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Pop

Le 5 cose preferite di Fabrizio Mozzillo

Fabrizio Mozzillo lancia il secondo singolo “L’ultimo Don Chisciotte” che ci trasporta in un viaggio senza tempo. Disponibile su tutte le piattaforme digitali dal 7 giugno, il brano anticipa il suo primo disco in uscita a settembre 2023.

“L’Ultimo Don Chisciotte” è una straordinaria composizione che narra la storia di un signore che si rifiuta di invecchiare. La canzone inizia con un’affascinante ambientazione nella Spagna del 1500, dove seguiamo le gesta dell’eroico Don Chisciotte. Successivamente, il protagonista agisce nella Roma di oggi, mescolando abilmente realtà e immaginazione. Infine, la canzone ci trasporta in un non luogo senza tempo, in cui l’eroe si trova a vagare.

Attraverso la sua interpretazione unica e toccante, Fabrizio offre al pubblico un’esperienza musicale coinvolgente e suggestiva. “L’ultimo Don Chisciotte” ha un suono meno pop, più verso uno stile cantautorale ricercato.

“L’Ultimo Don Chisciotte” rappresenta un ulteriore passo avanti nella carriera di Fabrizio che continua a sorprenderci con la sua abilità nel creare atmosfere intense e coinvolgenti attraverso le sue canzoni.

1) In cima alla lista pongo la risata di Laura, il mio amore. Laura sorride spesso, ma raramente ride; eppure, quando lo fa, assume l’aria di una bambina davanti alla casa di marzapane, stupita e felice. Ecco, la risata di Laura è una di quelle cose per le quali vale la pena vivere.

2) Al secondo posto ci metto le canzoni degli artisti che amo di più. Ci tengo a fare alcuni nomi: Dalla, De Gregori, De Andrè, Guccini, Jannacci, Gaber. Tutta gente del passato, direbbe qualcuno. Come se il passato fosse un disvalore, un titolo di demerito. Ogni volta che sento i dischi di Lucio Dalla dal 1977 al 1983 mi viene puntualmente la pelle d’oca. Non so se rendo l’idea…

3) In terza posizione, ci sono le mie canzoni. Quelle già scritte e quelle ancora da scrivere. Comporre una canzone è, per me, sempre una scommessa, un azzardo. Come giocare a mosca cieca: la canzone c’è, da qualche parte; ma mi tocca cercarla a tentoni, con gli occhi bendati.

4) Non sarei quello che sono senza il cinema italiano dagli anni ’50 ai ’70. Le commedie, i film d’autore: Totò non smette di farmi pisciare sotto dal ridere, Fellini dirige i miei sogni, Sordi mi presta le sue battute. Quindi, viva il cinema italiano, al quarto posto.

5) Per ultima, Roma, la mia città, amata e odiata. Veniteci da turisti, preferibilmente in autunno. Camminate sul far della sera per le strade sconnesse del centro. Chiudete gli occhi e vedrete i fantasmi del passato, noti e meno noti.

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Indie

Le 5 cose preferite dei Rootworkers

The Rootworkers, talentuosa band marchigiana, pubblicano “Dead Flower Blues” (Level Up Dischi), nuovo singolo e video. Il quartetto fa affiorare tutto il proprio talento in un pezzo che si collega direttamente con le radici del blues ma prende svolte psichedeliche, lasciando galoppare gli strumenti e la fantasia, in tutta libertà. E ci raccontano le loro cinque cose preferite. 

1. La campagna

Siamo nati in campagna, ci viviamo quasi ogni giorno e ne siamo innamorati. Nessuno che rompe i coglioni, il sole sulla pelle, i grandi spazi aperti e l’aria pulita che si respira la rendono il nostro posto preferito. 

2. La birra

La spremuta di luppolo è la nostra compagna di sempre. E’ una parte importante della nostra dieta, ce la portiamo in sala prove, in studio e ai live è anche più buona. D’inverno aiuta a scaldare i muscoli e d’estate rinfresca, è il nostro eco-carburante. 

3. Gli strumenti

Ci scambiamo ogni giorno decine di annunci, strani modelli di chitarre, strumentazione in vendita che bramiamo di acquistare ma che non compreremo perché non ne abbiamo la possibilità, ovviamente. Anche solo a scopo ammirativo, di goduria, c’è sempre uno scambio di opinioni e ricerca di chitarre, amplificatori, mixer e strumenti particolari. D’altronde il nostro arsenale è una parte fondamentale per nostra la pasta sonora, un buon feeling e l’ estetica personale e di gruppo. 

4. Il Fumé

La pasta al fumé è il nostro piatto preferito. Ogni volta che abbiamo a disposizione una cucina il nostro bassista ci prepara un ottimo fumé tutto marchigiano. E’ la nostra portata caratteristica, perfetto per rifocillarsi e per riprendere la carica.

5. I live club

Siamo amanti della musica e quasi ogni fine settimana andiamo nei live club locali che organizzano concerti. Ci piace l’atmosfera di casa che si respira, essere circondati da amici, conoscenti e bella gente che come noi è appassionata di musica. Non c’è modo migliore per passare un sabato sera che non sia andare a vedere e ascoltare gruppi indipendenti e non. 

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Pop

Le cinque cose preferite di Daniele D’Elia

Fuori dal 26 maggio “Un po’ di te”, il nuovo album di Daniele D’Elia. Un disco di tredici canzoni anticipate dal singolo “Quando sarò grande”. Un dialogo tra ragione e sentimento, sogni e realtà. “Un po’ di te” è un disco che mostra all’ascoltatore diversi volti. Ci sono brani più frizzanti, come “Scaglie di diamanti” e “Stagioni dell’amore”, e altri più malinconici, come “Col naso all’insù”. Particolari sono anche i brani “Onde” e “Quando sarò grande” che sanno mescolare al pop cantautorale un pizzico di elettronica.

Daniele D’Elia con il suo nuovo album mette in risalto il suo talento di compositore e scrittore. Melodie perfettamente armonizzate e mai scontate accompagno una lirica profonda e capace di far sognare l’ascoltatore.

Noi volevamo a tutti costi conoscerlo meglio, e gli abbiamo fatto qualche domanda.

I FIORI

Come metafora delle nostre esistenze: “Ogni fiore sboccia quando è il suo momento, prima o dopo lentamente sfiorirà, ma l’essenza va ben oltre spazio e tempo, come un’eco vibra per l’eternità” (“Che male c’è?” – Hello World 2022).

LE MONTAGNE

Anelito verso il cielo, silenzio per ascoltarsi dentro, ossigeno per i polmoni e per l’anima, fare i conti con la paura di non farcela, gioire invece per avercela fatta, il bianco della neve che infonde pace e rende ovattato ogni suono, il verde della rinascita primaverile dopo il lungo sonno invernale.

LE NUVOLE

Dalle forme e colori cangianti, bianche, nere, grigie, rosate,  alte, basse, monolitiche, frastagliate. Mi piace infilarci la testa e perdermici dentro, staccandomi per un po’ da ciò che è terreno. Osservarle mentre vengono sospinte dal vento, velocemente o a rallentatore.

VIAGGIARE

Conoscere posti e persone nuove per scoprire qualcosa di più su me stesso. Perdersi per ritrovarsi, vagare senza metà, lasciando che la metà si riveli da sè. Aprirsi al non noto per, allargare i propri orizzonti.

CUCINARE

Adoro cucinare, per gli altri ma anche solo per me. È un modo per prendersi cura e per dare spazio alla propria creatività. Si compone un piatto come se fosse una musica o una canzone. Nutrimento per il corpo e per lo spirito.

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Pop

“Riviera” è il nuovo singolo dei Daushasha

Esce mercoledì 24 maggio 2023 su tutte le piattaforme digitali il nuovo singolo dei Daushasha, dal titolo “Riviera“, band e collettivo veneto che spazia dalle influenze balcaniche a quelle della pizzica salentina. “Riviera” è una canzone per accogliere l’estate, un’estate fatta di un miscuglio di nottate passate in riva al mare a Jesolo, a bere l’ultima sulla sabbia fredda dopo le serate a fare festa nei locali e nelle discoteche del lido.  
 

Ma le notti in riva al mare ci evocano anche quelle estati idealizzate delle canzoni anni ‘60, con Modugno e Bindi che cantano in sottofondo. Per cui per forza questo pezzo doveva avere un’anima sia elettronica che anni ‘60, il tutto suonato da una band che da sempre fa folk e da sempre ha voglia di ballare e di far ballare. 

La produzione del pezzo è stata curata dai nostri chitarristi Luca Lago e Francesco Casagrande che si sono chiusi in studio per creare questo brano. “Riviera” nasce come un remix di una canzone folk che deve ancora essere scritta, probabilmente nel prossimo futuro ci sarà un Riviera De-Mix.


 

SCOPRI IL BRANO: 
https://daushasha.hearnow.com/riviera



Recorded, Produced & Mixed By: Luca Lago & Francesco Casagrande
Mastering: Damiano Ferrari
 

BIO:

Daushasha sono una folk/rock band ballabile ed esplosiva con influenze che spaziano dalla musica balcanica alla pizzica salentina, dal cantautorato italiano anni ’60 all’elettronica. Il gruppo è formato da una base rock a due voci (maschile e femminile) a cui si aggiungono quattro funambolici strumentisti impegnati al violino, alla fisarmonica, alla chitarra classica e al tamburello salentino. Questa combinazione di suoni e di influenze crea un sound caratteristico che trova la sua migliore espressione in sede live.

Nell’aprile 2013 esce l’album “Canzoni dal Fosso” prodotto da Officine Underground Records, promosso dalla stessa etichetta e dalla Dreamingorilla Records. Il disco, contenente 10 canzoni inedite, ottiene numerose ottime recensioni da parte della critica e la band è invitata da varie emittenti radiofoniche per essere intervistata e per diffonderne i brani. I Daushasha nel 2015 concludono il tour promozionale che li ha portati ad essere invitati a solcare i palchi più importanti del Veneto e delle regioni limitrofe e ad aprire i concerti di artisti del calibro di Tre allegri ragazzi morti, Finaz (chitarra solista Bandabardò), Mellow Mood e tanti altri.

 Il 2016 è l’anno di “Luna”, il secondo album della band, che esce per Indiebox Music. Il disco è accolto con ottime recensioni dalla critica e i brani vengono diffusi da svariate emittenti radiofoniche italiane ed europee. A fine 2016 esce il video de “Le bestemmie”, il secondo singolo estratto dall’album che attira la simpatia del pubblico. Nel 2016 la band viene chiamata a curare per intero la colonna sonora del fortunato documentario “Cresceranno le Siepi” di Dimitri Feltrin, proiettato nei cinema di tutto il Veneto.

Dopo il tour di “Luna” la band torna nel 2019 un nuovo Ep (alla cui produzione ha lavorato un artista del calibro di Damiano Ferrari) e una formazione in ottima forma, forte di una sintonia maturata in oltre 200 live. L’Ep, che contiene un featuring con i Los Massadores, è preceduto dal video del singolo “Flaco” che fonde il folk cantautorale della band ai ritmi della pizzica salentina. Nel 2021 la band pubblica un’ipnotica versione riarrangiata della pizzica popolare “Lu rusciu te lu mare”.

Il singolo è accompagnato dal video della registrazione del brano, effettuata in presa diretta subito dopo il lockdown, occasione in cui la band si è ritrovata dopo mesi di stop forzato dall’attività live. Il video ottiene un’ottima risposta da parte del pubblico su YouTube e continua a registrare un alto numero di views. Nel 2023, dopo un’intensa attività live, i Daushasha ritornano con due nuovi singoli, con i quali la band si è divertita a mescolare il classico sound folk/rock all’elettro pop. I brani anticiperanno il terzo album, in uscita in estate. 

Suonano nella band allargatissima Daushasha:

– Voce: Federico Pavanetto
– Chitarra Classica: Francesco Casagrande
– Violino e voce: Lorenza Bano
– Basso e Tamburello: Vito Giuliani
– Fisarmonica: Federico Zugno
– Chitarra elettrica: Luca Lago
– Batteria: Marco Perin
– Tamburello: Roberto Maffei
– Chitarra elettrica: Andrea Cagnin
– Basso: Daniele Zabeo

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Pop

Le 5 cose preferite di Martin Hesta

Si intitola MACERIE E GRATTACIELI il nuovo singolo di MARTIN HESTA, ex chitarrista di matrice underground che ha riscoperto la propria anima semplice e ricca di sostanza, ritirandosi sull’Appennino e scrivendo canzoni intime e sincere. MACERIE E GRATTACIELI rappresenta un’immagine, materiale ed emotiva, del punto di vista di MARTIN HESTA sulla società. Il contrasto tra questi due elementi è alla base della scrittura del brano.

Il testo racconta della solitudine che prova il protagonista nell’interfacciarsi con le persone che incontra nella vita, dai rapporti personali a quelli di svago, e della sua sensazione di sentirsi estraneo e non riconoscersi in quegli ambienti, in cui la sensazione principale è quella che tutto corra troppo veloce. Le persone molto spesso interagiscono tra di loro a un livello superficiale, perdendosi nei dettagli effimeri che cannibalizzano la verità dei rapporti umani. Da qui, MACERIE E GRATTACIELI, apparenti grandezze e piccole miserie interiori.

Il brano si basa sulla voce e sulle chitarre ma con inserti di sintetizzatori e sub bass che danno il calore necessario per portare avanti le strofe e accompagnare il testo. Il finale strumentale arriva con una cadenza più intensa, con un coro di suoni in crescendo che si uniscono per creare una sensazione di unità fino all’ultima nota, dove si rilascia la tensione che si è accumulata fino a quel punto.

Ma quali sono le sue cinque cose preferite? Glielo abbiamo chiesto. 

Lo strumento

La chitarra che possiedo ha una storia singolare, ero entrato nel negozio per un’altra chitarra più costosa (dopo anni ero deciso a fare un salto di qualità) ma tornando a casa mi sono accordo che era difettosa, quindi l’ho riportata al negozio dove mi dissero che la avrebbero cambiata ma ne avrei dovuta scegliere un’altra. Ho passato praticamente tutta la giornata a provare chitarre su chitarre di marchi celebri a prezzi maggiori fino a che non ho incontrato lei, marca cinese mai sentita prima. Era quella che suonava meglio di tutte e non ci ho pensato un’attimo.

Il rifugio

La cascina è il posto dove vivo, il tempo scorre più lentamente che in città (dove sono nato e cresciuto) e il passare delle stagioni è molto più intenso. Credo che ognuno nella propria vita debba trovare la propria bolla e entrarci dentro. La mia è questa.

L’autoproduzione

C’è una certa soddisfazione a mettere sotto i denti qualcosa che con tempo e fatica è sopravvissuto alla furia della natura. E molto spesso anche più gustoso.  Condivido la passione della musica con quella dell’autoproduzione alimentare. Dal seme alla padella.

Il ritrovo 

Sicuramente tra le mie cose preferite c’è il tempo passato con gli amici. Sono momenti di inestimabile valore. Sono spesso un animale solitario ma allo stesso tempo provo sempre a circondarmi di persone che possono insegnarmi qualcosa che ancora non conosco, oltre che farmi fare una bella risata. Come esempio di tutto questo metto un posto del cuore per me, il Rabbit bar gestito dal mio amico Paolo. Un locale frequentato da bella gente (spesso musicisti) che organizza piccoli concerti e offre ottime birrette. Quando torno a Milano un salto lo faccio sempre.

La focaccia genovese 

Potrei cibarmi di focaccia genovese 24/7/365.  Purtroppo diventerei presto 120 kg se lo facessi ma sarebbe un sogno. Il segreto è l’aria dicono, e pochi ingredienti di qualità che possono creare questa ricetta divina che amo classica o in tutte le sue varianti. Lo so sono un invasato. 

(Nella foto la ricetta della “fugassa co-a salvia” di un vecchio libro di cucina ligure)

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Indie Pop

L’alchimia pop di Buonforte per non smettere di sognare

Conoscevate Buonforte?

Beh, noi, a dire la verità, no: ci è capitato fra le mani in un pomeriggio redazionale di fine maggio, e sin dal primo play abbiamo sentito spandersi nell’aria una sensazione particolare, come se l’estate fosse appena esplosa sulla punta delle nostre dita e delle nostre orecchie: colpa di “Sogni da vendere”, il singolo del ritorno di Gabriele che apre la strada ad un disco che sicuramente saprà stupirci.

C’è un’atmosfera particolare, magica, nelle trame musicali di Buonforte: canzone d’autore al servizio di un’idea di pop che possa essere riflessione esistenziale, rifugio sicuro e spazio d’espressione libero e di tutti; un’alchimia riuscita fra estremi diversi, che trovano il proprio equilibrio sul filo di un brano che tende la mano a chiunque ancora non abbia trovato la risposta che cerca a domande che sembrano moltiplicarsi ininterrottamente. Che sia il dubbio, la risposta che stiamo cercando?

Buonforte mette in piedi un brano che non perde la sua matrice acustica, anzi, esalta le scelte di scrittura poetica di una penna fatta per creare spazi e ricucire ferite: un’esplosione di colori aggrappati alla trama di una chitarra acustica, che guida le danze di una ballad dal retrogusto filosofico che racconta i dubbi e le paure di tutti noi, sospesi tra i sogni che vorremmo realizzare e una realtà che il più delle volte ci costringe a non guardare, per non svegliarci dal sonno delle nostre coscienze.

Un lavoro ben fatto, che ci permette di puntare i riflettori su un progetto da tenere d’occhio, e da valorizzare. Ottima scoperta di questo venerdì.

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Indie Intervista Pop

Un sabato sera introspettivo ed emozionante con Da Blonde

Da Blonde, e già il nome ha in sé qualcosa di luminoso, e allo stesso tempo pregno di un certo tipo di mistero – e se vogliamo, di oscurità. Perché non c’è luce senza buio, e solo nella tempesta più estrema è possibile capire l’importanza dei porti sicuri che ci siamo lasciati alle spalle, salutando le nostre certezze per lanciarci alla rincorsa di un orizzonte sempre più distante, man mano che proviamo ad afferrarlo; questo, in fondo, pare essere il significato di un brano come “Sabato sera”, singolo che annuncia il ritorno di una penna fine, educata e decisa ad impugnare la musica come fosse il bisturi necessario ad un’operazione a cuore aperto salva-vita.

https://open.spotify.com/artist/5tBx3NDRSF6BtOwNl1hlcJ?si=8zMUNT7IQO689my8gzDKaA

Un brano ibrido, che ambienta il proprio ostinato riflettere tra le luci strobo del sabato sera, relegando ad un angolo, pensierosa, la sensibilità di Da Blonde, cantautrice napoletana con un disco all’attivo (“Parlo ai cani“, 2020) e una capacità sorprendente di mantenersi in funambolico equilibrio fra canzone d’autore e cavalcata disco-pop – come ha fatto in “Sabato sera”.

Potevamo esimerci dal dedicare qualche domanda a Daniela? Beh, ovviamente no: quando l’odore di buono ci passa sotto il naso, non possiamo far altro che provare a sfamarci di bellezza; che di questi tempi, tocca fin troppo far la fame.

Daniela, bentrovata su Perindiepoi. Abbiamo l’abitudine di fare questo piccolo “giochino” con tutti i nostri ospiti, per inaugurare le nostre conversazioni: se dovessi scegliere tre aggettivi capaci di raccontare chi è Da Blonde, più uno aggiuntivo che proprio non ti appartiene, quali sceglieresti?

Ciao a tutti. Se dovessi descrivermi con tre aggettivi direi riflessiva, attenta e sincera. Una cosa che proprio non mi sento di essere è opportunista.

Il tuo è un progetto particolare, che nel corso degli anni ha saputo evolvere il proprio linguaggio: c’è qualcosa che non è mai cambiato, in mezzo alla tormenta, in tutti questi anni?

Credo la voglia di trasmettere qualcosa sia una costante dall’inizio a oggi, la voglia di comunicare e di toccare in qualche modo chi ti ascolta. Fare musica è una sfida costante prima con me stessa e anche la voglia di fare sempre qualcosa di nuovo non è mai cambiata.

Qualche anno fa, mentre il mondo si fermava, tu pubblicavi il tuo disco d’esordio: che ricordo ti ha lasciato, quel momento?

I giorni in cui è stato pubblicato “Parlo ai cani” mi hanno lasciato, nonostante l’atmosfera surreale, bellissimi ricordi. Ho voluto il disco con tutte le mie forze, ero motivatissima, ho investito personalmente e curato ogni aspetto, credo di non essere mai stata così fiera di me prima di allora.

Poi, un silenzio durato anni, e oggi il ritorno sulle scene con un brano che sembra porsi allo stesso tempo in continuità e in rottura con il passato: per quanto mantieni il piglio pop e melodico degli esordi, è il tuo approccio alla scrittura che pare essersi fatto più “grave”, quasi solenne a momenti. Crescere, forse, vuol dire anche imparare ad incassare i colpi della vita?

Lo spero proprio, sicuramente crescere vuol dire affrontare sempre nuove sfide, alle quali spesso non sei preparato, ti porta a nuove domande, nuove risposte, cambi di prospettiva. Cerco di essere più fedele possibile a quello che sento e credo sia inevitabile che il mio linguaggio cresca insieme a me.

Ogni canzone cela una ferita da rimarginare, o almeno così pare per la musica di Da Blonde: cosa si cela, in questo caso, dietro a “Sabato sera”?

“Sabato sera“ è stato scritto in un periodo che mi ha messa molto alla prova, mia madre ha avuto problemi di salute e mi è sembrata la cosa più grande che abbia mai dovuto affrontare , in certi momenti è stata così dura che mi sembrava che ogni cosa per cui avevo provato entusiasmo prima non avesse più senso. Uscire e divertirsi sembravano appartenere a un’altra vita, il sabato non era diverso da tutti gli altri giorni e raccontare questa voglia di leggerezza in questo pezzo è stato liberatorio ed è stato anche il modo di tornare alla mia vita.

Raccontaci anche del tuo rapporto con Blindur, e di come avete lavorato insieme sul brano: la mano dell’autore napoletano si avverte, ma di certo ad uscirne potenziata non può che essere l’impressione di avere davanti una cantautrice a tutti gli effetti…

E’ stato estremamente interessante e piacevole lavorare con Massimo De Vita e Luca Stefanelli, ci conosciamo da qualche anno, stimo molto entrambi. Lavorare a un brano insieme è  un incontro di mondi diversi ed io sono sempre affascinata da quello che può nascere, credo che abbiano saputo dare vita al suono perfetto per questa canzone, qualcosa che facesse venire voglia di ballare e emozionasse allo stesso tempo.

E ora, cosa vedi davanti a te? Quest’estate potremo ascoltare la tua musica dal vivo? Cosa c’è in programma?

Ci sono un po’ di brani a cui sto lavorando, con diversi produttori, uno soprattutto a cui sono legatissima, ma non vi svelo altro, preferisco sia una sorpresa. 

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Pop

Le 5 cose preferite di Gustavo

“OnlyFans” è il nuovo singolo di Gustavo, disponibile su tutte le piattaforme digitali dal 5 maggio. Non un elogio alla nota piattaforma, ma un biglietto di presentazione del cantautore dove mette in luce e ironizza sui propri difetti.

Nessuno di noi è perfetto e non c’è bisogno di aprire un profilo OnlyFans per dimostrarlo al mondo. Gustavo ironizza proprio su questo. Siamo sempre pronti a giudicare l’altro ma non guardiamo noi stessi. In un sound retro-pop un po’ latineggiante Gustavo ironizza su se stesso e sulla società.

Noi volevamo conoscerlo meglio, e gli abbiamo chiesto quali fossero le sue cinque cose preferite, ed ecco com’è andata.

5 cose preferite

Liquori scadenti

Mi piace quel senso di disgusto che ti arriva dopo un sorso di liquore scadente! Se pensi che la vita è una merda, dopo quel sorso pensi che forse non era poi così male… Rivaluti tutto! 

Poesia (in senso ampio)

Mi piace molto la poesia… soprattutto quella che, in poche righe, ti spacca il petto… che a distanza di giorni ancora ci pensi… In questo contesto per “poesia” intendo un po’ tutto, anche il testo di una canzone o il dialogo di un film. Una poesia che m’ha rotto l’anima, ad esempio,  è “Bluebird” di Bukowski… 

Manga e anime

Diciamo che ormai leggo e guardo quasi solo questi!  I principi e i valori che trasmettono e il modo in cui li trasmettono sono un qualcosa di meraviglioso! Credo che non sarei dove sono (non sono ancora da nessuna parte eh, si fa per dire) se One Piece non mi avesse insegnato a credere nei sogni, nell’amicizia e nel duro lavoro! 

Ricordatevi… il One piece esiste!

Bar di paese

Amo i bar di paese! I signori anziani che giocano a carte, il cane all’ingresso, i giornali poggiati sul frigo a pozzetto, calendari appesi e prezzi popolari! 

I bar di paese hanno una loro anima, una loro identità, una loro personalità… Non sono bellissimi e non gli interessa… Non l’apparenza ma il contenuto, non l’estetica ma il cuore… Sono fatti di persone, sono fatti di storie… e al loro interno il tempo sembra scorrere più lentamente.

Amo i bar di paese!

Culi

Ahhhh già ti vedo che storci il naso caro lettore!! Lo dico un po’ per provocarti e un po’ perché è vero!  Lo dico perché non te l’aspettavi! A me piacciono i culi! E a te?

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Pop

Perdersi, trovarsi e perdersi di nuovo nella musica: alla ricerca dei simboli dei CABle21

Si dice spesso che la musica unisce, e questo luogo comune è particolarmente vero per una band come i CABle21, nata anni fa, persa e poi ritrovata a dispetto del fatto che i componenti del gruppo si trovano addirittura in Paesi diversi. Ciononostante, come pandemia insegna, la band genovese è riuscita a comunicare da lontano abbastanza da realizzare il proprio nuovo disco, “Simbolatria”, un album oscuro e intriso di new wave.

I CABle21 ri-nascono nel 2021. Dopo che molti anni fa le esigenze di una vita da costruire avevano spento le luci sul gruppo originario, due dei componenti, Gazza e Orlenz, si sono rincontrati e, pur vivendo in luoghi molto distanti tra loro, hanno deciso di rimettersi a fare musica. 

Da quel momento è stato subito chiaro che le vite e le esperienze alle spalle trovavano nella composizione dei pezzi il modo migliore di esprimersi, l’urgenza di dare suoni e parole a quello che circonda per entrare più profondamente dentro di sé e nel mondo. Le composizioni si sono susseguite di getto. 

Poi c’è stato l‘incontro con Zilva, bassista e appassionato di mixing e con lui il gruppo ha trovato un’altra sponda per avere un feedback su ciò che si produceva e la tecnica necessaria per completare i pezzi. 

Si parla di simboli e dei loro significati in un lavoro molto magmatico e vivo, articolato su undici brani, influenzato dal post punk italiano e internazionale. Suoni che arrivano principalmente dagli anni Ottanta e Novanta, con una certa profondità di risonanze ma anche di testi, che spesso sconfinano in zone più o meno fantascientifiche.

Il basso si fa sentire in modi robusti su pezzi come “La paura sulla porta”. E mentre ci si muove spesso attorno a concetti misterici, è molto poco misterioso chi siano gli obiettivi polemici di “Iraq body count”.

“Facciamo musica – dichiara la band – guardandoci attorno, facendo attenzione agli scarti e pulendoli con cura. Cercando di non interrompere il sogno”.

E infatti ci sono anche sogni nel disco, ma è difficile distinguerli dagli incubi, persi come sono in sonorità molto claustrofobiche, sottolineate da una voce sussurrata, quasi sofferente.

“Simbolatria” è un disco, per certi versi, fuori tempo, perché la sua collocazione corretta forse sarebbe in qualche decennio diverso. Ma la musica negli ultimi anni si è rimescolata talmente tanto che si fa fatica a riordinare la cronologia. E comunque è particolarmente piacevole rivivere i suoni di un passato che suona così contemporaneo.

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Pop

Soluzioni sensibili per un mondo complicato: il nuovo disco di Mike Orange || Recensione

Le storie della provincia hanno sempre fascino, in particolare se trovano forma in musica. Ed è sul viale dei ricordi che ci conduce Mike Orange, nome d’arte di Michele Arancio, cantautore proveniente dalla provincia lombarda, che ha di recente pubblicato “Sensibile”, un album di canzoni e storie con in copertina il suo coniglio, Ugo.

La sensibilità di Mike Orange prende la forma di otto canzoni che spesso fanno ricorso alla chitarra elettrica e a modalità rock, ma sempre con un po’ di pop e di cantautorato da tenere a portata di mano. Accompagnato da una band “vera” e capace di scrivere canzoni che sembrano piccoli manuali di sopravvivenza al presente.

Il progetto di Mike Orange nasce nell’autunno 2018 per dare voce a una sensibilità diversa, nella direzione di atmosfere più pop, raccolte, con testi che spaziano da racconti di vita personale a riflessioni più o meno profonde sulla vita, sulle relazioni e sui rapporti tra le persone. 

“Questo è un disco – racconta Mike Orange – che parla di cose difficili in parole semplici. O almeno ci prova. Ci ho messo un po’ di tempo per farlo perché ho cercato le persone giuste e volevo che ogni pezzo fosse come piaceva a me prima di passare al livello successivo. Come un videogioco. Il criterio è stato quello che chi collaborava ci doveva credere almeno la metà di quello che ci credo io. Per aggiungere pezzi a questa famiglia che sto creando. Amici cantautori, produttori, grafici, musicisti, giornalisti, fotografi. Siamo sempre di più. E dappertutto. Da Milano a Bergamo, a Lodi, a Latina”.

Mike racconta del suo quotidiano, delle promesse tradite, delle volte in cui si parte come re della festa e ci si trova a testa in giù, di tutte le piccole sconfitte e i fallimenti che affrontiamo tutti. Ma lo fa senza sentimenti di depressione o desolazione. Anzi spesso ci mette un po’ di ironia che rende il tutto molto più facile da digerire.

Il mondo va troppo veloce per qualcuno che ammette di essere sempre in ritardo. Ma Orange mette sul piatto anche la forza di un riscatto e anche parecchie note elettriche. Con un pacchetto di canzoni che sanno anche un po’ di quell’indie che non si capisce bene se ci sia ancora oppure no, il cantautore fa leva sui sentimenti ma senza mai andare troppo sullo zuccheroso.