Categorie
Indie

Il Corpo Docenti: il racconto delle sessioni in studio con Divi dei Ministri

Un posto sicuro è il titolo del secondo album de Il Corpo Docenti, uscito a due anni dall’esordio con Povere bestie e nuovamente prodotto da Davide “Divi” Autelitano dei Ministri. Il disco presenta il sound alternative rock che abbiamo già imparato ad apprezzare nella band, contaminato però questa volta anche da influenze e arrangiamenti new wave e in parte emo. Il trio milanese in questi ultimi mesi si è fatto notare più volte nelle principali playlist del genere e riuscendo a suonare dal vivo in alcuni concerti tra Milano, Torino, Bologna e Cremona, ma ora con questo disco è pronto a cambiare marcia facendo le cose tremendamente sul serio. Abbiamo voluto chiedere ai ragazzi com’è stato registrare in studio collaborando con un artista importante come Divi e sapere da loro come si sono svolte le sessioni di produzione e registrazione del disco; ecco cosa ci hanno raccontato!

Abbiamo registrato questo disco intervallando temporalmente le varie sessioni in studio, che sono state sei. Pur non avendo avuto quella continuità di giorni che ci si aspetterebbe per le registrazioni di un album siamo comunque riusciti a crearci la nostra piccola routine per mantenere quel briciolo di sanità mentale che ci era rimasta.  Ad esempio ogni pausa aveva la sua checklist da rispettare scrupolosamente: prima mettevamo sù il caffè, poi guardavamo qualche video stupido (e non vi diremo mai quali), e infine sigaretta. Guai a non guardare i video stupidi. O a non fumare una sigaretta dopo il caffè.

Abbiamo anche qualche rituale che di tanto in tanto rispolveriamo giustappunto per le registrazioni in studio. Il più classico è fare uno scherzo al nostro batterista Luca. Se nel disco precedente avevamo infarcito le canzoni di improbabili assoli di chitarra e registrato canzoni con testi volutamente orrendi, questa volta ci siamo spostati dalla musica allo strumento, raccontandogli che un cliente per sbaglio aveva portato via tutti i suoi piatti della batteria.

In realtà, quando non facciamo gli idioti, abbiamo anche il tempo di registrare seriamente. Insieme a noi ci sono stati Divi de I Ministri e Antonio Polidoro del Blap Studio, lo studio dove abbiamo registrato. Divi ha curato la produzione artistica di quest’album e possiamo dire che, avendo già collaborato con lui per il disco precedente, siamo entrati in studio con un’intesa di sicuro maggiore. Il suo modo di lavorare è stupendo: si passa in un attimo dall’essere immersi nel pragmatismo all’essere proiettati nelle goliardate. E viceversa.

In questo disco volevamo avere un sound più elegante, con più riferimenti all’Inghilterra che agli USA. Divi ci ha dato una grandissima mano nel cercare di riuscire a esprimere al meglio questo nostro desiderio senza mai ordinare dall’alto ma cercando continuamente il confronto. Tutto ciò è stato di sicuro più facile visto come si è evoluto il rapporto tra noi e Divi nel corso di questi anni: se all’inizio eravamo la band e lui il produttore, adesso siamo quattro amici che hanno i loro posti nel mondo e sono felici di stare insieme e fare musica… o anche solo per bere una birra. 

In questo modo è stato molto più facile comunicare e comprendersi durante tutto il periodo in studio. Sia Divi che Antonio sono nostri amici e aver passato quasi due mesi in loro compagnia a fare la cosa che più ci rende felici è stata una grande fortuna e per questo li ringraziamo nuovamente.

Categorie
Pop

Cosa c’è nella camera delle Yayanice

Dal 18 Marzo 2022 è disponibile in rotazione radiofonica “Senza gravità” (LaPoP), il nuovo singolo delle Yayanice, già disponibile su tutte le piattaforme digitali dal 11. “Senza Gravità”, singolo che anticipa il nuovo album in uscita in primavera, vuole essere l’incipit di un viaggio più maturo, di un’esplorazione consapevole all’interno del loro mondo che viene offerto al pubblico sempre con la leggerezza e l’ironia che le contraddistingue. Il brano parla di una realtà parallela, che porterebbe sollievo se fosse reale, e invita a volare in una dimensione sospesa, abbandonando le pesantezze in favore dei nostri desideri più profondi. È il brano più “mistico” dell’album che in virtù della sua essenza si presta, come prima uscita, ad anticipare tanto altro di originale ed inaspettato.

Noi non abbiamo saputo resistere, e abbiamo chiesto loro di farci vedere cosa c’è a casa loro.

Le piantine

Abbiamo scelto l’angolo verde perché siamo delle grandi amanti della natura e la vita urbana comincia a starci un po’ stretta! Ognuna di queste piante è legata a una persona, ad un momento, a un’emozione.. vederle cambiare e prenderci cura di loro ci mette ancora più a contatto con la vita e le sue splendide manifestazioni. Abbiamo una passione per gli avocado e..speriamo che questo germogli presto!

La conchiglia

Questa conchiglia apparteneva ai nonni di Giulia e se appoggi l’orecchio senti il suono del mare, del quale noi siamo dipendenti! Abbiamo passato diverse estati insieme a Palermo (Chiara ha sangue siculo) e la musica di “Senza Gravità” è nata proprio lì. Il mare ci ricarica e ci piace quello wild: spiaggia libera, scarpette da scoglio, maschera, boccaglio e suoni della natura.

Il caleidoscopio

Il caleidoscopio ci ha scelto per diventare parte del nostro immaginario. Questo oggetto in particolare è un regalo di compleanno che io (Chiara) feci a Giulia. Ironia della sorte, per il nostro primo EP “GU.A.ST.O.” (GUardare Attraverso STrani Occhi) abbiamo scelto una grafica in cui era rappresentato un occhio dentro un caleidoscopio, e per le grafiche e visual del nostro nuovo lavoro discografico stiamo tornando a scegliere immagini colorate che ruotano, come se alla base ci fosse un caleidoscopio implicito che genera il tutto. Ci riconduce all’immaginazione, all’infanzia e alla magia.

Le carte

Qui rappresentati ci sono gli arcani maggiori dei Tarocchi di Marsiglia restaurati da Jodorowsky. Questo ci riconduce a molte nostre passioni, innanzi tutto l’esoterismo e il misticismo..gli arcani sono degli archetipi e in ognuno di loro sono raccolti moltissimi simboli appartenenti a diverse culture esoteriche. Ci collega a Jodorowsky stesso,ai rituali psicomagici e al suo immaginario surreale. E poi, tornando sulla terra, giocare a carte è uno dei nostri passatempi preferiti: in spiaggia, durante le feste comandate, dopo una sessione di brain storming per fare sedimentare le idee. Infinite briscole e partite di scopa..a volte è un modo semplice per rilassarci e fare due risate.

Ex voto

Un simbolo cristiano, che in origine era un’opera creata apposta come segno di riconoscimento da un devoto per una grazia ricevuta da un santo (spesso guarigione da una malattia). Il suo significato profondo è quello di gratitudine e di fiducia nella grazia divina: abbiamo voluto metterlo tra gli oggetti che ci rappresentano perché tutte e due, a nostro modo, siamo persone molto spirituali e troviamo in questi due valori due grandi risorse.

Categorie
Indie Pop

I Cassandra: la provincia che arriva a Milano!

Nel pomeriggio di martedì 22 marzo 2022 i Cassandra (che già avevamo avuto modo di intervistare) hanno presentato durante un’intima conferenza stampa nel locale di Germi, piccolo rifugio per intellettuali un po’ ubriaconi nel cuore di Porta Genova a Milano. Tre ragazzi di Firenze che sorridono ai giornalisti, impacciati e allo stesso tempo sfacciati, nell’emozione di questa prima volta di chi però si porta dietro ore di furgone e concerti in localini in giro per l’Italia. Si parla di Campo di marte, un disco di debutto (Mescal, 2022) che sa di casa: Firenze, un quartiere nello specifico, e poi tutta un’inevitabile autobiografia musicale. Il progetto, anticipato dai singoli Kate Moss, Novembre, Ti Auguro tutto il peggio che c’è e Polaroid e paranoie, si compone di dieci tracce che raccontano storie di quotidianità, d’amore, di amicizia: una quasi banalità tematica, che in questo periodo di complessità e pandemie, rende tutto incredibilmente bello.

Un bellissimo momento che si condisce di sigarette all’esterno, e birrette a parlare di libri e musica in quello che è sicuramente uno dei localini più interessanti di Milano, uno dei sopravvissuti al Covid. Si parla di un disco che nasce per la volontà di raccontarsi, raccontare ciò che circonda la band, ed è così bello venirlo a sapere in un contesto estremamente informale, fuori dalle dinamiche della discografia.

foto di Simone Pezzolati

L’incontro con il produttore Marco Carnesecchi rende i Cassandra “pop”, e da qui l’incontro con la Mescal e con noi, che siamo seduti sulle sedie, tutte diverse, di Germi, a far loro le domande più diverse. No, non sono l’ennesima band à la Pinguini Tattici Nucleari, i Cassandra narrano con urgenza la provincia musicale, quella lontana da Roma e Milano, e questa urgenza di quartiere si riversa in dieci brani che compongono Campo di marte. Storie che ci sfiorano, che guardiamo distratti con la coda dell’occhio, finché qualcuno non le raccoglie, le trasforma in canzoni, le canta e ce le butta addosso. Momenti di vita, polaroid che segnano il ritmo di giorni da ricordare e da dimenticare; questa l’unica ricchezza di un autore; saper cogliere l’attimo e metterlo a fuoco. Questo hanno fatto i Cassandra, coadiuvati nella produzione da Marco Carnesecchi e Alex Marton (Add. Production); oltre ad aver scritto testi e musiche, se lo sono suonato, affiancati da Giacomo Rapisardi e Federico Sagona (tastiere / sinth / pianoforte), da Enrico Mega, Marco Emanuele, Irene Bavecchi (basso) e Marco Carnesecchi (basso e chitarre acustiche).

foto di Simone Pezzolati

Si scrive una storia e si cerca di mandarla a memoria, perché il tempo corre sempre troppo veloce e a volte serve un promemoria. Mentre la radio passa Sally, i buoni propositi svaniscono come fumo di sigarette, quelle che non si smette di fumare; si dorme poco, anche sulle nuvole, mentre si guida verso il mare raccontando le proprie paranoie, anche se si sogna un’altra onda da inseguire, lontano dal dolore e dal lunedì.  Quanto era bello illudersi, quando non si era in ritardo e la vita non ci sorpassava. Ma poi fai mente locale e ti arrivano le piazze in rivolta e il cuore che non si ricarica neanche con il 5G. E ti viene voglia di scappare dalle risse fatte per niente, dalla città e dal suo umorismo che fa male per continuare a giocare con sogni che non bastano mai e alla fine, con il kamasutra morire da star. Questo è Campo di marte.

Categorie
Pop

Fossi Maschio: Intervista a Claudia Ottavia

Dopo i buoni riscontri ottenuti con Odio Sanremo, Claudia Ottavia pubblica il nuovo singolo Fossi maschio, un brano dai connotati insoliti, privo di musica e della durata di poco più di un minuto, che manifesta la volontà della cantautrice sarda di uscire fuori dagli schemi della forma canzone, ispirato a Tracy Chapman per il modello di riferimento strutturale. Fossi maschio è un’invito rivolto all’uomo di togliersi la maschera testosteronica, a favore del lato più vulnerabile spesso nascosto dietro lo stereotipo di genere. Fossi maschio è incluso in un progetto che include 7 inediti, prodotti insieme a Michelegiuseppe Rovelli.

Abbiamo fatto alcune domande a Claudia:

Ciao Claudia, Fossi maschio è un brano davvero originale. Come mai hai deciso di pubblicarlo come singolo? 

Intanto sono contenta che lo reputi un brano originale, abbiamo lavorato molto perchè il progetto avesse una personalità. La decisone di pubblicarlo come singolo è perchè lo consideriamo un brano come tutti gli altri, anche se molto particolare per la scelta di lasciarlo senza strumenti, se non la voce, nella sua essenzialità.


Che messaggio vuoi lanciare con Fossi maschio?

Fossi maschio è un brano contro gli stereotipi, di ogni genere. Contro le maschere che ci mettiamo addosso ogni giorno per non mostrare le nostre verità. Fossi maschio parla di fragilità, vulnerabilità, personalità, tutti indici di bellezza, a differenza di tanti altri aspetti superflui e sopravvalutati con cui andiamo in giro ogni giorno per la strada, con gli amici, a lavoro, e soprattutto in famiglia. Ci nascondiamo, ci chiudiamo in pensieri e convinzioni non vere per noi. Ho scritto questo pezzo nella speranza di riuscire a fermarci un attimo a capire chi siamo, cosa ci piace veramente, chi ci piace veramente, per non uscire fuori da noi e crearci inutili aspettative dalla vita.
Odio Sanremo e Fossi maschio sono legati dal filo della provocazione, pensi in questo modo di scuotere le coscienze? Lo spero. Nuovi spunti di riflessione non fanno mai male, anche se ci possono dare fastidio inizialmente, magari possono portare a qualcosa di buono. 


Odi davvero Sanremo o hai un rapporto anche di amore col festival e soprattutto parteciperesti?

Come cita il testo di Odio Sanremo “Odio Sanremo e vorrei partecipare”. Odio Sanremo è un brano sulle contraddizioni umane, quante volte odiamo qualcosa che invece poi scopriamo di amare. Certo che parteciperei e farò di tutto per farlo, più che altro per vivere l’esperienza e poter capire meglio cosa si prova veramente a stare su quel palcoscenico e non di fronte alla televisione. 


Sei sarda, quanto è difficile fare musica nella tua regione?

Questo è un tasto dolente, un argomento che mi tocca profondamente e ti svelo che proprio in questi giorni sto lavorando ad un progetto per aiutare gli artisti emergenti sardi, che molto spesso non sanno davvero dove sbattere la testa e magari abbandonano la loro passione perchè non vedono prospettiva, oppure decidono di emigrare come spesso succede. Io devo dire che sono stata fortunata ad incontrare Michele, il mio produttore, che non solo mi ha spinto a scrivere canzoni, ma mi ha poi aiutato a realizzare questo bellissimo progetto. Insomma mi ha dato una mano concreta per continuare a sognare di fare la cantante. Vero è che qui poi manca tutto il resto, luoghi dove esibirsi e comunicare con gli altri artisti; etichette in grado di sostenerti. Manca l’abitudine a considerare quello del musicista che scrive proprie canzoni, un vero lavoro. Io per esempio, per pagarmi le produzioni e tutto quello sta dietro l’uscita anche solo di un singolo, faccio altri due lavori. Ma non mi arrendo! e cercherò di fare ciò che posso per chi ha la mia stessa passione. 


Progetti futuri?

A breve uscirà il videoclip di Fossi Maschio, poi completerò l’uscita di un questo progetto con un EP di 5 brani, di cui lancerò un singolo che spezza l’ondata delle provocazioni e credo vi stupirà. E in seguito mi auguro di trovare occasioni per suonare live, perchè alla fine è quello il mio obiettivo.

Categorie
Indie Intervista Pop

Ciao Manu ci racconta “Ziggy Stardust” con le sue cinque cose preferite

Ziggy Stardust è il nuovo brano di Ciao Manu. Un racconto lucido di sogni non realizzati, che pur mantenendo la solita ironia dell’autore, non nasconde luci ed ombre di un tempo ormai passato. Un excursus che passa tra i primi videogiochi, il “da grande voglio fare”, le prime avventure e i primi amori, fino ai primi miti che sembravano così lontani perché venivano dalla tv, anzi come Ziggy Stardust, venivano da un altro pianeta.
Cantautorato, indie e momenti elettronici, il mood più pop delle chitarre acustiche, contrapposto alle armonie più cupe del pianoforte e delle tastiere, tante fotografie di momenti e persone importanti.

Abbiamo chiesto a Ciao Manu di scegliere le sue 5 cose importanti per parlarci del loro nuovo brano

Home Studio

Il mio piccolo Home-studio è l’angolo dove mi rifugio, dove stacco la spina… quando sono quì può anche passare un intero weekend ed io non me ne accorgo… fuori può anche bruciare il mondo, ma io non lo noto nemmeno.
Quì è dove nascono i miei brani, dai provini agli arrangiamenti, dalle sperimentazioni alle prove per i live!

Panxo

Il mio Panxo è un cucciolone di 30Kg. Ad un cane non importa se sei bello o brutto, se sei ricco o povero, se sei intelligente o stupido, se sei brillante o impacciato… Lui ti ama incondizionatamente e ti seguirebbe fino in capo al mondo!

Il pugilato

ll pugilato al contrario di quello che può sembrare, è uno sport dove c’è tanta tecnica e strategia, e presuppone tanto impegno sia fisico che mentale. A me ha insegnato molto, anche ad essere paziente, ad incassare e ad attendere il momento giusto per colpire. Sul ring come nella vita!

Il Caffè

Il Caffè inteso non soltanto come bevanda che mi permette di cominciare bene anche le giornate più di merda, ma anche come rituale grazie al quale mi fermo a respirare un istante e a riflettere anche nei giorni più intensi. Infine è anche la più bella scusa grazie alla quale riesci a rivedere, anche se solo per pochi minuti, amici che non vedi mai.

La cucina

La cucina è creatività, mettere insieme piccoli ingredienti per ottenere un grande risultato. In cucina si parte seguendo le ricette della tradizione e poi si sperimenta aggiungendo innovazione… un pò come la musica.
E a me piace sia fare musica che cucinare!

Categorie
Pop

Cosa c’è nella camera di Vinnie Marakas

Esce venerdì 25 febbraio 2022 “Giovane Cagliostro“, il primo EP di Vinnie Marakas sotto l’egida Dischi Sotterranei, per la produzione di Richard Floyd.  

Un genere poliedrico, ibrido, che potremmo chiamare ‘ITALIAN TOUCH” in cui più urgenze espressive chiedono il proprio spazio vitale, o almeno il proprio lessico per essere ascoltate. Vuoi la gravità, vuoi il tempo: ogni cosa cade e decade. E non è né un bene né un male, ma semplicemente un fatto, che può essere banale, spaventoso, emozionante, o spettacolare:, proprio come i sogni. “Giovane Cagliostro”, oltre che un omaggio al celebre alchimista imbroglione di cui porta il nome, è soprattutto un inno scapigliato e allucinato alla decadenza, in cui tra citazioni, reiterazioni e calembour viene sviluppata un’eccentrica dialettica  tra il “vero” e il “possibile verosimile”, che richiama in chiave retrofuturistica e pop-apocalittica, il “Dualismo” di Arrigo Boito e le “Penombre” di Emilio Praga.

E noi come sempre siamo stati a casa sua, ed ecco cosa ci ha mostrato.

MASCHERA

Questa maschera cerimoniale mi fu donata da una potente maga puertoricana durante un rito di Midsommar nello Jutland occidentale, ormai qualche anno fa. Non posso rivelarne il nome, ma è una delle più abili e sapienti costruttrici di maschere al mondo, e avere la fortuna di dibattere con lei in una notte abbacinata dagli umori alcolici è uno dei tanti privilegi che ritengo di avere avuto in questa esistenza. Rappresenta un cane randagio o un lupo, probabilmente un riferimento alla carta del Matto nei tarocchi marsigliesi, come suggeriscono anche i colori e i simboli con cui è decorata.

E’ interessante notare come il cane non compaia nei mazzi più antichi, come quelli viscontei o di Carlo VI. Il primo mazzo in cui figura l’animale, allegoria degli istinti, dell’incostanza e della natura, è quello del Mantegna, a cui sono fortemente legato. La carta allora non si chiamava il Matto ma “Misero”. Comunque è costruita con un materiale particolare, retinato, che, a differenza delle maschere tradizionali, permette di coprire con lo sguardo anche ai lati. Non è una maschera comoda, ma nessuna vera maschera dovrebbe esserlo. Costringe a una trasformazione facciale, fisica, costringe a diventare il Misero, il Matto, il Randagio.

STATUETTA DI SOCRATE

Tutti dovrebbero dialogare più spesso con Socrate. Ho sempre desiderato poterne disporre come consigliere, maestro, amico. Mi ricorda quanto poco so del mondo, cioè di me stesso. Alle volte sa essere anche pedante. Da quando Platone si prese tutto il merito dei suoi insegnamenti è caduto in una profonda esistenziale, e ogni tanto si sfoga con me. Beninteso, ho grande rispetto per Platone e per il modo in cui ha rubato tutto quello che poteva, ma con la Repubblica ha veramente sbroccato male.

Anche questo Socrate è rubato, viene da una biblioteca in Atene. Mi è arrivato come souvenir da un amico che ci lavorava come archivista. Non dovrei nemmeno mostrarvelo, ma ormai quella persona ha fatto strada nell’edilizia della provincia di Rovigo, ed è finita, come si suol dire, in una “botte di ferro”.

CAMPANA

E’ una delle tre Campane del Baleno, in grado di rintoccare il suono dell’Aurora Boreale. Il motivo per cui ne sono custode è protetto da un NDA per il quale sono passibile di una penale di trecento anni di reincarnazione in zanzara. Essendomi già capitato in passato, preferirei evitarlo. E’ un suono terrorizzante, maestoso, antico. Lo ascoltai una volta, e tanto mi bastò. Talvolta mi prende il capriccio di suonarla, durante gli improvvisi notturni, ma prendendomi la briga di sostituire il battaglio. Non si può scomodare l’Aurora in continuazione senza che a un certo punto lei, giustamente, si secchi.

GRIMORIO FANTASIA OBSCURE di PADRE BIO

Fantasia Obscure è un grimorio estremamente potente, interamente generato e fabbricato dal sapiente mistico Padre Bio. All’interno vi sono sigilli magici, talismani, formule alchemiche, abiti rituali: tutto ciò che un contemporaneo alchimista dovrebbe conoscere per trasformare ciò che è inferiore in ciò che è superiore, e viceversa.

Siamo legati da una da una profonda amicizia e io ho grandissima stima e ammirazione per le sue Opere. Mi raccontò che il libro gli era stato interamente dettato dai lupi sul monte Licabetto, durante un plenilunio: è un influente amuleto, oltre che una sorgente d’ispirazione.

PIPA

Ceci n’est pas une pipe.

Categorie
Indie Intervista Pop

Intervista a Letyzia: Mostri è il nuovo singolo

Dopo il convincente debutto con “Buonanotte”, torna Letizya con il nuovo singolo “Mostri“, una ballad indie pop che parla di una relazione a distanza che finisce. La cantautrice si interroga sul valore che diamo ai rapporti, consapevoli di quanto sia sbagliato affidare a un altro la nostra felicità anche se era in grado di azzerare le paure e le insicurezze. “Mostri” è un viaggio di sola andata tra due giovani che concludono il percorso della loro storia.

Letizia Quattrucci, classe 2004, è una cantautrice originaria di Ceccano, in provincia di Frosinone. Inizia a cantare all’età di sette anni per poi presto imparare ad accompagnarsi con vari strumenti, dalla chitarra al pianoforte, fino a scoprire il basso. Dopo essersi fatta notare con una serie di cover sul suo profilo Instagram, pubblica il primo inedito nel 2020 dal titolo “Battito”. A gennaio 2022 pubblica, in collaborazione con l’Elephant Studio di Davide Gobello, il brano “Buonanotte”.

Abbiamo chiesto a Letyzia di rispondere alle nostre domande:

Ciao Letizya, è uscito il tuo nuovo singolo Mostri, ci racconti di cosa parla?

Ciao! Mostri parla di amori a distanza e racconta quello che prova chi resta e vede le cose cambiare senza poter fare niente. È nata dall’esperienza di una mia amica, ho cercato di immedesimarmi nella storia e raccontarla a modo mio. 

Sei felice dell’accoglienza che sta ricevendo?

Moltissimo, è stata una sorpresa e non potevo sperare in meglio!

Buonanotte invece ti ha visto esordire, quale messaggio hai voluto lanciare e ci racconti qualcosa sul videoclip?

Con Buonanotte ho voluto esprimere la voglia di sentirsi liberi e non giudicati che ho io così come tanti altri ragazzi della mia generazione. È stato anche il mio primo videoclip e non sapevo cosa aspettarmi ma alla fine mi sono divertita davvero molto a girarlo! 

Uscirà un video anche per Mostri?

Sì, è uscito pochi giorni fa in anteprima per Le Rane e lo potete trovare sul mio canale YouTube!

Se c’è un artista italiano con cui ti piacerebbe collaborare chi è e perché?

Mi piacerebbe tantissimo collaborare con Tommaso Paradiso perché è un artista che mi piace molto, soprattutto per il suo modo di scrivere e per l’atmosfera che riesce a creare nei suoi brani.

Dopo questi due primi brani cosa hai nel cassetto?

Stiamo già pensando a musica nuova e a occasioni interessanti dove far ascoltare il nostro progetto! E poi, tra i miei sogni nel cassetto, c’è quello di iniziare a lavorare al mio primo album.

Categorie
Indie Pop

Tutto quello che ha da dire Mikimas

Mikimas – nome d’arte di Michele Mascellani – ci sta facendo ballare da qualche settimana con il suo nuovo singolo “Niente da dire?”.

Il brano, che arriva dopo il singolo “Il mio sabato sera” pubblicato negli ultimi mesi del 2021, è caratterizzato da un sound che strizza l’occhio al pop punk d’oltreoceano e racconta la storia di due amici il cui rapporto si interrompe bruscamente quando uno di loro smette improvvisamente di frequentare e contattare l’altro.

Scopriamo cosa ha da dirci il buon Mikimas a riguardo.

Ciao Michele, come stai? Soddisfatto di questa nuova uscita?

Innanzitutto ciao ragazzi e grazie per avermi concesso questa intervista, per me è molto importante. Beh direi proprio di sì, è un pezzo che mi gasa molto, e poi con Andrea non ne sbagli una, ottiene solo materiale bello e figo da sentire. Insomma, “niente da dire”.

Il gioco di parole sorge spontaneo: cos’hai da dire riguardo “Niente da dire?”? Raccontaci il messaggio di questo brano.

Potrei dire per l’appunto quella frase ma invece ho delle cose da dire: è un messaggio riferito alle coppie o gruppi di amici che si conoscono da anni. Bisogna sempre affrontare i problemi e le questioni scomode assieme, mai abbandonare la nave dove si è salpati a inizio viaggio. E quindi tramite questa storia cerco di far capire quanto sia importante un rapporto e quanto sia fondamentale non agire alle spalle del tuo/a migliore amico/a.

Questo singolo arriva qualche mese dopo il precedente “Il mio sabato sera”. Pensi che ci sia stata un’evoluzione tra i due brani? Se sì, come?

Secondo me no, perché l’identità e la base da cui inizia il tutto rimane la stessa. È una canzone pop/punk ispirata alle band di vecchia scuola come i blink-182 e i New Found Glory, così come la precedente era un misto tra Ligabue, sempre Blink, e un po’ di Green Day anche.

Arriviamo da due anni difficili per la musica dal vivo. Hai avuto modo di riprendere ad esibirsi e fa ascoltare la tua musica live? Se sì, com’è andata?

Proprio recentemente (esattamente il 4 marzo) ho avuto modo di suonare finalmente il mio primo concerto vero e proprio, dopo aver fatto live da solo massimo due pezzi con il mio vecchio gruppo, o facendo esibizioni neanche suonate per pseduo-contest rappresentati come i migliori in Italia dove il vincitore stesso non ottiene nulla in più rispetto a chi non supera manco l’audizione. Non è stato così invece per il Plug’N’Play, contest live di cui ho avuto il piacere e l’onore a partecipare, organizzato da Luca di 0371 Music Press in persona. Una persona fantastica come lui non la trovi facilmente in giro. Possiamo dire di aver semplicemente spaccato e dato del filo da torcere al pubblico che di certo non si è annoiato, anzi: proprio sulle note de “Il mio sabato sera” la gente già si ricordava a memoria il famoso “ora!” che riecheggia molte volte nel ritornello, abbiamo scritto proprio un tormentone…

Ricorda a chi ci segue dove e come possiamo seguirti e spoileraci qualcosa sul tuo futuro musicale…

Innanzitutto mi trovate su Spotify e YouTube come Mikimas, e su Instagram mi potete trovare al tag @mikimas_musica così non vi perderete mai nulla sulle prossime uscite. E detto questo posso solo dirvi che sono previste altre due canzoni per questo 2022, poi si vedrà… grazie ancora e alla prossima!

Categorie
Indie Intervista Pop

Ok, ti ho capito Celeste!

Quando è arrivata in redazione la proposta di Celeste mi sono interrogato a lungo su cosa fare dell’ascolto di quello strano EP che a gran voce chiedeva di essere compreso, andando oltre le prime risposte date dal gusto personale: ho premuto play, infatti, e subito hanno cominciato a proiettarsi sulle pareti del mio cervello immagini diverse, lungo il tracciato di un viaggio a metà tra l’onirico e il distopico tra mondi che oscillano tra romanticismo e sfacciataggine, rendendo davvero difficile per l’ascoltatore poter dire “ok, ti ho capito, Celeste!“.

Non perché la musica di Simone Furlani (nome da “borghese” di Celeste) rappresenti l’avanguardia criptica di quel cantautorato spesso un po’ fine a sé stesso che fa dell’inaccessibilità un vanto, tutt’altro! Il disco di Celeste, in realtà, è squisitamente pop sotto tutti i punti di vista: scrittura scorrevole, immaginifica il giusto ma sopratutto narrativa, sonorità che (lavorate a più mani da più produttori) mostrano una certa propensione per l’urban, il soul e l’hip hop, dimensione estetica del tutto che avvicina Simone ad un’ibridazione fra Gen Z e la figura del rocker senza tempo, che a petto nudo galoppa verso orizzonti nuovi.

La difficoltà, dunque, non sta tanto nei brani proposti e presentati singolarmente all’ascolto, quanto piuttosto nella sensazione che qualcosa sfugga all’immediato discernimento nelle trame di un lavoro che racconta uno stato emotivo in evoluzione, pronto a passare da uno stato solido ad uno sempre più liquido per sublimarsi quasi in gassoso arrivati all’ultimo brano.

Non c’è coerenza fra i brani a livello musicale, e questo non rappresenta un punto di debolezza ma di forza, nell’ottica della comprensione di un progetto che scansa volutamente l’uniformità per tirar fuori dal cilindro qualcosa di “proprio”, a prescindere dall’abito che la canzone si trova ad incollarsi addosso.

Insomma, gli spunti c’erano tutti per non perdere l’occasione di fare qualche domanda al cantautore veneto, che si è ben prestato al nostro fuoco incrociato.

Simone, per il mondo del pop Celeste; ti avranno già fatto questa domanda un sacco di volte, ma non possiamo tirarci indietro dal sondare la nostra curiosità: perché “Celeste”?

La parola “celeste”, apparsa in modo totalmente casuale sulla mia strada, racchiude in qualche modo tutto ciò che voglio portare con i miei racconti, oltre che rappresentare l’approccio che vorrei avere nei confronti della musica. Celeste rappresenta dunque un intricato Universo di elementi prettamente concettuali, dall’amore ai sogni, ma anche, seppur non ancora emerse, dalle insicurezze alla voglia di rivalsa.

“Universo” è il tuo EP d’esordio, anticipato dai singoli “Capriccio” e “18 anni” che, in qualche modo, già permettevano di intuire le molteplici direzioni musicali del lavoro complessivo. Ci racconti come hai lavorato alla produzione dell’extended play?

Le parole chiavi per la produzione di questo progetto sono due: Type Beat. Quest’ultimi rappresentano il pilastro fondamentale, non solo del mio, ma del percorso musicale di miriadi di altre persone. Al momento non ho ancora un produttore fidato, quindi un po’ per fare di necessità virtù, e un po’ per la voglia di addentrarmi nei meandri di questo fantastico mondo, ho deciso di mantenere e appoggiarmi in gran parte per questo progetto proprio ai fantomatici Type Beat di YouTube. In questo EP, per quanto breve, sono stati racchiusi molteplici generi: questo in quanto ho voluto portare più sfaccettature possibili del viaggio narrato.  

Come succede spesso, tra i brani mi ha colpito molto l’ultimo, che sembra quasi chiosare sul viaggio musicale di “Universo” con uno spunto di malinconia che non emerge negli altri brani. Ecco, è qui che sta l’anima di Celeste, divisa a metà tra lo slancio caustico di “Pariolina” e lo sguardo più laconico di “Mezza Estate”?

In passato, prima di approdare a questo viaggio e a Celeste, le mie canzoni erano prettamente lagne amorose scaturite da delusioni sentimentali. Con questo progetto però ho deciso di cogliere dalle esperienze vissute non più solo lo strazio per un qualcosa di appena concluso, ma il bello da un qualcosa che è appena passato. Questo l’ho fatto anche per il semplice motivo che avevo voglia di portare leggerezza grazie alla mia musica anche se, sicuramente, sono già in fase di sviluppo nuovi viaggi molto più intimi e personali. Per quanto ho indirettamente raccontato molto di me con questo EP, ci sono ancora tantissime cose delle quali voglio parlare e, in questo caso, magari lo farò proprio in prima persona.

“Universo”, il brano intendo, occupa giustamente la posizione centrale. Quali sono le cose più importanti del tuo, di universo personale? E qual è invece la peggior paura di Celeste?

La mia peggior, ma non più grande paura, credo sia il fatto di non riuscire a raggiungere gli obiettivi estremamente ambiziosi che costantemente mi pongo, essendo io molto critico e severo con me stesso. Per quanto riguarda gli elementi più importanti del mio Universo personale, credo si possano racchiudere in due macro categorie: la natura, per me luogo di pace sensoriale dalla frenesia e l’estetica goffa e “brutalista” della città; e l’amore, sia nei confronti di una ragazza, che per ogni relazione ed elemento che ci circonda. 

Senti, ma ci dici come ti è venuta in mente “Artemisia”? Me la immagino, chissà perché, come una visione, come una folgorazione…

In realtà, (s)fortunatamente, è qualcosa di molto più terreno e concreto. Come dico in “Pariolina” <<una diva di altri tempi, lo dice pure il tuo secondo nome>>, fa proprio riferimento ad Artemisia. Quest’ultima, dunque, è una persona realmente esistita, il caso poi ha voluto avesse un nome che così ben si prestava a raccontare le mie storie.

Sono previsti dei live, per i mesi a seguire? Stai già pensando a quale potrebbe essere un’idea di spettacolo? Il tutto sembra prestarsi bene a qualcosa che oscilli fra il concerto e la fiaba…

Mi piace molto l’idea della musica come viaggio, tanto terreno quanto sensoriale. Sono quindi dell’idea che sia fondamentale raccontarsi e raccontare una storia, sia da un punto di vista musicale e narrativo, ma anche puramente estetico. Tutto questo è dunque racchiuso all’interno della mia idea di spettacolo, un turbine di emozioni che si sposano in un perfetto sodalizio. Tutto questo al momento l’ho potuto vivere a due soli concerti: quello più recente di Venerus, e nel 2017 a quello dei Twenty One Pilots. Purtroppo al momento non sono ancora previsti live per i mesi a seguire, ma sicuramente mi mobiliterò presto per rimediare a questa grande mancanza. 

Categorie
Indie Pop

Darte ci racconta “Tisane Love” con le sue cinque cose preferite

Il cantautore di origini calabresi, Darte, torna con Tisane Love, il nuovo brano che racconta di come è facile sentirsi persi quando ci si ritrova fuori da una relazione tossica come un’overdose.

Il titolo del brano, che arriva dopo i buoni riscontri del singolo “Belli come prima”scritto e prodotto con Mameli, si ispira ad una fantasiosa tisana dalle miscele afrodisiache che simboleggia, metaforicamente, il bisogno di ritagliarsi dei momenti di disintossicazione dalla vita quotidiana. Una sottile ironia che in realtà cela una malinconia, facendo da contrasto ad un sound pop che vuole fare da “scacciapensieri”.  

Abbiamo chiesto a Darte di scegliere le sue 5 cose importanti per parlarci del loro nuovo brano

Pianoforte digitale

Questo piano digitale l’ho preso due anni fa durante l’inizio della pandemia. E’ stata la cosa che più mi ha fatto sentire protetto e al sicuro, ma allo stesso tempo fragile perché è con questo che ho scritto alcune canzoni con cui ho mostrato i lati più intimi di me.

Milano

Milano è la città che mi ha accolto. Mi ha fatto sentire piccolo in così tanta grandezza. La frenesia, la velocità sono cose che ho imparato ad apprezzare. Ah si… anche gli infiniti aperitivi!

Macchina Fotografica Kodak

E’ stata uno dei regali più originali. Quando ho ricevuto questa Kodak usa e getta mi ha fatto tornare in mente i momenti da piccolo alle scuole elementari, quando potevi sentirti importante se avevi una di queste alle gite scolastiche. Ho deciso di tenere cari questa 30ina di scatti, e di utilizzarli nei momenti più belli.

Gatti

Se non si fosse capito amo i gatti. O meglio, ho imparato ad amarli. Ti capiscono meglio di alcune persone. Sono terapeutici.

Casa

Voglio ricordare sempre da dove sono partito. Perché alla fine “nessun posto è casa mia”. Sono i 1200km più lunghi ma che ho sempre piacere ad attraversare per tornare.