Lo scorso 27 settembre è uscito per Bloos Records “See Ya Later, Gladiator!”, il primo album di Mary Lee and Caesar’s Cowboys. Dieci brani, di cui due originali, con i quali la band si affaccia sulla scena musicale internazionale, riportando alla luce un genere musicale davvero unico: il western swing d’oltreoceano. Pochissimi giorni dopo l’uscita del disco, la band è partita alla volta dell’Inghilterra per far conoscere questo particolarissimo genere al pubblico di Rhythm Riot, uno dei più importanti festival internazionali dedicati Rhythm & Blues e all’Early Rock ‘n’ Roll.
Abbiamo quindi chiesto ai membri della band di portarci con loro sui palchi inglesi e di farci rivivere i momenti più memorabili della loro esperienza oltremanica. Ecco cosa ci hanno raccontato:
“Pronti – via! Siamo stati catapultati sul palco senza fare alcuna prova del suono; dalla tranquillità del camerino all’arena con i leoni. Non ci si augura mai una situazione del genere ma quando capita bisogna essere pronti e lanciarsi senza preoccupazioni avendo come unico obiettivo quello di divertirsi e far divertire.”
“Il bello di questi festival è che, indipendentemente dalla musica che proponi, ci sarà sempre qualcuno pronto a scendere in pista e danzare con le tue canzoni, creando un’atmosfera ancor più coinvolgente nella sala.”
“Quanto ci siamo divertiti con il pubblico del Rhythm Riot! E’ sempre stimolante avere davanti persone che conoscono il repertorio e il loro apprezzamento è per noi una bellissima gratificazione.”
“Poco dopo il nostro show siamo risaliti sul palco, stavolta per fare un videoclip con uno dei nostri videomaker preferiti: Bopflix! A breve sarà disponibile anche sul suo canale YouTube, seguito da centinaia di migliaia di fan in tutto il mondo.”
“Si ritorna a casa dopo un’esperienza davvero positiva: da una parte siamo felici del riscontro del pubblico e della vendita dei dischi; dall’altra la nostra esibizione è stata notata da diversi esponenti del circuito internazionale, i quali hanno espresso il desiderio di farci partecipare ad altri splendidi festival. Grazie, Rhythm Riot!”
Abbiamo passato qualche giorno alla ricerca delle cose più interessanti che sono accadute nella scena indipendente, e non solo italiana. Lontano dalle rotazioni radiofoniche e dai circuiti mainstream, la musica ci offre ancora tantissimi punti e occasioni per fare una bellissima figura con gli amici nerd. Pronti?
Il nuovo inizio di EMIT
Abbiamo ascoltato EMIT, tra i nomi che rimbalzano numerosi in questo autunno che sembra particolarmente prolifico, come un piccolo faro di speranza: si può fare musica pop, si può parlare di amori e di amori che finiscono, si può usare una chitarra acustica e venature elettroniche, senza essere uguali a qualcun altro, ed è il caso di questo bacio che ci regala Emanuele Conte, in arte EMIT. Un respiro, una visione, il cominciare di nuovo davanti a un percorso ad ostacoli, tutti caduti malamente a terra, si può essere estremamente tristi e allo stesso tempo non suonare melodrammatici, si può essere innamorati, senza usare le parole da Festivalbar “sole, cuore, amore” a tutti i costi. EMIT è un nome interessante che si è svelato con questo singolo, un primo assaggio timido che speriamo sia solo l’inizio per qualcosa di più grande. Fatevi accogliere dalla sua Kissland.
Il primo full length di dada sutra
Un alieno che si aggira tra noi, di battiti, ansimi e sussurri, dada sutra è qualcosa che non avete mai sentito prima, che non potete paragonare a nessun altro. Il suo è un atteso mix che avevamo già osservato dai precedenti singoli: l’alternative rock degli anni Novanta che ritrovano anche vibes dei fumosi locali jazz, amori e dipendenze, poesie estinte e quella voglia, che rimane, permane anche ad ore dopo l’ascolto di questo disco, di spaccare tutto. Siamo felici di avere un ascolto lungo, un album intero, un mondo oscuro in cui affondare, e di questi tempi di banalità e brani tutti uguali, ne avevamo veramente bisogno.
“questo amore mortale” ha un titolo preso in prestito dal famoso murale berlinese del bacio tra i politici Honecker e Brežnev, e vuole essere un inno alla disobbedienza e alla ricerca di spazi di guarigione in un mondo infettato da oppressione, genocidi e distruzione ambientale. Parla della necessità di inventarci nuovi miti, nuove divinità che non siano complici di crimini o malate di indifferenza, riscrivere una storia che non sia solo la verità parziale scritta dalla cultura ufficiale e dalle classi dominanti, che sia una storia di speranza e rigenerazione.
Il musicista Vincenzo Adelini sta facendo un tour nei planetari di tutta Italia
E a proposito di cose che non hanno precedenti, non potevamo che parlarvi anche di Vincenzo Adelini, musicista e compositore che sta portando in giro per tutta Italia, ma solo in location spettacolari, i planetari, uno spettacolo dal titolo “Moonlight From“. Una rassegna senza precedenti in Italia per uno spettacolo dal vivo in oltre 11 strutture astronomiche da nord a sud del paese. Accolti da ambientazioni intime e profonde, assisteremo alla creazione di una colonna sonora estemporanea, che Adelini intreccerà con le proiezioni della volta celeste. Oltre al suo principale strumento a 6 corde utilizzerà in simultanea archetti per il violoncello, E-bow, Joystick per la Nintendo Wii, Slide di ferro, pedaliere e theremin, il tutto per realizzare uno spettacolo unico ed irripetibile.
Un’ottima scusa per uscire con quel ragazzo che non sapete mai a che concerti portare, per far uscire quell’amica che non ama i live in piedi, per chi ama le stelle, sognare, il buio, ma anche chiudere gli occhi e lasciarsi andare.
La magia di Indieponente
E da poco abbiamo assistito a una magia che ci sentiamo di segnalarvi, tra le cose che sono successe ultimamente. Un piccolo festival alla sua prima edizione, completamente indipendente. Avete presente quando da ragazzini tutti noi abbiamo sognato di organizzare il nostro festival, di chiamare a suonare la nostra band del cuore, e di fare una grande festa. Due ragazzi qualsiasi lo hanno fatto davvero. Un festival di musica (ma anche un mondo di degustazioni, street food e street market…) che si è posto l’obiettivo di portare i grandi artisti della musica indipendente italiana nell’estremo ponente ligure. La prima edizione della kermesse, oltre a band arrivate da tutta Italia, ha avuto come artista di punta lo storico gruppo dei MEGANOIDI.
Due dischi internazionali che vi consigliamo davvero di non perdervi
E per non rimanere solo in Italia, abbiamo deciso di scavare tra le nuove uscite, anche internazionali, e non potevamo che cadere in due dei dischi più interessanti pubblicati dopo l’estate. Albin Lee Meldau ci avvicina al suo dolore nel suo ultimo album “Discomforts“, ad una malinconia estrema condita di pop-folk che è lo specchio di un periodo buio, quello della riabilitazione. Albin si mette a nudo e regala ai suoi ascoltatori racconti del suo vissuto, errori commessi e lezioni apprese. Queste canzoni sono capitoli di ciò che è stata la sua vita fino ad oggi, raccontando dei suoi anni più selvaggi e travagliati e riflettendo su quanto sia fortunato ad essere ancora vivo.
E se avete bisogno di una di quelle serate solitarie, un bicchiere di vino e un piano martellante, forse dovreste affidarvi anche a Leif Vollebekk. Un artista degli artisti, tra suoi ammiratori ci sono diversi colleghi, Vollebekk – che in “Revelation” ha autoprodotto e suonato pianoforte, chitarra, basso, organo B3, armonica, fisarmonica e sintetizzatore Moog – ha riunito un cast di supporto impressionante che testimonia il calibro del suo talento musicale e l’atmosfera delle registrazioni. Tra questi, il leggendario batterista Jim Keltner, la nota chitarrista Cindy Cashdollar (Bob Dylan, Van Morrison e Rod Stewart) e il venerato bassista Shahzad Ismaily. Tra i suoi collaboratori per l’album ci sono anche artisti come Angie McMahon e Anaïs Mitchell nei cori.
Un mondo che si può ballare, anche se è molto triste, una libertà che si rompe di pianto, una vita intera che sembra una rivelazione che non possiamo raccontare a nessuno. Un disco da consumare.
PIACE PURE A ME, pubblicato venerdì 20 settembre 2024, è il nuovo singolo degli STORNAVANTI, band capitolina nata e consolidata nell’universo rock, crossover, punk e trap. Questo singolo rappresenta un nuovo passo per il progetto che li vede scrivere insieme a nudda, un singolo che deride tutti i limiti imposti dalla società che viviamo che ci rende come costanti antagonisti, quando siamo fatti della stessa materia, e soprattutto ci ritroviamo tutti negli estesi e difficoltosi strati della mente a cercare di “sopravvivere” a ciò che ci succede giorno per giorno.
Noi per conoscerli meglio, ci siamo fatti invitare nel loro studio, ed ecco cosa ci hanno mostrato.
Piante grasse, l’unica cosa che in qualche modo “collezioniamo”. Possono essere strane, bislacche, ma sono anche precise e pungenti.
Questa è la nostra spada , ci ricorda chi siamo stati nella vita passata, sulla lama è inciso “amor vincit omnia” perché nessuno dovrà mai usarla. L’amore vince su tutto, l’antitesi di una frase del genere sulla lama di una spada ci ricorda la stretta unione tra il bene e il male, e il confine tra di essi, solo la volontà dell’uomo ne determina la scelta.
Le clessidre ci hanno sempre affascinato. Non c’è una ragione in particolare. Ci piacciono, ce ne sono di mille tipi, ci piace guardarle, ci rilassa.
Laccetti ferma cavi, li troviano ovunque in studio, li compriamo di continuo, perché negli aspetti tecnici legati al suono e alla musica, desideriamo essere il più ordinati possibile, da ossessivi compulsivi quali siamo, vorremmo sempre portare ordine negli aspetti della nostra vita, per placare le ansie. La musica, la fonia, sono gli unici ambiti in cui riusciamo a farlo con leggerezza d’animo. E poi i cavi portano rumore, e l’idea di qualcosa che porta ordine nel caos ci piace, ci fa pensare alla produzione
Tra i tanti illuminati della storia di sicuro quello più affascinante, la posatezza del buddah ci riporta al qui e ora
Disponibile su tutte le piattaforme digitali da venerdì 20 settembre 2024 il nuovo singolo del progetto Dellamore, un’esplosione di energia e sentimento. Un brano che racconta di una connessione potente e indomabile, dove due anime ribelli affrontano insieme le difficoltà della vita. Non solo musica, ma un vero manifesto di forza. Benvenuti nel brano che pone metaforicamente fine all’estate, dedicato agli ultimi romantici che non perdono mai la voglia di ricominciare.
Noi ci siamo fatti invitare a casa sua, ed ecco che cosa ci ha mostrato!
Dite ciao a questo tenero kodama! Lo spirito della foresta spesso presente nel fantastico film dello studio Ghibli, La Principessa Mononoke. Sono un grande appassionato di anime e questo film è stato il primo film animato che ho visto quando ero bambino. Subito me ne innamorai rivedendolo ancora e ancora. In breve, il film tratta della dura relazione tra l’uomo e la natura, e di come. Spesso, l’essere umano voglia farci la guerra invece che rispettarla e onorarla. Ps: ho anche un tatuaggio del kodama.
Eccolo qui, il mio compagno di registrazioni: lo Shure KSM27, microfono a condensatore che utilizzo da più di un decennio per registrare le mie bozze ed i miei provini. Da Palermo, l’ho portato con me a Barcellona. Sebbene sia già anzianotto, per il lavoro che deve svolgere, è più che adatto ancora. Tanto poi riregistro tutto quanto a Milano, in uno studio più attrezzato di camera mia. E ci credo, dirai.
Sulla parete della mia stanza troviamo il mio primo disco ufficiale, Sintomi. Quanti ricordi. Quando ancora non c’era Spotify, andai a stampare e a masterizzare questi dischi, per poi venderli in piazza Politeama (piazza centrale di Palermo dove ci riunivamo tutti i weekend per fare freestyle). Questo disco, uscito nel 2008, vanta le collaborazioni di Johnny Marsiglia, Davide Shorty ed EmisKilla!
Chalcosoma caucasus, per altri scarabeo, per altri ‘’AAAAH, che schifo!’’. Ma non per me. Sin da piccolo ho sempre amato gli insetti. Mi affascinavano e li volevo sempre prendere per il gusto di ammirarli e poi lasciarli ovviamente liberi per la loro strada. Nel mio ultimo recente viaggio intercontinentale, in Thailandia, ho comprato questa bacheca con questo bellissimo esemplare imbalsamato. Poverino, lo so, ma era già così.
Per ultimo, nella mia stanza sempre più in stile giapponese ormai, troviamo una illustrazione fatta da una mia amica tatuatrice, fan anche lei della cultura giapponese e degli anime. Vi presento la (donna dalla bocca spaccata). E`una delle leggende più belle della cultura horror giapponese. “Sono ancora bella?” questa è la domanda con cui avvicina i ragazzi, si narra. Se rispondi “no”, tira fuori un paio di forbici e ti va volare la testa. Se rispondi “sì”, invece, lei mostrerà il suo viso completamente sfigurato da un’enorme ed orribile bocca urlando: “E ora, sono ancora bella?”; a questo punto, bisogna ammetterlo, anche la persona più impassibile al mondo avrà una reazione e, dunque, spunteranno di nuovo le forbici.
Continuo ormai a essere sempre più convinto che la forma “EP” sia sempre meglio di un album, perchè è un concetrato, è il tempo di una passeggiata, il tempo di una macchinata, di andare in spiaggia. Venti minuti per un pugno in faccia, per stare male, per entrare in un mood. Un album, e mi vergogno quasi a scriverlo, non riesco quasi a mai a finirlo, mi stufo, devo essere pronto, devo avere il tempo, è come vedere un film di quattro ore, e non si può guardare “Via col vento” tutti i giorni. Gli EP sono come una serie TV, come guardarsi un episodio durante una pausa pranzo estiva in ufficio, qualcosa da vivere bene, a cui aggrapparsi, che non ti sovrasta. E qui ve ne è selezionati tre, tra i più nuovi che sono arrivati in redazione ultimamente, e che ci hanno conquistato.
“Crescere Perdersi” de Il Generatore Di Tensione
Questi due vi faranno innamorare. Vi faranno entrare in una bellissima atmosfera à la “Chiamami con il tuo nome“, in quest’estate italiana assolata e malinconica. “Farci male“, la traccia che dà inizio a tutto questo, è proprio questo, potrebbe essere una colonna sonora alternativa di quel film, due che si amano, ma non più, ma ancora tanto, con quell’ossessione che accompagna i momenti della fine. E le voci di questi due, questi due che vi conquisteranno alla prima traccia, che si chiamano Il Generatore Di Tensione, si intrecciano meravigliosamente, e ci sono echi di De Andrè, che cantava senza cercare ossessivamente la melodia, ma chiacchierava, come a raccontare qualcosa al proprio migliore amico, ma scivolano facilmente in ritornelli che vi troverete a canticchiare in macchina, allontanandoci dall’iper produzione, riducendo tutto all’osso, a sentire una chitarra acustica che basta, basta e basta.
Andare via di casa, sentirsi lontani anni luce, nostra madre che ci sembra diversa, una storia di cui non ci libereremo mai, una serie infinita di meraviglia, di house concert, di Milano che ci sta troppo stretta, e il cuore a Bologna.
“Annuario” di AL!S
E dalla chitarra acustica, passiamo a un piano invadente e sincero, aggressivo: a parlarci di amore che non amore e di ansia sociale. AL!S ci racconta la sua vita, ballando un valzer malato come quello di “Scarpette Rosse“, quello a cui non possiamo sfuggire. La storia di Alice è quella di molte altre ragazze, in questo mondo di uomini che non sanno amare, che sono distanti e invisibili, e che ci tengono in attesa, su cui possiamo solo ironizzare, per non stare troppo male. Ci piace il modo bellissimo in cui si può parlare di tutto qui, un disco come un diario, senza paura di tirare frecciatine, di parlare di fegato consumato, di alcol e fughe notturne, come se i nostri genitori non potessero mai ascoltarci.
Da uomo, mi ritrovo qui dentro, mi rendo conto di come sia difficile amare qualcuno, perchè dall’altra parte c’è una forza come Alice, che ti sbatte in faccia in un disco qualsiasi cosa, tutti i suoi pensieri di cristallo, e poi ci siamo noi, che non sappiamo ascoltare, nè formulare, nè concepire, tutta questa vita. Il pop indipendente non è mai stato così trascinante, triste, vero, incredibile.
“I Fiori Del Male” di Kimera
E a proposito di pianoforte, mi piace molto quello di Kimera, che di relazioni fredde che si interrompono se ne intende, di piacere carnale che traduce in sintomi e vortici di pensieri. Kimera e AL!S li vedrei bene a cantare insieme, che hanno quell’anima tormentata comune, concentrata, che si esaurisce in poche tracce, perchè delle cose vere non si può contare troppo a lungo, come quei romanzi che poi non si leggono mai fino alla fine, perchè ormai hanno detto tutto quello che dovevano dire. Così fa Kimera, in questo piccolo disco struggente, oscuro, di cantautorato e venature elettroniche, e allo stesso tempo incredibilmente estivo, che riempirebbe bene i club dei litorali, quelli frequentati dai locali e non dai turisti, che servono drink nei bicchieri di plastica, di quell’Italia provinciale, affascinante. Un romanzo di Cassola nel 2024.
Di amori che non fanno più ridere, tunnel elettronici e ipnotici che non vi lasceranno andare facilmente. Che meraviglia.
I May Gray, con il loro nuovo album “Fragili”, offrono un’esplorazione della condizione umana attraverso la lente della fragilità. Il gruppo, conosciuto per il loro rock energico e melodico, continua a evolversi senza perdere di vista le radici che li hanno resi popolari. Il titolo stesso, “Fragili”, suggerisce un cambiamento di prospettiva: non più la fragilità come debolezza, ma come una qualità da abbracciare e comprendere.
L’album si apre con “Fragili (Intro)”, un brano strumentale che stabilisce immediatamente il tono del disco. L’atmosfera creata è intensa, quasi cinematografica, e prepara l’ascoltatore a un’esperienza ricca di emozioni e riflessioni. Segue “Respirare”, un pezzo che combina riff potenti e testi profondi, riflettendo sulla necessità di trovare spazio per respirare, sia fisicamente che emotivamente.
“(Ho Rotto Le) Catene” è un brano che incarna perfettamente il messaggio del disco. Qui, la band trasforma la frustrazione e la rabbia generate dalla pandemia in un’opportunità di rinascita. Il testo parla di liberazione dalle costrizioni, un tema universale che risuona particolarmente forte in questo periodo storico. La musica è altrettanto potente, con chitarre distorte e una batteria incalzante che spingono il brano in avanti.
“Insieme ancora” e “Qui, Resta Qui” continuano l’esplorazione della fragilità umana, ma con un tono più introspettivo. “Insieme ancora” è una riflessione sulla forza che si trova nella connessione con gli altri, mentre “Qui, Resta Qui” esplora la ricerca di stabilità in un mondo in costante cambiamento. Questi brani mostrano la capacità dei May Gray di bilanciare potenza e delicatezza, creando un sound unico che è allo stesso tempo energico e riflessivo.
“Chiedimi” e “Adesso o Mai Più” chiudono l’album, offrendo una nota di speranza. “Chiedimi” invita l’ascoltatore a confrontarsi con le proprie vulnerabilità, mentre “Adesso o Mai Più” è un inno alla resilienza e alla determinazione. Concludendo l’album su una nota positiva, i May Gray dimostrano che la fragilità non è qualcosa da temere, ma una parte essenziale della nostra umanità.
In definitiva, “Fragili” è un album che mette in evidenza la crescita artistica dei May Gray. La band riesce a combinare rock potente con liriche che esplorano temi profondi e universali. Ogni brano è un tassello di un mosaico più grande, che invita l’ascoltatore a riflettere sulla propria fragilità e a vedere la forza che può derivare da essa.
In uscita venerdì 7 giugno 2024, “duecuori” è il nuovo singolo di chiré: un brano pop, dolce e sincero, che parla di un forte legame tra due persone che, tramite le parole, riesce ad immortalare come in un film. Rappresentato in una serie di istantanee di momenti e dolci istanti insieme, “duecuori” è un pezzo che sa di vento nei capelli con i finestrini aperti e di sere d’estate in cui tutto va bene.
chiré è una cantautrice romana che scrive ispirandosi alla musica pop italiana. È una persona resiliente, che non si da mai per vinta e che in tutto quello che fa mette sempre il 101%. Ha partecipato a svariati festival tra cui “Castrocaro”, “Fortuna Music Awards”, “Festival di SanNolo” e il “ProSceniUm Festival”. Sta anche sperimentando il mondo autorale, infatti nel 2022 è arrivata in finale a “Genova per voi”, un contest per soli autori, co-organizzato da “Universal Music Publishing”. Il suo motto è “Bisogna sempre puntare alla luna, mal che vada, si è comunque arrivati in mezzo alle stelle”.
Fuori su tutte le piattaforme digitali da venerdì 7 giugno 2024 “L’Assedio“, concept album di debutto di Evelina, artista indipendente e queer che ha scelto l’anonimato per andare oltre ogni apparenza e proteggere la musica, le visioni e le parole da pregiudizi, sovradeterminazioni e semplificazioni.
Produttore, arrangiatore e parte integrante del progetto è MuČe Čengić, chitarrista bosniaco tra i fondatori dei Zabranjeno Pušenje, gruppo rock di culto nei Paesi della ex Jugoslavia – oltre che produttore discografico e ingegnere del suono, trasferitosi in Italia da Sarajevo alla metà degli anni ’90 dopo il conflitto in Bosnia ed Erzegovina.
“L’Assedio” è una sorta di kintsugi giapponese. Frammenti dispersi, uno schianto previsto quanto improvviso; e poi ricomposti pazientemente – in un tempo lento, dilatato, a tratti immobile e silenzioso – a restituire una forma perduta, forse non più capiente ma con le ferite impreziosite dall’oro. Un volo inceppato sul tempo, sospeso senza rimedio tra futuro e passato, sequestrato nel presente.
“Non sono qui per mostrarvi il lato migliore del volto che perderò, né per darvi in pasto le ore che mi restano o per addormentarvi il cuore e distrarvi la mente. Ho l’urgenza di trasmettere quello che mi attraversa e non mi appartiene fino in fondo. Mi chiedo e chiedo se sia ancora possibile farlo, se almeno le arti ne siano ancora capaci, ben oltre l’intrattenimento. Chi assedia chi? Da che parte arriva il nemico? Vedo una fortezza in mezzo a un deserto. Una peste feroce che anestetizza da secoli chi ci vive dentro. E riduce al silenzio chi da secoli ne è esclusa. Un asfissiato giardino che pretende uno sconfinato deserto. Non ho parole, non ho note, non ho immagini oneste per raccontare quel che accade oltre queste mura, che non ho più conosciuto, che forse le mie radici estirpate avrebbero potuto ricordare e rispettare. Ma posso raccontare la peste qui dentro, perché abita e mina anche me. E sono voragini in miniatura, dalla geografia smarrita, dalle proporzioni starate. Tempeste nel bicchiere, costellazioni di sentimenti autoreclusi fondano la barbarie che siamo, che imponiamo (coscienti o meno) a chi la nostra storia deve subirla ancora una volta. Questo è un gesto tardivo e disperato di cura, di sabotaggio, di rivolta contro il rumore e il torpore che ci stordiscono in queste mura. Parole, note e immagini contro l’assedio che sono diventate le nostre esistenze dal caro prezzo altrui. Le ferite vanno cercate nel cuore ingannevole dell’educazione sentimentale. E curate nel personale, che deve riscoprirsi politico. Le ferite vanno cercate nel cuore omesso dell’umano. E curate restituendo misura e scala alla cognizione del dolore. Esattamente tutto quello che, da questo lato della linea abissale, non si può e non si vuole più vedere, capire, sentire. Un immenso, cinico, inutile sacrificio, che non ha salvato neanche chi l’ha preteso e poi dimenticato.”
Il visual che accompagna “L’Assedio” è il progetto fotografico Eclissi, della stessa Evelina (che è un’artista multimediale) frutto di una ricerca altrettanto lenta e paziente. “Eclissi è un oltreconfine, frutto dell’ombra dei corpi sui corpi, e verrà svelato interamente con l’uscita dell’album. È il risultato di un processo di sottrazione deragliamento percettivo e culturale che interpreta la guerra al corpo-donna e all’anima-femmina come radicate e infinite declinazioni di una fobia, di un punto di vista immutabile, di una biopolitica trasversale, nel tempo e nello spazio. Un’ostinata continuità contro qualsiasi resistente discontinuità. In quel terrain vague, ho deciso di sospendere il filo del mio discorso e farlo oscillare sulla possibilità della sua stessa sparizione. Ed è il più grande augurio che possa fare (almeno) a me stessa, alle mie visioni, alle mie parole, alle mie note, a ogni scoria e traccia di questo finito procedere. Prima che tutto svanisca…”
“È quando ti perdi che guardi più intensamente” (R. Rauschenberg)
L’artista si racconta con queste parole: “Sono Evelina, figlia del rumore e del torpore, lavoratrice della conoscenza e della trasformazione, nomade delle arti e dei paesaggi, narratrice e tessitrice di quel che resta. Sono un’evocazione, un’anima salvata dalla musica e dalla poesia, che ha urgenza di comunicare. Le visioni, le note e le parole di cui sono mera tramite, si sono desiderate e ricongiunte come un atto di liberazione, un punto per una vista su questo presente maschio, crudele, ingiusto, asfissiante e ipocrita, che esclude i dannati e isola i privilegiati. Sono indipendente, anonima e queer. Non ho strategie. L’amore e la rivoluzione non hanno bisogno di un business plan.“
Fuori dal 11 aprile “Rebirth”, la nuova produzione di fahbro. Melodie delicate da ambient music che sanno cullare l’ascoltatore e portarlo alla ricerca di se, della propria rinascita. Un brano strumentale che sa però tenere alta l’attenzione dell’ascoltatore dall’inizio alla fine. “Rebirth” è sperimentazione allo stato puro. Si mescolano suoni elettronici a strumenti classici creando un’esperienza fuori dal comune, coinvolgente ma soprattutto emozionante.
“Rebirth è un progetto artistico nato dall’esigenza di sperimentare fuori dal seminato e dalle mie solite produzioni. Articolando il brano con musicisti che potessero contribuire al lavoro con il loro punto di vista e il loro talento
Noi volevamo conoscerlo meglio, e per per farlo gli abbiamo chiesto quali fossero le sue cinque cose preferite, ed ecco com’è andata.
Le 5 cose di fahbro:
1- La neve.
Sono cresciuto in un piccolo paese di montagna, Campobasso, capoluogo di una regione minuscola, il Molise. Quando ero piccolo la neve significava chiusura delle scuole, slittino, discese, e forse per questo mi è rimasta sempre nel cuore. Ora da adulto, ne apprezzo anche la sua funzione catartica. Il suo candore che ripulisce l’ambiente e il suo intrinseco silenzio che filtra i rumori, affievolendo quelli della città e enfatizzando quelli della natura.
Per me è sinonimo di divertimento e introspezione.
2-Il basket.
Ci sono persone che nascono con la palla da calcio tra i piedi, io invece sono nato con la palla a spicchi tra le mani. Basta dire che da quando avevo 6-7 anni fino ai 27 circa, sono stato sempre sul parquet. Con il mio passato da giocatore semi-pro (ho giocato in c2), il fuoco e l’adrenalina di questo sport vive dentro di me.
Oggi, da spettatore, sono un fan sfegatato della Virtus Bologna e dell’NBA in generale, e sento lo stesso ardore di sempre. Citando un famoso film, “He Got Game” di Spike Lee, il basket per me “è come poesia in movimento”.
3- Bici
Da anni ormai sono passato alla “commuter bike” per recarmi al lavoro. Il tragitto che mi separa da casa a lavoro è un momento di libertà. Un momento che dedico a me stesso solamente. Sono 20km, tra andata e ritorno, in cui posso indossare le cuffie e sentire musica o podcast, pedalare nel traffico cittadino sentendo il vento in faccia, fare una chiamata con un amic* o semplicemente pedalare. La bici per me rappresenta questo momento personale, ed è impagabile in un’epoca in cui svolgiamo tutto frettolosamente.
E’ un momento di decompressione che per me è vitale, e oltretutto faccio anche del bene al pianeta. Quindi vi consiglio, ove possibile, di passare alla commuter.
4-La meditazione.
Oggi non potrei fare a meno di meditare. Per me è diventato un atto necessario, come il respirare. Svegliarmi al mattino presto e raccogliere energie, focalizzare il respiro e calmare la mente, è parte della mia routine Un momento di analisi e testimonianza senza giudizio, un modo per prendere consapevolezza e ricaricarsi. Da quando ho iniziato a praticarla, quasi 20 anni fa, ad ora, sono riuscito a limare molti dei difetti che impedivano di evolvere come essere umano.
Per me è un’ispirazione, uno sfogo, come una seduta da un buon psicologo.
5-Libri, Vinili e Film.
So che non sono una cosa preferita ma ben tre. Hanno per me la stessa importanza. Rappresentano intrattenimento, ma soprattutto educazione, infatti c’è un perfetto termine anglofono che racchiude cosa significhino per me queste 3 forme artistiche e cioè EDUTAINMENT. È un neologismo abbastanza recente, risalente al 1970 circa, per far comprendere come fosse possibile usare l’intrattenimento per veicolare l’apprendimento. Ma così entriamo in un ambito filosofico troppo ampio. Dico solo che per me leggere un libro, ascoltare un buon album, e vedere un film possono avere lo stesso valore formativo.
É in uscita giovedì 18 aprile 2024 su tutte le piattaforme digitali per Nusica, il nuovo album della nuova formazione Marco Cesarini & Henry Mclusky dal titolo “Chi è Antelope Cobbler?“. Questo sarà il primo di due nuovi album che usciranno durante il 2024, il disco è stato mixato e masterizzato da Marc Urselli, fonico storico che vive e lavora a New York (East Side Sound Studios).
“Chi è Antelope Cobbler?” è un disco dalle atmosfere à la David Lynch, artista che è stato una forte influenza e presenza determinante sulla decisione di scrivere questo disco. Tutto è iniziato con un rewatch della serie Twin Peaks, quando Marco Cesarini è arrivato a chiedersi “Qual è la mia definizione di musica noir?” o anche “Come racconterei una storia noir, con la musica?“. Nella musica non c’è un vero e proprio genere Noir, però c’è tanto materiale che ne sperimenta le suggestioni, questo disco forse nasce per l’esigenza di avere dei canoni, una piccola definizione di cosa potrebbe essere un disco noir.
In occasione dell’uscita, nasce quindi il personaggio eteronimo Henry Mclusky, un investigatore il cui scopo è rispondere a delle domande, la prima sulla definizione di un disco noir, la seconda riguarda proprio il titolo “Chi è Antelope Cobbler?“. Intorno a quest’ultima domanda si sviluppa una storia scritta, che insieme alle illustrazioni realizzate apposta dall’artista Aliena Wrobleski (eteronimo di Margherita Baldelli).
Noi siamo stati a casa sua, per conoscerlo meglio e per partire proprio da dove è nato tutto. Ed ecco cosa ci ha mostrato e raccontato lo stesso Marco!
1 – STUDIO/DIPINTI DI MEG:
Lo studio dove la mia compagna Margherita Baldelli dipinge, è una stanza della casa dove viviamo. I suoi lavori sono parte di me e influenzano il mio modo di vedere le cose. Ormai da tempo condividiamo molti interessi della nostra vita, compreso il lavoro artistico. I ricordi più belli che ho di questo disco, insieme a quelli in studio di registrazione con gli altri musicisti, sono le giornate passate a comporre vicino a lei mentre realizza le sue opere, potevamo arrivare fino a sera senza dire mezza parola. Un buon modo per risolvere l’incomunicabilità all’interno della coppia.
2 – LIBRI:
Da lettore accanito i libri sono una mia passione, ma sono anche una cura, come la musica. Questi sono alcuni dei testi che mi hanno accompagnato durante il 2023, anno in cui ho scritto il disco “Chi è Antelope Cobbler?”. Sono stati(insieme al cinema) una grande fonte di ispirazione per questo album, inoltre mi hanno sempre tenuto compagnia, soprattutto nei giorni in cui le note non volevano proprio venir fuori.
3 – IL CANNOCCHIALE “una vita piena di adrenalina”
Di mattina mi sveglio molto presto, vivendo in un borgo vicino a un monte ho l’abitudine di osservarlo dalla finestra con il cannocchiale, tutti i giorni vedo una famiglia di caprioli che fa colazione in un prato. Ho una piccola avventura da raccontarvi, sicuramente non avvincente come quella di L. B. “Jeff” Jefferies il protagonista del film “La finestra sul cortile”, ma con una sua dignità. In una giornata invernale particolarmente piovosa, come tutti i giorni osservavo i caprioli dalla finestra, notai che uno stava fermo accovacciato per terra, mentre gli altri saltellavano a destra e a sinistra, non ci feci tanto caso all’inizio, ma quel giorno le note non volevano saperne di uscir fuori, frustrato e annoiato tornavo spesso al mio hobby di osservatore indiscreto. L’animale era sempre lì, immobile, ormai era passato un pò di tempo e nella mia testa iniziarono a balenare gli scenari più drammatici, mentre gli altri esemplari iniziavano ad andarsene, lui, non accennava a muovere un muscolo. In maniera istintiva mi misi scarpe e giacca e mi fiondai fuori di corsa, mentre correvo mi convinsi che l’animale stesse male e che gli altri componenti della sua banda mancando di mani e pollici opponibili non potessero fare niente per aiutarlo, di conseguenza avrebbero dovuto lasciarlo lì. La natura può essere spietata a volte, ma chi siamo noi per giudicare e moralizzare?. Mentre scendevo nel dirupo ormai tutto infangato pensavo a come avrei potuto salvare il capriolo moribondo, l’avrei caricato in spalla? Oppure avrei dovuto chiamare l’ambulanza? – “Ma che ambulanza, scemo! Il CRAS si occupa di queste cose” – . La pioggia scendeva sempre più fitta, arrivai ad una decina di metri dal capriolo, lui si alzò di scatto mi guardò con un misto di stupore e di spavento, si girò e zampettando raggiunse il resto del suo branco che erano nascosti dietro a degli alberi; ooops!…falso allarme. Ok, ma almeno avevo appurato che stava bene. Il problema era rifare tutta la strada al contrario, vi risparmio il resto del racconto, vi dico solo che non fu semplice e che quando arrivai a casa dopo tre quarti d’ora ero completamente fradicio e con il fango fin sopra i capelli. Che genio…è? “Torna a suonare che i caprioli se la cavano meglio di te!”
4 – FORNETTO
Il fornetto elettrico è veramente un’ancora di salvezza, per le giornate in cui lavori forte e non hai voglia di fermarti per mangiare, ma svieni se non lo fai; l’unica alternativa per perdere meno tempo possibile è scongelare la prima cosa che afferri dal frigorifero e poi mangiarla incandescente con una mano mentre con l’altra continui a suonare il piano. Fortunatamente non è sempre così, ma quando succede il fornetto elettrico diventa un tuo grande amico.
5 – LAMPADA DA SCRIVANIA:
Questa lampada me la porto dietro da quando facevo le scuole superiori, è una sorta di portafortuna, è sempre stata nella scrivania del mio home-studio, gli voglio bene, quando è buio e l’accendo mi sento un vero detective intento a scovare la giusta sequenza di note.
6 – VICOLO:
Questo è uno dei vicoli del borgo in cui vivo, mi aggiro di notte in queste strade come un ricercato, come un deragliato, in cerca di che cosa?… Ma è semplice…della Musa, ogni tanto si fa trovare e ogni tanto mi sfugge.
7 – GATTI:
So che dovevano essere degli oggetti, ma i miei gatti(Camomilla & Robiolino) sono parte integrante del mio vivere casalingo, sono anche convinto che qualche nota nelle mie composizioni sia stata scritta da loro. Molto spesso saltano sul piano mentre sono in fase di registrazione, e casualmente(o forse no?) suonano la nota giusta nel giusto momento; perché toglierla a quel punto. Succede di rado, o forse non è mai successo?