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Cosa c’è nella camera di Dellamore

Disponibile su tutte le piattaforme digitali da venerdì 20 settembre 2024 il nuovo singolo del progetto Dellamore, un’esplosione di energia e sentimento. Un brano che racconta di una connessione potente e indomabile, dove due anime ribelli affrontano insieme le difficoltà della vita. Non solo musica, ma un vero manifesto di forza. Benvenuti nel brano che pone metaforicamente fine all’estate, dedicato agli ultimi romantici che non perdono mai la voglia di ricominciare.

Noi ci siamo fatti invitare a casa sua, ed ecco che cosa ci ha mostrato!

Dite ciao a questo tenero kodama! Lo spirito della foresta spesso presente nel fantastico film dello studio Ghibli, La Principessa Mononoke. Sono un grande appassionato di anime e questo film è stato il primo film animato che ho visto quando ero bambino. Subito me ne innamorai rivedendolo ancora e ancora. In breve, il film tratta della dura relazione tra l’uomo e la natura, e di come. Spesso, l’essere umano voglia farci la guerra invece che rispettarla e onorarla. Ps: ho anche un tatuaggio del kodama.

Eccolo qui, il mio compagno di registrazioni: lo Shure KSM27, microfono a condensatore che utilizzo da più di un decennio per registrare le mie bozze ed i miei provini. Da Palermo, l’ho portato con me a Barcellona. Sebbene sia già anzianotto, per il lavoro che deve svolgere, è più che adatto ancora. Tanto poi riregistro tutto quanto a Milano, in uno studio più attrezzato di camera mia. E ci credo, dirai.

Sulla parete della mia stanza troviamo il mio primo disco ufficiale, Sintomi. Quanti ricordi. Quando ancora non c’era Spotify, andai a stampare e a masterizzare questi dischi, per poi venderli in piazza Politeama (piazza centrale di Palermo dove ci riunivamo tutti i weekend per fare freestyle). Questo disco, uscito nel 2008, vanta le collaborazioni di Johnny Marsiglia, Davide Shorty ed EmisKilla!



Chalcosoma caucasus, per altri scarabeo, per altri ‘’AAAAH, che schifo!’’. Ma non per me. Sin da piccolo ho sempre amato gli insetti. Mi affascinavano e li volevo sempre prendere per il gusto di ammirarli e poi lasciarli ovviamente liberi per la loro strada.
Nel mio ultimo recente viaggio intercontinentale, in Thailandia, ho comprato questa bacheca con questo bellissimo esemplare imbalsamato. Poverino, lo so, ma era già così.


Per ultimo, nella mia stanza sempre più in stile giapponese ormai, troviamo una illustrazione fatta da una mia amica tatuatrice, fan anche lei della cultura giapponese e degli anime.
Vi presento la (donna dalla bocca spaccata). E`una delle leggende più belle della cultura horror giapponese. “Sono ancora bella?” questa è la domanda con cui avvicina i ragazzi, si narra. Se rispondi “no”, tira fuori un paio di forbici e ti va volare la testa. Se rispondi “sì”, invece, lei mostrerà il suo viso completamente sfigurato da un’enorme ed orribile bocca urlando: “E ora, sono ancora bella?”; a questo punto, bisogna ammetterlo, anche la persona più impassibile al mondo avrà una reazione e, dunque, spunteranno di nuovo le forbici.




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Tre piccoli dischi usciti quest’estate che dovreste davvero conoscere

Continuo ormai a essere sempre più convinto che la forma “EP” sia sempre meglio di un album, perchè è un concetrato, è il tempo di una passeggiata, il tempo di una macchinata, di andare in spiaggia. Venti minuti per un pugno in faccia, per stare male, per entrare in un mood. Un album, e mi vergogno quasi a scriverlo, non riesco quasi a mai a finirlo, mi stufo, devo essere pronto, devo avere il tempo, è come vedere un film di quattro ore, e non si può guardare “Via col vento” tutti i giorni. Gli EP sono come una serie TV, come guardarsi un episodio durante una pausa pranzo estiva in ufficio, qualcosa da vivere bene, a cui aggrapparsi, che non ti sovrasta. E qui ve ne è selezionati tre, tra i più nuovi che sono arrivati in redazione ultimamente, e che ci hanno conquistato.

“Crescere Perdersi” de Il Generatore Di Tensione

Questi due vi faranno innamorare. Vi faranno entrare in una bellissima atmosfera à la “Chiamami con il tuo nome“, in quest’estate italiana assolata e malinconica. “Farci male“, la traccia che dà inizio a tutto questo, è proprio questo, potrebbe essere una colonna sonora alternativa di quel film, due che si amano, ma non più, ma ancora tanto, con quell’ossessione che accompagna i momenti della fine. E le voci di questi due, questi due che vi conquisteranno alla prima traccia, che si chiamano Il Generatore Di Tensione, si intrecciano meravigliosamente, e ci sono echi di De Andrè, che cantava senza cercare ossessivamente la melodia, ma chiacchierava, come a raccontare qualcosa al proprio migliore amico, ma scivolano facilmente in ritornelli che vi troverete a canticchiare in macchina, allontanandoci dall’iper produzione, riducendo tutto all’osso, a sentire una chitarra acustica che basta, basta e basta.

Andare via di casa, sentirsi lontani anni luce, nostra madre che ci sembra diversa, una storia di cui non ci libereremo mai, una serie infinita di meraviglia, di house concert, di Milano che ci sta troppo stretta, e il cuore a Bologna.

“Annuario” di AL!S

E dalla chitarra acustica, passiamo a un piano invadente e sincero, aggressivo: a parlarci di amore che non amore e di ansia sociale. AL!S ci racconta la sua vita, ballando un valzer malato come quello di “Scarpette Rosse“, quello a cui non possiamo sfuggire. La storia di Alice è quella di molte altre ragazze, in questo mondo di uomini che non sanno amare, che sono distanti e invisibili, e che ci tengono in attesa, su cui possiamo solo ironizzare, per non stare troppo male. Ci piace il modo bellissimo in cui si può parlare di tutto qui, un disco come un diario, senza paura di tirare frecciatine, di parlare di fegato consumato, di alcol e fughe notturne, come se i nostri genitori non potessero mai ascoltarci.

Da uomo, mi ritrovo qui dentro, mi rendo conto di come sia difficile amare qualcuno, perchè dall’altra parte c’è una forza come Alice, che ti sbatte in faccia in un disco qualsiasi cosa, tutti i suoi pensieri di cristallo, e poi ci siamo noi, che non sappiamo ascoltare, nè formulare, nè concepire, tutta questa vita. Il pop indipendente non è mai stato così trascinante, triste, vero, incredibile.

“I Fiori Del Male” di Kimera

E a proposito di pianoforte, mi piace molto quello di Kimera, che di relazioni fredde che si interrompono se ne intende, di piacere carnale che traduce in sintomi e vortici di pensieri. Kimera e AL!S li vedrei bene a cantare insieme, che hanno quell’anima tormentata comune, concentrata, che si esaurisce in poche tracce, perchè delle cose vere non si può contare troppo a lungo, come quei romanzi che poi non si leggono mai fino alla fine, perchè ormai hanno detto tutto quello che dovevano dire. Così fa Kimera, in questo piccolo disco struggente, oscuro, di cantautorato e venature elettroniche, e allo stesso tempo incredibilmente estivo, che riempirebbe bene i club dei litorali, quelli frequentati dai locali e non dai turisti, che servono drink nei bicchieri di plastica, di quell’Italia provinciale, affascinante. Un romanzo di Cassola nel 2024.

Di amori che non fanno più ridere, tunnel elettronici e ipnotici che non vi lasceranno andare facilmente. Che meraviglia.

BR

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“Fragili” è un album che mette in evidenza la crescita artistica dei May Gray

I May Gray, con il loro nuovo album “Fragili”, offrono un’esplorazione della condizione umana attraverso la lente della fragilità. Il gruppo, conosciuto per il loro rock energico e melodico, continua a evolversi senza perdere di vista le radici che li hanno resi popolari. Il titolo stesso, “Fragili”, suggerisce un cambiamento di prospettiva: non più la fragilità come debolezza, ma come una qualità da abbracciare e comprendere. 

L’album si apre con “Fragili (Intro)”, un brano strumentale che stabilisce immediatamente il tono del disco. L’atmosfera creata è intensa, quasi cinematografica, e prepara l’ascoltatore a un’esperienza ricca di emozioni e riflessioni. Segue “Respirare”, un pezzo che combina riff potenti e testi profondi, riflettendo sulla necessità di trovare spazio per respirare, sia fisicamente che emotivamente. 

“(Ho Rotto Le) Catene” è un brano che incarna perfettamente il messaggio del disco. Qui, la band trasforma la frustrazione e la rabbia generate dalla pandemia in un’opportunità di rinascita. Il testo parla di liberazione dalle costrizioni, un tema universale che risuona particolarmente forte in questo periodo storico. La musica è altrettanto potente, con chitarre distorte e una batteria incalzante che spingono il brano in avanti. 

“Insieme ancora” e “Qui, Resta Qui” continuano l’esplorazione della fragilità umana, ma con un tono più introspettivo. “Insieme ancora” è una riflessione sulla forza che si trova nella connessione con gli altri, mentre “Qui, Resta Qui” esplora la ricerca di stabilità in un mondo in costante cambiamento. Questi brani mostrano la capacità dei May Gray di bilanciare potenza e delicatezza, creando un sound unico che è allo stesso tempo energico e riflessivo.

“Chiedimi” e “Adesso o Mai Più” chiudono l’album, offrendo una nota di speranza. “Chiedimi” invita l’ascoltatore a confrontarsi con le proprie vulnerabilità, mentre “Adesso o Mai Più” è un inno alla resilienza e alla determinazione. Concludendo l’album su una nota positiva, i May Gray dimostrano che la fragilità non è qualcosa da temere, ma una parte essenziale della nostra umanità.

In definitiva, “Fragili” è un album che mette in evidenza la crescita artistica dei May Gray. La band riesce a combinare rock potente con liriche che esplorano temi profondi e universali. Ogni brano è un tassello di un mosaico più grande, che invita l’ascoltatore a riflettere sulla propria fragilità e a vedere la forza che può derivare da essa.

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“duecuori” è il nuovo singolo di chiré

In uscita venerdì 7 giugno 2024“duecuori” è il nuovo singolo di chiré: un brano pop, dolce e sincero, che parla di un forte legame tra due persone che, tramite le parole, riesce ad immortalare come in un film. Rappresentato in una serie di istantanee di momenti e dolci istanti insieme, “duecuori” è un pezzo che sa di vento nei capelli con i finestrini aperti e di sere d’estate in cui tutto va bene.
 

Scopri il brano: https://links.altafonte.com/o3bmdrm



BIO:

chiré è una cantautrice romana che scrive ispirandosi alla musica pop italiana. È una persona resiliente, che non si da mai per vinta e che in tutto quello che fa mette sempre il 101%. Ha partecipato a svariati festival tra cui “Castrocaro”, “Fortuna Music Awards”, “Festival di SanNolo” e il “ProSceniUm Festival”. Sta anche sperimentando il mondo autorale, infatti nel 2022 è arrivata in finale a “Genova per voi”, un contest per soli autori, co-organizzato da “Universal Music Publishing”. Il suo motto è “Bisogna sempre puntare alla luna, mal che vada, si è comunque arrivati in mezzo alle stelle”.

https://www.instagram.com/sonochire/

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“L’Assedio” è il concept album di debutto di Evelina

Fuori su tutte le piattaforme digitali da venerdì 7 giugno 2024 “L’Assedio“, concept album di debutto di Evelina, artista indipendente e queer che ha scelto l’anonimato per andare oltre ogni apparenza e proteggere la musica, le visioni e le parole da pregiudizi, sovradeterminazioni e semplificazioni.
 
Produttore, arrangiatore e parte integrante del progetto è MuČe Čengić, chitarrista bosniaco tra i fondatori dei Zabranjeno Pušenje, gruppo rock di culto nei Paesi della ex Jugoslavia – oltre che produttore discografico e ingegnere del suono, trasferitosi in Italia da Sarajevo alla metà degli anni ’90 dopo il conflitto in Bosnia ed Erzegovina.
 
“L’Assedio” è una sorta di kintsugi giapponese. Frammenti dispersi, uno schianto previsto quanto improvviso; e poi ricomposti pazientemente – in un tempo lento, dilatato, a tratti immobile e silenzioso – a restituire una forma perduta, forse non più capiente ma con le ferite impreziosite dall’oro. Un volo inceppato sul tempo, sospeso senza rimedio tra futuro e passato, sequestrato nel presente.
 

“Non sono qui per mostrarvi il lato migliore del volto che perderò, né per darvi in pasto le ore che mi restano o per addormentarvi il cuore e distrarvi la mente. Ho l’urgenza di trasmettere quello che mi attraversa e non mi appartiene fino in fondo. Mi chiedo e chiedo se sia ancora possibile farlo, se almeno le arti ne siano ancora capaci, ben oltre l’intrattenimento. Chi assedia chi?
Da che parte arriva il nemico? Vedo una fortezza in mezzo a un deserto. Una peste feroce che anestetizza da secoli chi ci vive dentro. E riduce al silenzio chi da secoli ne è esclusa. Un asfissiato giardino che pretende uno sconfinato deserto. Non ho parole, non ho note, non ho immagini oneste per raccontare quel che accade oltre queste mura, che non ho più conosciuto, che forse le mie radici estirpate avrebbero potuto ricordare e rispettare. Ma posso raccontare la peste qui dentro, perché abita e mina anche me. E sono voragini in miniatura, dalla geografia smarrita, dalle proporzioni starate. Tempeste nel bicchiere, costellazioni di sentimenti autoreclusi fondano la barbarie che siamo, che imponiamo (coscienti o meno) a chi la nostra storia deve subirla ancora una volta. Questo è un gesto tardivo e disperato di cura, di sabotaggio, di rivolta contro il rumore e il torpore che ci stordiscono in queste mura. Parole, note e immagini contro l’assedio che sono diventate le nostre esistenze dal caro prezzo altrui. Le ferite vanno cercate nel cuore ingannevole dell’educazione sentimentale. E curate nel personale, che deve riscoprirsi politico. Le ferite vanno cercate nel cuore omesso dell’umano. E curate restituendo misura e scala alla cognizione del dolore. Esattamente tutto quello che, da questo lato della linea abissale, non si può e non si vuole più vedere, capire, sentire. Un immenso, cinico, inutile sacrificio, che non ha salvato neanche chi l’ha preteso e poi dimenticato.”

Il visual che accompagna “L’Assedio” è il progetto fotografico Eclissi, della stessa Evelina (che è un’artista multimediale) frutto di una ricerca altrettanto lenta e paziente. “Eclissi è un oltreconfine, frutto dell’ombra dei corpi sui corpi, e verrà svelato interamente con l’uscita dell’album. È il risultato di un processo di sottrazione deragliamento percettivo e culturale che interpreta la guerra al corpo-donna e all’anima-femmina come radicate e infinite declinazioni di una fobia, di un punto di vista immutabile, di una biopolitica trasversale, nel tempo e nello spazio. Un’ostinata continuità contro qualsiasi resistente discontinuità. In quel terrain vague, ho deciso di sospendere il filo del mio discorso e farlo oscillare sulla possibilità della sua stessa sparizione. Ed è il più grande augurio che possa fare (almeno) a me stessa, alle mie visioni, alle mie parole, alle mie note, a ogni scoria e traccia di questo finito procedere. Prima che tutto svanisca…”

“È quando ti perdi che guardi più intensamente” (R. Rauschenberg)
 

Scopri il disco: https://distrokid.com/hyperfollow/evelina8/lassedio

BIO:

L’artista si racconta con queste parole: Sono Evelina, figlia del rumore e del torpore, lavoratrice della conoscenza e della trasformazione, nomade delle arti e dei paesaggi, narratrice e tessitrice di quel che resta. Sono un’evocazione, un’anima salvata dalla musica e dalla poesia, che ha urgenza di comunicare. Le visioni, le note e le parole di cui sono mera tramite, si sono desiderate e ricongiunte come un atto di liberazione, un punto per una vista su questo presente maschio, crudele, ingiusto, asfissiante e ipocrita, che esclude i dannati e isola i privilegiati. Sono indipendente, anonima e queer. Non ho strategie. L’amore e la rivoluzione non hanno bisogno di un business plan.

https://www.instagram.com/evelinamusica/

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Le 5 cose preferite di Fahbro

Fuori dal 11 aprile “Rebirth”, la nuova produzione di fahbro. Melodie delicate da ambient music che sanno cullare l’ascoltatore e portarlo alla ricerca di se, della propria rinascita. Un brano strumentale che sa però tenere alta l’attenzione dell’ascoltatore dall’inizio alla fine. “Rebirth” è sperimentazione allo stato puro. Si mescolano suoni elettronici a strumenti classici creando un’esperienza fuori dal comune, coinvolgente ma soprattutto emozionante.

Rebirth è un progetto artistico nato dall’esigenza di sperimentare fuori dal seminato e dalle mie solite produzioni. Articolando il brano con musicisti che potessero contribuire al lavoro con il loro punto di vista e il loro talento

Noi volevamo conoscerlo meglio, e per per farlo gli abbiamo chiesto quali fossero le sue cinque cose preferite, ed ecco com’è andata.

Le 5 cose di fahbro:

1- La neve.

Sono cresciuto in un piccolo paese di montagna, Campobasso, capoluogo di una regione minuscola, il Molise. Quando ero piccolo la neve significava chiusura delle scuole, slittino, discese, e forse per questo mi è rimasta sempre nel cuore. Ora da adulto, ne apprezzo anche la sua funzione catartica. Il suo candore che ripulisce l’ambiente e il suo intrinseco silenzio che filtra i rumori, affievolendo quelli della città e enfatizzando quelli della natura.

Per me è sinonimo di divertimento e introspezione.

2-Il basket.

Ci sono persone che nascono con la palla da calcio tra i piedi, io invece sono nato con la palla a spicchi tra le mani. Basta dire che da quando avevo 6-7 anni fino ai 27 circa, sono stato sempre sul parquet. Con il mio passato da giocatore semi-pro (ho giocato in c2), il fuoco e l’adrenalina di questo sport vive dentro di me.

Oggi, da spettatore, sono un fan sfegatato della Virtus Bologna e dell’NBA in generale, e sento lo stesso ardore di sempre. Citando un famoso film, “He Got Game” di Spike Lee, il basket per me “è come poesia in movimento”.

3- Bici

Da anni ormai sono passato alla “commuter bike” per recarmi al lavoro. Il tragitto che mi separa da casa a lavoro è un momento di libertà. Un momento che dedico a me stesso solamente. Sono 20km, tra andata e ritorno, in cui posso indossare le cuffie e sentire musica o podcast, pedalare nel traffico cittadino sentendo il vento in faccia, fare una chiamata con un amic* o semplicemente pedalare.
La bici per me rappresenta questo momento personale, ed è impagabile in un’epoca in cui svolgiamo tutto frettolosamente.

E’ un momento di decompressione che per me è vitale, e oltretutto faccio anche del bene al pianeta. Quindi vi consiglio, ove possibile, di passare alla commuter.

4-La meditazione.

Oggi non potrei fare a meno di meditare. Per me è diventato un atto necessario, come il respirare. Svegliarmi al mattino presto e raccogliere energie, focalizzare il respiro e calmare la mente, è parte della mia routine Un momento di analisi e testimonianza senza giudizio, un modo per prendere consapevolezza e ricaricarsi. Da quando ho iniziato a praticarla, quasi 20 anni fa, ad ora, sono riuscito a limare molti dei difetti che impedivano di evolvere come essere umano.

Per me è un’ispirazione, uno sfogo, come una seduta da un buon psicologo.

5-Libri, Vinili e Film.

So che non sono una cosa preferita ma ben tre. Hanno per me la stessa importanza. Rappresentano intrattenimento, ma soprattutto educazione, infatti c’è un perfetto termine anglofono che racchiude cosa significhino per me queste 3 forme artistiche e cioè EDUTAINMENT. È un neologismo abbastanza recente, risalente al 1970 circa, per far comprendere come fosse possibile usare l’intrattenimento per veicolare l’apprendimento. Ma così entriamo in un ambito filosofico troppo ampio. Dico solo che per me leggere un libro, ascoltare un buon album, e vedere un film possono avere lo stesso valore formativo.

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Cosa c’è nella camera di Marco Cesarini

É in uscita giovedì 18 aprile 2024 su tutte le piattaforme digitali per Nusica, il nuovo album della nuova formazione Marco Cesarini & Henry Mclusky dal titolo “Chi è Antelope Cobbler?“. Questo sarà il primo di due nuovi album che usciranno durante il 2024, il disco è stato mixato e masterizzato da Marc Urselli, fonico storico che vive e lavora a New York (East Side Sound Studios). 

Chi è Antelope Cobbler?” è un disco dalle atmosfere à la David Lynch, artista che è stato una forte influenza e presenza determinante sulla decisione di scrivere questo disco. Tutto è iniziato con un rewatch della serie Twin Peaks, quando Marco Cesarini è arrivato a chiedersi “Qual è la mia definizione di musica noir?” o anche “Come racconterei una storia noir, con la musica?“. Nella musica non c’è un vero e proprio genere Noir, però c’è tanto materiale che ne sperimenta le suggestioni, questo disco forse nasce per l’esigenza di avere dei canoni, una piccola definizione di cosa potrebbe essere un disco noir.

In occasione dell’uscita, nasce quindi il personaggio eteronimo Henry Mclusky, un investigatore il cui scopo è rispondere a delle domande, la prima sulla definizione di un disco noir, la seconda riguarda proprio il titolo “Chi è Antelope Cobbler?“. Intorno a quest’ultima domanda si sviluppa una storia scritta, che insieme alle illustrazioni realizzate apposta dall’artista Aliena Wrobleski (eteronimo di Margherita Baldelli).

Noi siamo stati a casa sua, per conoscerlo meglio e per partire proprio da dove è nato tutto. Ed ecco cosa ci ha mostrato e raccontato lo stesso Marco!

1 – STUDIO/DIPINTI DI MEG:

Lo studio dove la mia compagna Margherita Baldelli dipinge, è una stanza della casa dove viviamo. I suoi lavori sono parte di me e influenzano il mio modo di vedere le cose. Ormai da tempo condividiamo molti interessi della nostra vita, compreso il lavoro artistico. I ricordi più belli che ho di questo disco, insieme a quelli in studio di registrazione con gli altri musicisti, sono le giornate passate a comporre vicino a lei mentre realizza le sue opere, potevamo arrivare fino a sera senza dire mezza parola. Un buon modo per risolvere l’incomunicabilità all’interno della coppia.

2 – LIBRI:

Da lettore accanito i libri sono una mia passione, ma sono anche una cura, come la musica. Questi sono alcuni dei testi che mi hanno accompagnato durante il 2023, anno in cui ho scritto il disco “Chi è Antelope Cobbler?”. Sono stati(insieme al cinema) una grande fonte di ispirazione per questo album, inoltre mi hanno sempre tenuto compagnia, soprattutto nei giorni in cui le note non volevano proprio venir fuori.

3 – IL CANNOCCHIALE “una vita piena di adrenalina”

Di mattina mi sveglio molto presto, vivendo in un borgo vicino a un monte ho l’abitudine di osservarlo dalla finestra con il cannocchiale, tutti i giorni vedo una famiglia di caprioli che fa colazione in un prato. Ho una piccola avventura da raccontarvi, sicuramente non avvincente come quella di L. B. “Jeff” Jefferies il protagonista del film “La finestra sul cortile”, ma con una sua dignità. In una giornata invernale particolarmente piovosa, come tutti i giorni osservavo i caprioli dalla finestra, notai che uno stava fermo accovacciato per terra, mentre gli altri saltellavano a destra e a sinistra, non ci feci tanto caso all’inizio, ma quel giorno le note non volevano saperne di uscir fuori, frustrato e annoiato tornavo spesso al mio hobby di osservatore indiscreto. L’animale era sempre lì, immobile, ormai era passato un pò di tempo e nella mia testa iniziarono a balenare gli scenari più drammatici, mentre gli altri esemplari iniziavano ad andarsene, lui, non accennava a muovere un muscolo. In maniera istintiva mi misi scarpe e giacca e mi fiondai fuori di corsa, mentre correvo mi convinsi che l’animale stesse male e che gli altri componenti della sua banda mancando di mani e pollici opponibili non potessero fare niente per aiutarlo, di conseguenza avrebbero dovuto lasciarlo lì. La natura può essere spietata a volte, ma chi siamo noi per giudicare e moralizzare?. Mentre scendevo nel dirupo ormai tutto infangato pensavo a come avrei potuto salvare il capriolo moribondo, l’avrei caricato in spalla? Oppure avrei dovuto chiamare l’ambulanza? – “Ma che ambulanza, scemo! Il CRAS si occupa di queste cose” – . La pioggia scendeva sempre più fitta, arrivai ad una decina di metri dal capriolo, lui si alzò di scatto mi guardò con un misto di stupore e di spavento, si girò e zampettando raggiunse il resto del suo branco che erano nascosti dietro a degli alberi; ooops!…falso allarme. Ok, ma almeno avevo appurato che stava bene. Il problema era rifare tutta la strada al contrario, vi risparmio il resto del racconto, vi dico solo che non fu semplice e che quando arrivai a casa dopo tre quarti d’ora ero completamente fradicio e con il fango fin sopra i capelli.
Che genio…è?
“Torna a suonare che i caprioli se la cavano meglio di te!”

4 – FORNETTO

Il fornetto elettrico è veramente un’ancora di salvezza, per le giornate in cui lavori forte e non hai voglia di fermarti per mangiare, ma svieni se non lo fai; l’unica alternativa per perdere meno tempo possibile è scongelare la prima cosa che afferri dal frigorifero e poi mangiarla incandescente con una mano mentre con l’altra continui a suonare il piano. Fortunatamente non è sempre così, ma quando succede il fornetto elettrico diventa un tuo grande amico.

5 – LAMPADA DA SCRIVANIA:

Questa lampada me la porto dietro da quando facevo le scuole superiori, è una sorta di portafortuna, è sempre stata nella scrivania del mio home-studio, gli voglio bene, quando è buio e l’accendo mi sento un vero detective intento a scovare la giusta sequenza di note.

6 – VICOLO:

Questo è uno dei vicoli del borgo in cui vivo, mi aggiro di notte in queste strade come un ricercato, come un deragliato, in cerca di che cosa?… Ma è semplice…della Musa, ogni tanto si fa trovare e ogni tanto mi sfugge.

7 – GATTI:

So che dovevano essere degli oggetti, ma i miei gatti(Camomilla & Robiolino) sono parte integrante del mio vivere casalingo, sono anche convinto che qualche nota nelle mie composizioni sia stata scritta da loro. Molto spesso saltano sul piano mentre sono in fase di registrazione, e casualmente(o forse no?) suonano la nota giusta nel giusto momento; perché toglierla a quel punto. Succede di rado, o forse non è mai successo?

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Cosa c’è nella camera di Epoca22

Esce domani venerdì 12 aprile 2024 su tutte le piattaforme digitali il nuovo singolo di Epoca22, in distribuzione Altafonte

Un nuovo capitolo per lo stratificato progetto, che ci accompagnerà verso la pubblicazione di un nuovo album: uno scorcio post moderno raccontato attraverso gli stilemi della new wave: l’arpeggio dell’introduzione, freddo e vacuo, mette in scena la vita “senza senso” del protagonista del brano; i vuoti dei riverberi creano gli spazi in cui si inserisce il racconto. A volte monotona; a volte accorata, la voce fa da narratore esterno alla vicenda; senza giudicare, almeno lei, la sorte dello sventurato Uomo contemporaneo.

Morbosità patologia e asettica razionalità sono le caratteristiche del protagonista del brano – un uomo qualunque; un signor Nessuno della società contemporanea – e sono il risultato dell’ambiente che lo circonda: un mondo fatto di solitudini e dominato dal caso in cui i desideri sembrano scaturire da riviste pornografiche; droghe e voyeurismo. Nella descrizione di questo quadro apocalittico, nell’aridità di questa umanità scarnificata, l’emotività di questo “ultimo sguardo sul mondo” riporta al ricordo di una corsa infantile; alla luce che filtra da una porta finestra di una casa materna prima dell’accecante salto verso l’esterno; verso un “balcone abbacinante” che si fa simbolo di potenza vitale nella sua massima espressione: l’attimo prima della sua cessazione.

Noi, per conoscere meglio Gianluca, ci siamo fatti portare a casa sua, a curiosare tra le sue cose, ed ecco cosa ci ha mostrato.

Chitarrino su sfondo giallo con baby avocado e rivista di agitazione e propaganda: 

Questo quadretto si è andato a formare in casa nel corso del tempo e per puro caso. Quando torno a Roma e vedo questo angolo, mi sento a casa. La prima cosa ad arrivare è stato il mini tazebao Suk!, rivista che ho trovato a un mercatino dell’usato a Roma. Mi colpirono le scritte nere su sfondo giallo e il tono leggero con cui parla di sesso e, nello specifico, della pratica del 69. L’illustrazione centrale è un capolavoro; e io ho un fetish per fanzine, riviste e tutto ciò he è scritto su carta ed è indipendente. Il chitarrino è un regalo di mio fratello; anche questo viene da un mercatino delle pulci. Ha il manico spezzato e riattaccato con la colla; è praticamente impossibile accordarlo, ma la gioia che mi dà strimpellarlo “peripatetico” per la casa è indescrivibile. Ho registrato diversi giri e riff con questo chitarrino; prima o poi regalerà una canzone. 

Foto di Carrara; poster con Johnny Marr e foto con Lennon e Ono

Questo trittico è sopra lo schermo del computer dove registro le demo e mixo. Mi rendo conto ora che c’è una buona parte della mia vita: la piazza principale della mia città, Carrara, in una foto d’epoca. Sono molto legato alle mie origini; questa foto mi ricorda i miei nonni. “I’è ‘n tóc d còr” (è un pezzo di cuore) come si direbbe in dialetto da noi. Johnny Marr è lì come un oracolo: a volte lo guardo e gli dico “Johnny dammi la forza” perché fare il musicista è bello raga, ma è un’altalena emotiva continua. John Lennon e Yoko Ono sono lì perché John Lennon è uno degli artisti che più mi influenzato fin da quando ero ragazzino e Yoko è una tosta. La foglia che fa la “cascamorta” è un’altra grande passione; simbolo di libertà e fratellanza e mi fa simpatia averla lì sopra a dove si lavora. 

Lavagna in sughero con di tutto attaccato: 

Allora, sta cosa delle lavagne su cui attaccare le cose, le foto e i ricordi mi ha anche stufato eh, ma alla fine me la ritrovo in tutte le case in cui vado e alla fine guardarla mi fa simpatia. Ci sono foto; locandine; biglietti dei concerti; testi autografi di mie canzoni che nessuno conosce; messaggini in codice che mi lascia la mia ragazza quando torno la mattina presto dopo il lavoro. Sì: millennials. 

Finestra sul cortile: 

Sono arrivato a Roma a due anni fa e questa vista è il motivo per cui sono venuto a vivere in questa casa. Un giardino (a Roma; al Pigneto…) con un melograno che fa dei frutti rossi grossi come teste d’infante; quelle scale in muratura che portano nel verde… Questo è un angolo che mi trasmette serenità. Vivere in città mi ha fatto rendere conto quanto io sia legato alla natura e quanto mi renda triste starne lontano; per me è sempre stata una madre buona nella quale trovare consolazione e vitalità, quando non c’erano che macerie emotive intorno a me. La città mi ha anche mostrato in che modo noi esseri umani abbiamo violentato e continuiamo a violentare la natura; la distruggiamo  o la releghiamo in un angolo. Così facendo, però, è come se ci violentassimo da soli. Questo sentire, insieme ad altre riflessioni, è alla base del disco che uscirà a ottobre 2024 ed è anticipato dal singolo VISUALIZZARE (che uscirà il 12 aprile 2024) e che ha la forma del concept album. 

Basilico

Io sono di Carrara, che è l’ultima città toscana prima della Liguria. La mia famiglia, da parte di padre, è ligure; originaria di Genova. Il basilico per me è casa. Poi, vabbè, credo di usarlo in quasi tutti i piatti che cucino, così come buona parte degli italiani. Se penso al basilico penso a Genova; al Mediterraneo; alla città di Galata davanti a Costantinopoli; al periodo arabo in Sicilia prima dell’anno Mille. Insomma, mi fa viaggiare nel tempo e nello spazio. 

Chitarre e amplificatore:

Accanto alla postazione di lavoro ho le mie chitarre e il mio amplificatore. A volte mi fisso a guardare questo angolo: il legno dei manici e dei corpi e il suo scintillio alla luce; le cromature. Poi ne prendo una e inizio a suonare; quando perdo la cognizione del tempo, è un buon segno. Il Roland Jazz Chorus è un mio fetish: è il suono della new wave britannica degli anni ’80; l’ampli degli Smiths; l’ampli del primo album degli Epoca22…

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“Gyarados” è il primo singolo dei Jamilla Dischi

Esce venerdì 29 marzo 2024 su tutte le piattaforme digitali il singolo “Gyarados“, debutto discografico del duo musicale e collettivo Jamilla Dischi, una nuova realtà della provincia di Milano nata dalla volontà di Federico Villa (Villa Psicosi) e Dario Bonafè che si impone di aiutare nuove realtà a imporsi sulla scena indipendente. I Jamilla raccontano l’invidia, l’infamia, la caduta e la rivalsa con un mix unico di generi, affondando nell’urban e risalendo verso quella che loro chiamano la nu hybrid hyper – trap.
 

Frate li sento che parlano parlano sì ma la scena sestese la imparano (…)
Che ci vuoi fare compare ho la testa che fa male, io che sto pieno di pare uso la clozapina per…



SCOPRI IL BRANO: 
https://open.spotify.com/intl-it/album/5wKDLcyMFBbbGjJlTD7dN4?si=apTDVZxATPW-KXZeAGyBeQ



Testo e musica: Villa Psicosi, Dario Bonafé
Prodotto da: Villa Psicosi e Dario Bonafé
Eseguito da: Villa Psicosi e Dario Bonafé



BIO:
Jamilla Dischi è un duo artistico, collettivo giovanile e booking indipendente di Sesto San Giovanni, fondato da Federico Villa (Villa Psicosi) e Dario Bonafè. La mission è quella di aiutare nelle produzioni e nel booking i nuovi giovani che si vogliono approcciare al rap e alla musica in generale. I due ragazzi portano in Italia un genere crossover: la nu hybrid hyper – trap. Attraverso testi sconnessi, vogliono trasmettere il no-sense della vita, che tanto ti bastona quanto ti limona. L’accettazione e la lotta sono la chiave di tutto. “Gyarados“, traccia autoprodotta, è il loro primo singolo. I Jamilla narrano dell’invidia, dell’infamia, della caduta e della rivalsa. Spleen et Ideal.

https://www.instagram.com/jamilladischi/

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Internazionale

Cosa c’è nello studio degli Sneer

É uscito venerdì 8 marzo 2024 su tutte le piattaforme digitali (per Record Y) “Flattener”, il primo singolo del trio Sneer, un brano che racchiude in breve lʼestetica della band: con un tempo serrato a 160 bpm, un sax ripetitivo alla melodia e il basso sintetizzato, il pezzo si evolve in 2 parti principali, presentando la vena compositiva del trio. Pochi riff cantabili e apertura allʼimprovvisazione sorreggono una dose di groove ben dichiarato e martellante, il tutto con unʼattitudine lo-fi.

Noi ci siamo fatti invitare nello studio di uno di loro, Michele, ed ecco che cosa ci ha raccontato a riguardo.

Ciao! Il luogo che abbiamo scelto è il mio studio (Michele) dove abbiamo registrato e io successivamente prodotto e mixato il nostro prossimo disco in uscita, anticipato da il singolo Flattener. Lo “studio” (è un soppalco di una sala prove) è stato chiamato da me T.I.A. che significa “Triumplina in azione” in onore di una vecchia crew di writers attiva nei primi del 2000 a Brescia. E’ un luogo, piccolo, accogliente ma dalle mille sorprese.

Mi piace collezionare oggetti e strumenti inusuali che ho proposto subito ai ragazzi, da usare nel disco e anche live. Eccoli qua.

La madonnina. La madonnina l’ho recuperata in una delle tante mie peripezie nei negozi dell’usato. Ha un carillon interno e s’illumina al buio. L’abbiamo usata nell’apertura del video live in studio ad Altre Frequenze di Brescia, che ci ha gentilmente registrato la nostra prima performance live. Cosa c’è di più cringe? Level max.

Yes & No. Questi 2 fantastici pulsanti sono stati campionati e inseriti in un brano dell’album. Contengono varie voci che dicono “Yes” or “No”. Come fare a resistere al fascino di un “no” detto secco? O un “Yes” implorante di proseguire?

Tastierina. La tastierina l’ho trovata fuori da un cassonetto, immacolata con le pile ancora funzionanti. Fa tutti i suoni degli animali, i tasti non sono intonati secondo il sistema temperato e ha anche dei sample di batteria. Devo aggiungere altro?

Soundcraft. Benché dalla sua apparenza sia vetusto, il suono di questo banco ha contraddistinto tutti i suoni di batteria compressi e distorti che potete (e potrete) sentire nel disco di prossima uscita. Blu come le distorsioni più profonde 😉

Ableton. Non è un oggetto bensì un iperoggetto… Ableton! Presente in quasi tutti gli studi da bedroom producer (in questo caso loft producer) Ableton è lo strumento ideale per sentirsi produttori girando pomelli a caso, fino a che il suono non ha trovato la forma a proprio piacimento.