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In arrivo il disco d’esordio di Pugni.

Abbiamo ascoltato in anteprima il debut album di Pugni, musicista pisano trapiantato a Torino, in uscita nei prossimi mesi. Salta subito all’occhio che ciò che caratterizza l’artista e muove il suo percorso creativo è l’incontro tra le sue due identità: psicologo e cantautore. Partendo dalla quotidianità della sua professione, Pugni si pone l’obiettivo di scavare nell’animo fino ad arrivare ad indagare l’inconscio tramite le proprie creazioni musicali cercando di trovare un significato ai tormenti di ogni giorno. Come la sua personalità, anche il disco di Pugni rivela una doppia anima: la voce del cantautore alterna momenti delicati e urlati, così come la musica passa da chitarre dal sapore grunge ad attimi più folk. Pugni proprio come la lotta interiore che ognuno di noi deve affrontare continuamente.

La distribuzione delle sue opere è affidata a Believe Music Italia, mentre GDG Press seguirà l’ufficio stampa del progetto. A breve fuori il primo singolo estratto.

ph: Giulia Bartolini

BIO
Lorenzo Pagni, in arte Pugni, nasce nel 1993 sulle sponde di un fiume e cresce navigando sulle sue acque. Per la maggior parte della sua vita, ogni giorno, ha passato ore seduto su una canoa, sorretto dall’acqua e circondato dagli alberi, in silenzio, ripetendo lo stesso gesto milioni di volte. Pugni scopre la musica da bambino grazie ai dischi del padre, ma la comprende nel ritmo cadenzato dalle remate. Quella chiamata sarà tanto forte da trasformare il remo in una chitarra e la fatica in conoscenza dell’animo umano. Lorenzo di giorno fa lo psicologo in una clinica psichiatrica, di notte scrive canzoni.

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Fonte: Costello’s Records

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Indie Pop

Il primo disco di Pas Mal non è rock, ma spacca lo stesso

Niente male il disco d’esordio di Pas Mal, nome d’arte di Lorenzo Federici, volto certamente conosciuto alla scena indipendente nazionale: “Se fosse musica rock” è un concentrato di pop ben costruito e lavorato nelle fucine di La Clinica Dischi, con un occhio di riguardo per una scrittura che riesce ad essere profonda senza perdere leggerezza – come direbbe Italo Calvino.

Pas Mal ha un timbro che si scolpisce bene nel cuore, convincendo fin da primo ascolto della bontà di una proposta che conferma le aspettative ad ogni nuovo play: brani più arrembanti e coinvolgenti (come la hit “Vale Tutto” o “Crolla il cielo”) si sposano alla perfezione con canzoni più sommesse, che quasi assomigliano a rivelazioni fatte sottovoce al nostro cuore: lo avevamo già notato con “Asciutto”, ma potremmo dire lo stesso di “Sotto i nostri occhi”.

“Cimici”, infine, è davvero una piccola perla che racconta le insicurezze di tutti: un manifesto generazionale che trasuda tra le spire di un brano che fa degli interrogativi della vita uno stile di vita, dei dubbi e delle incertezze dei compagni di viaggio fedelissimi quanto rumorosi.

Un ottimo esordio, insomma, che merita fiducia e attenzione: fin qui, tutto bene, ora ci aspetta il futuro.

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Indie Pop

Tra le strade di “Urbe” in cerca di noi stessi: il primo EP di Yassmine Jabrane

Urbe” come città, dimensione interiore che apre le sue porte alla contemplazione pubblica, con vista sul cuore aperto di una penna sensibile, e capace certamente di spiccare nel “grigio diluvio democratico” del nostro tempo avaro di bellezza: questo è molto di più è il primo disco di Yassmine Jabrane, canta autrice romana che dopo una lunga gavetta tira le somme del suo percorso fin qui racchiudendole in quattro canzoni dal retrogusto esterofilo.

Il disco si presenta fin da subito con una compattezza di sound che rivela 1:00 direzione artistica, volta ad esaltare la timbrica espressiva e evocativa di Yassmine: quattro canzoni che rimbalzano fin da subito da un orecchio all’altro, passando dal cuore e incastrandosi nella testa grazie a strutture pop che tuttavia non al mainstream; il tutto, ben cucito addosso all’artista dal lavoro certosino di Cesare Augusto Giorgini.

Il lavoro si presenta come una riflessione a cuore aperto sulle tematiche emotive ed esistenziali che più stanno a cuore all’autrice, che senza filtri si presenta al pubblico italiano con la precisa volontà di trasformare le debolezze in forza e in nuovi punti di partenza. Così, l’ansia può diventare un’occasione di riflessione sui freni che ci imponiamo, una relazione andata male si rivela spunto di indagine riguardo al bene che davvero riusciamo a volere a noi stessi, la nostra sete di risposte risulta la cartina tornasole della nostra paura del buio: insomma, un disco che si tiene perfettamente in equilibrio fra l’opera d’arte e il manifesto terapeutico di una generazione in cerca di nuovi centri di stabilità permanente.

Yassmine dimostra di essere uno tra i nomi nomi da tenere d’occhio per questo 2024, capace di fondere insieme linguaggi apparentemente distanti ma mai così alchemicamente uniti come in “Urbe”.

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Indie Pop

“Oltre”, il nuovo disco di Paduano che prova a salvarti dalla mediocrità

Conoscete Paduano? Non ancora?

Beh, allora è arrivato il momento di rimediare alla mancanza: è uscito in questi giorni “Oltre”, il secondo disco del cantautore, conferma dell’estro poetico di una penna da seguire con molta attenzione. 

Sei tracce che si susseguono con leggerezza e profondità, provando a raccontare un mondo interiore che in Paduano si apre alla collettività, alla narrazione comunitaria: c’è una sensazione di condivisione che s’innalza dalla scrittura intima dell’artista, in un connubio riuscito fra personale e generazionale, con un occhio di riguardo per quella generazione, appunto, di trentenni in cerca di riferimenti persi tra i fumi del millenium bug, e della nostra diseducazione sentimentale (sì, di questa collettività fa parte anche il sottoscritto quindi la recensione è ancora più accorata).

Tutte le canzoni sembrano riflettere su dubbi condivisi, con parole selezionate e affilate con la lima, in linea con le pretese poetiche di una penna che sa incidere, e ricucire con attenzione: c’è una chirurgica attenzione ai dettagli, in “Oltre”, che conferma quanto di buono si muova silenziosamente nel sottobosco italiano, al riparo da riflettori che, il più delle volte, sembrano bruciare il talento come falene contro i neon.

Invece Paduano riesce nel suo cono d’ombra ad illuminare tutti i punti interrogativi, lavorando al sicuro da pretese di mercato che non lo sfiorano, permettendogli – almeno per ora: non possiamo che augurargli il successo, e banchi di prova ancor più intensi per la sua “integrità” – di tirar fuori dal cilindro un’opera sincera, coerente, complessa e allo stesso tempo capace di arrivare a tutti. 

Sei canzoni che raccontano la complessità delle relazioni, dell’accettare il tempo che passa e di provare a non farsi soffocare dal turbinio del presente: un invito al silenzio, alla riflessione, a prendersi il tempo di “perdere tempo” ma in modo intelligente, con spirito autocritico e stile intellettuale. Un lavoro prezioso, che possiede i suoi slanci pop (“Argini” e “Buccia d’arancia” su tutti) senza mai perdere il contatto poetico con una materia durissima come il diamante, che traspare tra le pieghe di un disco ben prodotto e ben orchestrato. 

Una conferma su un talento da non perdere d’occhio, e nel caso da scoprire. Custodendolo con gelosa attenzione. 

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Indie Intervista rock

“Credo che le favole non siano la vita reale”: intervista a Marinelli

Si intitola “Felici e Contenti” ed è il nuovo singolo firmato da Marinelli per l’etichetta Manita Dischi: un brano questo che unisce rock e cantautorato raccontando anche la bellezza delle cose che giungono al termine senza però lasciarsi abbattere.

Noi lo abbiamo intervistato.

Ciao, benvenuto! Come prima domanda di riscaldamento ti chiediamo di presentarci il tuo nuovo singolo “Felici e contenti”, pubblicato lo scorso 14 dicembre!

Ciao! “Felici e contenti” è un brano che racconta la storia di una fine, come mi piace dire. Racconta di quelle sensazioni che, a posteriori, provi nel riguardare il percorso che ha portato ad una rottura, vissuta inconsapevolmente, e che solo dopo, hai la forza di analizzare, rileggere, per cercare risposte che spesso non vengono date. È stato per me, come spesso mi accade con la musica che scrivo, anche un modo per esorcizzare ed elaborare un momento importante.

Il titolo del nuovo singolo evoca inevitabilmente la conclusione di una favola, quanto hai imparato che il vivere felici e contenti non può far parte della vita reale?

In realtà, credo che le favole non facciano parte della vita reale. Ma la felicità si, assolutamente. Non esiste il vissero “PER SEMPRE felici e contenti”. Ma si può vivere felici e contenti. Si può condividere un percorso di vita insieme a qualcuno e farlo con queste emozioni. La disillusione dopo qualcosa che non è andato bene, non deve togliere comunque lo spazio all’illusione che possa risuccedere, e non farci perdere la voglia di tendere a ricreare qualcosa di bello che ci renda ancora per un po’ felici e contenti.

Come la tua formazione in Filosofia insieme a quella in Marketing influenzano il tuo approccio alla musica e alla creazione artistica?

Il mio percorso di studi in Filosofia, se non nelle tematiche, mi aiuta molto nella scrittura per la necessità che ho sempre di cercare di utilizzare parole che non siano sempre scontate e a volte addirittura possono sembrare fuori contesto in una canzone pop. Diciamo che la costante ricerca di migliorarmi, di scrivere in modo diverso, mi accompagna e non so se anche questo è dato dagli studi fatti, anche dalla diversità e cambiamento avuti nella mia formazione.

Se ti chiediamo di scegliere quali sono stati i tuoi 3 album fondamentali, quali sceglieresti e perché?

Questa è la domanda più difficile di sempre!!! Sono tantissimi gli album che mi hanno segnato e formato, che mi hanno anche ispirato spesso. Quando ne devi scegliere così pochi, di solito lo fai col cuore perché alcuni album hanno più importanza di altri per un legame che ci portiamo dietro soprattutto perché spesso sono i primi ascoltati. Ma ti direi:

1) La batteria, il contrabbasso eccetera di Battisti
2) Plastic Ono Band di Lennon
3) Grace di Jeff Buckley

Ci sono progetti per il futuro?

Per il futuro ci sono sempre progetti, altrimenti non guarderemmo al futuro, ci saremmo arresi. In questo momento il progetto principale è quello di finire di scrivere i brani per il nuovo EP in uscita a febbraio, anzi, forse sarebbe corretto dire di SMETTERE di scrivere visto che ho già in cantiere abbastanza brani per un album intero!

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Indie Pop

La “Silhouette” di Buonforte è quella di tutti noi

Buonforte è un artista a tutto tondo, che non conoscevamo e che non abbiamo potuto fare a meno di apprezzare fin dal primo ascolto del suo disco d’esordio “Silhouette”, un lavoro denso e ben fatto, costruito sull’equilibrio efficace che separa (e unisce) pop e canzone d’autore, senza mai concedersi cali di tensione né di eleganza.

Un’opera efficace a fungere, allo stesso tempo, da manifesto generazionale e confessione personale, aprendo uno spiraglio su un’intimità fatta di piccole cose che spalancano allo stesso tempo riflessioni sui dubbi esistenziali che ognuno di noi si pone tutti i gironi: dall’amore, al senso delle cose passando attraverso la ricerca di sé stessi. E in effetti, è proprio questo che “Silhouette”, come il titolo stesso dell’album sembra volerci dire, vuole provare a fare: ridisegnare cioè i contorni di una sensibilità profonda, e allo stesso tempo desiderosa di superficie e leggerezza.

Le canzoni del disco si rincorrono incalzando l’ascoltatore in un viaggio che passa attraverso i dubbi e le certezze di Buonforte, ammantate di una musicalità che riesce a conciliare perfettamente il desiderio di ricerca poetica dell’artista con una propensione più che evidente alla melodia e al lirismo: la profondità autorale non cede il passo ad una “popizzazione” scriteriata, piuttosto è la chiave leggera scelta da Altrove (produttore di punta della scena indipendente nazionale, che ha lavorato negli anni con artisti del calibro di cmqmartina, svegliaginevra e altri) ad enfatizzare e a rendere “di tutti” il senso di un lavoro che rischiava di incagliarsi nella sua poeticità.

Silhouette”, invece, arriva al grande pubblico con immediatezza e concretezza, come solo quelli bravi davvero sanno fare: dentro, c’è la vita di Gabriele, che forse (anzi, certamente) può assomigliare alla vita di tanti, se non di tutti.

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Indie Intervista Pop

SAFARI: SEMPREVERDE è l’amore tossico del nuovo singolo

SEMPREVERDE è il nuovo singolo dei SAFARI disponibile dal 06 ottobre. l brano parla di una relazione difficile e della voglia di ritornare a ad inseguire i propri sogni. Un invito ad utilizzare il tempo che abbiamo senza sprecarlo in situazioni negative prosciugano la nostra energia. Un sound che parte dall’indie italiano per mescolarsi poi con sonorità dell’attuale scena pop internazionale. Il brano segui i singoli “Ho piano tutta la notte” e “Esse”. Il progetto SAFARI è composto da Alessandro De Blasio (voce, synth, programmazione), Daniele Pertosa (voce, chitarra), Giancarlo Latartara (Batteria), Francesco Petitti (basso).

Abbiamo chiesto ai ragazzi dei SAFARI di rispondere a qualche domanda:

1 Ciao parlateci un po dei Safari e del progetto musicale  

Eccoci qui, come Safari. Ci siamo conosciuti nel 2019 (Alessandro e Daniele), e da subito abbiamo cominciato a scrivere assieme, ma sempre con l’idea di avviare una band tra il pop, l’indie e la synth wave anni 80 . Ed ora la band è al completo, dopo l’arrivo di Franky al basso e Giancarlo alla batteria.

2  Sempreverde è il vostro nuovo singolo, ci raccontate come è nato e di cosa parla? 

Il nostro ultimo singolo “SEMPREVERDE” racconta quel tipo di amore tossico che ti consuma dall’interno dal quale molto spesso, è molto difficile allontanarsi magari anche solo per abitudine, affetto e malinconia.

3 Quali sono le vostre influenze musicali più importanti?

Artisti  come Colapesce e Dimartino, i Beatles, Cage the Elephant, Arctic Monkeys e Mac Demarco, hanno influenzato profondamente il nostro sound e la scrittura.

4 Cosa ne pensate dell’attuale scena musicale? Con quali artisti vi piacerebbe collaborare 

La scena musicale attuale? Abbiamo pochi “eroi” rimasti ai quali ispirarci ma di sicuro, ci piacerebbe tanto collaborare con Colapesce e Dimartino, Calcutta o artisti diametralmente opposti  a ciò che facciamo.

5 Progetti per il prossimo futuro?

Intanto guardiamo al futuro, registriamo i prossimi singoli e siamo in preparazione per i prossimi live.

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Indie

Cosa c’è nella vecchia cameretta di Filippo, in arte I Temporali

TRE STAGIONI. LA VITA SOGNATA, LA VITA VERA è il debut EP de I Temporali, nuovo progetto alt-folk di Filippo Ghiglione. Un ritorno alle radici dopo anni passati con il moniker f o l l o w t h e r i v e r e un grande cambiamento per il cantautore ligure, con testi per la prima volta in italiano, senza dimenticare le atmosfere musicali già precedentemente esplorate.  Questo EP parla di una stanza, un piccolo posto da arredare con cura e da fare proprio per tre stagioni, sette mesi e duecento giorni. Sei piccoli passi, sei canzoni da tenere strette da qualche parte dentro al cuore, per coltivare il dolore scaturito da una separazione. Il lutto, la perdita, il disorientamento. E poi, dentro questa stanza, imparare a fare di questo dolore qualcosa di proprio, farne una parte di sé. E finalmente uscire fuori.

Noi volevamo conoscere meglio Filippo, e per farlo gli abbiamo chiesto di farci fare un giro nella sua vecchia cameretta, con la complicità della sua famiglia. Ecco cosa ci hanno mostrato.

Grazie per la bella possibilità.

Io sono di Genova, ma dopo un po’ di trasferimenti in giro da poco tempo vivo a Roma. Dal momento che al momento non ho oggetti molto iconici nella mia nuova casa romana, e che quando ogni tanto torno a Genova mi fermo a casa dei miei genitori dove si trova la mia cameretta con tutti gli oggetti veramente iconici della mia infanzia, ho pensato di sceglierli tutti da lì. Non solo, ho pensato di chiedere alla mia famiglia di aiutarmi a sceglierli in base agli aneddoti, e di pensare a una canzone in qualche modo legata a quegli oggetti e a quel periodo. Un tuffo nei ricordi di famiglia, insomma.

Oggetto 1 (scelto da Paola, mia mamma): Collezione di Dylan Dog & PKNA

Ho pensato di scegliere questi oggetti perché mi ricordano l’ossessione di Filippo per il collezionare le cose, e il desiderio, una volta che iniziava a mettere insieme i pezzi del puzzle, di non fermarsi mai potenzialmente. Questo l’ho visto soprattutto con i fumetti e in particolare con Dylan Dog e Paperinik, che leggeva continuamente.

Per quanto riguarda la canzone invece, mi è venuta in mente Jump dei Van Halen, perché era una delle cover che suonavano più spesso in giro nei locali con la sua band del periodo post-liceo e a casa la provava sempre.

Jump: https://open.spotify.com/intl-it/track/6Fba9RZtC6vTY814JToDtP?si=088b0622690d4703 

Oggetto 2 (scelto da Roberto, mio papà): Modellino Mini

Ho scelto questo oggetto perché in camera di Filippo ci sono sempre stati tanti modellini di macchine diverse, e una passione che aveva da piccolo era di correre alla finestra per cercare di capire quale modello di macchina stesse passando sotto casa. Ho scelto la Mini perché è da sempre stata un po’ il “simbolo” di questa famiglia, un’auto che ho sempre amato fin da ragazzo e che ho fatto amare anche a Filippo.

Come canzone ho scelto La regina del Celebrità degli 883 perché faceva parte di una delle prime musicassette che Filippo e Margherita ascoltavano sempre, una piccola colonna sonora dell’infanzia.

La regina del Celebrità: https://open.spotify.com/intl-it/track/1vJVjWzlS5SZpcicOuT1er?si=d38cda460c034f1a

Oggetto 3 (scelto da Margherita, mia sorella): Televisione Gialla

Se penso alla camera di Filippo mi viene subito in mente la televisione gialla all’angolo, è un oggetto davvero iconico, è come se ci fosse da sempre. E poi è un oggetto anche un po’ simbolico del nostro rapporto, quando la sera guardavamo insieme i programmi e le serie tv (l’orso polare che compare a caso della prima puntata di Lost ce lo ricordiamo ancora!).

Per quanto riguarda la canzone invece ho scelto Neon di John Mayer, perché mi ricorda di quando io studiavo in camera e ascoltavo Filippo suonare la chitarra elettrica nella sua cameretta, accanto alla mia.

Neon: https://open.spotify.com/intl-it/track/7Kohy4v3KLWfUXlv9N3feB?si=a9610c4df615495f 

Oggetto 4 (scelto da me): Canta Tu

Il Canta Tu è stato sicuramente un grande protagonista delle nostre serate familiari di quando ero bambino. C’erano tantissime canzoni e raccolte (più o meno improbabili), e avevamo ciascuno il nostro cavallo di battaglia con il quale mettevamo in piedi sfide all’ultima canzone.

E il brano che ho scelto per l’appunto è Blue eyes di Elton John, perché mi ricordo che era uno dei cavalli di battaglia di mio papà e quando la cantava vinceva sempre lui.

Blue eyes: https://open.spotify.com/intl-it/track/4nSWloYu8D0ikKB68S1R5W?si=cc9db0c882254fa8 

Oggetto 5 (scelto da Emma, la shih tzu di famiglia): Poltroncina

Emma non poteva che scegliere naturalmente la poltroncina sotto la quale si mette sempre a dormire di notte, o si nasconde quando ci sono i tuoni o le tempeste (ma non con I Temporali!), con sopra i cuscini della Donaldson con i personaggi Disney stampati. Questo non succedeva quando ero bambino, perché all’epoca Emma non c’era ancora, ma è come se in qualche modo avesse “preso possesso” di uno spazio dandogli un nuovo scopo.

La canzone che, di nuovo naturalmente, sceglierebbe sarebbe sicuramente A lullaby for Emma, una canzone che avevo scritto con il mio moniker followtheriver perché ogni volta che la suonavo in casa lei, ancora cucciola, si avvicinava e si addormentava vicino a me.

A lullaby for Emma: https://open.spotify.com/intl-it/track/7KX7GFR8KgZNbiDuLrUZyZ?si=805472262a6e4f7b 

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Indie Intervista Pop

In piedi sopra il mare accanto a Digiovanni

Consocete Digiovanni? Non ancora? Beh, inutile dirvi che se siamo qui a chiedervelo è perché non potete più rimandare: una settimana, il cantautore livornese ha pubblicato un singolo d’esordio che ci ha fatto tornare a ben sperare sulla musica d’autore nazionale, e di certo non potevamo esimerci dal rivolgergli qualche domanda.

Digiovanni, è un piacere averti con noi! Allora, il tuo è un percorso che comincia anni fa e vanta collaborazioni importanti: come mai hai deciso di esordire solo adesso?

Ciao! Piacere mio di essere qui su Perindiepoi!

In effetti quello attuale non è un vero e proprio esordio. Lo è come cantautore ma prima di Digiovanni c’era una band che ha fatto i suoi passi: un disco, le finali di Sanremo Giovani, tanti locali italiani, le finali di Sanremo Giovani, un passaggio sul palco del Teatro Ariston e un Tour a New York (“The Manhattan Clubs Tour”) in cui ho avuto la fortuna di suonare la mia musica inedita in italiano nei club più importanti di Manhattan. 

Nel mentre ci sono state anche tante collaborazioni con artisti e persone incredibili come Gary Lucas, Steve Sidwell, la Metropole Orkest ma soprattutto Vinicio Capossela, con cui continuo ad essere in contatto. 

Quindi, come vi dicevo, non è un vero e proprio esordio. Mi piace più chiamarlo… la seconda prima volta.

Raccontaci un po’ di te: chi è Digiovanni?

Digiovanni è la parte di me che vuole avere una identità più cantautoriale rispetto al passato. Quindi Digiovanni nasce dalla scrittura della musica e dei testi. Io non potrei essere, però, Digiovanni senza Alessio Macchia, non solo il bassista in studio e nei live, ma soprattutto un mio carissimo amico e grande punto di appoggio. 

Sei di Livorno, terra di grandi artisti e cantautori. Come vivi il rapporto con la tua città? 

Musicalmente il rapporto con la mia città è…strano. Mi piace citare proprio Vinicio Capossela: “Livorno dà gloria soltanto all’esilio e ai morti la celebrità”. E’ così. 

A Livorno l’arte si respira e si vive per le strade. Tantissimi dipingono, tantissimi suonano. C’è un detto che dice “A Livorno, il peggior portuale suona il violino coi piedi” qui c’è il fascino e la condanna. Proprio per questo, e per lo spirito labronico, nessuno da soddisfazione a nessuno. Puoi aver fatto le cose più grandi ma a Livorno tutto svanisce in tre parole: “de, ecco lui…”. 

Livorno ha i pregi e i difetti di una città di provincia. Se poi provi a proporre qualcosa fuori dai cliché cittadini…. aiuto. 

Però amo follemente la mia città, non potrei vivere da nessuna altra parte. E poi c’è il mare.

Parliamo di “In piedi sopra il mare”: il tuo debutto appare come una vera e propria preghiera a te stesso, come un promemoria di qualcosa che non ti devi dimenticare di fare. E’ così?

“In piedi sopra il mare” è una via di fuga, la ricerca spasmodica di qualche breve momento di pace. 

La vita e le cose che succedono ti spingono molto a spegnere, a non pensare, essere sempre razionale. La quotidianità è tremenda, alienante. A un certo punto ho iniziato a sentire che mi mancava qualcosa, ho iniziato a non sentirmi più realmente me stesso, quello che conoscevo. Non c’è malinconia del passato nel brano ma la voglia di cercare di ritrovare una sensazione ben precisa che da troppo tempo non sento più addosso: la spensieratezza. Quello stato d’animo in cui puoi permetterti per qualche istante di non sentire il tempo sul polso e smettere di pensare, proprio come quando si sta “In piedi sopra il mare”

Con chi hai lavorato al brano? 

Ho la fortuna di lavorare con un gruppo di persone splendide che credono e si impegnano nel progetto. Mi fa piacere salutarli e ringraziarli tutti pubblicamente. 

Musicalmente, oltre che con Alessio Macchia, “in piedi sopra il mare” ha avuto la produzione di Andrea Pachetti (già produttore/collaboratore di artisti come Emma Nolde, Zen Circus, Bobo Ronderlli, Dente, ecc….). Senza di lui il brano non avrebbe mai potuto essere come è. E’ stato davvero prezioso. 

Mi fa piacere salutare e ringraziare anche gli altri musicisti che hanno registrato “In piedi sopra il mare”: il “geometra”, grande tastierista degli Zen Circus, e Simone Padovani, fantastico batterista che ha collaborato/collabora con grandi artisti come Bobo Rondelli, Emma Nolde e molti altri.

E ora? Quali saranno i prossimi passi di Digiovanni?

Intanto mi godo questa uscita che sta riscuotendo davvero un gran bel riscontro. Poi faremo altre cose fino a gennaio in cui uscirà il nuovo album. 

Quindi non vi allontanate troppo! Ci saranno molte altre novità!

Grazie per avermi ospitato, a presto!

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Indie Pop

Cosa c’è nella camera di Clemente Guidi

In occasione dell’uscita del nuovo EP di Clemente Guidi, “Sfumature”, per Panico Dischi, gli abbiamo chiesto di farci entrare nella sua cameretta che poi è anche la sua home studio, dove nascono i brani, tra cui quelli che compongono il suo ultimo disco.

Ecco come la descrive:

Camera mia, il mio piccolo home studio, tra un letto e le sembianze di una piccola bottega. Per me la camera è sempre stato un luogo “laborioso”. Sarà perché è lo spazio in assoluto più intimo e personale che puoi avere in una casa?! Non so, ma c’è una magia che a me succede solo lì, tanto che ormai camera non è un posto fisso, ma uno spazio fisico e mentale che mi porto dietro ogni volta che muovo i miei progetti.

La tastiera MIDI

Non ho grandi strumenti, ma quel che mi interessa è saper trasformare le mie idee con immediatezza e naturalezza. Un pezzo alla volta per trovare la mia dimensione.
La mia cameretta nasce a casa da un microfono e una chitarra. In Danimarca scopro cos’è una tastiera MIDI, poi ritorno a casa e inizio a darmi ancora più da fare. Di nuovo impacchetto e ora tutto è qui con me a Milano, dove una volta ancora ho ricreato il mio angolo preferito.

La scrivania
Partendo dalla struttura, ecco il primo: il mio tavolo di lavoro. È una vecchia scrivania che fece mio padre a mano e rimase per tempo un po’ nascosta in casa. Era utilizzata ma un po’ di passaggio, non era curata granché da nessuno. L’ho caricata in macchina ed eccola con me a Milano. Io sono innamorato di questo legno, mi ricorda l’artigianalità delle cose e l’arte del fare.

La lampada

La seconda cosa è la lampada. Creare uno spazio caldo mi tranquillizza e mi fa sentire tutta l’atmosfera che ricerco quando spazio tra suoni e parole. La posso alzare e spostare e creare la luce che mi va.

Una pianta

Immancabile pianta. Una monstera che è una tra le verdi che più mi incanta e mi rimanda sempre a Lanzarote e alle pareti di questa pianta che cresce selvaggia tra l’acqua e le grotte dell’isola. Sa di verde casa e di speranza.

Carta e penna

Scritte, bozze, disegni, linee o forme che mi passano per la testa. Avere carta e penna è l’inizio di ogni progetto. È un gesto fisico così lieve che deve essere un must creativo. Porti quel che porti!

Lele l’ukulele

Passo e chiudo con Lele l’ukulele. Queste quattro corde sono sempre pronte, non sai mai suonarlo abbastanza bene ma è sempre un grande tentatore. Lo puoi prendere come per giocare, non ti impegna. E poi magari ti ritrovi che hai un motivetto nella testa e devi correre a rinchiuderti un intero pomeriggio perché non deve sfuggirti quella fischiettata che ti rimbalza a destra e sinistra nella testa.