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Pop

Le 5 cose preferite di Michele Pettinato

Michele Pettinato torna dopo una breve pausa musicale con il singolo “La luce di chi si cerca”, disponibile su tutti i digital store dal 27 dicembre. Si tratta di un brano che vuole portare un po’ di luce in questo mondo oscurato dalle brutte situazioni che sta vivendo. Michele parte da noi stessi: per migliorare quello che c’è fuori, prima miglioriamo noi. “La luce di chi si cerca” è un brano che ci invita a ritrovare quella scintilla che ci scuote e ci dà energia, che ci fa stare bene con noi e con chi ci circonda.

Michele Pettinato ha scelto una melodia delicata, una ballad dove si esalta la voce e il messaggio del brano.

Noi per conoscerlo meglio gli abbiamo chiesto quali fossero le sue cinque cose preferite.

5 cose preferite – Michele Pettinato

Amo la mia famiglia

Da qualche anno vivo e lavoro lontano da Noci (Ba), la mia città di origine. Sono docente presso gli Istituti superiori di Reggio Emilia. Ogni volta che torno la famiglia è il luogo dove ritrovo nuove energie

Lucio Battisti, l’intera discografia

Sono cresciuto con la sua musica, credo che la sua ispirazione artistica fondata sulla continua ricerca di nuovi percorsi sia qualcosa a cui tutti devono guardare. Poi c’è il grande esempio dato dalla sua riservatezza. In un’epoca come la nostra dove la visibilità finisce per essere più importante dell’arte, il suo esempio ci riporta a cosa deve essere veramente un artista, colui che mette al centro la sua arte e nulla più.

Il mare

Qualche anno fa scrissi un racconto dal titolo “La democrazia ha lo sguardo del mare”. Credo che sia il luogo in cui si annullano le barriere e le differenze. Per questo motivo il mare è il posto in cui possiamo riscoprire la nostra umanità.

La mia chitarra

E’ la mia compagna quotidiana. Quando nascono nuove melodie e canzoni me la stringo forte in un abbraccio colmo di gratitudine e amore. Quando suono non mi sento mai solo.

Il mio lavoro a scuola

Noi insegnanti abbiamo la fortuna di avere a che fare ogni giorno con una preziosa materia viva, gli studenti. E’ grande la nostra responsabilità, non dobbiamo tradire la loro fiducia. La formazione diventa qualcosa di vincente quando si trasforma in visione del futuro. (foto alla pagina successiva)

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Pop

Cosa c’è nella camera di Milena Paris

Milena Paris si avvicina alla musica a 13 anni, intraprendendo lo studio della chitarra e del canto moderno. Cresciuta con il pop-rock britannico e l’r’n’b degli anni ’90, perfeziona privatamente lo studio del canto e successivamente continua gli studi in Canto Jazz presso il Conservatorio G. Verdi di Milano. Consegue il diploma di triennio a pieni voti presentando un progetto dal titolo Revisiting Kurt Weill, una produzione di jazz moderno realizzato sfruttando le sonorità elettriche nella ricerca di un approccio musicale contaminato con quelle che sono le sue influenze di background, e in seguito il diploma di biennio con il proprio progetto di musica originale.

Nel 2017 viene selezionata come cantante solista e corista della Verdi Jazz Orchestra diretta dal M° Pino Jodice, con la stessa orchestra registrerà nel 2021 un concerto promozionale per il Conservatorio G. Verdi di Milano. Negli anni ha prestato la voce per sigle tv e spot, colonne sonore per cortometraggi, collaborazioni in studio come corista e lead vocalist in diversi ambiti musicali, e ha avuto modo di performare su palchi e in contesti rilievo (Expo 2015, Vimercate Festival, Padiglione d’Arte contemporanea di Milano, Bergamo Estate, etc).

Nel 2020 pubblica il primo singolo, “Intuition”, mentre nel 2021 il secondo, “Childhood Wisdom”, come artista indipendente. Cantante dalla formazione eterogenea, la sua concezione artistica è mossa dal desiderio di scendere in profondità per poi risalire in superficie, scavare nell’intimo come sanno fare i cantautori che la affascinano, ma con un vestito completamente differente e che affonda le sue radici nel jazz moderno.

“OLTREMARE” è il primo EP che pubblica, un disco che racconta la complessità e la mutevolezza dei rapporti intimi attraverso una narrazione terapeutica tanto concreta quanto metaforica, sottolineando l’importanza della parole e facendo uso degli elementi terra e acqua per esprimere la resa a questi sentimenti in mutamento. Trait dunion è la coproduzione di Daykoda e le sue sonorità elettroniche.

Oltre che attraverso la loro musica, però, a noi piace sempre conoscere le persone anche attraverso gli oggetti che hanno più cari. Quindi, abbiamo chiesto a Milena di farci fare un giro a casa sua e questo è ciò che ci ha mostrato:

Il primo oggetto è la mia polaroid degli anni ‘70. Questa macchina è stata regalata a mia madre da mio nonno e poi è passata a me. Adoro scattare polaroid, adoro la loro filigrana e poter scattare delle istantanee oggi mi permette di avere dei ricordi che siano oggetti concreti e non delle foto su telefono che perdo se non ho fatto backup.

Il secondo oggetto è un poster, fa parte della collana “Le parole contano”. Si basa sull’idea di isolare parole e frasi dai quotidiani per stimolare riflessioni. “Per crescere devi tornare indietro” è una frase in cui credo molto e che sento molto connessa al percorso terapeutico, di introspezione e di conoscenza di se stessi.

Il terzo oggetto è il mio taccuino su cui scrivo pensieri che poi strutturo in canzoni. Mi è stato regalato 7 anni fa da un’amica, una persona molto sensibile: sulla prima pagina questa persona mi scrisse un augurio per la realizzazione dei miei sogni. Sento che questo oggetto ha un’energia intrinseca.

Il quarto oggetto è il mio angolo dell’ispirazione. Una mensola su cui ho allineato alcuni tra i miei libri preferiti, quelli che voglio vedere perché anche solo posarci lo sguardo mi regala good vibes. Tra questi spicca “Sotto i tetti di Parigi” che è una città che amo e questo libro appaga il mio senso estetico. È ricco, infatti, di foto e disegni di interni di appartamenti molto particolari.

Il quinto oggetto è un flauto cinese, uno xun. Mi è stato regalato da un amico mentre eravamo in Cina e passeggiavamo tra i mercatini. Una signora lo stava suonando in modo splendido, io non sono mai riuscita a tirarci fuori un suono se non di recente, grazie al mio fidanzato. È un ricordo di quel mese passato in Cina, un’esperienza incredibile, e lo adoro come adoro tutto ciò che produce suono.

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Intervista

I Flowers For Boys ci hanno raccontato il nuovo singolo “Fragile”

“Fragile” è il nuovo singolo dei Flowers For Boys, pubblicato sul finire del 2024 per Mosho Dischi.
Il nuovo brano esprime il forte senso di disagio che si prova mentre si ricerca un’identità solida in un mondo in continuo mutamento, dove spesso ci si sente fragili e vulnerabili. Il singolo è un dialogo con se stessi che esplode nella voglia di urlare la propria personalità e la propria diversità, a comprenderla, accettarla senza aver bisogno che lo facciano gli altri.
Ci è sembrata l’occasione giusta per scambiare qualche domanda alla band barese e farci raccontare di più sul loro percorso artistico.

Il vostro nuovo singolo “Fragile” esplora il tema del disagio e della ricerca di identità: come descrivereste il percorso che vi ha portato a scrivere una canzone così introspettiva e personale?
Ci siamo accorti che è l’età che stiamo vivendo che ci porta ad essere fragili. Siamo tutti e quattro più o meno della stessa età, e rendersi conto del fatto che 30 anni sono l’età giusta per avere un discreto passato e non sapere nulla di certo sul tuo futuro da un lato atterrisce, dall’altro incuriosisce. Dal punto di vista musicale, tutto questo si è tradotto in una sorta di crisi d’identità, dalla quale siamo usciti decidendo di non mascherarci più dietro ad un genere, ma di avere il coraggio di mettere tutto quello che siamo, compresi i nostri contrasti.

Nel brano si percepisce un contrasto tra rabbia e malinconia, anche nella linea vocale. Come riuscite a bilanciare queste emozioni contrastanti nella vostra musica?
È relativamente facile, l’una è il motore dell’altra e viceversa. Questa oscillazione è una dinamo che si carica da sola, per questo c’è la necessità di esplodere, poi, e una valvola è appunto la musica.

Il vostro nuovo singolo fonde alternative rock e sonorità emo, con l’aggiunta di suoni sintetici. Quali reference musicali vi hanno guidato nella creazione di questo brano e quali sono le vostre diverse formazioni?
Tutto il panorama alternative contemporaneo. In fase compositiva abbiamo divorato gli ultimi lavori dei Fontaines D. C., degli Idles, i Death Poet Society, ma anche da realtà più “locali” come i Cabrera, i Gazebo Penguins. Diciamo che ovviamente, ognuno di noi ha la sua formazione e i suoi gusti principali, che rispecchiano i loro percorsi: dal funk di Fede al rock avant garde di Nico, dal synth rock di Ric al pop di Marco. I synth poi sono un po’ il marchio di fabbrica del nostro fratello, Diego Ceo, produttore del brano.

La fragilità e la forza coesistono nella ricerca di sé: in che modo questa dualità si riflette nel vostro processo creativo e nella musica che componete?
Ogni volta che parte un processo creativo mettiamo a nudo la nostra forza e contemporaneamente la nostra fragilità. Essere in una band è meraviglioso, ma può essere un equilibrio complesso, soprattutto quando, in fase compositiva, proponi qualcosa che magari ritieni possa essere una delle migliori idee per un brano, ma poi gli altri non la pensano così. È qui che si manifesta la forza nell’accettare il parere altrui, la forza di comunicare senza ferire l’altro, ma anche la fragilità, l’esposizione totale in un momento di vulnerabilità come è quello creativo.

Il brano parla di rifugiarsi in soluzioni di comodo che alla fine non portano a un vero equilibrio. Qual è il messaggio che volete trasmettere ai vostri ascoltatori?Rompere i propri limiti fa male, è spaesante, è un urlo ed è sofferenza, che il più delle volte può essere incompresa o fraintesa da chi ci circonda, anche da chi ci vuole bene. Ma alla fine, è l’unica cosa necessaria per poter continuare a crescere, evolversi, non sedersi. È come rinascere, costantemente rinascere.

Come vi approcciate alla dimensione live? Avete qualche concerto in programma? Cosa vi riserverà il futuro?
Viviamo per i live, siamo assuefatti da tutto ciò che comporta il live: il viaggio, lo stare insieme, pesino il soundcheck. Ne abbiamo fatti molti negli scorsi anni e non vediamo l’ora di riprendere a farli. Al momento, però, stiamo ancora lavorando a nuovi brani, frutto non solo di questo nostro cambiamento, ma anche delle esperienze, delle storie e dell’energia accumulata durante un intero anno intenso di live alle spalle. Non vediamo l’ora di restituire tutto questo al più presto, nella seconda parte di questo 2025 di rinascita per noi.

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Fonte: RC Waves

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Comunicato stampa Indie Pop

L’EP di Derri contiene un’ampia gamma di colori

“L’illusione di qualcosa d’importante” è il nuovo EP di Derri, uscito venerdì 10 gennaio 2025. Come un affreschista navigato, il cantautore monzese attinge a una tavolozza ricca e brillante dando vita alla propria armonia cromatica e realizzando un disco d’esordio versatile, segnato tanto dalla vocazione alla melodia catchy quanto dalla ricerca di un sound personale.

Foto: Vincent Navarro

Queste le parole con le quali il cantautore presenta il disco:
«Il disco ricalca un periodo che ha portato Derri a cambiamenti importanti oltre che a collaborare con studi e figure del mondo della musica di tutto lo stivale, stabilendo la propria identità ed esplorandone i confini allo stesso tempo. Lo scorrere del lavoro lo vede cambiare vesti e adottare registri e stili differenti tra loro, oscillando tra pop, indie ed elettronica, sempre mantenendo centrali la voce e il racconto. I temi affrontati sono quelli dell’amore, della solitudine, dell’incomprensione ma, soprattutto, del cambiamento e della fiducia in sé e negli altri, sempre in una cifra verosimile e mai esasperata, per quanto pittoresca. L’illusione di qualcosa d’importante si manifesta su molti livelli: è quella al centro delle vicende raccontate, dove le aspettative vengono disattese fino all’accettazione finale. La vera libertà è quella portata dai brani che, sotto alla musica elaborata, nascondono esperienze molto comuni, come le sfere che nascondono il volto di Derri nella copertina; è quella degli artisti chiamati ad approcciare sempre il proprio progetto come se fosse più importante di quello che è. È quell’illusione che spinge in avanti e alla quale ricorriamo per trasformare le nostre vite ordinarie in esperienze avvincenti e particolari, ma anche quella che alle volte le sminuisce confrontandole con altre apparentemente più importanti delle nostre.
Il primo EP di Derri è l’impronta del suo cammino negli ultimi due anni, in cui il progetto si è trasformato da personale e confinato ad esteso alla collettività e più nomade: è un cammino partito da un provino per Sanremo Giovani, passato da un periodo più sperimentale connesso a Roma e alla Sardegna e concluso con la formazione di una squadra con l’obiettivo di sfornare hit, pronte a costellare il futuro del cantautore.»

Puoi ascoltare l’EP qui:

BIO
DERRI è un cantautore per necessità. Crede che la vita ordinaria sia psichedelia, che dentro alle cose di tutti i giorni ci sia tutta la poesia e il dramma di cui abbiamo bisogno.
Abbracciando un ampio spettro di generi e influenze e attingendo dalle esperienze personali più diverse, ha sempre cercato, come un alchimista, il giusto equilibrio tra canone e follia, tra pensiero ed emozione, senza mai rivelare del tutto quanto ci fosse di suo in quanto veniva raccontato. Canta in modo distintivo testi vividi, di fronte a interi panorami sonori per un’esperienza pop che è tutto fuorché plasticosa, pur mantenendo il carattere da hit. I suoi brani immortalano le affascinanti stranezze e le contraddizioni dell’esperienza in uno sfondo animato e ricco di dettagli.

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Fonte: Costello’s Agency

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Pop

Cosa c’è nella camera di Bandit

Torna Bandit con un singolo disponibile da venerdì 3 gennaio 2025 su tutte le piattaforme digitali per Bradipo Dischi (in distribuzione Believe): un nuovo brano dal titolo “Zarathustra“, che segue i precedenti singoli “Camerata” e “La nostalgia“, pubblicati a novembre e dicembre 2024. I due brani arrivano dopo una lunga assenza dalla pubblicazione di un piccolo cult della scena indipendente: nel 2011 uscì infatti clandestinamente il primo album di Bandit “Quando la luce grande della discoteca“, pubblicato poi ufficialmente in versione restaurata nel 2023, che fu un inconsapevole manifesto generazionale irriverente e dolce-amaro.

Attraverso una prospettiva olistica, partendo dagli orrori dell’overtourism contemporaneo, passando per i social e l’idolatria degli influencer, questo brano è l’urlo disperato di una umanità schiacciata da ogni parte e soffocata dal proprio stesso status, dal proprio stesso bisogno di apparire, che per converso si tramuta nello scomparire dei propri bisogni profondi dietro la maschera di un falso sé. L’amore autentico sembra l’unica salvezza da questa morsa autodistruttiva.



Per conoscere meglio Paolo, e questo suo mondo ironico e surreale, non potevamo che introfularci in casa sua e farci la raccontare la storia di cinque dei suoi oggetti preferiti.

Busto di Lenin fuxia: Quando il mio migliore amico ha acquistato una stampante 3d la prima cosa che ho fatto è stato andare a casa sua e farmi realizzare istantaneamente un busto di Lenin di un colore fluo.

Ma è solo l’oggetto più rappresentativo della mia enorme collezione di cose sovietiche.

Porta-smarphone comunista: Intantolui stesso come prima cosa aveva pensato di fabbricarmi invece questo grazioso appoggia-smarphone a forma di falce e martello.

Guida di Sarajevo: Quello in Bosnia è stato il viaggio più bello che ho fatto in vita mia, nonostante sia stato in luoghi più remoti. E’ qui dietro l’angolo ma è veramente un luogo assurdo, malinconico e magico, e consiglio a chiunque di farcisi un giro.

Mazinga: Adoro i robottoni giapponesi della prima era, e ne ho molta nostalgia perché esprimevano una fiducia nel futuro molto rassicurante.

CASIO VL-1: Questo coso è un sintetizzatore con calcolatrice della Casio, molto famoso negli anni 80. La cosa più bella è che si modificano i suoni inserendo cifre dalla calcolatrice. Ci ho suonato alcune cose nel mio nuovo album Grigia.

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Pop

Le 5 cose preferite di Alice June

Fuori dal 27 dicembre “Hey”, il nuovo singolo di Alice June disponibile su tutte le piattaforme digitali. Seconda uscita del 2024 insieme a “Battery Park” e sesto inedito dell’artista. “Hey” segna la chiusura di un ciclo artistico iniziano nel 2021 e contemporaneamente apre la strada a nuove idee. Il brano si fa notare soprattutto per la voce incredibile di Alice June: profonda e carica di energia, ma allo stesso tempo capace di toccare le corde giuste per far vibrare l’anima. Una voce che si può inserire nel panorama delle grandi cantanti internazionali come Dolores O’Riordan.

Il brano inizia in maniera soft per poi coinvolgere l’ascoltatore sempre di più, un climax crescente di emozioni che si riflette sia nel testo che nella melodia. “Hey” descrive la sensazione di sentirsi in bilico tra il voler fare e il non volere; tra la volontà di lanciarsi in qualcosa di nuovo e il desiderio di rimanere immobili. Tra il fare o il non fare quella telefonata che a volte toglie il respiro. E’ la sensazione di trovarsi in cima ad una scogliera: il desiderio di respirare a pieni polmoni l’aria del mare e quello di indietreggiare per sentire la certezza della terra sotto i piedi.

L’oceano che è lo sfondo figurativo della canzone. Simboleggia l’essere trascinati da vortici emotivi, dagli alti e bassi delle nostre giornate, come fossero le onde, fino a che poi, finalmente, riusciamo a cavalcarle e ritroviamo equilibrio e serenità.

Per conoscerla meglio, le abbiamo chiesto le sue cinque cose preferite.

La mia chitarra nera

Un’Ibanez acustica nera, l’ho comprata quando avevo 15 anni con i miei risparmi, ha cambiato case e viaggiato con me, con lei ho scritto tutte le mie canzoni.

Il mare

Mare e oceano, scogliere a picco o lunghe spiagge, c’è qualcosa di misterioso nel mare che attrae. Non a caso l’oceano e le scogliere hanno ispirato “Hey”, il mio ultimo singolo.

I vestiti

Vestiti e accessori con determinate linee, tagli, colori, tessuti, scelgo ogni volta quello che mi rappresenta di più, in base all’occasione.

I vinili

Sono un collegamento col passato e rappresentano la musica “fisica”, quella che si può ancora “toccare” e collezionare.  

La musica dal vivo

C’è sempre qualcosa di unico quando si ascolta un artista dal vivo, che sia un concerto o un piccolo locale non importa, le emozioni circolano e arrivano, anche se in modi diversi. 

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Pop

Tra introspezione e poesia: Alfiero racconta La guerra dei pensieri

Alfiero, cantautore capace di mescolare poesia e musica, torna a farsi sentire con il suo nuovo album, La guerra dei pensieri. Un titolo evocativo per un lavoro che si addentra nei conflitti interiori dell’animo umano, tra dubbi, desideri e una costante ricerca di equilibrio. Con il suo stile inconfondibile, Alfiero riesce a fondere tradizione e modernità, attingendo tanto al cantautorato italiano classico quanto a sonorità più contemporanee.

L’album è un viaggio emozionante attraverso dieci tracce che si interrogano su temi universali come l’amore, la solitudine, il tempo che scorre e la speranza di un cambiamento. Ogni brano racconta una storia, una piccola guerra interiore fatta di pensieri che si scontrano e che, alla fine, trovano una sintesi nelle note e nelle parole.

In questa intervista esclusiva, Alfiero si racconta a cuore aperto: dai retroscena che hanno accompagnato la nascita del disco alle ispirazioni che lo hanno guidato, fino alle emozioni che spera di trasmettere al pubblico. Un’occasione per scoprire non solo l’artista, ma anche l’uomo dietro le canzoni, con le sue fragilità e la sua forza creativa.

Ciao Alfiero, raccontaci da che tipo di ispirazioni nasce il tuo nuovo disco, “La guerra dei pensieri”

Questo album è stato concepito in 5 anni, dove sono successe molte cose, ci sono stati dei cambiamenti interiori ed esterni. Mi sono accorto che in questo periodo ho pensato, ho avuto momenti stressanti e attimi di gioia. Tutto questo ha creato pensieri nella mia testa che appunto hanno creato una battaglia per uscire fuori e diventare canzoni. 

Quale traccia dell’album senti più vicina al tuo cuore?
Forse di getto direi “Ai tuoi occhi”, una canzone scritta per mio figlio. Capire se posso essere considerato un buon padre e vedermi attraverso i suoi occhi. Forse tra qualche anno avrò delle risposte più precise da lui stesso. Il mestiere del papà ti porta a vedere le cose in modo diverso, io personalmente ho difficoltà a perdermi ogni attimo della sua crescita. Ogni momento passato insieme è importante, per me e spero anche per lui. 

Puoi raccontarci qualcosa di più sul tuo processo creativo?
In questo disco sono stato più attento ai testi, alla produzione e ai suoni. Rispetto a qualche anno fa ho cercato di essere meno impulsivo e ho cercato di dare un filo logico alle 10 tracce scelte. Scrivo in modo autobiografico, non curandomi di cosa può piacere o meno a chi ascolterà. Di solito scrivo prima il testo, quasi di getto. Poi mentre gli do una melodia posso modificarlo e cercare parole più adatte. Però non sempre è così, dipende dai momenti e dal tipo di canzone. 

Puoi parlarci dell’ispirazione dietro “Un vinile di Dalla”?
“Un vinile di Dalla” è una canzone d’amore. Racconta di avventure e difficoltà che si possono trovare in una relazione, lasciarsi trasportare anche attraverso le canzoni e non farsi travolgere dalle paure. L’ho scritta un annetto fa, ho deciso di inserirla nel disco perché sembrava in linea con le altre 9 canzoni. Sono soddisfatto anche di questo brano. 

A sensazione, quale sarà la traccia dell’album che ti piacerà di più fare dal vivo?
Direi “Andalusia” perché ho voluto che fosse proprio in questo modo. L’arrangiamento è partito proprio dal tipo di batteria che avevo in mente.

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Pop

Ramo: il cantautore che racconta la rinascita con semplicità e autenticità

Con il suo album d’esordio omonimo, Ramo si presenta come una voce che esplora il pop acustico con un approccio autentico e senza artifici. Le sue canzoni, radicate nella tradizione del cantautorato italiano, parlano di rinascita, di resilienza e della bellezza che si può trovare anche nei momenti più complessi della vita.

Nato nel 1994, Ramo ha coltivato la sua passione per la musica fin da bambino, trasformando esperienze di vita quotidiana in testi che toccano corde emotive universali. Dopo un percorso che lo ha visto protagonista della scena musicale milanese con diverse band, ha deciso di intraprendere una carriera solista che mette al centro la sua sensibilità artistica.

Un viaggio attraverso emozioni sincere
La musica di Ramo si caratterizza per la centralità della chitarra acustica, che diventa il filo conduttore delle sue composizioni. Le melodie essenziali e calde sono il perfetto accompagnamento per testi che esplorano temi come relazioni, crescita personale e la ricerca di nuovi inizi. Ogni brano è una piccola storia che riflette frammenti di vita, raccontati con una semplicità disarmante e un’attenzione particolare ai dettagli.

Tra i brani più rappresentativi dell’album troviamo “Ricomincio da qui”, che segna l’inizio del suo viaggio da solista, e altri pezzi come “Ortoressia” e “UNA VITA DIVERSA”, che affrontano argomenti complessi con delicatezza e profondità. Le sue canzoni sembrano quasi pagine di un diario personale che si aprono all’ascoltatore, creando un dialogo intimo e coinvolgente.

L’album “Ramo”: un’esperienza da vivere
Il progetto discografico di Ramo è pensato per essere più di un semplice insieme di canzoni: è un viaggio. La scelta di presentare l’album in due versioni, una con l’ordine cronologico di uscita dei brani e un’altra che segue una narrazione emotiva, è una dimostrazione della cura con cui l’artista ha costruito questo lavoro. È un invito a vivere un’esperienza musicale completa, che cambia a seconda del percorso scelto.

Un pop classico ma mai scontato
Pur muovendosi nel solco del pop acustico tradizionale, Ramo riesce a rendere il suo stile unico grazie a una produzione attenta e raffinata. I suoi arrangiamenti, curati da Antonio “Naba” Martini, sono sobri ma mai banali, arricchiti da dettagli che danno profondità al suono senza mai rubare la scena alla voce e alla chitarra.

Un cantautore che parla al cuore
Ramo non cerca di stupire con effetti speciali o di reinventare il genere: la sua forza sta nella sincerità. La sua musica è un rifugio per chi cerca autenticità e storie che parlano al cuore. Con il suo album d’esordio, Ramo dimostra che il pop, anche nella sua forma più essenziale, può ancora emozionare e raccontare qualcosa di vero.

L’album “Ramo” è disponibile su Spotify. Lasciati trasportare dalla sua voce e dal calore delle sue melodie.

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Comunicato stampa Indie Pop

“TARDA GIOVINEZZA” è il nuovo anthem dei LEGRU

“TARDA GIOVINEZZA” è il nuovo singolo dei LEGRU, uscito martedì 10 dicembre 2024. Versi taglienti a pieno ritmo per un anthem crepuscolare che parla a chiunque si senta fuori posto.

Foto: Manitu Studio

Queste le parole con le quali il trio presenta la canzone:
«”Tarda Giovinezza” esprime la frustrazione di una generazione disillusa, immaginando un ribaltamento ironico dei valori in cui il disagio si trasforma in un atto di decrescita. È un inno alla decadenza e alla ricerca di un senso, lontano dai canoni imposti dalla società.»

Puoi ascoltare il brano qui:

BIO
LEGRU è un progetto nato nel 2022 a Como e formato da Nick, Teo e Alba.
Il loro sound è un mix di sonorità elettroniche, tappeti ritmici ed effetti voce: anima pop, cuore punk, atmosfere urban.
Dopo una prima fase di scrittura ed attività live nei dintorni di provincia, nel 2023 la band inizia la produzione e registrazione a Livorno del primo LP insieme al producer Andrea Pachetti (Zen Circus, Emma Nolde, Brunori Sas, Dente).
Nel 2024 la band entra a far parte del roster di Costello Agency.
Nel 2025, dopo aver pubblicato quattro singoli, la band presenta il suo primo LP “COMFORT”, un album eclettico di 8 tracce in cui l’indie pop si fonde con la tensione del punk e la fluidità dell’elettronica.

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Fonte: Costello’s Agency

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Pop

Le 5 cose preferite di Temperie

Fuori dal 29 novembre “Sarajevo”, il primo album di Temperie disponibile su tutti i digital store. Un disco che raccoglie tutti i singoli pubblicati nell’ultimo anno e due inediti: “Questo tempo basterà” e la title track “Sarajevo”. Nove canzoni d’amore, bellezza e conoscenza, in equilibrio tra il suono e il senso, che cantano la bellezza e la complessità delle relazioni umane, intrecciando romanticismo e resilienza. L’album coniuga l’atmosfera romantica di quando ci si innamora e il potere di rinascere dalle proprie ferite.

Temperie raccontano l’amore in chiave pop facendoci sognare. Il loro stile ricorda un po’ gli Zero Assoluto in canzoni come “La parte migliore” e Cesare Cremonini in brani come “Io ci sarò”. Nonostante questi richiami il loro sound è inconfondibile e canzone dopo canzone ci si innamora di questo duo.

Noi abbiamo voluto chieder loro quali fossero le loro 5 cose preferite.

La musica.
Perché quando tutto perde senso, la musica c’è sempre a ricordarti che ne vale la pena; perché è la pietra angolare della nostra identità sociale; perché nulla ha la qualità emozionale di certe canzoni. Perché certe cose le sappiamo dire solo grazie a lei.

Le relazioni umane.
Le relazioni umane sono il luogo in cui l’amore ha giurisdizione. Sono tutto ciò che conta, fino ad un attimo prima di morire. 

I libri.
Un libro è un modo per vedere i propri punti ciechi, è un’elaborazione del proprio mondo interiore. Un libro crea connessioni sentimentali intergenerazionali, affinità elettive tra paesi stranieri, una corrispondenza di amorosi sensi che trascende la morte. 

I doni.
Ti penso anche quando non ci sei. Attraverso il gesto di donare ti mostro cosa vedo e amo di te.

Il ritardo ad una festa della persona che ci attrae.
In quella sospensione del cuore c’è tutto il brivido delle attese che nutrono il desiderio, della mancanza che diventa lettera d’amore, dei sospiri che solo i poeti sanno dire.