Categorie
Pop

Cosa c’è nella camera di Freddo

É uscito venerdì 17 novembre 2023 su tutte le piattaforme digitali il nuovo album del progetto Freddo, un disco che prova a dare una personalissima definizione a una parola che non esiste: “Sinestetica“. Freddo l’ha infatti inventata per dare una forma a quella che gli piace immaginare come “l’arte della sinestesia”. La sinestesia è tecnicamente la capacità di percepire intrecciando i sensi, un’associazione espressiva tra parole pertinenti a diverse sfere sensoriali.

Noi per conoscerlo meglio ci siamo fatti portare a casa sua, ed ecco cosa ci ha mostrato.

Would John approve?

Ho un rapporto molto controverso con lo shopping, specie con gli abiti. Compro quasi esclusivamente roba usata perche’ ha già vita dentro e diciamo che esco a comprare solo quando arriva la “chiamata”. In sostanza visualizzo qualcosa, ci penso, ci ripenso, e quando sento che mi e’ vicina vado.. Nello specifico abbiamo una pelliccetta sintetica bianca stile John Lennon, dopo averla sognata per un po’ un bel giorno dal bus 29 ho visto questa meraviglia triste e sconsolata dentro la vetrina di un Charity Shop. Ci siamo guardati negli occhi, ed ora e’ con me.. 29.99 Sterline ben spese. Mi ha anche accompagnato nel video di Francamente, il primo singolo dell’album. Brilliant!

Ritratto di famiglia

Questa piu’ che un solo oggetto e’ un ritratto di famiglia. Visto che dormo poco (e la musica e’ un business crudele) cerco di usare la meditazione per far quadrare il cerchio. Palo Santo e sage che brucio per meditare sono la certezza che si puo’ staccare dal mondo, specie la mattina presto prima che inizi il traffico del giorno. Provo a inondarmi di silenzio, legno o foglie bruciate e spesso mi riporta indietro a qualche vita fa.

Il Mostro

Questo dramma matematico in bella vista che occupa quasi tutto un muro di una stanza e’ il calendario gigantesco che ho costruito un anno fa con carta e tape. Mi ha accompagnato nella programmazione dell’Album con tutte le scadenze, le uscite dei singoli, i video, i mix, le parolacce, e gli obbiettivi da seguire per 12 lunghi mesi. Mai fatto prima, e’ stato un oggetto difficile da gestire, ma averlo li davanti mi ha allontanato dalla disordinata spontaneità con cui spesso si fa arte insegnandomi una disciplina e una tenacia di cui oggi sono abbastanza fiero. Piu’ che un calendario e’ stato una montagna da scalare. Provate a programmare un anno intero..e’ un’avventura pazzesca.

Il mandolino di Constance

Amo gli anziani e le cose vecchie. Quando ho visto questo meraviglioso strumento di fine ‘800 su Marketplace non potevo sapere che dietro ci fosse Grace, una gentile signora inglese che mi avrebbe sottoposto ad un lungo ed empatico test di domande su una poltrona Chesterfield davanti ad una tazza fumante di Earl Grey.. Voleva conoscermi per sapere se lo strumento potesse “migrare” verso di me dopo essere stato per tanti anni nelle mani gentili della vecchia zia Constance appassionata di mandolini. Esame superato! Il timbro cristallino e’ ora spesso nelle mie produzioni, e anche in questo Album in uscita ho mescolato con piacere il suono di Constance con synth, chitarre elettriche e qualche 808.

Click!

Chiudo la carrellata con una parte importantissima della mia vita che tengo sopra la testa mentre dormo: una delle mie stampe fotografiche. Si perche’ la fotografia non e’ solo un lavoro per me ma e’ anche una parte imprescindibile del mio fare musica: i principi fondamentali sono gli stessi che si usano per scrivere, comporre e produrre canzoni. Si cerca e si inquadra un soggetto, e poi si ferma nel tempo vestendolo di una sensazione, dandogli o togliendogli luce. Questo sopra e’ parte di una serie scattata ai Palazzi rossi di Val Melaina a Roma dove De Sica giro’ Ladri di Biciclette. Mi mette estetica pace e mi ricorda sempre chi sono...

Categorie
Pop

Cosa c’è nella camera di Marcos

É uscito venerdì 17 novembre 2023 su tutte le piattaforme digitali il primo disco solista di Marcos, musicista e autore, già noto per il suo ruolo in diverse formazioni (Seven Jay, Laika Vendetta, Hoka Hey). Questo EP dal titolo “Gradi di libertà“, è un disco personale, sentito e stratificato di influenze che partono dall’alternative rock, un nuovo capitolo e un nuovo inizio per l’italo brasiliano Marcos Cortellazzo, che nel titolo richiama un concetto di Statistica, intesa come scienza. Il gioco del Tris spiega infatti al meglio i gradi di libertà: ogni casella vuota rappresenta una “libertà” e a mano a mano che viene presa una scelta (X/O), le possibilità per l’avversario si riducono. Nel gioco, chi ci sfida crea dei vincoli tramite le sue scelte, lasciando a noi sempre meno spazio di movimento. Questo accade anche nella vita!

Per conoscerlo meglio, abbiamo deciso di farci portare a casa sua. Ecco cosa ci ha mostrato.

Qui tutto è iniziato. Mio zio, una mattina di non so che giorno del settembre 1993, se ne stava nel salotto di mia nonna a suonare la chitarra. Questa chitarra! Fu un attimo, un lampo, fui catapultato in un qualcosa che andava oltre il concreto, e che non solo si abbandonava all’emozione momentanea, ma la superava e mi diceva “questo è quello per cui sei nato”. Sembrerà altisonante, ma è così per il me di 9 anni. Tanti anni dopo, a Imola, mio zio mi chiese di fermarmi a salutarlo, perché ero di passaggio. Mi regalò questa stessa chitarra. La sera in cui la portai a casa, rimasi a fissarla per ora senza dire niente. Ancora oggi, quando creo, di solito lo faccio con lei.

Un quadro della mia ragazza. No, non sono uno romantico. Lei lo sa. Però quando vidi questo quadro, con i colori di Majin Bu, mi attrasse subito. La bellezza non va spiegata, è così e basta, non ha un significato preciso. Non per forza. Amo circondarmi di quadri in casa, ne avrò altri trenta almeno, ma questo per me è diverso, osa con un colore e ne va fiero. Semplice ma definito. Sa benissimo chi è, questo mi trasmette. Il suo nome è Big Babol.

Caratteristica principale del mio studio casalingo, dove lavoro ai brani, è l’estremo disordine di carte nei periodi creativi. Potresti capire facilmente se sono in una fase creativa, dalla quantità di fogli svolazzanti nel mio studio. Anche dai post-it ripiegati nel mio portafoglio, a dirla tutta. Quando finisco un disco, o comunque sono meno creativo, l’ordine riappare piano piano.

Sono tornato ad essere un lettore vorace da qualche tempo, leggo più libri contemporaneamente non per un’estrema intelligenza, ma semplicemente perché le cose che leggo, danno il La a mie personali osservazioni. Quindi metto in pausa spesso i libri, li cambio, li riprendo. Sono una fonte inesauribile di ispirazione, per me, come persona, e a cascata anche per i temi che finiscono nelle canzoni. Spinoza però l’ho scelto appositamente per la foto, è una sorta di esempio di vita, di pensiero. Solo Ayrton Senna è riuscito a darmi le stesse percezioni che trovo in Spinoza. Due persone dedite al loro Daimon.

Ataraxia. 

Spaccai la mia prima chitarra classica in un impeto da bambino, non ricordo perché. La carriera non finì li, per il mio compleanno mio padre e mia madre mi regalarono questa. Che lascio così apposta, senza corde, rovinata. Questa chitarra è un quadro, un monito, l’ho portata in Brasile, quando avrei potuto avviarmi ad una carriera nel mondo del turismo. La vedo un po’ come la compagna che mi consigliò di lasciar perdere quella strada, che mi avrebbe allontanato dalla musica, nonostante allettanti offerte di lavoro. Di certo sono più felice così, senza carriera, ma con la felicità sotto le dita e dentro al corpo. Vederla, mi ricorda il mio lato imperturbabile, quando si tratta almeno di saper scegliere tra la musica ed il resto. 


 

Categorie
Indie Intervista Pop

SAFARI: SEMPREVERDE è l’amore tossico del nuovo singolo

SEMPREVERDE è il nuovo singolo dei SAFARI disponibile dal 06 ottobre. l brano parla di una relazione difficile e della voglia di ritornare a ad inseguire i propri sogni. Un invito ad utilizzare il tempo che abbiamo senza sprecarlo in situazioni negative prosciugano la nostra energia. Un sound che parte dall’indie italiano per mescolarsi poi con sonorità dell’attuale scena pop internazionale. Il brano segui i singoli “Ho piano tutta la notte” e “Esse”. Il progetto SAFARI è composto da Alessandro De Blasio (voce, synth, programmazione), Daniele Pertosa (voce, chitarra), Giancarlo Latartara (Batteria), Francesco Petitti (basso).

Abbiamo chiesto ai ragazzi dei SAFARI di rispondere a qualche domanda:

1 Ciao parlateci un po dei Safari e del progetto musicale  

Eccoci qui, come Safari. Ci siamo conosciuti nel 2019 (Alessandro e Daniele), e da subito abbiamo cominciato a scrivere assieme, ma sempre con l’idea di avviare una band tra il pop, l’indie e la synth wave anni 80 . Ed ora la band è al completo, dopo l’arrivo di Franky al basso e Giancarlo alla batteria.

2  Sempreverde è il vostro nuovo singolo, ci raccontate come è nato e di cosa parla? 

Il nostro ultimo singolo “SEMPREVERDE” racconta quel tipo di amore tossico che ti consuma dall’interno dal quale molto spesso, è molto difficile allontanarsi magari anche solo per abitudine, affetto e malinconia.

3 Quali sono le vostre influenze musicali più importanti?

Artisti  come Colapesce e Dimartino, i Beatles, Cage the Elephant, Arctic Monkeys e Mac Demarco, hanno influenzato profondamente il nostro sound e la scrittura.

4 Cosa ne pensate dell’attuale scena musicale? Con quali artisti vi piacerebbe collaborare 

La scena musicale attuale? Abbiamo pochi “eroi” rimasti ai quali ispirarci ma di sicuro, ci piacerebbe tanto collaborare con Colapesce e Dimartino, Calcutta o artisti diametralmente opposti  a ciò che facciamo.

5 Progetti per il prossimo futuro?

Intanto guardiamo al futuro, registriamo i prossimi singoli e siamo in preparazione per i prossimi live.

Segui SAFARI su Instagram

Categorie
Indie

Cosa c’è nella vecchia cameretta di Filippo, in arte I Temporali

TRE STAGIONI. LA VITA SOGNATA, LA VITA VERA è il debut EP de I Temporali, nuovo progetto alt-folk di Filippo Ghiglione. Un ritorno alle radici dopo anni passati con il moniker f o l l o w t h e r i v e r e un grande cambiamento per il cantautore ligure, con testi per la prima volta in italiano, senza dimenticare le atmosfere musicali già precedentemente esplorate.  Questo EP parla di una stanza, un piccolo posto da arredare con cura e da fare proprio per tre stagioni, sette mesi e duecento giorni. Sei piccoli passi, sei canzoni da tenere strette da qualche parte dentro al cuore, per coltivare il dolore scaturito da una separazione. Il lutto, la perdita, il disorientamento. E poi, dentro questa stanza, imparare a fare di questo dolore qualcosa di proprio, farne una parte di sé. E finalmente uscire fuori.

Noi volevamo conoscere meglio Filippo, e per farlo gli abbiamo chiesto di farci fare un giro nella sua vecchia cameretta, con la complicità della sua famiglia. Ecco cosa ci hanno mostrato.

Grazie per la bella possibilità.

Io sono di Genova, ma dopo un po’ di trasferimenti in giro da poco tempo vivo a Roma. Dal momento che al momento non ho oggetti molto iconici nella mia nuova casa romana, e che quando ogni tanto torno a Genova mi fermo a casa dei miei genitori dove si trova la mia cameretta con tutti gli oggetti veramente iconici della mia infanzia, ho pensato di sceglierli tutti da lì. Non solo, ho pensato di chiedere alla mia famiglia di aiutarmi a sceglierli in base agli aneddoti, e di pensare a una canzone in qualche modo legata a quegli oggetti e a quel periodo. Un tuffo nei ricordi di famiglia, insomma.

Oggetto 1 (scelto da Paola, mia mamma): Collezione di Dylan Dog & PKNA

Ho pensato di scegliere questi oggetti perché mi ricordano l’ossessione di Filippo per il collezionare le cose, e il desiderio, una volta che iniziava a mettere insieme i pezzi del puzzle, di non fermarsi mai potenzialmente. Questo l’ho visto soprattutto con i fumetti e in particolare con Dylan Dog e Paperinik, che leggeva continuamente.

Per quanto riguarda la canzone invece, mi è venuta in mente Jump dei Van Halen, perché era una delle cover che suonavano più spesso in giro nei locali con la sua band del periodo post-liceo e a casa la provava sempre.

Jump: https://open.spotify.com/intl-it/track/6Fba9RZtC6vTY814JToDtP?si=088b0622690d4703 

Oggetto 2 (scelto da Roberto, mio papà): Modellino Mini

Ho scelto questo oggetto perché in camera di Filippo ci sono sempre stati tanti modellini di macchine diverse, e una passione che aveva da piccolo era di correre alla finestra per cercare di capire quale modello di macchina stesse passando sotto casa. Ho scelto la Mini perché è da sempre stata un po’ il “simbolo” di questa famiglia, un’auto che ho sempre amato fin da ragazzo e che ho fatto amare anche a Filippo.

Come canzone ho scelto La regina del Celebrità degli 883 perché faceva parte di una delle prime musicassette che Filippo e Margherita ascoltavano sempre, una piccola colonna sonora dell’infanzia.

La regina del Celebrità: https://open.spotify.com/intl-it/track/1vJVjWzlS5SZpcicOuT1er?si=d38cda460c034f1a

Oggetto 3 (scelto da Margherita, mia sorella): Televisione Gialla

Se penso alla camera di Filippo mi viene subito in mente la televisione gialla all’angolo, è un oggetto davvero iconico, è come se ci fosse da sempre. E poi è un oggetto anche un po’ simbolico del nostro rapporto, quando la sera guardavamo insieme i programmi e le serie tv (l’orso polare che compare a caso della prima puntata di Lost ce lo ricordiamo ancora!).

Per quanto riguarda la canzone invece ho scelto Neon di John Mayer, perché mi ricorda di quando io studiavo in camera e ascoltavo Filippo suonare la chitarra elettrica nella sua cameretta, accanto alla mia.

Neon: https://open.spotify.com/intl-it/track/7Kohy4v3KLWfUXlv9N3feB?si=a9610c4df615495f 

Oggetto 4 (scelto da me): Canta Tu

Il Canta Tu è stato sicuramente un grande protagonista delle nostre serate familiari di quando ero bambino. C’erano tantissime canzoni e raccolte (più o meno improbabili), e avevamo ciascuno il nostro cavallo di battaglia con il quale mettevamo in piedi sfide all’ultima canzone.

E il brano che ho scelto per l’appunto è Blue eyes di Elton John, perché mi ricordo che era uno dei cavalli di battaglia di mio papà e quando la cantava vinceva sempre lui.

Blue eyes: https://open.spotify.com/intl-it/track/4nSWloYu8D0ikKB68S1R5W?si=cc9db0c882254fa8 

Oggetto 5 (scelto da Emma, la shih tzu di famiglia): Poltroncina

Emma non poteva che scegliere naturalmente la poltroncina sotto la quale si mette sempre a dormire di notte, o si nasconde quando ci sono i tuoni o le tempeste (ma non con I Temporali!), con sopra i cuscini della Donaldson con i personaggi Disney stampati. Questo non succedeva quando ero bambino, perché all’epoca Emma non c’era ancora, ma è come se in qualche modo avesse “preso possesso” di uno spazio dandogli un nuovo scopo.

La canzone che, di nuovo naturalmente, sceglierebbe sarebbe sicuramente A lullaby for Emma, una canzone che avevo scritto con il mio moniker followtheriver perché ogni volta che la suonavo in casa lei, ancora cucciola, si avvicinava e si addormentava vicino a me.

A lullaby for Emma: https://open.spotify.com/intl-it/track/7KX7GFR8KgZNbiDuLrUZyZ?si=805472262a6e4f7b 

Categorie
Pop

Le cinque cose preferite del duo Gate66

Fuori dal 27 ottobre “La tecnica del doppio”, il primo singolo del duo GATE66 in collaborazione con Elena Cataneo. Un brano spaziale dal sound futuristico. Il primo sguardo nel mondo di questo duo di viaggiatori spazio temporali che dopo il loro viaggio nel passato hanno deciso di raccontare le loro avventure attraverso la musica.

La tecnica del doppio” ha un sound elettronico, dance che prende il meglio di altri generi come il trip hop e R&B per creare qualcosa di diverso dal solito. Una melodia coinvolgente che ha lo scopo di togliere il problemi del mondo. Una valvola di sfogo e un desiderio di leggerezza. GATE66 vogliono alleggerire il peso del mondo con la loro musica e il primo brano ne è fin da subito una dimostrazione. La tecnica del doppio è una canzone sulle identità, la propria e quella desiderata, alla ricerca l’una dell’altra, spesso in contrasto e, raramente, come per magia sovrapposte”,così il duo descrive il proprio brano.

Noi volevamo conoscerli meglio, e non potevamo che chieder loro quali fossero le loro cinque cose preferite. Ecco com’è andata!

Le rane

Amiamo le rane e il gentile gracidio che fanno soprattutto la notte d‘estate. Un po’ meno quando si mettono in testa idee strane, tipo pompare a manetta con 2 vecchi Pioneer CDJ su un impianto stereo da 3000 watt nello stagno sotto casa. Cosa purtroppo possibile dal 2080, a causa della moda assolutamente malsana tra i DJ di alterarsi i connotati con geni di altre specie per fare sempre piu tendenza.

2 – Le domeniche sul lago.

Troviamo molto rilassante recarci la domenica al lago, se e quando ne abbiamo la possibilità. Nel 2090 si possono fare anche bizzarri incontri. Qui siamo sul Lago di Caccamo (MC) dove due classe 2002 (mitica classe di ferro) e un NRA (Non Residente Anonimo) discutono su quali siano le esche migliori per pescare nonostante l’espresso divieto.

3 – La pesca (sempre su lago)

Amiamo pescare ma, dal 2050, il vizio di scaricare tutto in acqua ha iniziato a creare delle non simpatiche mutazioni/ibridazioni. In pratica, dai e dai, scarica questo, scarica quello (plastica, ormoni, vaccini andati a male e quant’altro) sono iniziati a spuntare in alcuni posti, soprattutto India e America Nord e Sud, delle nuove specie di gamberoidi semi senzienti, orripilanti a vedersi ma squisiti fatti fritti e alla brace. Nella foto, 2075 circa, possiamo vedere da bimbi l’Uomo Stokastico, Bruno J e un amichetto mentre tentano di pescarne uno, senza peraltro troppa convinzione.

4 – Dj Cotto & Condito

Il top dei top fino al 2047. Il loro flow sui piatti a 4 mani, senza capire di chi erano le mani, era diventato leggenda e i loro set ovunque sold out. Li sentiamo come padri fondatori della nuova elettronica e nessuna libreria sonora è degna di considerazione senza la loro discografia completa. Scomparsi nel deserto del Texas nel 2047 mentre erano in tour 

5 – Camil LHA 023

Il nostro droide-guida che ci fa da ufficio stampa . Interfaccia tra reale e digitale, oracolo trasporta dati, ci consente di avere un interfaccia plausibile con il modo reale: senza di lei saremmo persi nella nebbia

Categorie
Pop

Cosa c’è nella camera di Elton Novara

É uscito venerdì 22 settembre 2023 per Piuma Dischi / Hukapan e in distribuzione The Orchard il nuovo singolo di Elton Novara, dal titolo “Frantumi“, un nuovo capitolo che è anche un messaggio per l’essere umano dei nostri tempi; quello che rincorre proprio quei tempi, la cui priorità è sopravvivere, o almeno provarci, facendosi, però, risucchiare da un circolo vizioso in cui la propria vita si nullifica.

Noi ci siamo fatti portare a casa sua, in questo luogo che non riuscivamo proprio a immaginarci, e gli abbiamo chiesto quali fossero i suoi 5 oggetti preferiti.

TMNT

La collezione di action figure delle Tartarughe Ninja è qualcosa che fisserei all’infinito. Sono tutti pezzi originali degli anni 90, tra i milioni di esemplari di plastica che invadevano le giocherie a metà di quel magico decennio. Sono state tutte rigorosamente acquistate in mercatini dell’usato differenti, in momenti differenti della mia infanzia, tutti della medesima scala ma, sopratutto, tutti di linee differenti: Michelangelo è vestito da skater, Donatello un parà, Raffaello nemmeno ha la cintura. Essendo pezzi usati mancano armi ed accessori, e da mettere in piedi sullo scaffale sono un incubo, soprattutto Shredder che, congelato in una misteriosa posa accovacciata, va gestito con artefizi architettonici ingegnosi. La programmazione fininvest ai tempi d’oro del Biscione mi ha cresciuto più di qualsiasi altra figura adulta dentro casa, è quindi un miracolo che ora io non sia uno sciovinista di destra. D’altronde si sa, le Ninja Turtles sono di tanti colori, quindi non possiamo ricondurre il franchise ad alcun la forza partitica.

CLARISSA

La mia prima chitarra. Una classica di quart’ordine nera, bellissima, affascinante. Il marchio Clarissa mi affascinava già nel ‘98 quando ci misi su le mani, e il non avere mai incrociato il sentiero romantico con qualche ragazza con quel nome ritengo sia una vera occasione sprecata sul sentiero del simbolismo. Ho utilizzato questa chitarra per tutta l’età adulta per scrivere canzoni ed in modo intensissimo portandomela in giro per infinite sessioni di lezioni private, fino a che un giorno, dopo più di 20 anni, la letterale e non proverbiale tensione accumulata l’ha fatta esplodere: rincasato una sera ho trovato il ponte divelto, strappato alla sua naturale sede da quelle stesse corde che per due decadi gli erano state alleate codipendenti. C’è qualche insegnamento tra schegge e trucioli; nulla dura per sempre? La tensione ti fa esplodere? Ancora non ho capito, ma continuo a cercare. 

CARTUCCIA SONIC

Il Sega Mega Drive, monolite severo, porta della percezione, chiave del rilascio delle sostanze chimiche dedicate al sistema della ricompensa. La mia prima dipendenza, il mio boot camp (come dicono in qualche mediocre trasmissione) per l’alcolismo; esplosioni di gioia e vampate di rabbia, dipendenza, porte della percezione spalancate verso l’interno. Grazie a Sonic, il mio talismano fino ad oggi e per sempre fino alla fine della mia vita, ho iniziato a creare mondi chiuso nella mia cameretta, ho esplorato e conosciuto me stesso più di quanto disastrose sedute di analisi all’ambulatorio della mutua mi abbiano mai concesso. Un gioco che finisco ritualmente da quei lontani giorni oscuri di fine secolo, ricordo di aver battuto il primo livello con relativo bonus in una postazione di retrogaming al buio di un qualche locale, chissà dopo quanti gin tonic, chissà quando, chissà con chi. Però ho un video su Facebook dell’impresa!

COPERTA PIZZA

Un regalo stupendo e dolcissimo da parte di una persona che mi conosce più dei miei familiari, questo simpatico oggetto di arredamento mi ricorda tutti i giorni che associare la mia identità artistica ad un grande piatto della tradizione culinaria napoletana è quanto di più prossimo a divenire una tartaruga ninja avrei mai potuto fare nella vita. Una passione, questa, che non ho mai considerato caratterizzante fino a che ho capito che faceva ridere chi avevo intorno. Non solo, quando dico (o meglio, scrivo sull’internet) di mangiare quella con le patatine alcune persone arrivano addirittura ad arrabbiarsi, ma in modo serio! Un altro grande esempio del fatto che ognuno ha i propri punti sensibili e noi non sappiamo mai su quali cicatrici potremmo stare esercitando pressione.

WATER

“Ah,fedele water..” recitava sognante Bart Simpson, ed invece era proprio esso a risucchiare narrativamente l’intera famiglia in un gorgo che sbucava in un’incidente internazionale con l’Australia. Alla stessa guisa, un banale guasto a fine agosto mi ha gettato in un burrone di sconforto economico che andrò ad ammortizzare nel giro del prossimo anno e, mentre scrivo…un inquietante gocciolìo proviene dallo scarico.

Categorie
Indie Intervista Pop

In piedi sopra il mare accanto a Digiovanni

Consocete Digiovanni? Non ancora? Beh, inutile dirvi che se siamo qui a chiedervelo è perché non potete più rimandare: una settimana, il cantautore livornese ha pubblicato un singolo d’esordio che ci ha fatto tornare a ben sperare sulla musica d’autore nazionale, e di certo non potevamo esimerci dal rivolgergli qualche domanda.

Digiovanni, è un piacere averti con noi! Allora, il tuo è un percorso che comincia anni fa e vanta collaborazioni importanti: come mai hai deciso di esordire solo adesso?

Ciao! Piacere mio di essere qui su Perindiepoi!

In effetti quello attuale non è un vero e proprio esordio. Lo è come cantautore ma prima di Digiovanni c’era una band che ha fatto i suoi passi: un disco, le finali di Sanremo Giovani, tanti locali italiani, le finali di Sanremo Giovani, un passaggio sul palco del Teatro Ariston e un Tour a New York (“The Manhattan Clubs Tour”) in cui ho avuto la fortuna di suonare la mia musica inedita in italiano nei club più importanti di Manhattan. 

Nel mentre ci sono state anche tante collaborazioni con artisti e persone incredibili come Gary Lucas, Steve Sidwell, la Metropole Orkest ma soprattutto Vinicio Capossela, con cui continuo ad essere in contatto. 

Quindi, come vi dicevo, non è un vero e proprio esordio. Mi piace più chiamarlo… la seconda prima volta.

Raccontaci un po’ di te: chi è Digiovanni?

Digiovanni è la parte di me che vuole avere una identità più cantautoriale rispetto al passato. Quindi Digiovanni nasce dalla scrittura della musica e dei testi. Io non potrei essere, però, Digiovanni senza Alessio Macchia, non solo il bassista in studio e nei live, ma soprattutto un mio carissimo amico e grande punto di appoggio. 

Sei di Livorno, terra di grandi artisti e cantautori. Come vivi il rapporto con la tua città? 

Musicalmente il rapporto con la mia città è…strano. Mi piace citare proprio Vinicio Capossela: “Livorno dà gloria soltanto all’esilio e ai morti la celebrità”. E’ così. 

A Livorno l’arte si respira e si vive per le strade. Tantissimi dipingono, tantissimi suonano. C’è un detto che dice “A Livorno, il peggior portuale suona il violino coi piedi” qui c’è il fascino e la condanna. Proprio per questo, e per lo spirito labronico, nessuno da soddisfazione a nessuno. Puoi aver fatto le cose più grandi ma a Livorno tutto svanisce in tre parole: “de, ecco lui…”. 

Livorno ha i pregi e i difetti di una città di provincia. Se poi provi a proporre qualcosa fuori dai cliché cittadini…. aiuto. 

Però amo follemente la mia città, non potrei vivere da nessuna altra parte. E poi c’è il mare.

Parliamo di “In piedi sopra il mare”: il tuo debutto appare come una vera e propria preghiera a te stesso, come un promemoria di qualcosa che non ti devi dimenticare di fare. E’ così?

“In piedi sopra il mare” è una via di fuga, la ricerca spasmodica di qualche breve momento di pace. 

La vita e le cose che succedono ti spingono molto a spegnere, a non pensare, essere sempre razionale. La quotidianità è tremenda, alienante. A un certo punto ho iniziato a sentire che mi mancava qualcosa, ho iniziato a non sentirmi più realmente me stesso, quello che conoscevo. Non c’è malinconia del passato nel brano ma la voglia di cercare di ritrovare una sensazione ben precisa che da troppo tempo non sento più addosso: la spensieratezza. Quello stato d’animo in cui puoi permetterti per qualche istante di non sentire il tempo sul polso e smettere di pensare, proprio come quando si sta “In piedi sopra il mare”

Con chi hai lavorato al brano? 

Ho la fortuna di lavorare con un gruppo di persone splendide che credono e si impegnano nel progetto. Mi fa piacere salutarli e ringraziarli tutti pubblicamente. 

Musicalmente, oltre che con Alessio Macchia, “in piedi sopra il mare” ha avuto la produzione di Andrea Pachetti (già produttore/collaboratore di artisti come Emma Nolde, Zen Circus, Bobo Ronderlli, Dente, ecc….). Senza di lui il brano non avrebbe mai potuto essere come è. E’ stato davvero prezioso. 

Mi fa piacere salutare e ringraziare anche gli altri musicisti che hanno registrato “In piedi sopra il mare”: il “geometra”, grande tastierista degli Zen Circus, e Simone Padovani, fantastico batterista che ha collaborato/collabora con grandi artisti come Bobo Rondelli, Emma Nolde e molti altri.

E ora? Quali saranno i prossimi passi di Digiovanni?

Intanto mi godo questa uscita che sta riscuotendo davvero un gran bel riscontro. Poi faremo altre cose fino a gennaio in cui uscirà il nuovo album. 

Quindi non vi allontanate troppo! Ci saranno molte altre novità!

Grazie per avermi ospitato, a presto!

Categorie
Pop

Cosa c’è nella camera di Roberto Benatti

Già anticipato dal singolo “Tu dove sei“, il cantautore e musicista del Teatro alla Scala Roberto Benatti condivide finalmente il suo album di debutto dal titolo “Aspettando Ribot“, fuori su tutte le piattaforme digitali (in distribuzione Artist First) da venerdì 13 ottobre 2023. Luoghi periferici e quotidiani, animali (cavalli, strolaghe, vespe), l’Inter e il tennis, figure umane amate, a volte rimpiante. Understatement, sincerità, un velo di malinconia. Roberto Benatti ci offre una sua personalissima autobiografia musicale dal sapore dolce-amaro: Milano, Silvia, il ruolo di padre e molto altro…

Noi abbiamo voluto conoscere Roberto in un modo un po’ diverso, e gli abbiamo chiesto di mostrarci casa sua. Ecco gli oggetti su cui si è soffermato!

Il mio arco 

D’accordo, il mio è un arco francese, però ha nome buffo, che mi dà modo di smontare in un secondo tutta quell’odiosa prosopopea sulle macchine tedesche, la cucina italiana, gli archi francesi, appunto; si chiama Gillette, come le lamette usa e getta. 

L’ho acquistato, un sacco di anni fa, da un contrabbassista un po’ speciale; già un contrabbassista è un musicista un po’ a modo suo, ma lui lo era ancora di più; aveva un bellissimo nome antico, Sante, ed era un orchestrale cacciatore, che si presentava alle prove dopo essersi svegliato alle 4.00 per andare a cacciare le pernici nelle pianure mantovane di cui era originario, come mio nonno, che anche lui aveva un bel nome antico, Emilio. 

Una volta l’ho dimenticato sulla cappelliera del treno e poi, ragionando in pochi minuti sul quando, sul come e sul dove, come in una partita a scacchi con Trenitalia, l’ho ritrovato; poi l’ho venduto, l’ho ricomprato, l’ho prestato, e adesso mi è ritornato qui, con la punta un po’ spuntata, però. 

Fossi meno negato in matematica proverei a fare il calcolo dei chilometri che ho percorso tirandolo in su e in giù, approssimando partendo dalla sua lunghezza, dalla media delle ore in cui suono al giorno e dalle arcate di un minuto di musica; credo ne verrebbe fuori una cifra di quelle astronomiche, con tanti zeri che non riesci neppure ad immaginartela, una distanza così. 

Io spero che non se la prenda a male, se non gliela aggiusto, quella punta spuntata; mi piace di più così. È che assomiglia un po’ ai peli bianchi della mia barba, sul mento. E mi ricorda papà, che diceva che non vedeva l’ora che la barba gli diventasse tutta bianca. E anche su questo aveva ragione. 

La piccola scatola di Silvia 

Silvia, la mia compagna, ha vissuto tre anni a Minorca. Faceva, all’epoca, delle scatoline dove ricreava dei mondi con piccoli oggetti trovati in giro. In questa ci sono i nostri ricordi di un periodo in cui eravamo “noi due soli, e nel mare aperto”, come canta una canzone che ascoltavamo tanto in quei giorni. 

Palloni

Appartengo a quella categoria di persone per le quali la felicità è prendere a calci un pallone. Non gioco a calcio da più di trent’anni (anche se sogno prima o poi di rifarlo) ma quando vedo una palla non posso fare a meno di correrle dietro e di fare una telecronaca immaginaria di un’azione. Io Silvia e le bambine teniamo sempre un sacco di palle in giro per casa perché non è mica sempre vero che la felicità vale di meno se è a portata di mano. 

I mappamondi

In casa, ovunque mi giri, ho atlanti, mappe, mappamondi di ogni misura. Mi piace un sacco guardare l’incastro tra America del Sud e Africa e pensare a quanto insignificanti siano le nostre beghe, su una terra così antica. E poi cerco il piccolo puntino che è Cernusco Lombardone e dico a me stesso che davvero non vorrei essere in nessun altro posto di tutto il nostro sconfinato pianeta.

I miei protettori 

Nella stanza dove suono, e dove sto scrivendo anche ora, ho alla mia sinistra questa parete con i miei protettori. Perché se tutta l’umanità ha da sempre bisogno di qualcosa in cui credere, beh, io ho loro; e poi c’è Georges che mi guarda sempre con quella faccia bonaria che pare dirmi che in fondo è tutto uno scherzo, di non prenderci troppo sul serio, e allora continuo a scrivere anche se non sono uno scrittore, perché in fondo tutto è un gioco. 

Categorie
Intervista Pop

Le 5 cose preferite di Giulio

Pace“, il nuovo singolo del giovanissimo talento del cantautorato italiano Giulio. Ogni sua canzone racchiude l’eleganza e la profondità di una scrittura raffinata ed allo stesso tempo maestosa che non può passare inosservata. La produzione è curata nei minimi dettagli e mai nulla è lasciato al caso. Il brano è stato pubblicato lo scorso 27 settembre.

Noi gli abbiamo chiesto di raccontarsi attraverso le sue 5 cose preferite!

“Tiny piano”

Questo è il pianoforte che ho in camera mia, la più recente delle mie cose preferite in realtà. L’ho recuperato salvandolo da una fine in discarica. Ora è lo strumento con cui compongo la maggior parte dei miei pezzi anche se è un po’ piccolo perché ha qualche tasto in meno e non mi ci entrano le gambe sotto.

Ursa Major, lo studio di registrazione

Questo è il posto dove è iniziato tutto e dove quotidianamente trascorro la maggior parte del tempo con il mio team. Un posto completamente immerso nella natura con la vista sul Lago D’Orta. Se non siamo dentro a registrare, siamo fuori a fumare una sigaretta o a rincorrere galline che girano nel prato.

Il palco

Da quando ho iniziato a fare live, il palco mi è sempre sembrato il modo migliore per rendere “vivo” ciò che creo in studio. Per me è come un posto sicuro dove riesco a provare in poco tempo tutte le emozioni che mi servono per continuare a creare.

Venezia

Ci sono andato per la prima volta, durante un “blocco dello scrittore” e mi ha aiutato ad uscirne. Forse è la mia immaginazione, ma identifico la città come un posto dedicato a questo proposito, un luogo pieno di cose che mi servono per ispirarmi. A parte i piccioni.

Il mio “pottery studio”

Proprio sotto casa, ho questo piccolo, minuscolo, laboratorio di ceramica dove lavoro e che uso come valvola di sfogo quando la mia testa non ne può più. Imparare quest’arte mi ha insegnato tanto, la pazienza e la riflessione nella propria solitudine sono due requisiti necessari.

Categorie
Indie Pop

Cosa c’è nella camera di Clemente Guidi

In occasione dell’uscita del nuovo EP di Clemente Guidi, “Sfumature”, per Panico Dischi, gli abbiamo chiesto di farci entrare nella sua cameretta che poi è anche la sua home studio, dove nascono i brani, tra cui quelli che compongono il suo ultimo disco.

Ecco come la descrive:

Camera mia, il mio piccolo home studio, tra un letto e le sembianze di una piccola bottega. Per me la camera è sempre stato un luogo “laborioso”. Sarà perché è lo spazio in assoluto più intimo e personale che puoi avere in una casa?! Non so, ma c’è una magia che a me succede solo lì, tanto che ormai camera non è un posto fisso, ma uno spazio fisico e mentale che mi porto dietro ogni volta che muovo i miei progetti.

La tastiera MIDI

Non ho grandi strumenti, ma quel che mi interessa è saper trasformare le mie idee con immediatezza e naturalezza. Un pezzo alla volta per trovare la mia dimensione.
La mia cameretta nasce a casa da un microfono e una chitarra. In Danimarca scopro cos’è una tastiera MIDI, poi ritorno a casa e inizio a darmi ancora più da fare. Di nuovo impacchetto e ora tutto è qui con me a Milano, dove una volta ancora ho ricreato il mio angolo preferito.

La scrivania
Partendo dalla struttura, ecco il primo: il mio tavolo di lavoro. È una vecchia scrivania che fece mio padre a mano e rimase per tempo un po’ nascosta in casa. Era utilizzata ma un po’ di passaggio, non era curata granché da nessuno. L’ho caricata in macchina ed eccola con me a Milano. Io sono innamorato di questo legno, mi ricorda l’artigianalità delle cose e l’arte del fare.

La lampada

La seconda cosa è la lampada. Creare uno spazio caldo mi tranquillizza e mi fa sentire tutta l’atmosfera che ricerco quando spazio tra suoni e parole. La posso alzare e spostare e creare la luce che mi va.

Una pianta

Immancabile pianta. Una monstera che è una tra le verdi che più mi incanta e mi rimanda sempre a Lanzarote e alle pareti di questa pianta che cresce selvaggia tra l’acqua e le grotte dell’isola. Sa di verde casa e di speranza.

Carta e penna

Scritte, bozze, disegni, linee o forme che mi passano per la testa. Avere carta e penna è l’inizio di ogni progetto. È un gesto fisico così lieve che deve essere un must creativo. Porti quel che porti!

Lele l’ukulele

Passo e chiudo con Lele l’ukulele. Queste quattro corde sono sempre pronte, non sai mai suonarlo abbastanza bene ma è sempre un grande tentatore. Lo puoi prendere come per giocare, non ti impegna. E poi magari ti ritrovi che hai un motivetto nella testa e devi correre a rinchiuderti un intero pomeriggio perché non deve sfuggirti quella fischiettata che ti rimbalza a destra e sinistra nella testa.