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Indie Pop

Tra le strade di “Urbe” in cerca di noi stessi: il primo EP di Yassmine Jabrane

Urbe” come città, dimensione interiore che apre le sue porte alla contemplazione pubblica, con vista sul cuore aperto di una penna sensibile, e capace certamente di spiccare nel “grigio diluvio democratico” del nostro tempo avaro di bellezza: questo è molto di più è il primo disco di Yassmine Jabrane, canta autrice romana che dopo una lunga gavetta tira le somme del suo percorso fin qui racchiudendole in quattro canzoni dal retrogusto esterofilo.

Il disco si presenta fin da subito con una compattezza di sound che rivela 1:00 direzione artistica, volta ad esaltare la timbrica espressiva e evocativa di Yassmine: quattro canzoni che rimbalzano fin da subito da un orecchio all’altro, passando dal cuore e incastrandosi nella testa grazie a strutture pop che tuttavia non al mainstream; il tutto, ben cucito addosso all’artista dal lavoro certosino di Cesare Augusto Giorgini.

Il lavoro si presenta come una riflessione a cuore aperto sulle tematiche emotive ed esistenziali che più stanno a cuore all’autrice, che senza filtri si presenta al pubblico italiano con la precisa volontà di trasformare le debolezze in forza e in nuovi punti di partenza. Così, l’ansia può diventare un’occasione di riflessione sui freni che ci imponiamo, una relazione andata male si rivela spunto di indagine riguardo al bene che davvero riusciamo a volere a noi stessi, la nostra sete di risposte risulta la cartina tornasole della nostra paura del buio: insomma, un disco che si tiene perfettamente in equilibrio fra l’opera d’arte e il manifesto terapeutico di una generazione in cerca di nuovi centri di stabilità permanente.

Yassmine dimostra di essere uno tra i nomi nomi da tenere d’occhio per questo 2024, capace di fondere insieme linguaggi apparentemente distanti ma mai così alchemicamente uniti come in “Urbe”.

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Indie Pop

“Oltre”, il nuovo disco di Paduano che prova a salvarti dalla mediocrità

Conoscete Paduano? Non ancora?

Beh, allora è arrivato il momento di rimediare alla mancanza: è uscito in questi giorni “Oltre”, il secondo disco del cantautore, conferma dell’estro poetico di una penna da seguire con molta attenzione. 

Sei tracce che si susseguono con leggerezza e profondità, provando a raccontare un mondo interiore che in Paduano si apre alla collettività, alla narrazione comunitaria: c’è una sensazione di condivisione che s’innalza dalla scrittura intima dell’artista, in un connubio riuscito fra personale e generazionale, con un occhio di riguardo per quella generazione, appunto, di trentenni in cerca di riferimenti persi tra i fumi del millenium bug, e della nostra diseducazione sentimentale (sì, di questa collettività fa parte anche il sottoscritto quindi la recensione è ancora più accorata).

Tutte le canzoni sembrano riflettere su dubbi condivisi, con parole selezionate e affilate con la lima, in linea con le pretese poetiche di una penna che sa incidere, e ricucire con attenzione: c’è una chirurgica attenzione ai dettagli, in “Oltre”, che conferma quanto di buono si muova silenziosamente nel sottobosco italiano, al riparo da riflettori che, il più delle volte, sembrano bruciare il talento come falene contro i neon.

Invece Paduano riesce nel suo cono d’ombra ad illuminare tutti i punti interrogativi, lavorando al sicuro da pretese di mercato che non lo sfiorano, permettendogli – almeno per ora: non possiamo che augurargli il successo, e banchi di prova ancor più intensi per la sua “integrità” – di tirar fuori dal cilindro un’opera sincera, coerente, complessa e allo stesso tempo capace di arrivare a tutti. 

Sei canzoni che raccontano la complessità delle relazioni, dell’accettare il tempo che passa e di provare a non farsi soffocare dal turbinio del presente: un invito al silenzio, alla riflessione, a prendersi il tempo di “perdere tempo” ma in modo intelligente, con spirito autocritico e stile intellettuale. Un lavoro prezioso, che possiede i suoi slanci pop (“Argini” e “Buccia d’arancia” su tutti) senza mai perdere il contatto poetico con una materia durissima come il diamante, che traspare tra le pieghe di un disco ben prodotto e ben orchestrato. 

Una conferma su un talento da non perdere d’occhio, e nel caso da scoprire. Custodendolo con gelosa attenzione. 

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Pop

Federico Cacciatori ci racconta il suo nuovo singolo “No Escape From You”

Fuori dal 23 novembre “No Escape From You”, il nuovo singolo di Federico Cacciatori. Il brano seguendo la filosofia dei precedenti lavori non uscirà sulle piattaforme digitali, solo su Youtube e sarà scaricabile dal sito ufficiale dell’artista.

Federico Cacciatori sceglie una strategia diversa dal solito mettendo al primo posto la musica e non i numeri. “No Escape From You” mescola melodie elettroniche con un pop sognante ed etereo. Un viaggio attraverso la psiche umana accompagnato da una delicata voce femminile.

Si può scappare da tutto, ma non da se stessi. Questo è il concetto attraverso cui ruota il brano. E noi abbiamo deciso di approfondire con lui.

Ciao Federico, bentornato tra le nostre pagine. E’ uscito da poco il tuo nuovo singolo “No Escape from you”. Vuoi raccontarci il significato di questo brano?  

Ciao a tutti, assolutamente si, “No escape from you” è una riflessione profonda sulla natura umana, credo che l’essere umano, nel corso della sua esistenza, sia costantemente alla ricerca di sfuggire da situazioni complicate, da se stesso, o da ciò che lo tormenti. Questo desiderio di fuga può manifestarsi in molte forme: attraverso viaggi fisici, mentali distrazioni quotidiane o persino nell’abuso di social network, che di social oggi hanno ben poco, non credete? Tuttavia, c’è un fatto inevitabile che l’esperienza umana ci insegna: non possiamo mai veramente scappare da noi stessi e dalla nostra storia.”

Ti abbiamo conosciuto la prima volta nel 2020, come si è evoluta la tua musica nel frattempo? Come ti hanno cambiato questi tre anni?

Più che evoluta la mia musica, mi sono evoluto io, nel senso che più si va avanti più cose si imparano, più esperienze sia esse negative che positive in qualche modo ci formano, ci informano e ci cambiano. La mia musica è sempre in continuo cambiamento, oggi posso scrivere un brano in un certo modo, domani posso scriverne un altro completamente diverso, è nella mia indole, ogni giorno mi sento cambiato dal giorno prima e questo si riflette sulla mio viaggio musicale.

Non per caso ho scelto la parola “Viaggio”, che con ogni probabilità è tra le parole che adoro di più.

Nel senso che ogni giorno della mia vita sono o mi sento sempre in viaggio, basti pensare che la gran parte delle ore della giornata le passo in treno o comunque mai in casa. Non essendoci mai o comunque rimanendo abbastanza distante da una comune vita sociale, la mia casa in questi tre anni è stata la mia musica.

E per casa intendo quel luogo in cui in qualche modo puoi sempre sentirti libero di fare un pò quello che si vuole, dove si può camminare nudi senza provare nessun tipo di vergogna, quel luogo dove si può osare, dove si possa trovare conforto ispirazione e quel senso di appartenenza che fatico a trovare al di fuori di essa. Sicuramente questi tre anni mi hanno cambiato sia in positivo che in negativo , ma a questa domanda dovrebbero rispondere le persone che mi stanno vicino.

Come dicevo, sono e mi sento in costante cambiamento e soprattuto ho un rapporto con il passato di amore e odio.

Sicuramente rispetto al primo album “Moments from space”, mi sento più maturato sotto vari aspetti sia compositivi, artistici e soprattuto umani. 

Un po’ controcorrente scegli di pubblicare la tua musica in maniera alternativa, quasi mai attraverso i digital store. Come sta andando la promozione in questo modo?

La promozione direi sta andando molto bene, essendo diverso il viaggio che intraprendono le canzoni per arrivare a chi mi ascolta diverse sono altrettanto le modalità con cui vengono “Promosse”, diciamo che i Live sono la miglior fonte per promuovere le canzoni, l’approvazione o meno delle canzoni la leggo nelle facce e soprattutto negli occhi di chi ho di fronte, è anche comodo per il pubblico che non deve alzare o abbassare il pollice per un mi piace. Le facce, parlano molto più di qualsiasi dato analitico di qualsiasi social. Il mio sito web e i concerti sono come dei luoghi “fantastici” in cui posso condividere la mia musica. Questo non è solo un modo per ascoltare le mie creazioni, ma anche un modo per costruire una relazione più intima. Voglio che ciò che produco sia molto  più di una semplice esperienza sonora; voglio che sia un viaggio condiviso. So che questa scelta può sembrare controcorrente in un’epoca in cui la visibilità sugli store digitali è fondamentale. Ma credo che la qualità della connessione sia più importante della quantità di clic. 

C’è un artista con cui ti piacerebbe duettare?

Assolutamente si, con Dardust, credo che ci possa essere un interscambio  sia umano che artistico molto interessante 

Prossimi progetti?

Lo dico solo in esclusiva per tutti gli amici di perindiepoi : sto lavorando ad un nuovo album che uscirà allo sbocciare dei fiori in primavera.

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Indie Intervista rock

“Credo che le favole non siano la vita reale”: intervista a Marinelli

Si intitola “Felici e Contenti” ed è il nuovo singolo firmato da Marinelli per l’etichetta Manita Dischi: un brano questo che unisce rock e cantautorato raccontando anche la bellezza delle cose che giungono al termine senza però lasciarsi abbattere.

Noi lo abbiamo intervistato.

Ciao, benvenuto! Come prima domanda di riscaldamento ti chiediamo di presentarci il tuo nuovo singolo “Felici e contenti”, pubblicato lo scorso 14 dicembre!

Ciao! “Felici e contenti” è un brano che racconta la storia di una fine, come mi piace dire. Racconta di quelle sensazioni che, a posteriori, provi nel riguardare il percorso che ha portato ad una rottura, vissuta inconsapevolmente, e che solo dopo, hai la forza di analizzare, rileggere, per cercare risposte che spesso non vengono date. È stato per me, come spesso mi accade con la musica che scrivo, anche un modo per esorcizzare ed elaborare un momento importante.

Il titolo del nuovo singolo evoca inevitabilmente la conclusione di una favola, quanto hai imparato che il vivere felici e contenti non può far parte della vita reale?

In realtà, credo che le favole non facciano parte della vita reale. Ma la felicità si, assolutamente. Non esiste il vissero “PER SEMPRE felici e contenti”. Ma si può vivere felici e contenti. Si può condividere un percorso di vita insieme a qualcuno e farlo con queste emozioni. La disillusione dopo qualcosa che non è andato bene, non deve togliere comunque lo spazio all’illusione che possa risuccedere, e non farci perdere la voglia di tendere a ricreare qualcosa di bello che ci renda ancora per un po’ felici e contenti.

Come la tua formazione in Filosofia insieme a quella in Marketing influenzano il tuo approccio alla musica e alla creazione artistica?

Il mio percorso di studi in Filosofia, se non nelle tematiche, mi aiuta molto nella scrittura per la necessità che ho sempre di cercare di utilizzare parole che non siano sempre scontate e a volte addirittura possono sembrare fuori contesto in una canzone pop. Diciamo che la costante ricerca di migliorarmi, di scrivere in modo diverso, mi accompagna e non so se anche questo è dato dagli studi fatti, anche dalla diversità e cambiamento avuti nella mia formazione.

Se ti chiediamo di scegliere quali sono stati i tuoi 3 album fondamentali, quali sceglieresti e perché?

Questa è la domanda più difficile di sempre!!! Sono tantissimi gli album che mi hanno segnato e formato, che mi hanno anche ispirato spesso. Quando ne devi scegliere così pochi, di solito lo fai col cuore perché alcuni album hanno più importanza di altri per un legame che ci portiamo dietro soprattutto perché spesso sono i primi ascoltati. Ma ti direi:

1) La batteria, il contrabbasso eccetera di Battisti
2) Plastic Ono Band di Lennon
3) Grace di Jeff Buckley

Ci sono progetti per il futuro?

Per il futuro ci sono sempre progetti, altrimenti non guarderemmo al futuro, ci saremmo arresi. In questo momento il progetto principale è quello di finire di scrivere i brani per il nuovo EP in uscita a febbraio, anzi, forse sarebbe corretto dire di SMETTERE di scrivere visto che ho già in cantiere abbastanza brani per un album intero!

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Pop

Le 5 cose preferite degli AIDA

Gli Aida, nascono dall’amicizia di tre giovani fiorentini: Samuele, Andrea e Andrea. All’esordio, nemmeno ventenni, partecipano al Rock Contest di Controradio e la formazione viene poi arricchita dall’ingresso di Lorenzo. Nell’estate 2022 vincono il contest RockUnMonte e suonano live in un mini tour di 16 date sparse fra Toscana, Emilia Romagna e Lombardia: tra i tanti palchi anche Arci Bellezza di Milano e Teatro Romano di Fiesole (Fi). A cavallo tra 2021 e 2022 hanno pubblicato 4 singoli con Black Candy, storica etichetta fiorentina, uno dei quali (“Papaveri” nds) è stata in rotazione per più di un mese in due playlist editoriali di Spotify: RockItalia e Scuola Indie. “Frammenti”è il primo estratto del primo album della band Aida, che vede coinvolto Francesco “Maestro” Pellegrini in veste di produttore artistico.

In occasione della recente uscita del brano, abbiamo provato a conoscere meglio i ragazzi della band facendoci raccontare quali sono le loro 5 cose preferite. 

Ecco cosa ci hanno detto:

Casina

È la nostra bat caverna, un fondo situato tra Santa Croce e sant’Ambrogio a Firenze che abbiamo allestito con strumenti, libri, vhs, divani e altra roba. A volte ci facciamo le prove anche se ai vicini non garba molto il ROCK, oppure ci andiamo per registrare pezzi nuovi, mangiare tutti insieme e giocare all’xbox. Piano piano sta diventando un punto di ritrovo non solo nostro ma anche per i nostri amici. Spazio ce n’è. Pure un bagno. E un cortile interno. 

L’aperitivo

Una boccata d’aria fuori dal logorio della vita moderna, per noi l’aperitivo è sacro. La nostra tappa fondamentale per i nostri momenti di convivialità è un piccolo bar situato dietro un benzinaio, ritrovo di eccellenza per l’aperitivo alla Cure basse, quartiere periferico di Firenze, dove risiedono 2 su 4 di noi. Abbiamo speso la maggior parte dei nostri risparmi lì tra birre, spritz e negroni. Quando dobbiamo parlare con qualcuno lo portiamo là, fa sempre un’ottima impressione. 

La movida 

Quale miglior esempio se non Sant’Ambrogio, quartiere del centro storico di Firenze dove usciamo praticamente tutte le sere, per rappresentare l’emblema della nostra gioventù. Conosciamo strade, piazze e bar a memoria (se passate andate da Carmelo), la scena musicale fiorentina passa tutta qui. Per noi poter vivere le serate in spazi comuni dove si radunano tutti i nostri amici universitari e passare lunghe serate tra musica e dialoghi è una botta di vita.

I locali della musica (ottobit art lab posto nel mondo)

l’Ottobit Art Lab è il meglio locale del contado. Ci siamo entrati la prima volta per un contest due estati fa ed è stato amore a prima vista, i gestori sono veri amori. Indubbiamente ci abbiamo fatto i nostri migliori concerti e tra le nostre migliori serate. Consigliatissimo. Questo poi è solo uno dei locali in cui abbiamo suonato, anche se gli spazi dove poter far risuonare echi di chitarre distorte, batterie scoppiettanti e grida non sono facili da trovare, la possibilità di frequentare concerti ed un underground musicale cittadino è quel tocco di ispirazione che ci spinge a fare quello che facciamo.

La camera di Andreo e le cene di mamma Laura

C’è un luogo altrettanto intimo ed importante, ed è la camera del nostro bassista, una soffitta calda e accogliente con una stufa a legna, profuma quasi di bosco. Qui ci abbiamo passato innumerevoli ore a fare i brainstorming, calendari con le liste immense di cose da fare e interminabili partite al gioco da tavola 7 wonders. Il tutto viene condito con le cene di mamma Laura (con gli immancabili bicchieri di porto) che avranno sempre una menzione d’onore nelle cose preferite dal nostro gruppo.

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Indie Pop

La “Silhouette” di Buonforte è quella di tutti noi

Buonforte è un artista a tutto tondo, che non conoscevamo e che non abbiamo potuto fare a meno di apprezzare fin dal primo ascolto del suo disco d’esordio “Silhouette”, un lavoro denso e ben fatto, costruito sull’equilibrio efficace che separa (e unisce) pop e canzone d’autore, senza mai concedersi cali di tensione né di eleganza.

Un’opera efficace a fungere, allo stesso tempo, da manifesto generazionale e confessione personale, aprendo uno spiraglio su un’intimità fatta di piccole cose che spalancano allo stesso tempo riflessioni sui dubbi esistenziali che ognuno di noi si pone tutti i gironi: dall’amore, al senso delle cose passando attraverso la ricerca di sé stessi. E in effetti, è proprio questo che “Silhouette”, come il titolo stesso dell’album sembra volerci dire, vuole provare a fare: ridisegnare cioè i contorni di una sensibilità profonda, e allo stesso tempo desiderosa di superficie e leggerezza.

Le canzoni del disco si rincorrono incalzando l’ascoltatore in un viaggio che passa attraverso i dubbi e le certezze di Buonforte, ammantate di una musicalità che riesce a conciliare perfettamente il desiderio di ricerca poetica dell’artista con una propensione più che evidente alla melodia e al lirismo: la profondità autorale non cede il passo ad una “popizzazione” scriteriata, piuttosto è la chiave leggera scelta da Altrove (produttore di punta della scena indipendente nazionale, che ha lavorato negli anni con artisti del calibro di cmqmartina, svegliaginevra e altri) ad enfatizzare e a rendere “di tutti” il senso di un lavoro che rischiava di incagliarsi nella sua poeticità.

Silhouette”, invece, arriva al grande pubblico con immediatezza e concretezza, come solo quelli bravi davvero sanno fare: dentro, c’è la vita di Gabriele, che forse (anzi, certamente) può assomigliare alla vita di tanti, se non di tutti.

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Pop

Cosa c’è nella camera di Francesco Nava

Dopo l’esordio con “Acqua” torna il cantautore Francesco Nava con un nuovo singolo dal titolo “Orfeo“, un nuovo capitolo musicale viscerale, sentito e stratificato di influenze dove vince un immaginario dove uomo, voce e natura si completano. Il brano, è uscito venerdì 1 dicembre 2023 su tutte le piattaforme digitali, in distribuzione Believe Music Italy.

Noi volevamo conoscerlo meglio, e abbiamo deciso di farci portare a casa, ed ecco che cosa ci ha mostrato. Siamo molto grati di questo momento intimo che può avvicinare tanto alla musica di un artista come Francesco Nava.

Qual’è la domanda?
Non lo so nemmeno io ma questo cartello vi accoglierà prima di entrare in casa, se mai verrete a trovarmi. L’ho gentilmente portato con me da un bellissimo festival dove sono stato quest’estate. Amo gli oggetti che stimolano il ”ma in che senso?!”, come fossero paradossi piombati in casa senza un motivo apparente. Ah e son pieno di cose come questa. Forse troppe

Amo follemente questo angolo di casa. Vivo attualmente in una struttura risalente ad inizio 800 e ho trovato tante cose al suo interno come questa macchina da cucire. Il dipinto arriva invece da un monastero dove mi capita spesso di andare per non impazzire o per scegliere di impazzire. È una di quelle cose che potrei osservare le ore, perdendomi in ogni minuscolo dettaglio. Mi sembra di viverci dentro. A volte. In particolari condizioni.

Uno spazio per il fuoco in un giardino. Quanto l’ho desiderato! Ho inaugurato questo cerchio proprio per la festa dell’uscita di acqua e ora so che rimarrà a scaldarmi in improbabili sere di ordinario disagio. A volte ora suono da solo la sera davanti al fuoco. Mi sembra un miracolo e mi ricorda perché non vivo in città da un po’.

Altro oggetto circolare, ma questa volta è un tamburo. Sto pensando di iniziare a suonarlo live, convinto possa causare fughe di massa ma nel contempo farmi stare bene. Lo suono ogni mattina per qualche minuto, rituale anche questo inaugurato da pochi giorni. Sto cambiando parecchie abitudini e questo oggetto sa riempirmi di energia come pochi altri.

In origine era un camino, ma una volta che mi è precipitata in camera una quantità indefinita di cenere ho deciso – per ora – di chiuderlo e renderlo un altarino pieno di collane, orecchini, lampade, rami, simboli religiosi in cui credo un giorno si e dieci no… Forse il mio spazio preferito, mi rappresenta in un modo incredibile nel suo caos quasi organizzato, nei suoi chiari e nei suoi scuri.

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Pop

Londra in sette tappe con Colonne

In occasione dell’uscita del suo nuovo singolo intitolato Londra, Colonne ha stilato per noi una lista dei suoi luoghi del cuore della capitale inglese, tra qualche ovvia citazione e qualche piccola chicca nascosta. Prendete nota per il vostro prossimo viaggio in UK!

Queen’s Head – Sunday Roast 

A Londra ho scoperto la tradizione inglese del Sunday Roast, questo pranzo enorme in un’unica portata a base di carne con tante cosine buonissime come contorno – e la gravy, tanta gravy – consigliatissimo a tutti e in particolare al Queen’s Head in Essex Road!

Tate Modern Museum

Ho visitato questo museo una volta con due amici e abbiamo fatto questo gioco per cui ognuno di noi davanti a un’opera doveva spiegarla agli altri con le proprie parole. Non essendo esperti di arte contemporanea, è inutile dire che è stato molto divertente, ed è un bel ricordo. Consigliato sia il museo che il gioco! 

Camden Town Market

Sarà banale ma è un posto magico. Camden in generale è un po’ il luogo dell’anima per me: ovunque guardi c’è qualcosa che attirerà la tua attenzione. Il market ha davvero una bella energia e perdersi dentro è molto facile. Ahimè, non ci ho ancora comprato nulla, ma arriverà il giorno.

Underground

Che dire? Anche se non ci siete stati, saprete benissimo com’è la metro a Londra. Però merita un posto in questa lista. Se c’è una cosa che non può evitare di darti quello schiaffo di realtà e farti sentire davvero di essere in questa città è proprio la metro.

Il pub 

Non farò il nome di un posto preciso perché sono tutti bellissimi. Sono da sempre innamorato del concetto del pub, soprattutto della sua estetica e semplicità. I pub inglesi hanno questo potere magico di farti sentire a casa, quasi come se entrandoci stessi tornando a casa. Le interazioni con le persone sono stupende (difficile non parlare con nessuno in un pub inglese).

Primrose Hill

Ogni volta che sono stato a Londra sono salito sulla collina del parco. La vista da là è davvero bella, ed è un’occasione per staccarsi dal viavai della città e fermarsi un secondo a respirare. Se poi ci capiti col tramonto… che te lo dico a fare!

Lungo il Regent’s Canal

Questo è un altro dei luoghi che offrono una piccola via di fuga dal caos della città. In questo caso una passeggiata lungo il canale. C’è chi fa jogging, chi smaltisce il sunday roast, cagnolini a spasso, le barchette in cui vive la gente che ti fanno domandare sulla fattibilità di quello stile di vita. Luogo gentilmente sbloccato dal mio amico Sam (un local) che abita in quella zona e mi ci ha portato.

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Pop

Le cinque cose preferite dei Sistemi Computazionali

Fuori dal 8 novembre “Una vita al buio”, il nuovo singolo dei Sistemi Computazionali. Un brano in cui la musica accompagna delicatamente il testo dritto al cuore dell’ascoltatore. Percussioni, una chitarra acustica e una voce che racconta un dialogo. Un dialogo con qualcuno che vuole fuggire dal mondo, nascondersi dalle responsabilità o dai brutti momenti. Una fuga, spesso, da noi stessi. Sistemi Computazionali ha messo in musica quest’esigenza e l’ha fatto con estrema delicatezza.

Noi volevamo conoscere meglio il misterioso personaggio che ha dato vita a questo progetto, e siamo partiti come sempre dalle sue cinque cose preferite.

Il mare

È lo specchio dell’anima: in ogni momento di crisi o gioia è sempre con lui che mi confronto. Il rumore della risacca, il vento e l’odore della salsedine costituiscono la condizione ideale per guardarmi dentro.

Il blues

La base di tutta la musica moderna e, per eccellenza, il canto e la consolazione di chi sta soffrendo. Credo che se vuoi scrivere qualcosa di sensato devi partire da lì.

I cantautori

Hanno trasformato la canzone in forma d’arte maggiore, riempiendola di significato. Non hanno fatto poesia in musica, hanno elevato la canzone a livello della poesia, dimostrando che poteva essere altrettanto profonda e importante. Possiamo solo essergliene grati.

Le corde

Chitarre, violini, mandolini, bouzouki… Li adoro, loro e tutti gli altri strumenti a corda, anche se molti non li uso o non li so suonare. Amo tutti gli strumenti musicali, ma quelli a corda sono una parte di me.

I libri

Sono l’alter ego del mare: ho lista infinita di libri da leggere che si allunga quotidianamente. Sono un rifugio, una finestra sul mondo e sulle persone, una costante fonte di riflessione e ispirazione.

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Elettronica Internazionale Intervista

Iron Soft, Berlino e “Solo noi due”: intervista

 La cantautrice e dj-producer Iron Soft pubblica il nuovo singolo “Solo noi due”, prodotto da Francesco Megha e fuori per l’etichetta Cobalto Dischi. “Solo noi due” è un brano che racconta l’alba: il ritorno alla consapevolezza delle difficoltà dell’essere se stessi dopo una serata attraversata da una spensieratezza surreale.

Noi l’abbiamo intervistata, ecco che cosa ci siamo detti!

Ciao Irina! Partiamo con la tua formazione musicale per conoscerti meglio: durante il tuo percorso artistico hai avuto modo stare a contatto in un primo mento con numerosi artisti della scena hip hop e poi di spostarti all’estero esibendoti in diversi club berlinesi; quanto ti ha aiutato il rap per poi fare techno?

Ciao!

La scena Hip Hop direi che è quella che ha più influenzato inizialmente la mia produzione. Per quanto riguarda il dj set, è qualcosa che ho vissuto abbastanza separatamente e le influenze sono state molteplici, prima tra tutte la bass music inglese in tutte le sue declinazioni. Quando mi sono spostata a Berlino per studiare, è stata inevitabile la contaminazione con la techno tedesca.

Come avviene il passaggio dai dj set al cantautorato?

Non c’è mai stato un vero passaggio e forse neanche un vero dialogo tra questi due aspetti. La mia ricerca di musicale è un percorso che sfocia nelle due cose in due modalità differenti. Si può parlare di passaggio se si intende quando ho iniziato a cantare sulle mie basi, quello è stato improvviso e abbastanza inaspettato!

Parliamo del nuovo singolo “Solo noi due”: chi sono i protagonisti di questo brano?

Il testo l’ho scritto un paio d’anni fa, l’ambientazione è sicuramente Berlino e senza dubbio ruba spunto da una mia relazione amorosa. Tuttavia, credo siano immagini in cui si potrebbe facilmente riflettere chiunque.

Questo brano parla sia della sensazione di invincibilità della vita notturna che del ritorno alla

consapevolezza di sé; quale “fase” ispira maggiormente la tua scrittura? Quella di spensieratezza o quella realista?

Bella domanda… sicuramente alcune cose sono state scritte o pensate anche in quella bolla di invincibilità notturna o di spensieratezza, ma è sempre necessario poi un confronto con la realtà, anche quando si tratta di scrittura.

Quali sono gli elementi in comune e le differenze tra “Solo noi due” e il tuo precedente EP “Piove dentro casa”?

Il periodo di scrittura è stato lo stesso, “Solo noi due” è rimasta indietro perché la percepivo incompleta e anche forse volevo lasciare che il primo EP avesse un mood prettamente malinconico. L’ho prodotto sempre con Megha, c’è sicuramente continuità. La differenza che per me è più evidente è che questo singolo è stato registrato con molta più rilassatezza e più a mio agio con la mia voce.

Hai altri progetti in programma?

Sì, certo. Sto lavorando a dei pezzi ancora più elettronici, forse è arrivato per me il momento di integrare le due identità di cui abbiamo parlato.