui sto lavorando.

Riguardo la scrittura del testo, ognuno ha scritto la sua strofa oppure oppure è stato una sorta di “mashup narrativo”? 

Ognuno ha scritto la sua strofa, il finale lo abbiamo scritto insieme mentre registravamo a Milano le voci di Generic Animal.

Passando al “mini tour” che inizierà il 4 novembre al Kessel di Cavriago, cosa dobbiamo aspettarci? Come dividerete il palco tu e Luca?

Aspettatevi caos (ride), suoneremo l’uno i pezzi dell’altro, ci scambieremo chitarre, ci alterneremo tutto ciò in tre metri di palco nei club, sarà divertente e vivo. 

Già nel 2019 eri nei CBCR di Rockit e il tuo album Toccaterra del 2020 è stato riconosciuto come uno dei miglior album italiani dell’anno appena concluso. Quando hai scoperto la tua passione per la musica? E che influenze musicali hai avuto?

In modo più serio l’ho scoperta a circa 15 anni, a quell’età ascoltavo  

Ed Sheeran e basta (ride), poi ho scoperto Damien RiceLauryn Hill, poi i RadioheadJames BlakeBon Iver, Ben Howard.

Nel film Begin Again con Mark Ruffalo c’è una frase che dice: “Puoi capire tante cose da una persona dalle sue playlist.” Cosa c’è nelle playlist di Emma Nolde?

In questo momento soprattutto Phoebe BridgersLittle SimzAquiloMicheal KiwanukaFleetwood Mac.

Quali sono i tuoi progetti futuri a livello musicale passato questo mini tour?

Finire di registrare il nuovo disco e poi farlo uscire con un immaginario forte e che lo rispetti e rispecchi.

Dove speri di vederti artisticamente a 25 anni? 

Spero di crescere artisticamente, di saper suonare meglio, di essere molto consapevole del mio suono ma di sperimentare sempre tanto. Spero che questa ricerca di parole e di suoni sinceri mi porti a costruire un pubblico che rimanga nel tempo.

Intervista di Davide Vagnarelli  

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Internazionale

Le 5 cose preferite dei Listrea

Esce oggi venerdì 5 novembre 2021 “USTIONE”, il nuovo singolo dei LISTREA. Durante l’estate, la band lombarda, inizia la scrittura di un nuovo nucleo di canzoni, registrate e prodotte completamente in home recording l’inverno stesso e “Ustione” è la prima di queste tracce che faranno parte dell’album d’esordio dei Listrea. Un disturbante mondo che ci riporta nei locali sotterranei e nel cuore della scena musicale underground: un mondo nostalgico che mischia elementi di noise, psichedelia e progressive e che ora, dopo una pandemia globale, ci sembra fantascientifico e sconosciuto. Benvenuti.  

Ustione è il secondo singolo estratto da Formicolio, il nostro album di debutto. È un pezzo nato in saletta, un pomeriggio che, quasi per gioco, ci eravamo scambiati gli strumenti. Quando è arrivato il momento di registrare ciò che avevamo preparato insieme, abbiamo cercato di mescolare le chitarre noise con degli elementi per noi relativamente nuovi: un sintetizzatore e delle percussioni elettroniche programmate, che insieme alla batteria acustica vanno a costituire il cuore e il motore della canzone. Nei ritornelli, la voce di Chiara Amalia, cara amica e 1/2 del duo sweet noise/post-punk KICK, ci è sembrata naturalmente perfetta per l’atmosfera che cercavamo di evocare con le parole del testo in quella sezione.” Listrea

Non abbiamo saputo resistere, e abbiamo chiesto loro quali sono le loro cinque cose preferite.

  • La saletta: “la saletta” non può che essere la nostra prima cosa preferita come gruppo. Geograficamente è una stanza tra le colline della provincia di Brescia, abbastanza difficile da raggiungere. È là che tutte le nostre canzoni hanno origine, da là il nostro suono nasce. Ci piace pensare che, attraverso le porte sottili che ci separano dall’esterno, ciò che proviamo per ore si diffonda attraverso la valle sottostante, magari trasportato in seguito dalle particelle di smog e foschia che avvolgono la pianura padana. Di sera, le luci delle persone che abitano sotto di noi sembrano dipinte da un qualche impressionista, per via della cappa d’inquinamento che riposa sugli agglomerati urbani. È un posto in cui riflettiamo, condividiamo e viviamo molto, oltre l’eccezione biologica del termine. Per ora nessuno si è lamentato del rumore.
  • Carmine: un altro luogo. Questo porta il nome di una persona, ed è così familiare che ci si pensa poco, ma la cosa è buffa a ben vedere. Il Carmine è un quartiere della nostra città pregno di storia e cultura popolare. È cambiato moltissimo nel corso degli anni, e probabilmente continuerà a farlo (sta cambiando per l’ennesima volta in questo momento). Ecco un primo aspetto affascinante di questo luogo, un aspetto che ci permette quasi di tracciare dei parallelismi con il nostro approccio alla musica: non è mai stato statico, perché pensiamo che artisticamente lo stare fermi equivalga alla morte. In Carmine ci andiamo quasi tutti i fine settimana per incontrare amici, anche se raramente ci si va insieme. 
  • Stare fisicamente su un palco: saremo molto concisi: è la cosa più bella dello stare insieme a livello artistico. Ogni volta che saliamo su un palco siamo grati di poterlo fare, e quando scendiamo abbiamo piccoli istanti depressivi che si traghettano in malinconia express per il giorno dopo. Ma il meccanismo magico che viene demistificato agli occhi e allo spirito di tutti e quattro in quei minuti è davvero troppo affascinante e potente per poterne fare a meno. Non vediamo l’ora di poter suonare ancora per qualcuno. 
  • Pastasciutta dopo le prove: cerchiamo di provare il più possibile con rigore e produttività. Suonare insieme, che sia per preparare dei concerti, scrivere un disco o improvvisare ci dona quasi sempre vitalità e gioia. Tutto ciò è però smisuratamente amplificato dalla cena post-prove in saletta. E il rigore si smolla dietro alle birrette che accompagnano la metaforica pasta in compagnia.
  • Ossi di seppia” di Eugenio Montale: ci siamo conosciuti nella seconda metà degli anni di Liceo. Alle prove si parlava spesso di ciò che era accaduto durante la giornata a scuola, e in particolare di quello che si studiava in letteratura. Bafyo, Andre e Edo venivano da un’esperienza precedente in cui si cantava in inglese, ma quando abbiamo conosciuto Føbie come batterista avevamo già deciso da tempo che avremmo cantato in italiano. Stavamo cercando – a dire il vero, brancolando abbastanza nel buio – una nuova identità, e pensavamo che se avessimo trovato qualcosa di abbastanza letterario da poter ispirare i nostri testi avremmo fatto una buona impressione, dimostrando di scrivere in modo interessante. Si studiava Montale, con la smania dei programmi scolastici durante le ultime settimane prima della Maturità. Qualcuno se ne innamorò, e chiacchierando tra un pezzo e l’altro in saletta, scoprivamo che qualcun’altro già lo conosceva. Presto gli Ossi diventarono un terreno comune e calcificante, che andava di pari passo con la stesura delle prime bozze in italiano. Con il tempo abbiamo preferito abbandonare l’impronta d’ispirazione letteraria, ma le parole contenute nella Raccolta saranno sempre legate a quei primi giorni di vita, oltre che parte intrinseca delle personalità che costituiscono Listrea come entità espressiva.
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Indie Internazionale Pop

Le 5 cose preferite dei Labradors

I Labradors hanno recentemente pubblicato il nuovo singolo “Anger Management Plan n°327” (You Can’t Records /To lose la track), brano che segna il ritorno del power trio milanese dopo tre anni di silenzio e che ha conquistato l’inserimento in ben quattro playlist editoriali Spotify, tre delle quali global. Un risultato inaspettato ma che premia la qualità della loro musica. 

Noi li abbiamo incontrati per chiedere quali sono le loro cinque cosa preferite.

Weezer
Weezer è il nome che più spesso viene tirato in ballo quando si parla di Labradors, per una volta non a sproposito. Li seguiamo e amiamo da sempre, anche negli anni bui in cui erano diventati un meme vivente e pubblicavano musica discutibile. Poi a un certo punto si sono anche ripresi. AMPn327 è uno dei nostri pezzi in cui la loro influenza si sente più concretamente, chitarroni e quel retro gusto grunge ma catchy as fuck.

Le inside jokes
A volte i nostri pezzi nascono da piccole stronzate che succedono nella nostra vita quotidiana, cose per cui ci prendiamo per il culo a vicenda fino a diventare gag che durano anni. A parte Filippo, che dei tre è il più equilibrato, sia Pilli che Fabrizio hanno le loro issues per quanto la mala gestione della rabbia per esempio. Leggendarie le volte in cui Fabrizio ha disintegrato un porro sul piano della cucina dopo aver constatato che la sua gatta Doris gli aveva rosicchiato il cavo delle cuffie; o quella volta in cui Pilli ha scagliato un ventilatore contro la finestra in seguito a uno scazzo di coppia. Sì, quello stesso ventilatore sulla copertina di AMPn327.

“Worry” di Jeff Rosenstock
Raramente un album ci ha messo d’accordo totalmente come questo capolavoro. Jeff è un artista eccezionale e più o meno nel periodo in cui uscì “Worry” abbiamo avuto la fortuna di fare due date con lui in Italia (torna Jeff!), grazie ai nostri amici Sarah e Raffaele di Grasparossa Events. La sua influenza si è fatta sentire per tanto tempo dopo quelle date e nella linea vocale di AMPn327 abbiamo voluto omaggiare il suo modo un pò scriteriato di cantare.

“Teenage Sister”
Anche se cambiamo spesso stile nei nostri pezzi, ogni tanto ci piace mantenere una sorta di fil rouge con qualcosa che abbiamo fatto in passato. La reference per il nostro ultimo pezzo per quanto riguarda il sound è stata…un altro nostro pezzo: “Teenage Sister” sull’album “Growing Back” del 2013. Uno dei pezzi più croccanti che abbiamo mai fatto, non suonava come nient’altro su quel disco (che pure era molto croccante)e non è mai più uscito dalla nostra scaletta live.

L’aggettivo “croccante”
Qualcuno recentemente ci ha fatto notare che lo usiamo molto spesso, forse troppo. E’ così. Ci piace tantissimo. Croccante. Con il nostro nuovo singolo, poi, casca proprio a fagiolo.

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Internazionale Pop

Scoprite la radio rap di Sebaa

Che poi è davvero strano, perchè per me un disco rap è sempre stato la colonna sonora per fare un casino della Madonna durante una festa illegale durante la quarantena, per riempire gli spazi vuoti, per non sentire la noia, per tenere il ritmo di lavoro costante, qualche volta ci è scappato anche un limone con qualcuno con cui non sapevo di cosa parlare. Un disco rap non è mai stato intimista per me, non mi è mai successo di ascoltare un disco etichettato come urban o come rap e sentirmi meglio anzi, la tensione saliva sempre, era un innesco a far succedere qualcos’altro. In sintesi: non ho mai ascoltato un disco rap per stare da solo, prima di Butterfly Radio di Sebaa.

Quello di Sebaa è un disco d’esordio strano, stratificato di influenze. Lo dobbiamo chiamare rapper, perchè di fatto fa rap, però si muove su binari diversi da quelli a cui siamo abituati ascoltando Graffiti Pop su Spotify, diversi da tutto ciò che troviamo in classifica: Sebaa gioca con il soul, con il gospel, compone canzoni pop che ti si annidano nel cervello, mascherandole da brani rap. Uno spaccato di una scena che non conoscevamo, quella del nord d’est italiano, che non è coatta come quella romana, che non se la tira come quelli di Milano, che non gioca a fare la colonna sonora di Gomorra come succede al sud. Sebaa, è strano, folle, sfacciatamente sincero e incredibilmente segnante.

Un nuovo mondo stratificato e complesso di influenze, rigorosamente senza genere. Sebaa è dunque un rapper atipico: la musica diventa uno strumento per dire la propria, un esercizio di stile per migliorarsi. Solitamente in un programma radiofonico vengono trasmessi brani di artisti diversi dello stesso genere. In questo caso però, tutto si ribalta: l’artista è uno solo e i generi e le influenze cambiano di brano in brano.

Butterfly Radio si apre con Happy Gospel, come la migliore delle domeniche mattina, quando hai dormito un’ora in più per il cambio dell’ora e hai ancora una schiera di amici che si sono insediati nel salotto, sono già svegli da ore e non fanno che spadellare pancake, tutto bello finchè non ti rendi conto che in realtà vuoi stare da solo. Segue feel blue, che forse essere single non è più una figata, ormai da molti mesi. Segue Ritornare bambini è un’immersione subacquea nella memoria, Radio Interlude è la pausa per andare in bagno e chiamare gli amici per il cinese di stasera, Costellazioni il migliore dei viaggi in treno notturni. Sample Love il chiassoso riassunto di tutto.

Auguro a James Blake di scoprire Sebaa e innamorarsene.

CM

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Internazionale

Gli album che hanno segnato i Lostinwhite

Dal 24 settembre è disponibile in rotazione radiofonica e su tutte le piattaforme di streaming “Unstable” (Irma Records), brano che anticipa e dà il titolo al prossimo album dei Lostinwhite. “Unstable”, nuovo brano dei Lostinwhite, parla in modalità super-energetica dello stato d’animo altalenante tra il senso di liberazione e la malinconia dopo la rottura di una storia d’amore. Lo fa con una sonorità jazz-funk a bpm elevati e con un ritornello che allenta la tensione quando la/il protagonista percepisce la libertà e il futuro. Il bridge con venature disco-funk incalza invece i dubbi e la paura del nuovo.

«“Unstable” è la titletrack dell’album che presto pubblicheremo sempre per Irma Records – spiega la band a proposito della nuova release – Per noi è un pezzo importante, perché è quello più “energetico” e forse più rappresentativo di ciò che intendiamo per “Lostinwhite Groove”. Quando lo abbiamo suonato le prime volte dal vivo, abbiamo capito, grazie al pubblico, che sarebbe stato il “nostro” singolo. Ci aspettiamo che “Unstable” possa appassionare anche i non abituali frequentatori della nostra nicchia di ascoltatori».

Abbiamo chiesto a Vittorio quali album lo hanno segnato più di altri.

THE NIGHTFLY, Donald Fagen

Ho sentito una traccia entrando in un negozio a Londra…e mi sono detto…ma che cxxxx…questa roba è sublime. Comprato. Consumato. Imparato.

100° AND RISING, Incognito

Secondo me è l’album più rappresentativo degli Incognito, scritto, arrangiato e suonato ai massimi livelli. La Bibbia del Jazz-Funk. Sentito questo disco mi sono detto…ok, farò il musicista.

THRILLER, Michael Jackson

Quando il pop, invece che omogeneizzare, innovava. Un album che a fatica è stato affidato a Quincy Jones (l’etichetta diceva che Q era troppo…jazz). Alla faccia.

UNORTHODOX JUKEBOXE, Bruno Mars

Essere commerciali senza essere banali. Talento da vendere. Produzione pazzesca. Scrittura curatissima.

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Elettronica Internazionale

Intervista doppia: Ave Quàsar + Walter Somà

Walter Somà (co-autore di Edda in Semper Biot e Odio i vivi, ma anche di molti altri brani successivi) torna sulle scene dopo un periodo di assenza con un nuovo singolo in collaborazione con Ave Quasàr. Esce infatti venerdì 15 ottobre 2021 I movimenti del cuore (fuori per Ohimeme www.ohimeme.com e in distribuzione Artist First), il nuovo singolo degli Ave Quasàr feat. Walter Somà. Una accoppiata atipica che unisce le qualità per una canzone estemporanea, in bilico tra il concreto e il virtuale nella sua creazione. Un brano romantico, distruttivo, disturbante e bellissimo.

Come nasce la vostra collaborazione? Ci sarà un seguito?

Luca: La nostra collaborazione nasce da una mia richiesta che Walter ha accolto a braccia aperte. Essere corrisposti è motivo di grande entusiasmo. Credo che potrebbe esserci un seguito perché ci scambiamo costantemente canzoni e testi. Non ci corre dietro nessuno. Se uscirà qualcosa è perché sentiremo di averlo finito. 

Per gli Ave Quasàr: com’è stato lavorare con un autore “esterno”? Come sono nati invece i testi dei vostri precedenti singoli? 

Luca: I testi dei nostri singoli precedenti nascono da me. Alcuni vengono da un vero e proprio flusso di coscienza. Altri sono più ragionati. Per esempio “Miserabile il male” è un brano scritto pensando ai fanatici religiosi e ai loro gesti folli. A volte scrivo un pezzo pensando da subito di cosa parlare, altre volte mi lascio trasportare.

Lavorare su “I movimenti del cuore” scritto da Walter è stato utile, addirittura formativo. Ho osservato la mia voce da fuori in maniera più distaccata, forse mi sono emozionato di più perché avevo meno paura di lasciarmi andare meno paura di sbagliare e di guardare in faccia emozioni forti. 

Poi conoscendo il percorso artistico di Walter avevo anche massima fiducia nella sua narrazione, nella sua capacità di portare a galla significati profondi con un vocabolario fatto di moltissimi colori. 

Per Walter Somà: come mai hai scelto di tornare sulla scena musicale, proprio con questo singolo?

Walter: Era diverso tempo che non avevo voglia di lavorare all’uscita di una canzone. Non avrei neanche avuto chiaro in che direzione mandarla. La proposta di Luca degli A.Q. è stata semplice, cioè lavorare su un mio brano. Avrebbero prodotto e pensato loro a tutto il resto. Ma proprio a tutto. Sono una realtà artistica e professionale molto efficiente ed ispirata. Nel mondo A.Q. ho sentito una grande energia e voglia di seminare, ed è stata una cosa contagiosa. Il dialogo con Luca G. ha poi dato molto senso a questo gesto. Allora ho scelto un brano che poteva prestarsi al progetto.

Di cosa parla I movimenti del cuore

Walter: Mah, non è che parla. Straparla, come un folle. Suggerisce di valutare le tue scissioni interne e ti chiede come sei messo, rispetto alla società, rispetto al prossimo, rispetto alla realtà. Rispetto alla vita. Credo ci sia sempre un invito all’amore in quello che scrivo. Anche se magari non si capisce bene, leggendo.

E adesso?
Luca: E adesso si torna in studio. 

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Intervista ai Different DNA: il nuovo singolo “Di Cristallo”, l’Italia e Gardaland

Da venerdì 8 ottobre sarà disponibile in rotazione radiofonica “Di Cristallo” (BK Records), il nuovo singolo dei Different DNA.Di cristallo” è una canzone arrivata direttamente dagli anni ’80 viaggiando su una macchina del tempo che vuole condensare e cristallizzare lo spirito di quella che per il gruppo è la decade più rappresentativa della pop music, quella che più di tutte li ha influenzati, reinterpretata attraverso un sound contemporaneo. È una canzone che parla di ricordi, di un amore finito, ma musicalmente è un tributo ad un’era di cui i Different DNA saranno per sempre innamorati. Per quest’occasione, abbiamo li abbiamo incontrati a Milano e abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Evgeny, il cantante. Ecco com’è andata!

  1. Qual è il vostro legame con l’Italia?
    La prima volta che ho visitato l’Italia quando ero studente. E non ci crederai, ma il primo lavoro come cantante della mia vita è stato a GardaLand. Inoltre, l’autore di tutte le canzoni di Different DNA e fondatore del progetto, Boris Kotelskiy, vive a Milano da molti anni. Come potete vedere siamo molto vicini all’Italia.
  2. Avevate mai realizzato un brano cantato in italiano? Com’è andata?
    Di Cristallo è la nostra prima canzone in assoluto in italiano. Il nostro primo album è uscito circa 7 mesi fa, abbiamo ricevuto un’ottima risposta in tutto il mondo, specialmente su Spotify! Gli Stati Uniti, il Canada, l’Inghilterra, i Paesi Bassi e i paesi del Nord Europa ci hanno aiutato molto! Il nostro album ha già guadagnato circa 250mila stream. Ma in qualche modo l’Italia non era la più attiva a questo punto. Ecco perché abbiamo deciso di fare una delle nostre canzoni preferite in italiano. E ora puoi ascoltare “Di Cristallo” su tutte le principali piattaforme digitali! A proposito, a molti russi che hanno già ascoltato Di Cristallo in italiano questa canzone piace tanto!
  3. Più in generale, come nasce di solito un brano dei Different DNA?
    Di solito Boris compone la canzone al pianoforte e mi invia la prima versione demo. Quindi, se la canzone funziona bene con la mia voce, iniziamo a lavorare sui dettagli della melodia, sull’arrangiamento, ecc. Fortunatamente abbiamo un fantastico produttore del suono e ingegneri del mastering e ci aiutano molto a ricevere finalmente un suono sorprendente e moderno.
  4. Hai mai pensato a un talento o a un lancio televisivo italiano per il progetto dei Different DNA?
    Sinceramente non ci ho mai pensato. È un’idea interessante, ma alcuni anni fa ho preso parte ai programmi televisivi russi “Voice” e “The X Factor” che mi hanno dato una grande esperienza e conoscenza di come esibirmi sul palco. Non so cos’altro posso prendere da questi concorsi. Ma sai, mai dire mai. Se servirà a Different DNA posso pensarci!
    E naturalmente siamo pronti a partecipare come ospiti a qualsiasi buon programma televisivo italiano. Sarebbe un’esperienza fantastica e potrebbe aiutarci molto ad essere ascoltati da un pubblico più vasto!


  5. Quali sono i luoghi di Milano dove ci portereste?
    Mi piace Piazza Sant’Alessandro, la zona dell’Arco della Pace, The Roof Milano in The Square Hotel con la bellissima vista panoramica, il ristorante Langosteria e molti altri posti carini. E ovviamente Brera.
  6. Prossimi passi?
    Abbiamo già iniziato a lavorare sui singoli completamente nuovi. Ma molto presto potrete ascoltare e guardare tre dei nostri brani in versione ballata/acustica. Solo la mia voce e il pianoforte di Boris. Sono sicuro che ti piacerà!

foto di Simone Pezzolati

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Colloquio di stati d’animo: l’esordio dei LAMECCA

Nella cultura British con l’espressione “Ginger” si fa riferimento ad un aspetto fisiognomico e culturale: Ginger sono le persone dai capelli rossi. La storia, purtroppo, ci ha da sempre raccontato come nel corso del tempo le chiome rosse furono sinonimo di corruzione morale, da associare a soggetti dotati di poteri magici e per questo considerate non umane, in quanto diverse. Secondo gli stereotipi, i Ginger sono i soggetti dal carattere impetuoso, ribelle e sfacciato, estranei a tutto ciò che può essere prevedibile, lontani dalle regole; un po’ come Rossella De Napoli. Una voce sofferta ed elegante, che in un agosto “senza estate/ né tepore” del 2019 abbraccia in una sala prove della provincia di Salerno, la musica di Alfonso Roscigno, Gianluca Timoteo, Alfonso Cheng Palumbo e Vincenzo Longobardi.

Nel luogo in cui tutto prende forma, grazie ad una jam session, nasce Ginger: singolo d’esordio dei LAMECCA, band dalle variegate sonorità post-punk, emo, post-rock e indie rock.

LAMECCA è infatti il luogo in cui si incontrano le intenzioni e le influenze musicali di Rossella, Alfonso P., Alfonso R. e Gianluca.

Nella primavera del 2021 Vincenzo si unisce al progetto per arricchire il sound con una seconda chitarra, un mattone in più per costruire sul palco un muro di suono autentico e passionale. I LAMECCA sono una band controcorrente, una di quelle band che si distingue nettamente dalla scena più indie italiana, dal forte impatto emozionale e senza regole, in cui l’attitudine punk si mescola alla vena più introspettiva del post rock e dell’emo.

Dalla prepotente ed emotiva voce della cantante dei LAMECCA si avverte la totale esigenza che ha Rossella di voler raccontare la sua stessa storia, rivolgendosi alla ragazzina dai capelli rossi di un tempo: “Ragazzina stai attenta/ all’asciutto/ stai lontana/ dalla rete/carne e basta/ sulla schiena/ la paura/ non guarisce/ la solitudine”. Ècome se fosse un instancabile colloquio di stati d’animo tra passato e presente, in cui la cantante ricorda all’impulsiva Ginger del passato gli innocenti tormenti e le vulnerabilità rinchiuse in uno scrigno di sentimenti, che necessita di essere svelato: “Ginger canta incantevole”.

Un flusso di coscienza irrequieto, scandito dalle pungenti e melodiche chitarre che costruiscono il telaio impeccabile pronto per la totale libertà espressiva della prorompente musica dei LAMECCA. È un brano costellato di collisioni emotive, in cui le affinità punk seguono le tracce più introspettive del post rock e dell’emo. Ginger è come un post-it che ci ricorda quanto possa essere importante avere il coraggio di mostrare le nostre fragilità.

Gli impellenti suoni fanno da riparo all’immaginario passionale e concettuale che la band vuole presentare. Per questo motive Ginger è stato scelto per introdurre lo spazio narrativo dei LAMECCA: non possiamo che aspettarci il meglio da loro, e non vediamo l’ora di scoprire cosa hanno in serbo per noi!

Di Carla Leto

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