The Rootworkers, talentuosa band marchigiana, pubblicano “Dead Flower Blues” (Level Up Dischi), nuovo singolo e video. Il quartetto fa affiorare tutto il proprio talento in un pezzo che si collega direttamente con le radici del blues ma prende svolte psichedeliche, lasciando galoppare gli strumenti e la fantasia, in tutta libertà. E ci raccontano le loro cinque cose preferite.
1. La campagna
Siamo nati in campagna, ci viviamo quasi ogni giorno e ne siamo innamorati. Nessuno che rompe i coglioni, il sole sulla pelle, i grandi spazi aperti e l’aria pulita che si respira la rendono il nostro posto preferito.
2. La birra
La spremuta di luppolo è la nostra compagna di sempre. E’ una parte importante della nostra dieta, ce la portiamo in sala prove, in studio e ai live è anche più buona. D’inverno aiuta a scaldare i muscoli e d’estate rinfresca, è il nostro eco-carburante.
3. Gli strumenti
Ci scambiamo ogni giorno decine di annunci, strani modelli di chitarre, strumentazione in vendita che bramiamo di acquistare ma che non compreremo perché non ne abbiamo la possibilità, ovviamente. Anche solo a scopo ammirativo, di goduria, c’è sempre uno scambio di opinioni e ricerca di chitarre, amplificatori, mixer e strumenti particolari. D’altronde il nostro arsenale è una parte fondamentale per nostra la pasta sonora, un buon feeling e l’ estetica personale e di gruppo.
4. Il Fumé
La pasta al fumé è il nostro piatto preferito. Ogni volta che abbiamo a disposizione una cucina il nostro bassista ci prepara un ottimo fumé tutto marchigiano. E’ la nostra portata caratteristica, perfetto per rifocillarsi e per riprendere la carica.
5. I live club
Siamo amanti della musica e quasi ogni fine settimana andiamo nei live club locali che organizzano concerti. Ci piace l’atmosfera di casa che si respira, essere circondati da amici, conoscenti e bella gente che come noi è appassionata di musica. Non c’è modo migliore per passare un sabato sera che non sia andare a vedere e ascoltare gruppi indipendenti e non.
Beh, noi, a dire la verità, no: ci è capitato fra le mani in un pomeriggio redazionale di fine maggio, e sin dal primo play abbiamo sentito spandersi nell’aria una sensazione particolare, come se l’estate fosse appena esplosa sulla punta delle nostre dita e delle nostre orecchie: colpa di “Sogni da vendere”, il singolo del ritorno di Gabriele che apre la strada ad un disco che sicuramente saprà stupirci.
C’è un’atmosfera particolare, magica, nelle trame musicali di Buonforte: canzone d’autore al servizio di un’idea di pop che possa essere riflessione esistenziale, rifugio sicuro e spazio d’espressione libero e di tutti; un’alchimia riuscita fra estremi diversi, che trovano il proprio equilibrio sul filo di un brano che tende la mano a chiunque ancora non abbia trovato la risposta che cerca a domande che sembrano moltiplicarsi ininterrottamente. Che sia il dubbio, la risposta che stiamo cercando?
Buonforte mette in piedi un brano che non perde la sua matrice acustica, anzi, esalta le scelte di scrittura poetica di una penna fatta per creare spazi e ricucire ferite: un’esplosione di colori aggrappati alla trama di una chitarra acustica, che guida le danze di una ballad dal retrogusto filosofico che racconta i dubbi e le paure di tutti noi, sospesi tra i sogni che vorremmo realizzare e una realtà che il più delle volte ci costringe a non guardare, per non svegliarci dal sonno delle nostre coscienze.
Un lavoro ben fatto, che ci permette di puntare i riflettori su un progetto da tenere d’occhio, e da valorizzare. Ottima scoperta di questo venerdì.
Da Blonde, e già il nome ha in sé qualcosa di luminoso, e allo stesso tempo pregno di un certo tipo di mistero – e se vogliamo, di oscurità. Perché non c’è luce senza buio, e solo nella tempesta più estrema è possibile capire l’importanza dei porti sicuri che ci siamo lasciati alle spalle, salutando le nostre certezze per lanciarci alla rincorsa di un orizzonte sempre più distante, man mano che proviamo ad afferrarlo; questo, in fondo, pare essere il significato di un brano come “Sabato sera”, singolo che annuncia il ritorno di una penna fine, educata e decisa ad impugnare la musica come fosse il bisturi necessario ad un’operazione a cuore aperto salva-vita.
Un brano ibrido, che ambienta il proprio ostinato riflettere tra le luci strobo del sabato sera, relegando ad un angolo, pensierosa, la sensibilità di Da Blonde, cantautrice napoletana con un disco all’attivo (“Parlo ai cani“, 2020) e una capacità sorprendente di mantenersi in funambolico equilibrio fra canzone d’autore e cavalcata disco-pop – come ha fatto in “Sabato sera”.
Potevamo esimerci dal dedicare qualche domanda a Daniela? Beh, ovviamente no: quando l’odore di buono ci passa sotto il naso, non possiamo far altro che provare a sfamarci di bellezza; che di questi tempi, tocca fin troppo far la fame.
Daniela, bentrovata su Perindiepoi. Abbiamo l’abitudine di fare questo piccolo “giochino” con tutti i nostri ospiti, per inaugurare le nostre conversazioni: se dovessi scegliere tre aggettivi capaci di raccontare chi è Da Blonde, più uno aggiuntivo che proprio non ti appartiene, quali sceglieresti?
Ciao a tutti. Se dovessi descrivermi con tre aggettivi direi riflessiva, attenta e sincera. Una cosa che proprio non mi sento di essere è opportunista.
Il tuo è un progetto particolare, che nel corso degli anni ha saputo evolvere il proprio linguaggio: c’è qualcosa che non è mai cambiato, in mezzo alla tormenta, in tutti questi anni?
Credo la voglia di trasmettere qualcosa sia una costante dall’inizio a oggi, la voglia di comunicare e di toccare in qualche modo chi ti ascolta. Fare musica è una sfida costante prima con me stessa e anche la voglia di fare sempre qualcosa di nuovo non è mai cambiata.
Qualche anno fa, mentre il mondo si fermava, tu pubblicavi il tuo disco d’esordio: che ricordo ti ha lasciato, quel momento?
I giorni in cui è stato pubblicato “Parlo ai cani” mi hanno lasciato, nonostante l’atmosfera surreale, bellissimi ricordi. Ho voluto il disco con tutte le mie forze, ero motivatissima, ho investito personalmente e curato ogni aspetto, credo di non essere mai stata così fiera di me prima di allora.
Poi, un silenzio durato anni, e oggi il ritorno sulle scene con un brano che sembra porsi allo stesso tempo in continuità e in rottura con il passato: per quanto mantieni il piglio pop e melodico degli esordi, è il tuo approccio alla scrittura che pare essersi fatto più “grave”, quasi solenne a momenti. Crescere, forse, vuol dire anche imparare ad incassare i colpi della vita?
Lo spero proprio, sicuramente crescere vuol dire affrontare sempre nuove sfide, alle quali spesso non sei preparato, ti porta a nuove domande, nuove risposte, cambi di prospettiva. Cerco di essere più fedele possibile a quello che sento e credo sia inevitabile che il mio linguaggio cresca insieme a me.
Ogni canzone cela una ferita da rimarginare, o almeno così pare per la musica di Da Blonde: cosa si cela, in questo caso, dietro a “Sabato sera”?
“Sabato sera“ è stato scritto in un periodo che mi ha messa molto alla prova, mia madre ha avuto problemi di salute e mi è sembrata la cosa più grande che abbia mai dovuto affrontare , in certi momenti è stata così dura che mi sembrava che ogni cosa per cui avevo provato entusiasmo prima non avesse più senso. Uscire e divertirsi sembravano appartenere a un’altra vita, il sabato non era diverso da tutti gli altri giorni e raccontare questa voglia di leggerezza in questo pezzo è stato liberatorio ed è stato anche il modo di tornare alla mia vita.
Raccontaci anche del tuo rapporto con Blindur, e di come avete lavorato insieme sul brano: la mano dell’autore napoletano si avverte, ma di certo ad uscirne potenziata non può che essere l’impressione di avere davanti una cantautrice a tutti gli effetti…
E’ stato estremamente interessante e piacevole lavorare con Massimo De Vita e Luca Stefanelli, ci conosciamo da qualche anno, stimo molto entrambi. Lavorare a un brano insieme è un incontro di mondi diversi ed io sono sempre affascinata da quello che può nascere, credo che abbiano saputo dare vita al suono perfetto per questa canzone, qualcosa che facesse venire voglia di ballare e emozionasse allo stesso tempo.
E ora, cosa vedi davanti a te? Quest’estate potremo ascoltare la tua musica dal vivo? Cosa c’è in programma?
Ci sono un po’ di brani a cui sto lavorando, con diversi produttori, uno soprattutto a cui sono legatissima, ma non vi svelo altro, preferisco sia una sorpresa.
SANGUE NEL SANGUE è il nuovo singolo di Luca De Gregorio, scritto insieme a Esposito. Una power ballad dal retrogusto malinconico che racconta del rapporto con il padre e della mancanza della perdita di chi ci ha cresciuti. Noi abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui, ecco cosa ci siamo detti!
Ciao Luca e benvenuto! Sangue nel sangue è un brano sofferto e di forte impatto, racconta il rapporto con tuo padre. Quale ricordo vuoi regalarci del vostro legame?
Ciao, grazie mille a Voi per questa chiacchierata.
Non è stato facile raccontarsi. Questa canzone è il primo capitolo, la prima dedica insieme ad un altro brano che poi chiuderà il cerchio. Entrambe le canzoni abbracceranno l’intero progetto al quale sto lavorando. “Sangue Nel Sangue” sarà anche il titolo del mio Ep.
Non è solo il racconto di un rapporto padre-figlio, è anche una “donazione di midollo osseo” in un periodo di malattia. È il sangue di un figlio che torna al padre, per rinascere. È una battaglia, un inferno che continua a bruciare dentro di me giorno dopo giorno. È stato ed è un momento della mia vita mai risolto. Sento sempre gridare qui dentro. C’è sempre questa canzone che bussa alla porta e non posso far altro che aprire e farle fare un giro ovunque io sia. Quando chiudo gli occhi, lo vedo e lo sento suonare seduto al pianoforte di casa. Questo credo sia il ricordo più bello perché in quel momento ho scelto di sposare la Musica. È lui che me l’ha fatta scoprire. È a lui che devo tutto e come dicevo prima, l’intero progetto Ep porta il suo nome con questa canzone.
l brano vede la firma anche di Esposito, come è nata la collaborazione e cosa apprezzi della sua musica?
È stata una combinazione fortunata di conoscenze e amici in comune nel settore musicale. Mi era già capitato di ascoltare i suoi lavori ed ero colpito soprattutto dalla sua scrittura. Quel giorno per me all’inizio non è stato facile perché per la prima volta mi sono messo a nudo e ho provato a condividere la mia storia con un altro Artista. Dopo pochi minuti mi sono reso conto dell’immenso cuore, l’immensa sensibilità di Diego e che qualcosa di bello stava nascendo. Apprezzo di lui soprattutto la Verità, nella parola e nel suo stile musicale. Credo sia una cosa difficile da trovare. Per me è molto importante.
C’è un altro artista con cui ti piacerebbe collaborare o per cui vorresti scrivere, se sì chi? In questo momento no. Continuo a lavorare al mio Ep, agli altri brani cercando sempre di crescere, studiare e maturare affinché la mia Verità e Identità Artistica siano sempre definite al meglio. Sia dal punto di vista musicale-sonoro che testuale. Con Diego mi piacerebbe molto tornare a collaborare.
Hai alle spalle una partecipazione a The voice, quanto ha contribuito alla tua maturazione artistica?
È stato un periodo breve ma ricco di emozioni: un treno che è passato, in cui ho cercato di raccontare me stesso attraverso quelle esibizioni, nonostante non abbia potuto far ascoltare i miei inediti.
Sono passati tanti anni ormai e artisticamente il mio approccio musicale, il sound soprattutto del mio progetto Cantautorale, sono radicalmente cambiati. Sono state scelte stilistiche personali maturate nel tempo e non grazie a quella esperienza televisiva.
Posso dire però che sicuramente il programma ha contribuito a farmi scoprire il contesto di un palcoscenico diverso, quello televisivo, per niente semplice. Mi ha messo per la prima volta alla prova dentro i suoi ritmi serratissimi, dove ho cercato di tenere sempre i nervi saldi.
Cosa dobbiamo aspettarci da te dopo questo bel singolo?
Grazie in primis del Vostro ascolto e di questa opportunità.
È uscito da poco il video ufficiale del singolo su Youtube e sicuramente posso dirvi che dopo aver ultimato il progetto Ep, l’idea futura è certamente la formazione della band per consolidare il sound e portare le mie canzoni in giro.
FANTASMI è il primo singolo della band omonima “FANTASMI” disponibile in streaming da venerdi 21 aprile e distribuito da INgrooves Music Group. Il brano è nato nella cantina di uno dei tre componenti della band, quando ancora il trio non si era formato. Un ritornello in testa e un giro di chitarra di accordi in fa.
La canzone racconta la storia di una persona bloccata dalle proprie paure, come se fosse inseguita dalla sua stessa ombra. Ma quando si accorge che quelle paure sono nella sua testa, comincia a volare e a raggiungere i propri obiettivi. Sonorità Indie/Dream Pop che mescolano l’onirico e la malinconia. La band si ispira ad artisti del ramo indie della musica italiana, come Gazzelle, Calcutta e BNKR44, ma con uno sguardo anche al panorama internazionale Current
Abbiamo chiesto alla band di rispondere alle nostre domande:
1- Ciao parlateci un po’ del vostro progetto musicale?
Nasciamo dall’unione tra il duo Broken Keytar: Filo e Cate, un progetto (piano, chitarra e due voci) che puntava sulla musica di strada, e Gan, produttore parmigiano che precedentemente ha collaborato con artisti come ‘I Segreti’. Il progetto si forma in maniera molto spontanea: ci siamo conosciuti ad un corso di produzione musicale, Gan, incuriosito da un singolo (“I timidi non dormono mai”) che i Broken avevano pubblicato indipendentemente su Spotify, ha proposto di incontrarci per ascoltare le altre canzoni che avevamo scritto. Lo stile di scrittura, l’emotività e l’atmosfera sognante e malinconica dei testi hanno rapito Gan, da quel momento abbiamo iniziato a lavorare a 6 mani sulle canzoni.
2- Fantasmi è il vostro primo singolo, ci raccontate come è nato e di cosa parla?
Fantasmi nasce nella cantina di Filo quando il trio non era ancora formato.Dopo poco tempo lo abbiamo subito proposto a Gan e abbiamo deciso di lavorarci insieme, è stato uno dei primi pezzi su cui abbiamo lavorato e abbiamo sentito una magia in quello che stavamo facendo. La canzone racconta la storia di una persona assillata dalla paura. È talmente tanta che è immobilizzato. Ad un certo punto però si accorge che le paure erano solo nella sua testa e comincia a volare.Il destino ha voluto che proprio sul muro sotto casa di Gan ci sia un fantasmino disegnato che ha dato poi il nome e logo al progetto.
3- Quali sono le vostre influenze musicali più importanti?
Spaziamo molto ed i gusti sono ovviamente molto comuni, ascoltiamo principalmente artisti come Gazzelle, Vasco, Jovanotti e bnkr44. Gan è molto influenzato da artisti provenienti dal mondo anglofono, vedi Blur, Gorillaz, Strokes e Current Joys.
4-Cosa ne pensate dell’attuale scena musicale? Con quali artisti vi piacerebbe collaborare
Siamo molto contenti che ci sia più spazio per i giovani anche se da indipendenti e solamente con mezzi propri è difficile.Però ci piace molto lavorare in maniera indipendente perché le canzoni le costruiamo a nostro piacimento ed in totale libertà.Come detto prima ci piacciono molto Gazzelle, Calcutta, Cosmo, ecc… Ovviamente collaborare con uno di questi sarebbe un sogno, al di là di questo pensiamo che nelle collaborazioni sia fondamentale avere la stessa visione sulle cose, quindi ci piacerebbe collaborare con chiunque faccia musica nel modo in cui la facciamo noi.
5-Progetti per il prossimo futuro?
A breve uscirà un altro singolo che farà parte di un EP che uscirà in autunno.Abbiamo molte canzoni su cui stiamo lavorando, da un EP si potrebbe anche passare ad un album, chissà.
Noi Nube abbiamo imparato a conoscerlo e apprezzarlo fin dai suoi esordi con Revubs Dischi, giovane etichetta spezzina che nel tempo ha lanciato diversi talenti musicali interessanti, facendo spesso da trampolino verso nuove mete; come nel caso del cantautore piemontese, che dopo un disco d’esordio che ha convinto per identità di scrittura e sound torna oggi sulla cresta della scena indipendente nazionale con un singolo fresco, e diverso, per La Clinica Dischi: “chissenefrega” è uno slancio liberatorio che parte dallo stomaco e raggiunge il cervello, invitando l’ascoltatore a liberarsi da giudizi e pesi esterni.
Un cambio di passo, quantomeno di direzione, che segna l’approdo ad un sound più sbarazzino ed elettronico rispetto alle curve dream-pop dell’inizio, aprendo la strada a novità stilistiche che non ti aspetti, ma che finiranno col convincerti a primo play.
O almeno, a noi è successo così per “chissenefrega”, e non potevamo esimerci dal provare a parlarne con il diretto interessato.
Nube, torni con un singolo che segna, a nostro parere, una nuova fase del tuo percorso. E’ così?
Sì, sicuramente. Sono in una fase di nuovo inizio dove sto imparando a scoprirmi maggiormente e anche di sperimentazione.
“Chissenefrega” abbraccia un’elettronica spinta, con un testo che pare essere fortemente liberatorio. Come nasce il brano?
Il brano nasce con l’idea di scrivere qualcosa di diverso e personale rispetto al solito brano d’amore. Ho cercato di scrivere con ironia e liberazione senza seguire i soliti schemi.
Dietro la canzone, sembrano celarsi riferimenti diversi rispetto a quelli che hanno “guidato” il tuo disco d’esordio. E’ così? Cosa stai ascoltando ultimamente?
In realtà i miei ascolti cambiano di continuo, cerco sempre nuove ispirazioni. Ultimamente ho ascoltato un po’ più di Indie Rock come i 1975, Dayglow e Mehro.
Quali sono le cose delle quali non hai ancora imparato a “non fregartene”? Quelle che, insomma, anche se non dovrebbero farti male continuano a perseguitarti?
Onestamente sto imparando a fregarmene di tutto perché tanto non ha senso stare a pensare troppo.
Siamo molto curiosi di poterti ascoltare live: c’è qualche appuntamento in programma?
Beh, noi sì e possiamo dire di essere tra i primi, anni fa, ad averli scoperti. Sì, perché nonostante di due cantautorini di La Clinica Dischi abbiano appena vent’anni, è già da qualche tempo che il loro nome rimbalza tra le selezioni di playlist e riviste di settore, rivelando l’ottima attitude di due talenti da non perdere di vista.
Prima di unirsi in un corpo unico che pare aver dato nuova linfa ad entrambi, hanno pubblicato diversi brani, confluiti poi in EP che hanno fatto chiacchierare di loro: sound – per entrambi, seppur con sfumature diverse – sospeso tra canzone d’autore 3.0 e urban, produzioni moderne e dotate del giusto piglio per farsi notare galleggiando su tutta la plastica del contemporaneo e una vocazione per il pop che rivela una discreta capacità di stare a cavallo di mode e stile per trovare una propria chiave di lettura del presente. E poi?
E poi è successo che frambo e scicchi, venerdì scorso, hanno deciso di pubblicare mano nella mano una ballad che sarebbe potuta essere di frambo o di scicchi, e che alla fine appartiene ad un duo che pare aver trovato l’alchimia giusta per non fare soluzioni alla continuità di un’accoppiata ben imbeccata, ben pensata: “Cerotti” è una riflessione a due sul senso dell’esistenza che tradisce una visione generazionale unitaria, condivisa e condivisibile; c’è un piglio leggero che non cede alla superficialità e che rivela la “concretezza” (anche se forse ancora un po’ acerba) di due progetti da tenere d’occhio, uniti nel segno di un buonissimo pop d’autore.
Si vocifera di un disco condiviso, e a noi l’ipotesi pare essere più che allettante: solo il tempo dirà se quello che oggi ci fa parlare sia un fuoco di paglia o un vero e proprio incendio in mezzo al petto, ma rimaniamo convinti che i numeri ci siano e non tarderanno a dare risultati. Magari, proprio partendo dai “cerotti” di questo venerdì.
TROPPI ANNI è il primo estratto dall’EP “DIALOGHI ITALIANO”,scritto e prodotto insieme ad Emanuele Santona bassista della band “I SEGRETI”. Il brano parla della quotidianità di un ragazzo in questi anni 20, perfettamente divisa fra l’ordinario ed il desiderio di qualcosa di più. La quotidianità, i sentimenti, le sensazioni. Sonorità Indie e lo-fi (Dayglow, Surf Curse).
LupoFiumeLeggenda è il progetto di Nicolò Verti, con la precedente formazione ha pubblicato un disco (FUL!) e un EP live (BROEASY live session) e ha aperto i live di numerosi artisti (Marta sui tubi, Wrongonyou, Moustache prawn, Selton, Samuel, Generic animal, Kruger).
Abbiamo chiesto a Lupofiumeleggenda di rispondere alle nostre domande:
1- Ciao raccontaci chi è Lupofiumeleggenda e parlaci un po del progetto musicale
Ciao ragazzi, intanto grazie per l’intervista.
Lupofiumeleggenda è Nicolò che compiuti i 30 anni ha avuto paura che la musica potesse uscire un giorno dalla sua vita. L’unica risposta possibile è stata scrivere un disco.
Da ragazzino scrivi le canzoni e non ti preoccupi per forza di costruirci un progetto concreto intorno, poi le band si sciolgono, si passa alla vita dei grandi e ci sono mille motivi per smettere.
Io voglio essere sicuro che ci sia spazio per la musica nel mio futuro. 2 “troppi anni” è il tuo nuovo singolo ci racconti come è nato e di cosa parla?
Troppi anni è il primo singolo dell’EP “dialoghi italiano” che uscirà prossimamente.
Parla di quanto la quotidianità sia un casino e di come i rapporti affettivi diventino un’ancora di salvezza, tanto da farci sperimentare una sorta di dipendenza positiva.
È stato fondamentale l’incontro con Emanuele Santona (bassista de I Segreti) coautore e produttore (insieme a Giovanni Vitulano) di questi pezzi, con lui abbiamo trovato il mood giusto.
3 Quali sono le tue influenze musicali più importanti?
Penso che di quelli che sono i miei artisti preferiti (da Paolo Conte ai Biffy Clyro) ci sia veramente poco in questo EP.
Io ed Emanuele abbiamo fatto un gran lavoro di ricerca, molte session di ascolto per lasciarci ispirare nel sound da artisti come Beene, Dayglow, Post Malone, Current Joys, Surf Curse e Beach Fossils…alla fine mi sono affezionato a tutti questi.
Nella scrittura ho cercato una via alla semplicità….Vasco è il più grande di tutti in questo.
4 Cosa ne pensi dell’attuale scena musicale? Con quali artisti ti piacerebbe collaborare
Sono un ascoltatore vorace e per me c’è un sacco di roba fresca e validissima nella scena attuale.
Sono anche un grande fan della drilliguria. Penso a Tedua, Bresh ecc…tutte grandissime penne. Se posso sognare mi piacerebbe scrivere con loro.
Musicalmente mi piacerebbe un sacco farmi produrre qualcosa da Lowtopic (il progetto elettronico di Francesco Bacci, già chitarra degli Ex otago…altra gran band). E poi continuo a collaborare con Emanuele, stiamo già lavorando a nuove canzoni.
5 Progetti per il prossimo futuro?
Per ora faccio il medico, per il futuro faccio progetti in cui mi presento e dico “ciao sono Lupofiumeleggenda e scrivo canzoni”.
“SOTTOZERO” è il primo singolo di FEBBRE, progetto solista di Cristian Pinieri dei LAMETTE distribuito da Universal Music Italia. Il brano parla di una coppia di ragazzi con approcci differenti alla vita. Il ragazzo affronta le sue paure come fossero una sfida da superare, la ragazza è limitata dalle sue ansie e dai suoi mostri che la rendono prigioniera di se stessa. Il sound mescola suoni grunge, con synth ed elettronica, e le top line sono influenzate da una attitude “sangue giovane”, che però riesce a dare spazio anche a contaminazioni urban.
Abbiamo chiesto a FEBBRE di rispondere alle nostre domande:
1. Ciao FEBBRE benvenuto sul Perindiepoi ci racconti come è nato questo progetto e come mai la scelta di questo nome d’arte
Ciao ragazzi, il progetto è nato in maniera molto naturale, avevo un po’ di demo da parte, un giorno confrontandomi con il mio produttore Alessandro Landini abbiamo capito che era arrivato il momento di pubblicare. E il nome in realtà deriva dal titolo di una di queste demo, il file si chiamava solamente febbre.wav, come nome mi piaceva e quindi ho scelto di utilizzarlo.
2. Sottozero è il singolo apri pista del tuo progetto solista, ci parli un po’ di questo brano? Come mai questa scelta di ripartire da solo?
Il brano nasce da una demo chitarra voce nei miei memo vocali, un giorno stavo facendo session con mio produttore ed abbiamo adattato la demo che avevo ad uno dei beat che stavamo cercando di chiudere in quei giorni, è stato così naturale come processo che ho scelto di utilizzare questo brano come apripista per il mio progetto. La scelta di ripartire da solo nasce principalmente da un’esigenza artistica, nell’ultimo anno è nata in me la voglia di mettermi in gioco, di avere pieno controllo del mio progetto e della mia musica, affrontare questo percorso mi è sembrata la cosa più naturale da fare.
3. Rispetto alle sonorità del progetto Lamette non abbiamo potuto fare a meno di notare uno spostamento verso delle sonorità più pop punk, quali sono le tue influenza musicali? con quali artisti ti piacerebbe collaborare?
In realtà le mie influenze musicali sono svariate, riesco veramente a variare dall’hip-hop fino al cantautorato, e ovviamente alla base di FEBBRE c’è la voglia di richiamare le sonorità e l’attitudine di ciò che mi ha influenzato nella prima età adolescenziale, ovvero tutta la scena pop punk californiana.Se Dovessi scegliere al momento un artista con cui collaborare probabilmente direi Rose Villain, sono del parere che sia una delle artiste più forti e versatili nel panorama attuale.
4. Oggi fare musica per un emergente è diventato sempre più difficile, considerate le dinamiche legate al mondo dello streaming e del digitale, come vivete voi musicisti tutto questo? Quali pensi possano essere le mosse migliori per riuscire a ritagliarsi uno spazio tra le tantissime proposte?
Penso che la cosa migliore da fare per ritagliarsi un proprio spazio sia essere se stessi e credere in ciò che si sta facendo, il tempo e la costanza penseranno al resto
5. Domanda di rito cosa dobbiamo aspettarci da FEBBRE in futuro ?
Sicuramente quest’estate mi potrete trovare in giro per i live, ed in generale per tutto quest’anno abbiamo intenzione di pubblicare tanta musica.
Aigì è uno che ormai abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare nel corso degli ultimi anni, grazie ad una scorta niente male di pubblicazioni che hanno dato prova di un’ottima capacità di scrittura e di una dimensione autorale forte e capace di farsi apprezzare, brano dopo brano.
L’identità del progetto è tale da non sfumare nei frequenti cambi di “linguaggio” ai quali il cantautore di origine calabrese ha sottoposto la sua musica: pur rimanendo ancorato ad una tradizione cantautorale forte e definita, Antonio ha sperimentato il contatto con il mainstream, con l’elettronica e il synth-pop senza mai perdere in definizione poetica ed artistica.
Dopotutto, Antonio non è uno che “viene dal niente”, anzi: di gavetta l’artista ne ha fatta eccome, raccogliendo consensi lungo tutto lo stivale e frequentando i salotti giusti della canzone d’autore, dal CET di Mogol alle finalissime di Premio Lunezia; traguardi, questi, capaci di certificare la qualità di una ricerca fatta di applicazione e studio, nella direzione di una forma nuova (“esistenzial-pop”, come la definisce Aigì) che affondi le radici nella storia della canzone ma provi a guardare al futuro.
Basti pensare, in tal senso, all’ultima pubblicazione dell’artista, “Nuvole”, brano che fin da subito mostra una certa fascinazione per il mondo dell’urban e del nu-soul senza allo stesso tempo rinunciare ad una ricerca di contenuto che intelaia la riflessione su sé stessi con la tematica della canzone d’amore: c’è l’idea che il contatto con l’altro finisca con il definire i limiti e le dimensioni dell’individuo, in una ricerca continua del “sé” che passa soprattutto dall’esperienza con l’esterno.
Insomma, un filone pop che cerca di riflettere sull’inesauribile segreto dell’esistenza senza mai perdere d’occhio l’efficacia melodica e la resa immediata della canzone. A questo punto, non resta che attendere un disco d’esordio che, ne siamo sicuri, ci farà divertire (ma anche riflettere).