Rea, dopo la partecipazione all’ultima edizione di Amici, pubblica “RESPIRO” l’EP d’esordio disponibile su tutte le piattaforme digitali da venerdì 8 luglio per Vertical Music Records.
Le 6 tracce di questo lavoro inaugurano un percorso inedito che si discosta dalla produzione più mainstream dei pezzi presentati nel pomeridiano di Maria De Filippi per andare verso lidi più ricercati e personali. Per raccontare il viaggio dell’ultimo anno di Rea, è stata realizzata un’ cortometraggio di presentazione, visibile al seguente link.
Un concept album incentrato sul passaggio dall’adolescenza all’età adulta, dove dominano le strade di Bologna a fare da scenario di incontri e sguardi che si incrociano, vicoli che rappresentano i costanti bivi che ci troviamo a dovere imboccare per trovare la giusta direzione a ogni ambito della nostra vita.
Abbiamo chiesto a REA di rispondere alle nostre domande:
Il tema centrale è l’adolescenza, come è stata la tua?
“Travagliata, alti e bassi come per tutti. Sono sempre stata molto curiosa di fare nuove esperienze”.
La frase che ritieni sia la migliore per riassumere l’intero Ep e perché?
“Cosa ne pensi di una nuova vita?. È una frase contenuta in Respiro.E riassume secondo me molto bene il concetto chiave dell’ep ovvero il cambiamento”.
Sei reduce dal sold out nella tua Bologna, dove ti eri esibita anche per presentare in anteprima questo Ep. Che risposte stai ricevendo dai tuoi fan?
“Molto positive, le persone che mi seguono sono super attente a tutto quello che faccio e dico, riescono a cogliere dettagli che magari neanche ho detto e questa cosa è super”.
Concerti e progetti futuri?
“Ho fatto diversi concerti tra giugno e inizio luglio, mi sono presa 10 giorni di vacanza e adesso torno in studio, ci sono dei progetti in ballo ma non voglio anticipare molto. Continuate a seguirmi per rimanere aggiornati”.
Il gruppo piemontese Madyon ha recentemente pubblicato il nuovo disco “Madyon: Live 3022”. Un concentrato di musica dal vivo che ripercorre la loro carriera e ci prepara a quello che sarà il loro futuro. Noi abbiamo chiesto al frontaman Cristian Barra quali sono le sue 5 cose preferite.
VanillaSky
Si tratta del remake americano del film “Abrelosojos” di Alejandro Amenábar, ma ammetto di averlo scoperto dopo averlo guardato.Ricordo ancora quando nel 2001 mi sedetti al cinema molto titubante, senza grosse aspettative, dopo aver visto un trailer che faceva pensare a tutt’altro genere di film, molto più “normale”. Senza spoilerare niente a chi non l’avesse mai visto, da metà proiezione in avanti ci si trova nel mezzo di un viaggio mentale sconcertante, contornato da una fotografia curatissima e una colonna sonora che passa dai Radiohead ai SigurRòs. Lo riguardo ogni 2/3 anni circa e da vent’anni, ogni volta, il finale mi lascia sempre la stessa sensazione.Sicuramente ciò per la prima volta che mi ha fatto approcciare al genere fantascientifico/cervellotico da cui deriva il mondo che fa da contorno alla nostra musica, e in ultimo l’ambientazione di “MADYON :: LIVE 3022”. Spesso inoltre mi guardo anche attorno per verificare la presenza del mio personale “Supporto Tecnologico”. Questa era per chi l’ha visto.
Scoprire musica e band che non conosce nessuno
Grazie ai correlati sulle piattaforme di streaming, oggi non è così difficile. Basta essere ben disposti e propensi ad accettare il nuovo senza essere condizionati dai numeri. Ascolto band che fanno numeri piccoli, come quelli dei Madyon, e alcune loro canzoni a casa mia o nella mia macchina sono delle vere e proprie hit. Ne volete una prova? Provate ad ascoltare“Oh The Silence”degliOctober Drift, piuttostoche“Hostages”deiThe Howl And The Hum. Ah, e se vi piacciono le loro canzoni, scriveteglielo sui social, non essendo superstar internazionali vi risponderanno, esattamente come facciamo noi.
Trasformare un’idea ambiziosa in totale realtà.
Di mezzo ci sono i sacrifici, il tempo rubato agli affetti, le frustrazioni e la stanchezza… ma quando vedi concretizzata l’idea che mesi prima era soltanto un pensiero, è una delle cose più soddisfacenti della vita. Il 100% però lo si raggiunge soltanto se ciò che si è creato è esattamente corrispondente a ciò che si era immaginato, in tutti i suoi microscopici dettagli. Nel caso dei Madyon non parlo soltanto di suoni e musica ma anche del concept, dell’immagine, degli abiti, insomma di tutto il mondo che avevo in testa.
Non sono molto bravo a delegare, anche perché in passato ho avuto brutte esperienze in merito alla qualità dei risultati ottenuti. E così ogni singolo prodotto di concetto, di grafica, audio e video legato alla band, passa fisicamente dalle mie mani. Tante volte è snervante, soprattutto perché la stanchezza in certi momenti ti fa pensare “Chi me l’ha fatto fare?”oppure “Chissà cosa stanno facendo gli altri mentre io sono qua a sgobbare per tutti”. Ma la verità è che non lo sto facendo per nessun altro se non per me stesso. Lo sto facendo per ottenere quella sensazione impagabile che si ha quando si guarda ciò che si è realizzato con le proprie mani e ci si accorge che si tratta di un risultato al livello delle referenze che si avevamo in partenza. Quella sensazione che ti permette di guardarti allo specchio pensando “ok, non sono un mediocre”.E credetemi: saper suonare uno strumento o cantare nel caso di progetti di questo tipo rappresenta una percentuale bassissima. Forse nemmeno il 10% del totale. Quelle sono competenze che bisogna dare per scontate, come saper cucinare se si vuole aprire un ristorante. Di musicisti e di musica ne è pieno il mondo, credo addirittura che la posizione di ogni musicista sul nostro palco potrebbe essere sostituita da chiunque altro, compresa la mia. Questo perché a far la differenza è tutto il resto di ciò che sta attorno al nome MADYON.
La Formula 1
Vado letteralmente in tachicardia per la Formula 1. Perché? Perché non è il calcio dove ci sono migliaia di squadre e milioni di posti disponibili. In Formula 1 ci sono 10 team e 20 piloti. 20 posti disponibili, non uno di più. Persone con le capacità e l’attitudine di un pilota di caccia, chi più chi meno.
Per anni chiamata la Dormula 1, in questi anni è finalmente rinata grazie a regole e macchine che hanno livellato il gap tra i team e ad una bellissima serie Netflix cheha riportato le attenzioni del mondo sui retroscena dello sport ingegneristico per eccellenza. Uno sport meritocratico. Se vinci il mondiale di Formula 1 non è per merito di un rigore dato. Vinci perché tu e il tuo team siete stati i più bravi a livello analitico. Ah, dimenticavo… tranne l’anno scorso dove all’ultima gara il mio ragazzo è stato derubato del suo ottavo titolo mondiale.Ma non svegliamo il tifoso che è in me. Lo faccio per voi.
Uscire o viaggiare da solo
Amo uscire la sera o fare un viaggio da solo. Trovo che si aprano livelli di analisi interiore molto più profondi, cosa che non sempre può avvenire in gruppo, dove alla fine c’è il bisogno di ricoprire il proprio ruolo. Questo non significa che il viaggio o la serata debbano essere passati in totale silenzio o solitudine, anzi. Si passa dal chiacchierare col proprietario di un pub alle storie di un signore che si trova in viaggio di lavoro in quella zona. Alcune dinamiche sociali non potrebbero scaturire in gruppo poiché lo stesso è spesso un circolo chiuso, non predisposto alla socializzazione.
Esistono, o meglio, capita di imbattersi talvolta in canzoni diverse, che dicono ben di più di quello che pensano di “poter dire”: insomma, succede che a volte l’ambizione di un brano risulti più moderata, meno arrembante rispetto al potenziale d’azione che quel brano realmente poi possiede.
E’ il caso, ad esempio, di “Occhi” di Niveo, che se te leggi “secondo singolo dell’appena maggiorenne cantautore toscano” ti dici vabbé, sarà la “canzone per l’estate” di un nuovo talento della Generazione Z, e invece ti trovi davanti (o meglio, nelle orecchie) la conferma migliore di un progetto che, già qualche mese fa, sembrava essere partito davvero con la barra dritta: “Sui sedili della metro”, il primo singolo di Niveo, ci aveva già colpiti allora, alimentando aspettative e speranze per il futuro.
Ed eccolo il futuro, che ci gronda addosso a metà luglio e lo fa rinfrescando, senza appesantire l’afa già irrespirabile di quest’estate italiana e “all’italiana”, con i soliti tormentoni (quest’anno, ad onor del vero, meno “molesti” degli scorsi anni…) che rimbalzano da una playa all’altra e le polemicucce su qualsiasi argomento possibile che l’italiano ingaggia al riparo nella sua trincea di battaglia – ovvero, la sdraio sotto l’ombrellone, o il divano davanti al televisore con il ventilatore puntato a raffreddare i neuroni già al collasso.
E allora, quale momento migliore per riprenderci la nostra voglia di ascoltare cose nuove, diverse dal solito melting pot del pop nazionale? Scopritevi Niveo, và, che secondo noi vi fa bene…
Benvenuto Niveo, qualche mese fa sei stato protagonista di uno dei nostri bollettini mensili con “Sui sedili della metro”. Oggi, invece, torni con “Occhi”: se dovessi raccontare questo singolo in poche parole, quali utilizzeresti?
Vi direi sicuramente ‘contrasto’ e ‘allergia’ come se l’amore fosse polline per i nostri occhi.
Raccontaci un po’ di te, per far capire meglio ai nostri lettori chi hanno davanti: chi sei, da dove vieni, quanti anni hai e perché hai deciso, ad un certo punto della tua vita, di fare musica.
Mi chiamo Marco, in arte Niveo, ho 18 anni e vengo da Pistoia, ho sempre avuto il pallino della musica ma per me era come un sogno chiuso a chiave in un cassetto. A 16 anni, in piena quarantena, ho deciso di lavorare scrivendo articoli per permettermi la mia prima chitarra così da imparare a suonarla da autodidatta contemporaneamente a scrivere le mie prime canzoni che tutt’ora mi porto nel mio cassetto musicale. Ora ne ho 18 e spero di non fermarmi mai.
Quali sono gli ascolti che hanno maggiormente segnato la tua visione della musica?
“Love Is Not dying” è un album di un artista inglese di nome Jeremy Zucker. Questo album ha completamente sconvolto il modo di pensare la musica per me. ‘OK’ di gazzelle è stato un album che mi ha fatto capire al meglio quale fosse lo stile di scrittura adatto per me.
“Occhi” è un brano intenso, che tra l’altro si gioca sul parallelismo interessante e curioso fra l’allergia e l’innamoramento. Ti va di parlarcene?
“Occhi” compara appunto un amore tossico e distruttivo tra due persone in completo contrasto con il polline e gli occhi. Ho sempre pensato di essere allergico all’amore, per questo ci ho scritto una canzone.
Ma proprio come l’allergia al polline e alla polvere, basta solo il giusto antistaminico.
Hai lavorato con Formica Dischi alla pubblicazione dei tuoi due singoli: cosa ti ha convinto, della giovane etichetta toscana? Come sei entrato in contatto con loro?
Ho provato una istantanea intesa con i ragazzi del team di Formica, mi hanno preso a 16 e mi hanno indirizzato al meglio in una strada fin troppo complessa per un ragazzino e l’hanno fatto al meglio delle loro possibilità, ne sarò sempre grato e spero di restituirgli almeno un po’ di quello che mi hanno dato.
E adesso, quali saranno i prossimi passi di Niveo?
continuare a scrivere, a fare musica, a vivere cose che mi faranno provare emozioni da mettere su foglio, su musica. Questo e nient’altro.
Dove vuoi che sia è il primo singolo degli Euphoria pubblicato su tutte le piattaforme streaming, disponibile anche nelle playlist editoriali di Spotify New Music Friday e Fresh Finds Italia. “Per noi questo brano rappresenta e identifica un periodo della nostra vita, l’inizio e la rottura di un rapporto.”
Benvenuti ragazzi e grazie per questa intervista, allora diteci un po’ questo sound in dove vuoi che sia come nasce?
Grazie dell’invito. è un piacere. questo sound, come tutte le nostre canzoni, nasce dall’influenza dei nostri ascolti quotidiani. abbiamo tutti e tre dei gusti diversi e quindi arriviamo sempre in studio con delle idee nuove. le nostre canzoni sono un incrocio di queste idee.
Come avete lavorato alla produzione del pezzo?
L’idea originale nasce da William McLion e Dezzo (si parla di ottobre). poi la demo è stata girate ad yEMA che ha scritto la sua strofa dopo il ritornello di Dezzo. abbiamo subito una battuta d’arresto in inverno per poi riprendere in mano la traccia ad aprile insieme a Tanarouge, con cui abbiamo portato un’evoluzione al pezzo.
Due cantanti, tastierista e chitarrista. Quindi è questa la vostra formazione ufficiale?
Più o meno. Dezzo e yEMA sono i due cantanti, insieme a Willy che è il produttore e pianista. e questa è la formazione originale. Giovanni si è aggiunto di recente a noi come chitarrista e ci ha aiutato tantissimo nelle produzioni. siamo alla ricerca di musicisti veri anche in ottica di live. gli strumenti reali non si possono battere.
Chi effettivamente scrive i pezzi e come li arrangiate?
Strofe e ritornelli sono scritti da Dezzo ed yEMA. ognuno scrive le proprie parti ma si confrontano sempre per aggiustamenti o modifiche. nelle nostre canzoni c’è tanto del loro vissuto. per gli arrangiamenti invece partiamo sempre dalle idee di Willy ma poi durante la fase creativa è un continuo scambiarsi opinioni. per noi discutere sulla musica è importantissimo
Invece della band cosa ci volete dire? Come vi siete conosciuti?
Ci piace definirci un collettivo più che una band, vogliamo avere una certa libertà nel fare musica. comunque noi di base siamo grandi amici prima ancora di formare il gruppo: yEMA e Dezzo si conoscono dall’asilo e Ema ha conosciuto Willy alle superiori facendolo conoscere a Dezzo. non sarebbe esistito EUPHORIA senza prima una confidenza reciproca.
Un altro giorno d’amore è un film di passione adolescenziale, capace, se conservata, di animare e alimentare ancora le vite di chi ora è adulto. È il racconto di come non ci si debba dimenticare di chi si è stati per scoprire chi si è da grandi. Il viaggio di una ragazza innamorata di un tifoso del Perugia si fa carico di una storia più grande, quella di coloro che le passioni grandi ce le hanno dentro ed esplodono, sconquassando le loro vite, nel bene e nel male.
Un altro giorno d’amore è anche la storia di Davide Rosci, che ha scontato sei anni e sei mesi di carcere per il reato di “concorso morale” in “devastazione e saccheggio” per gli incidenti accaduti a Roma il 15 pttobre del 2011. È la storia di Mariapia Merzagora Parodi, madre di Edoardo, amico di Carlo Giuliani, morto nel febbraio 2002. Un altro giorno d’amore è il viaggio di alcuni ultras della Curva Nord di Perugia verso il G8 di Genova. È il confronto tra Giulia e suo padre Raffaele, che a settantadue anni resiste e aspetta un altro mondo possibile. Un altro giorno d’amore è il giorno in cui si guarda in faccia chi si è veramente – e si trova il coraggio di andare avanti, a testa alta.
Abbiamo avuto il piacere di incontrare Giulia D’Amato, la regista.
Quale ruolo e quale peso ha la colonna sonora nel film? GD: Ho sempre pensato che la musica in un film sia una delle parti essenziali della narrazione e come tale debba raccontare qualcosa allo stesso modo delle immagini e delle parole.
Hai un legame in particolare con i brani che avete scelto? GD: L’Amour Toujours è uno dei brani che mi ha accompagnato nella vita, forse perchè c’era sempre qualcuno che catticchiava il motivo, fino a quando non ho trovato Perugia, la mia città e una delle città del film, invasa da adesivi proprio con quella scritta.
Come sei entrata in contatto con la realtà di Lost Generation Records? GD: Io e Matteo Gagliardi abbiamo frequentato in classe insieme il Centro Sperimentale di Cinematografia ormai dieci anni fa. Non pensavamo più di incontrarci lavorativamente, fino a quando un po’ casualmente mi ha mandato il lavoro di Max Varani di Frontemare proprio su L’Amour Toujours e da quel momento ho capito che non avrei mai finito il film senza tutti loro e il loro lavoro.
La storia di “Un altro giorno d’amore” è intensa e personalissima, come hai scelto le persone che avrebbero fatto parte di questo progetto? GD: Per quanto sia stato difficile arrivare alla fine del film, ho avuto la fortuna di trovare dei collaboratori, anzi dei compagni di strada, che in questi anni non mi hanno mai abbandonato, a partire dalla scrittura fino ad arrivare alle grafiche, ma soprattutto ognuno di loro ha lavorato e attraversato questo percorso portando tutta la passione non solo per la storia che il documentario racconta, ma anche condividendo il significato che tutto questo ha.
Il film ha subito rallentamenti per via del Covid? Com’è stato per gli addetti al settore cinematografico questo ultimo e complicato periodo? GD: In realtà il film si era bloccato prima della pandemia, perché quando si lavora a progetti indipendenti i momenti di difficoltà e di sconforto quasi sempre prevalgono, tanto da fermare tutto. Proprio durante il primo lockdown, ho guardato quegli hard disk con questo progetto mai finito e ho pensato che sarebbe stato quello il momento giusto per chiuderlo. Pensavo di essere sola e invece mi sono trovata circondata da un gruppo di persone che ogni giorno mi ha ricordato che sarebbe stato indispensabile arrivare alla fine. Il Covid ha stravolto tutto il sistema produttivo e distributivo cinematografico e se all’apparenza sembra che ci siano più opere in circolazione, e a guardare i dati è anche vero, la sala cinematografica sta vivendo uno dei periodi più complessi di sempre. E senza il buio della sala, il cinema non esiste, perché lo streaming non sarà mai il sostituto. Ci sono decine di film che se prima faticavano a trovare un piccolo spazio, oggi non riescono a trovare un pubblico perché la maggior parte delle sale, a causa dei piccoli numeri che si fanno, danno spazio ai film dall’incasso sicuro. Ormai le sale che corrono dei rischi, anche tra quelle indipendenti, sono pochissime.
A cosa stai lavorando ora? GD: Con Gianluca Arcopinto, che è anche produttore del film, stiamo organizzando la distribuzione di Un altro giorno d’amore, consapevoli che sarà difficile, ma non per questo infattibile. Ho iniziato a scrivere il prossimo film, perché sono perfettamente convinta che l’esperienza che è stata fatta fino a ora sia replicabile, anzi penso che sia indispensabile, non solo per me.
Lavinia Macheda, classe 2002, è una cantautrice di Reggio Calabria, impiantata a Milano dove studia Economia e gestione aziendale presso l’università Cattolica. “Baci Chardonnay” è il brano chiave che apre il suo nuovo percorso da cantautrice, e ne svela il lato più intimo raccontando di quanto sia importante e necessario a volte mettere nero su bianco quello che la vita ci mette di fronte.
Il videoclip prodotto da Antonio Condello, ha come cornice una Milano notturna, non quella della movida, ma quella delle strade vuote di notte, dei tram romantici e malinconici allo stesso tempo, quelli antichi e storici. Lavinia percorre le strade vuote con la linea del tram n1, in una delle sue notti in bianco proprio come canta il testo della sua canzone, la notte che aiuta a pensare, a fare il punto della situazione, e abbandonarsi alla malinconia.
Abbiamo chiesto a Lavinia di rispondere alle nostre domande:
Ciao Lavinia parlaci un po’ del tuo progetto musicale
Ciao! Mi è sempre piaciuto cantare, a seguito di varie esperienze mi sono trovata ad essere piena di emozioni e a non sapere come sfogarle, quindi ho iniziato a dedicami alla scrittura dei singoli, assieme ad Antonio Condello. Nei testi metto me stessa, le mie emozioni, per cercare di lasciare andare i ricordi ma non solo, anche per cercare di tendere una mano a coloro che, come me, si sono trovati in difficoltà.
Baci chardonnay è il tuo nuovo singolo ci racconti come è nato e di cosa parla?
Baci Chardonnay è nato alla fine dell’estate del 2021. Pioveva e mi trovavo nella mia casa al mare e a seguito dell’ennesima discussione e delusione, avevo deciso di uscire per prendere un po’ d’aria fresca andando in spiaggia. Mi sono seduta in riva al mare e la mia mano ha cominciato a scrivere molti pensieri, domande che mi frullavano in testa. Il singolo parla di come sono riuscita a metabolizzare le mie emozioni con un viaggio a Parigi che fa da cornice ad una storia d’amore giunta al termine.
Quali sono le tue influenze musicali più importanti?
Fin da piccola, i miei genitori hanno cercato di trasmettermi l’amore per la musica, con mio papà che suonava la chitarra e la mia mamma che lo accompagnava con la voce. Direi che sono stati loro che mi hanno aiutata e conoscere importanti artisti del passato, ma al tempo stesso c’è la necessità di stare al passo con i tempi, infatti la musica pop americana penso che abbia avuto molta più influenza su di me. Mi piace molto anche la nuova scena italiana indie.
Cosa ne pensi dell’attuale scena musicale? Con quali artisti ti piacerebbe collaborare
Viaggiando con la fantasia, mi piacerebbe collaborare con tha Supreme, Mara Sattei, Fedez e molti altri.
Progetti per il prossimo futuro?
In pentola bolle già qualcosa. Ho un po’ di testi pronti, la mia intenzione infatti, non è quella di fermarmi al secondo singolo.
“PASSATEMPO” è il nuovo singolo di VIMIME, inserito da Spotify nella playlist editoriale “Anima Rnb“. Il branoparla della passione per la musica e della voglia di recuperare il tempo perso e le occasioni sprecate. Una medium ballad prodotta da dal sound rnb che mette in risalto la vocalità black dell’artista.
Abbiamo fatto qualche domanda a VIMINE:
Per iniziare, ci racconti chi è Vimine ?
Vimine è un ragazzo abbastanza timido, che grazie alla musica e alle esperienze fatte grazie alla musica sta venendo fuori abbattendo la timidezza; Originario Pugliese nato a Cerignola (FG) da mamma casalinga e papà Marmorista, ho una sorella un po più grande di me anche lei appassionata del canto; Diplomato in Arredo e Architettura, pizzaiolo per otto anni nella mia stessa pizzeria gestita con la mia famiglia; Ho iniziato sin da piccolo ad essere quasi sempre protagonista nelle recite dove mi assegnavano sempre la parte da solista, ho fatto anche esperienze all’interno di cori musicali per poi arrivare a scrivere i miei brani e a pubblicare la mia musica
Quando, come e perchè hai iniziato a fare musica?
Ho iniziato a fare musica nel Novembre 2020 iscrivendomi a scuola di canto, non sapendo cosa mi aspettava; Mi sono convinto ad iniziare un percorso formativo nel canto perchè durante la pandemia da Covid così per caso mi sono iscritto ad un contest che girava su facebook dove bisognava mandare un video di una esibizione canora e da li poi passare sotto una valutazione da parte di una giuria; da li è scoppiata la scintilla che mi ha fatto capire che questa è la mia strada; Da quel contest sono passato nella fase finale dove per la prima volta ho dovuto cantare dal vivo a Roma avanti ad un pubblico, li ho capito che per la musica sono disposto a tutto, da quello stesso contest sono passato ad un altra finale disputata a settembre 2020 e subito ho iniziato a studiare canto e musica
Quali sono i messaggi, le sensazioni, le emozioni, che vuoi trasmettere con i tuoi pezzi?
I messaggi che voglio trasmettere con le mie canzoni sono gli stessi che nella mia vita ho sempre portato avanti, comportandomi sempre bene con tutti, generoso, disponibile con chi mi dimostra di volermi bene, umile, sempre con i piedi per terra con le maniche rimboccate nel lavoro, facendo sacrifici e raggiungendo i miei obiettivi con impegno, testa e cuore; Sono un tipo che difficilmente mostra le proprie emozioni, anche se dentro di me ogni giorno ne avverto tante, belle o brutte che siano, è un lavoro che sto facendo su me stesso nel riuscire attraverso la musica a manifestarle senza vergognarmi
“Passatempo” è il brano con cui ti abbiamo conosciuto all’interno del nostro portale. Ti va di parlarci di quello che significa per te questo pezzo?
“Passatempo” per me è come uno sfogo personale, pensando al fatto che sono stato troppo superficiale nel pensare che la musica non potesse essere la strada a cui dovevo dare priorità più di ogni altra cosa
Guardando indietro, quale brano del tuo percorso, fino ad adesso, reputi essere il più importante e significativo?
Sicuramente Passatempo
Cosa stai preparando, invece, per il futuro?
Per il prossimo autunno ho 2 brani pronti sempre scritti da me che sto lavorando per ultimarli e farli uscire; Spero di partecipare attivamente a contest che mi facciano conoscere anche in un contesto live;
Giocando con la fantasia, con quale artista sogni di collaborare, un giorno
In primis con Laura Pausini, sono un suo fan, da quand’ero piccolo e che grazie alla mia famiglia l’ho conosciuta, ascoltandola prima nelle cassette poi comprando anche i suoi cd e partecipando ai suoi concerti; Ma comunque pensando invece a cantanti di oggi che comunque rappresentano il mio mondo cioè l’R&B ne dico qualcuno come Rkomi, Ghemon, Mara Sattei;
Qual è il punto di arrivo che ti sei prefissato?
Per il momento non voglio darmi un punto d’arrivo, perchè pensando a un punto di arrivo è come destinare una fine al mio percorso, spero duri più a lungo possibile senza aspettarmi troppo, ma nello stesso tempo credendoci fino all’ultimo;
Dove ti vedi tra 5 anni?
Tra 5 anni senza essere troppo esagerato mi vedo su un palco pronto per un mio concerto anche alla festa patronale del mio paese, (rido) o chi lo sa, qualcosa di più
“In un altro posto” è il nuovo singolo di “EMME“, che arriva dopo la pubblicazione di “I nostri corpi”. Il brano parla di scelte, di coraggio e di quanto sia faticoso uscire dalla staticità e dall’immobilismo. “EMME“, girà intorno al concetto di “felicità”, e della continua ricerca sul significato di -questo stato d’animo e su cosa siamo disposti a fare per per raggiungerlo.
EMME ha risposto alle nostre domande:
Per iniziare, ci racconti chi è EMME?
Nella vita di tutti i giorni sono Matteo Mancini, una persona che ha un figlio, un lavoro, che fa la spesa e paga le bollette. EMME è la parte irrazionale, anche infantile se vogliamo. Una dimensione in cui mi distacco dalle cose materiali e mi concentro sulle emozioni, una fuga -se vogliamo- dalla vita di tutti i giorni che a parte gli affetti, per il resto è un costante imbattersi nella meschinità dell’essere umano. Ovviamente sto esagerando ma neanche troppo.
Quando, come e perchè hai iniziato a fare musica?
Ho avuto la fortuna di avere due fratelli più grandi che mi hanno introdotto alla musica quando avevo 5 o 6 anni. Avere Kurt Cobain come idolo quando frequentavo la scuola primaria è stato un grande privilegio, un imprinting di tutto rispetto 😉
Ho studiato chitarra, canto per molti anni ma la mia vocazione è sempre stata quella di scrivere. Ho iniziato a 14 anni con delle cose ovviamente oscene ma non ho più smesso e non credo che smetterò mai.
Quali sono i messaggi, le sensazioni, le emozioni, che vuoi trasmettere con i tuoi pezzi?
Io scrivo molto per me stesso, è un modo che uso per rielaborare i miei vissuti. Molto spesso trovo delle cose nei miei testi che non sare mai riuscito ad esprimere con un discorso.
Ecco, quello che vorrei trasmettere è l’importanza di trovare un proprio linguaggio, anche solo per parlare a se stessi. Mi piacerebbe che questa mia attività fosse uno stimolo per qualcuno
IN UN ALTRO POSTO è il brano con cui ti abbiamo conosciuto all’interno del nostro portale. Ti va di parlarci di quello che significa per te questo pezzo?
Banalmente questo progetto nasce anche per superare un momento difficile. Attraverso la scrittura io rielaboro i miei vissuti e mi faccio forza. In pratica è una sorta di auto terapia, in questo senso “In un altro posto” parla proprio di lasciare qualcosa di importante, di affrontare il dolore, di una scelta difficile, dolorosa e faticosa però necessaria per uno scopo più gande che è la felicità.
5. Guardando indietro, quale tappa del tuo percorso, fino ad adesso, reputi essere la più importante e significativa?
Una tappa precisa non c’è. Ogni volta che chiudo una canzone avverto una sensazione di benessere che è anche difficile da spiegare. E’ quasi una droga e ogni volta che accade mi ripeto che non dovrà essere l’ultima. Fatto sta che belle o brutte, scrivo canzoni da 20 anni.
Cosa stai preparando, invece, per il futuro?
Altre canzoni ma soprattutto mi sto preparando per iniziare l’attività live
Giocando con la fantasia, con quale artista sogni di collaborare, un giorno? Mi piacerebbe molto collaborare con Dardust, sarebbe un grande salto di qualità nelle mie produzioni
Qual è il punto di arrivo che ti sei prefissato?
Per ora, dopo qualche anno di attività, potermi sentire di nuovo un artista, detto con la massima umiltà, è un grande punto di arrivo. Non importa quello che accadrà, ho 34 anni e un approccio diverso, non voglio conquistare il mondo, voglio continuare a risparmiare sullo psicologo grazie alla musica.
Dove ti vedi tra 5 anni?
Dove sono adesso, speriamo con la compagnia di EMME
Il matto è nuovo singolo di Eman, un brano che fotografa una società in balia del consumismo e che non riesce a dare più il giusto valore alle piccole cose. Simone, un uomo che continua a guardare con disincanto il mondo che lo circonda, con gli occhi colmi di stupore di un bambino, che viene deriso dagli altri per il suo stile di vita e il suo modo di fare e che preferisce dedicare il suo tempo a godersi quanto di bello il quotidiano possa offrirli piuttosto che diventare schiavo di scadenze, file e impegni.
Noi di Perindiepoi abbiamo fatto qualche domanda ad EMAN
Ciao e benvenuto. Se vai troppo di fretta poi vivi a metà canti in Il Matto. Quanto è difficile secondo te prendersi del tempo per se stessi in questa società della continua corsa?
Io non credo che sia complicato, immagina di dedicarti metà del tempo passato ogni giorno sullo smartphone… Siamo già a buon punto.
Un altro elemento oggetto di riflessione ne Il Matto è il consumismo. Siamo diventati schiavi degli oggetti tecnologici che usufruiamo quotidianamente. Come pensi che possiamo riappropriarci della nostra indipendenza?
Non mi riferisco solamente alla tecnologia, il concetto è veramente ampio e meriterebbe molto spazio ma cercherò di essere breve e chiaro: siamo quello che possediamo/ostentiamo; abbiamo delegato a degli oggetti l’onere di definirci, convinti che ne avessero la capacità e la profondità… e ora mi sembra che siano “le cose a possedere le persone”. Sappiamo tutti cosa c’è dietro la possibilità di avere un Iphone ogni 6 mesi: uno sfruttamento maggiore per qualcuno, un profitto esagerato per qualcun’altro, e il disagio di essere “indietro??” per moltissimi
Hai deciso di non pubblicare un video vero e proprio ma un visual dove stai in una barca. Dove è stato girato e come mai questa scelta?
E stato girato sul Lago di Endine e volevamo qualcosa che desse spazio ad altro… Il visual ti permette un approccio che con il videoclip risulterebbe più complicato: visioni artistiche senza l’obbligo della narrativa.
Quali obiettivi a breve e lungo termine ti dai dopo questo tuo ritorno e dopo essere approdato in una delle principali etichette indipendenti italiane che è la Mescal?
Abbiamo deciso di valorizzare le diverse anime e sfaccettature presenti nella mia musica dividendo il progetto in più capitoli; l’idea mi piace molto, mi dà la possibilità di non sentirmi limitato da una linea comune che i brani dovrebbero avere in un album. Ho scritto tante cose, alcune che possono sembrare diverse tra loro, ma fanno parte di me… È sempre stato così: alla domanda su quale fosse il mio genere non ho mai risposto.
JENNIFER è il nuovo brano del cantautore romano SAMUELE CARA uscito venerdì 29 aprile, una canzone che racconta di una ragazza cresciuta troppo in fetta, di voglia di felicità in tutte le sue forme. Jennifer che malgrado tutte le incertezze e i momenti cupi affronta la vita fregandosene del giudizio altrui, e alla fine vince. Un sound a metà tra cantautorato ed indie pop che omaggia la trazione dello stornello romano e i grandi autori italiani degli anni 70 (Rino Gaetano, Venditti, De Gregori). Una ballata intensa che racconta la voglia di andare avanti senza rimpiangere quello che ti sei lasciato dietro.
Abbiamo chiesto a Samuele Cara di rispondere alle nostre domande:
Per iniziare, ci racconti chi è Samuele Cara?
Samuele Cara nasce a Palestina, in provincia di Roma, scrivo le mie canzoni e ho iniziato a fare musica grazie a Rino Gaetano e a gli Oasis
Come hai iniziato a fare musica?
Per pure esigenza personale, ho iniziato a suonare su per giù all’età di 13 anni, poi con il passare del tempo ho approfondito meglio l’argomento e ho cominciato a scrivere per conto mio
Cosa vuoi trasmettere con i tuoi pezzi
Me stesso, vorrei far conoscere il mio mondo alla gente in modo sincero e schietto
“JENNIFER” è il tuo nuovo brano, cosa significa per te questo pezzo?
E’ una canzone importante per me, che ho voluto far uscire nonostante non sia un brano “alla moda”, una canzone che parla del coraggio di andare avanti nonostante le difficoltà.
Cosa stai preparando, invece, per il futuro?
Tanta musica nuova e magari qualche live per far ascoltare le mie canzoni