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Pop

Cosa c’è nella camera di iosonorama

sce venerdì 25 febbraio 2022 Fenomeni Paranormali, l’EP di debutto diiosonorama, fuori per Disordine Dischi e in distribuzione Believe. Finalmente si svela il mondo dell’artista partenopea: determinata, vulcanica e piena di grinta, dopo anni di gavetta ha deciso di rimettersi in gioco ripartendo da zero e di realizzare il suo nuovo progetto artistico con il produttore Paci Ciotola.

RAMA è l’acronimo di Raffaella Maria Anna, semplicemente iosonorama sui social network. RAMA è una giovane artista partenopea con l’arte che le scorre nelle vene in tutte le sue forme, dalla danza alla musica. Di base c’è una forte identità e voglia di sognare e far sognare attraverso la propria arte e Rama lo fa con la sua autenticità, nel bene e nel male, lasciando indietro giudizi e portando con sé solo la voglia di continuare a credere nelle sue passioni.

Noi siamo stati a casa sua, e questo è quello che ci ha mostrato!

La palla di neve di NYC. Qui ci sta tutto il mio amore che nutro per la Grande Mela, ci sono stata 3 volte e ci manco da 10 anni, ma per me ancora tutt’ora rappresenta la mia città ideale. È una delle poche realtà che tiene fede alle rappresentazioni cinematografiche, detta in parole povere, è come nei film.  Non dimentico quella volta in cui uscendo da un negozio mi sono ritrovata in un flashmob. 

Ci tornerò, l’ho promesso.

Questo oggetto apparentemente insignificante per me rappresenta il mio tesoro più grande. Questa è stata la mappa concettuale del mio esame di maturità.  Il soggetto? Johnny Depp, ovviamente.Avevo associato ogni materia ad un suo film. Per me Johnny Depp è sempre stato l’icona principale della mia vita; il suo trasformismo, la sua poliedricità, e se ci aggiungiamo anche il fatto che lui sia un musicista si capisce ancora di più perché io sia stata così influenzata dal suddetto. Ero veramente piccola quando mi sono appassionata alla sua arte, era un periodo in cui le bambine guardavano i cartoni animati ed io vedevo tutti i film di Tim Burton, cosa abbastanza insolita per una bambina di soli 5 anni.

Ad impreziosire maggiormente questo oggetto sono i disegni realizzati da Gianpiero D’Alessandro, che ad oggi lavora per Justin Bieber, ed è uno degli artisti più quotati al mondo. Beh che dire, questa “tesina di maturità” per me è una reliquia. Carillon from Paris, questo rappresenta umilmente la mia infanzia, il suono, i colori pastello sono dei ricordi che mi lasciano piacevolmente un retrogusto malinconico e che custodisco gelosamente.  Quando mi sento giù, giro la manovella e mi lascio abitare dalla bambina che sono stata.

Jack l’orsacchiotto. Questo teddy bear risale al 2009, mia prima vacanza studio fatta a Londra, l’ho avevo realizzato da sola, in un negozio “BUILD A BEAR”. Ricordo che fu una figata pazzesca, bisognava costruire il peluche dalle basi, scegliere anche l’imbottitura interna, per poi completare il tutto con l’outfit giusto. Io volevo rendere il mio teddy bear unico e così l’ho vestito da Jack Sparrow di Pirati dei Caraibi. (L’ho detto di aver sempre adorato Johnny Depp). E ad oggi quel peluche è un simbolo della mia persona: vestito da pirata quindi emblema di libertà e forza, ma che fondamentalmente è un orsacchiotto simbolo di eterna tenerezza.

Momento di arte pura. Questo è un dipinto su tela del compianto pittore impressionista moderno Leonid Afremov. Questo quadro ha 10 anni, e quando mi sono imbattuta nel sito web dell’artista mi sono immediatamente innamorata dei colori così caldi e così vividi, infatti poi ho scoperto che le sue opere vengono usate in psicoterapia per la riduzione dello stress. Da quel momento in poi ho acquistato una decina di opere sue, perché poi quando mi innamoro di un’artista è la fine. Però questa l’opera ci sono particolarmente legata perché è stata la prima che ho acquistato e perché venivo da un periodo in cui non vedo colori nel mio futuro prossimo.

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Indie Pop

Problemidifase ci tiene compagnia durante un assurdo weekend in montagna

Immaginatevi un assurdo weekend in montagna, di quelli dove non prende il telefono e si finisce stanchi morti alle dieci di sera, ad affondare in letti sconosciuti. Questo disco suona come una scampagnata tra amici, come uno zaino pesante, come la nostalgia di casa e quella strana sensazione che si prova quando si è fuori dalla comfort zone, elettrizzati ma anche a disagio. Un disco che suona come chi ha ascoltato tanto i Verdena, ma non resiste al fascino del cantautorato, come chi vuole raccontare, senza esporsi. Questo disco è una cartolina allucinata di un weekend di cui finirete per ricordare davvero poco.

problemidifase è un contenitore di immagini, sensazioni ed emozioni tipiche del periodo post-adolescenziale. Un calderone in cui si mischiano le paure legate alla crescita personale e ai rapporti con gli altri. Piccole fotografie di specifiche dinamiche, legate ognuna ad una specifica fase della vita. Musica spontanea, non sempre esplicita nella forma ma con un obiettivo preciso: raccontare un certo tipo di disagio personale, sperando che qualcuno ci si possa riconoscere e che, auspicabilmente, riesca a sentirsi un po’ meno solo.

Questa prima prova del progetto solista di Samuele Zenti, è un’ottima autobiografia musicale dai toni soffusi, come fossimo spettatori silenziosi in una cameretta poco illuminata. Era davvero da tempo che non mi ritrovavo così, incollato ad un disco, a sentirmi lì, come presente nel momento in cui il disco è stato registrato. Ristorante / Albergo / Croce è una gita fuori porta con amici che ancora non conosci, sa di un viaggio in macchina con lo zaino sulle ginocchia, sa di quelle canzoni che abbiamo abbozzato, e come sarebbero se le avessimo finite. Ho ascoltato questo disco sfinito, ritrovandomelo tra le mail, dopo una serata in cui mi avviavo confuso a casa, dopo aver sbagliato la direzione del tram ben due volte. Ristorante / Albergo / Croce è come tornare a casa, come ritrovare quell’adolescenza dove avevamo lasciato tutti i nostri dischi preferiti.

Il disco è stato concepito per la maggior parte in una casa sperduta tra le montagne della Lessinia, senza rete telefonica e senza internet. “Privati di ogni possibile distrazione dal mondo esternoracconta così Samuele Zenti, “abbiamo curato gli arrangiamenti, registrato chitarre, bevuto Amaro del Capo, ci siamo incazzati e qualche volta abbiamo anche scritto delle cose nuove. Si tratta di un piccolo albergo chiuso per cessata attività, il cui nome campeggiava davanti ai nostri occhi ogni volta che tornavamo verso la civiltà, fermandoci a Contrada Croce, il luogo più vicino in cui poter usare il telefono e comunicare alle nostre mamme che stavamo bene. Ristorante / Albergo / Croce è il punto di congiunzione fra il totale isolamento e il mondo esterno, il frutto di un lavoro spontaneo fatto di contaminazioni e sperimentazioni, rifinito però nei dettagli con cura e pazienza.

Ascoltatelo.

TG

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Pop

Cosa c’è nella camera di Parker

Esce venerdì 18 febbraio 2022 per Disordine Dischi in distribuzione Believe Solo colpa mia, l’album di debutto di Parker, progetto solista di Manuel Pippus: un viaggio tra tristezza e sensi di colpa con l’ostacolo della solitudine. Undici tracce che si sviluppano come un’autobiografia musicale tra riferimenti letterari e movenze sfacciatamente pop. 

E noi, come sempre, siamo stati a casa sua ed ecco cosa ci ha mostrato.

FLYART: Ho giocato molto a calcio nella mia vita ma l’esperienza fatta con la Flyart Napoli è un qualcosa che mi porterò per sempre. 5 anni di famiglia, 5 anni di vittorie e soddisfazioni. Persone bellissime nessuna esclusa. In primis Capitan Iommelli al quale ho dedicato addirittura un tatuaggio.

Chitarra Arrow: La primissima chitarra che ho avuto. Ricordo come se fosse ieri. Camminavo con mio padre per il centro storico e mi fissai che volevo cominciare a suinare la chitarra. Non ero giovanissimo, avevo 18 anni, mio padre non se lo fece dire due vilte e me la comprò. Ci sono molto affezionato, la porto in tutti i miei viaggi

Maradona: Quando canto mi piace farlo davanti a questo quadro. Quello che è stato Diego per Napoli va oltre il calcio. Un simbolo. Mi piace identificarmi, di credere che si può lottare e vincere o anche perdere ed essere comunque amati per quello che si è. In un mio brano nomino Messi, ma solo perche “Maradona” metricamente non andava bene☺

Mac e foglio: Qui è dove nascono tutti i miei provini prima di portarli in studio. Scrivo ancora sui fogli, mi piace molto di più. Questo in foto è l’inizio del testo di TOKYO

  1. Famiglia: E’ molto importante avere sempre la famiglia al prorpio fianco. Sono una persona fortunata ma questa foto mi ricorda soprattutto che una volta i capelli li avevo anche io ☺
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Pop

Le cinque cose preferite di Simone Galassi

Il 14 febbraio è uscito “Rainbow Tempo”, il secondo singolo di Simone Galassi. Il cantautore racconta con una metafora bambinesca quel momento della nostra vita in cui la voglia di vivere, sperare e sognare supera preoccupazioni e paura. “Rainbow Tempo” è una vera e propria colonna sonora, un ritmo che ci portiamo dentro che ci tiene in piedi quando tutto va storto. Un ritmo che ci accompagna nella crescita e nella voglia di scoprire il mondo. Un brano che mescola un pop leggero ed energico a un cantautorato italiano profondo e in grado di toccare le corde giuste. Ma “Rainbow Tempo” non è solo una canzone, è LA canzone. Quel brano che anticipa e presenta tutta la filosofia del primo disco di Simone Galassi in uscita quest’anno. In questo piccolo assaggio ritroviamo il fil rouge che legherà tutti i pezzi dell’album: la nostalgia e la ricerca del suono romantico. Quel sentimento che Simone riassume nella frase “Piango mentre ballo”. Ovvero quel momento in cui possiamo sfogarci e riflettere contemporaneamente.

Noi per l’occasione, abbiamo deciso di chiedergli quali sono le 5 cose preferite!

Stare al bar
Partendo dalla mattina, osservando i vecchietti che si arruffano verso i giornali per poi leggerne una pagina sola, fino ad arrivare al dopo pranzo quando l’odore di caffè e sambuca si mescola in un senso di convivialità e discorsi di politica tipicamente italiani. 
Inoltre la tradizione del bar concepito non come posto in cui andare a bere soltanto la sera come in altre culture ma come porto sempre aperto è sicuramente affascinante, talvolta rifletto sul come nel bar di casa mia poco prima di vedere i lavoratori che arrivano a fare un aperitivo vedo le nonne o le mamme con i loro bambini che prendono la merenda. I find it very cute. 

Discutere per interminabili ore di come il transumanesimo proposto da Elon Musk possa essere o meno la salvezza per l’umanità
Diciamo che la mia paura di un futuro distopico non è un segreto per quelli che mi stanno intorno, non voglio prendere alcuna posizione o dispensare verità che non possiedo, però da essere umano curioso quale sono, spesso cerco di capire come potremmo arginare il problema delle intelligenze artificiali che inizieranno a programmare i loro stessi codici. In quel caso è come se un enorme mostro potesse schiacciarci senza che nessuno di noi possa far nulla, Neuralink di Elon Musk è un progetto che di base potrebbe evitare questo inserendo dentro di noi uno “strato” in più al nostro sapere, un’intelligenza artificiale integrata dentro il nostro corpo e non più dentro un telefono. Questo ci aiuterebbe a stare al passo con le super intelligenze artificiali che continueranno a generarsi e che al momento sono invisibili al nostro occhio. Una parte di me però si chiede: a quale costo? Sarà davvero un progetto per favorire il transumassimo come evoluzione collettiva, o una mossa autoritaria mascherata?

Gli occhiali da sole e i cappelli
Ho sempre trovato nell’occhiale da sole molteplici funzioni, per esempio quella di nascondermi quando lo sguardo svela troppo del mio umore (lenti scure) o quella di esaltare il mio tono umorale (lenti chiare). Inoltre lo trovo un oggetto decorativo davvero versatile in quanto ognuno può a suo modo dare uno statement attraverso l’occhiale che indossa.  Questo vale anche per il cappello, che dice molto della personalità della persona che lo indossa. Per quanto mi riguarda è un elemento indispensabile e lo indosso quasi sempre. Ne possiedo molti e scelgo anch’essi in base all’umore.

L’insalata Machu Picchu
Un pasto che io e quello che è diventato il mio manager abbiamo spesso condiviso quando mi sono trasferito a Londra nel 2011, quando io ero un busker e lui uno studente di finanza. L’insalata Machu Picchu riempiva i nostri stomaci e riscaldava i nostri cuori perché piatto semplice e colorato. Adesso vi spiego la ricetta:
-Piselli in scatola di media qualità 
-Mais in scatola di altrettanta qualità 
-Carote baby a tocchetti
-Pepe (a piacere)
-Sale (3 pizzichi)
-Maionese (qui non badate a spese)
Mescolate il tutto e accompagnate con tozzi di pane o cracker di qualsiasi tipo. Perché si chiama Machu Picchu? Rimane un mistero. 

Early morning in wonderful Machu Picchu

Fare la doccia fredda e poi calda e poi fredda e poi calda
La mattina rappresenta molto spesso per me un momento di scelta, come fosse un bivio, troppe volte ho scelto la strada sbagliata e l’umore di conseguenza delinea le basi per una giornata di merda. Quando invece la scelta è una bella doccia fredda niente può andar male; se appena sveglio dopo un caffè sei capace di tollerare l’alternanza di temperatura calda e fredda sul tuo corpo puoi psicologicamente affrontare qualsiasi problema si ponga di fronte a te durante la giornata. Inoltre dice che fa bene alla circolazione!

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Comunicato stampa Indie Intervista Pop

I Lamette ci raccontano “Plastica” con le loro cinque cose preferite

Il duo piacentino “LAMETTE” , torna con “PLASTICA”, il nuovo singolo uscito venerdì 18 febbraio ed inserito in New Music Friday Italia e Scuola Indie di Spotify, New Music Daily e Super Indie di Apple Music e Pop 2.0 di Amazon Music. Il brano parla di un ragazzo al quale è stato spezzato il cuore da una ragazza che ha saputo manipolarlo fino alla fine. Una storia d’amore finita male, uno sfogo contro la malinconia che in qualche modo ha come filo conduttore le paure e le ansie della Gen-Z.

LAMETTE è un progetto nato nel 2020, composto da Vasco Cassinelli e Cristian Pinieri. Il duo ha totalizzato oltre 300 mila streams su Spotify che li ha inseriti più volte nelle playlist editoriali, New Music Friday Italia, Scuola Indie, Una Vita In Università e la playlist ufficiale di Xfactor 2021.

Abbiamo chiesto ai Lamette di scegliere 5 oggetti per parlarci del loro nuovo brano

Chitarra Fender 

Cristian: “È uno strumento a cui sono molto legato, sin da quando ho iniziato a suonare. È stata il mio primo approccio con la musica, è tutt’ora il 90% dei nostri brani nasce da una demo chitarra/voce.”

 Videocamera vhs

Vasco: “Acquistata per la bellezza di 15€ ad un mercatino dell’antiquariato è una handycam e la uso principalmente per filmare cose a caso (la tengo sempre in macchina per ogni evenienza). Dà sempre quel tocco vintage che mi fa impazzire.”

 Vinile dei 1975

Cristian: “Attualmente è il disco a cui sono più legato, nonostante sia un album del 2013 suona ancora attuale, resta per me una grande fonte di ispirazione e di motivazione. Fun fact: la copia fisica l’ho appesa al muro perché il mio lettore si è rotto.”

 Rick&Morty

Vasco: “Da grande fan della serie tv ho iniziato a collezionare i pupazzetti e questo in particolare è il mio preferito.”

 Macchina fotografica Fujifilm

Cristian: “Oltre alla musica una mia grande passione è la fotografia, specialmente negli ultimi anni questa macchina è diventata il mio “must have” per qualsiasi uscita, da una serata con gli amici ad una session in studio.”

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Pop

La seduzione pop dei fenomeni paranormali di Iosonorama

Ho sempre fatto parecchia fatica a trovare un disco pop che riuscisse anche a lasciarmi qualcosa. In qualche modo, in questo mio complicato di post-adolescenza, dopo che Calcutta aveva deciso di urlare a tutti che cosa ci manchi a fare, tutto si sia tutto appiattito, banalizzato e che sia effettivamente impossibile fare pop senza scivolare, allo stesso tempo, sulla pelle come shampoo come se non avessi mai ascoltato il disco che invece mi è appena passato traccia dopo traccia in macchina. Ascolto tanta di quella musica da macchina, e raramente torno da voler ascoltare qualcosa a casa, non mi innamoro più di niente, perchè niente si sforza di conquistarmi. E poi è arrivato Fenomeni paranormali di Iosonorama, un trascinante disco pop d’esordio, che non mi ha fatto smettere di ondeggiare, che mi ha fatto abbassare i finestrini e mi ha fatto sentire bene, nonostante stessi andando tristemente al supermercato, che ha saputo ben sedurmi e conquistarmi.

Sono una figlia degli anni Novanta, che si innamorava dei contanti e attaccava i poster delle boy band ovunque, e sono ancora cedevole a quel tipo di fascino, la musica che vuole anche averti, che vuole anche che tu rimanga lì, incollata, che ripeta le parole, che torni a casa dopo una mezz’ora in macchina, e tu non voglia effettivamente scendere dalla macchina per non smettere di ascoltare Iosonorama. Rama è in effetti l’acronimo di Raffaella Maria Anna, semplicemente iosonorama sui social network. Rama è una giovane artista partenopea con l’arte che le scorre nelle vene in tutte le sue forme, dalla danza alla musica. Di base c’è una forte identità e voglia di sognare e far sognare attraverso la propria arte e Rama lo fa con la sua autenticità, nel bene e nel male, lasciando indietro giudizi e portando con sé solo la voglia di continuare a credere nelle sue passioni.

Sette brani e una chiusura magistrale con una versione moderna di Bocca di rosa, arrabbiata e scontrosa, suadente. Un punto di vista femminile, da collega, del celebre brano di De Andrè, quello che canticchiavo timidamente in cucina con mia madre che, senza remore mi chiedeva se sapessi il significato di ciò che stavo cantando. Iosonorama è una dama del pop ballabile, regina della mia estate 2022 che non vedo l’ora di far risuonare viaggiando in Italia in macchina, e in loop quei sette brani che mi sono rimasti nel cuore. Forse più che la musica, alla scena italiana manca l’attitudine, la seduzione e la voglia di divertirsi, tutte cose che a Rama, ora la chiamo come se fosse mia amica, non mancano.

Sin da piccola nutre una forte passione per la musica, iniziando a 6 anni praticando danza classica.  Nel 2021, anno decisivo, una nuova Rama, pubblica 3 inediti: HemingwayZero Volume e Pos/To/Me. Con quest’ultimo brano si aggiudica un posto al Deejay on stage di Riccione, cantando con i big della musica. Ad inizio anno, arriva semifinalista al premio Fabrizio De André ed è tra i partecipanti di Musicultura 2022. A febbraio 2022 esce il suo primo EP Fenomeni Paranormali. E non dovreste perderlo per nessun motivo al mondo!

CF

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Pop

Cosa c’è nella camera del Conte Biagio

Esce giovedì 24 febbraio 2022 nelle Radio e su tutti i Digital Stores “Spunta Blu“,  il nuovo singolo de Il Conte Biagio che porta la firma dell’etichetta Dischi Milano. Il brano, anticipato dal Videoclip di Stefano Poletti è un nuovo capitolo che anticipa l’album  de Il Conte Biagio in uscita in primavera!  Spunta blu è una canzone sfacciatamente Pop con un testo pieno  di figure retoriche e metafore. Nel sound si sente l’indie degli ultimi anni, Calcutta, Giorgio Poi,  Fulminacci e quella ripresa  di un certo mondo ’80 ridisegnato. La sezione ritmica fa invece pensare agli oltreoceano MGMT e ai Metronomy.

Un brano ricercato e allo stesso tempo colorato che vede, non a caso, per l’artwork  la collaborazione di Tarsila Shubert street artist che vive tra California, Bahia e Dubai e che da anni espone le sue opere in tutto il mondo.

Noi come sempre siamo stati a casa sua, ed ecco cosa ci ha mostrato.

Viaggio sempre molto leggero, con al massimo due tre cose un pò come quando sono arrivato a Milano (chitarra, mac e una piccola valigia). Per questo motivo e per attitudine tendo ad avere sempre pochi oggetti personali.

  1. Occhiali: compagni di viaggio dalle medie ormai. 

All’inizio li odiavo,  poi sono diventati il mio tratto distintivo. C’ho messo un pò a cercare quelli giusti per me. Questi sono “Moscot” mod. Zolman e mi piacciono molto! C’è anche da dire che senza ci vedo davvero poco.. (ride ndr)

  1. Tastiera Midi / MINI

 L’ho comprata quattro anni fa alla feltrinelli di Monza. Mi piace perchè non sta mai ferma, la porto spesso con me quando sono in treno per produrre. Il fatto che ha pochi tasti stimola la creatività. Con questa tastiera ho prodotto il mio ultimo singolo “Spunta Blu”.

  1. Chitarra Acustica Eko mia Parlor.

 L’ho comprata il giorno dopo di un mio concerto a Licata in Sicilia nel 2017. Sono entrato nel negozio di strumenti l’ho vista ad è stato subito amore a prima vista! Da quel giorno è la mia compagna di viaggio, con lei ho scritto moltissime canzoni. A ci tengo a dirlo: è una chitarra “normale” come tutte le altre ha solo il corpo un pò più piccolo (no ukulele, no mandolino/no bouzuki)

  1. Poster Selton / Manifesto Tropicale. 

Loreto paradiso, mi ricorda i primi giorni a Milano quando per un breve periodo ho vissuto in una quadrupla in via Porpora, la stessa via dei Selton.  La band brasiliana presentava il nuovo album nel cortile del loro condominio di ringhiera e si, era Agosto e faceva un caldo tropicale.


 

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Pop

Cosa c’è nella camera di Pianista Indie

Fuori da venerdì 18 febbraio 2022 su etichetta Mescal La droga, il nuovo singolo di Pianista Indie che segue il precedente singolo “Patagonia“. Si scrive Droga, si legge Passione. 

Archi, grilli e pianoforte.
Compagni di viaggio per parole che disegnano un quadro ricco di citazioni, grondante di dettagli trasportati dal quotidiano all’infinito; uno di quelli che guardi e riguardi per trovare il particolare che – forse – prima ti era sfuggito. Mai come per questa canzone è importante il testo, scritto e cantato da Pianista Indie, uno dei cantautori in assoluto più interessante della scena contemporanea, qui con un registro vocale inaspettato.

Noi siamo stati a casa sua, ecco cosa ci ha mostrato!

Pop Art, Polaroid e Velvet Underground. Arte, colore e contemporaneità. New York anni 70. Il Village.

Bukowski, spesso presente nei miei testi. Ho tutto di lui. Qui, in buona compagnia.

La geografia, le moto e i Queen, 3 delle mie più grandi passioni.

Il mio giradischi ed un vinile colorato di Ivan Graziani. I dischi importanti si sentono in Vinile.

Il mio pianoforte. La mia musica parte sempre da qui.

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Pop

Cosa c’è nella camera di Material Fields

LOW LIGHTS, in uscita venerdì 25 febbraio 2022, è il singolo di debutto di MATERIAL FIELDS, il nuovo progetto solista di Lorenzo Pasini che ci presenta la sua nuova creatura: il brano tratta il tema del rapporto con la spiritualità e lo sviluppo personale, della sensazione costante di essere immersi in qualcosa che non si percepisce che un suggerimento. La musica tradisce l’amore per il progressive moderno e song-oriented di Steven Wilson e dei Porcupine Tree, filtrato dalla malinconia del rock anni ’90 e tinto delle atmosfere pop-rock contemporanee. Disponibile dal 25 febbraio sulle principali piattaforme streaming e store online. Ogni percorso, commenta Lorenzo Pasini, necessita di un primo passo, di un’idea che per prima si accende e apre la strada alle successive.

Noi per l’occasione siamo stati a casa di Lorenzo, ecco cosa ci ha mostrato.

Lapide

Capita che ogni tanto qualche gentilissim* fan ti mandi dei regali, e questo si posizione tranquillamente nella top 3 dei più bizzarri. A un concerto dei Pinguini ci fu una ragazza che venne a portarci una lapide ciascuno, con riferimento a una nostra canzone. A qualcuno potrebbe sembrare di cattivo gusto, io invece l’ho apprezzato sinceramente, anche perché inaspettato. Non ho mai immaginato che qualcuno potesse regalarmi una pietra tombale.

Lego di Harry Potter

Come tutti quelli della mia generazione (credo, spero) anch’io sono cresciuto tra i libri e i film di Harry Potter, quindi che un giorno in casa mia ci sarebbe stato del memorabilia relativo a Hogwarts era piuttosto prevedibile. Ci sono centinaia di scene iconiche nella saga, ma il Platano Picchiatore è probabilmente un tributo adeguato. E se vi state chiedendo perché Harry è sopra l’auto, beh, perché no?

Sherlock Holmes, Consulente Investigativo

In pandemia tutti abbiamo dovuto trovare qualcosa per occupare il tempo, e io e la mia ragazza siamo piuttosto appassionati di giochi da tavolo, quindi abbiamo colto l’occasione per provarne un po’. Abbiamo quindi scoperto questa serie di giochi dove bisogna risolvere dei casi di omicidio, rapimento o furto scartabellando tra resoconti, mappe e vecchi giornali. Sicuramente stimolante, anche perché siamo ormai alla quarta scatola e ancora ci sentiamo stupidi alla fine di ogni caso. Con qualche rara eccezione eh, ma rara.

Altri giochi da tavolo

Mica ci bastava solo Sherlock Holmes. Ne abbiamo anche diversi altri, ma Azul e i Maestri del Labirinto hanno occupato un’ampissima fetta del nostro tempo in quarantena.

Pterodattilo

Dobbiamo averlo trovato in un uovo di Pasqua a tema Jurassic World, e da allora sorveglia la nostra cucina dalla mensola più alta. Che è la mensola sopra al Platano Picchiatore. Inutile dire che in casa nostra ci sentiamo molto sicuri.

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Indie Intervista Pop

Nella jungla tutta emiliana di Ibisco

Quando ho scoperto Ibisco, circa un paio di mesi fa nell’ambito della nostra rubrica “Dammi tre parole”, ho subito capito che sarebbe stato bello, un giorno, poterlo intervistare.

Sì, perché il ragazzo tutto broncio (fascinoso, sia chiaro!) e Joy Division è uno di quello che ha qualcosa da dire – anzi, più di qualcosa -, e che le volte che parla non passano inosservate le sue risposte e le sue argomentazioni, come ben emerge dall’intervista realizzata da Back To Futura nel salotto di La Jungla Factory; qualche giorno fa, trastullandomi sul web, sono inciampato infatti sulla prima puntata sinergica di “Back To La Jungla”, il format nato in collaborazione tra i due collettivi sopracitati grazie al supporto di Incontri Esistenziali, associazione culturale del bolognese che dal 2015 s’impegna a promuovere la cultura dell’incontro attraverso iniziative che vanno dal sociale al culturale.

E’ proprio nell’ottica di tale “mission” che il nostro caro Ibisco è stato coinvolto nella performance chitarra e voce che lo ha visto protagonista della prima puntata del format, per poi mettersi a nudo con Stefano Valli tra le piante e le belle vibrazioni dell’auditorium della Jungla: come poteva non salirmi la voglia di replicare, e di cogliere al volo l’occasione di fare anche io qualche domanda su “Nowhere Emilia”, il roboante disco d’esordio di Filippo, all’artista stesso?

Ne è venuta fuori una conversazione importante, che mi rende felice del lavoro che faccio. Che poi, è un lavoro? Non lo so, ma nel dubbio continuo per la mia strada: fosse mai, che per la via mi ricapiti di incontrare qualcos’altro di così luminoso come il diamante grezzo (volutamente tale!) che mi ha risposto nel modo che segue.

Filippo, partiamo dal titolo del tuo disco d’esordio, “Nowhere Emilia”. Come si fa ad essere “da nessuna parte” e contemporaneamente in un luogo così definito, come la tua Emilia?

Accade grazie ad una sorta di principio di ubiquità dei luoghi, la capacità che essi abbiano di essere contemporaneamente visibili al di fuori di noi, quali manifestazioni della civiltà e dei suoi opposti, e accessibili all’interno, sotto forma di introspezione, memoria, ricordi, immaginazione.

Certo che il rapporto con il tuo territorio deve avere influenzato la scrittura dell’album; scenari emiliani e periferia bolognese respirano a pieni polmoni attraverso le tracce del disco: che rapporto hai con l’Emilia? 

Un rapporto fatto di interminabile vagare, all’interno del quale le ore vengono fagocitate dai viaggi in auto per guadagnare soldi, dalle carenti memorie di serate urbane, dai moti muscolari ai confini della pianura e da sentimenti a perdita d’occhio.

Nei tuoi brani canti di un disagio che, se vogliamo, sembra raddensarsi attorno ad una visione delle cose che pare urlare, a suo modo, che non esiste alcun futuro. Quali sono i nuclei portanti della tua poetica?

Credo che alla base vi sia una sorta di esistenzialismo che, debole della sua normalizzazione avvenuta nel corso degli anni, per farsi ancora notare quale irrinunciabile punto di vista debba necessariamente alzare i toni. Poi ci sono la fragilità, la sessualità, l’innato desiderio di riscatto soggiacente all’era della disillusione. 

Batterie elettroniche che suonano nelle canoniche, casse sudicie da cui sembra scaturire la vita: gli ultimi, in senso quasi “deandreiano”, siamo noi, generazione allo sbando costantemente impegnata a cercare sé stessa lontano dalla plastificazione del nostro tempo. Credi che esista, nella tua scrittura, qualcosa che possa essere definito “generazionale”? E a questo punto ti chiedo se ti senti parte di qualcosa, di una “generazione sconfitta”.

Dal momento che le persone si rivelano molto più simili tra loro di quanto solitamente non pensino, credo che il vero “essere generazionale” risieda nella più brutale ricerca della sincerità. In questo senso, dal punto di vista della scrittura e della produzione, c’è stata molta attenzione. 

Più che sconfitta, la mia generazione, penso sia sempre più povera di scopi. Il futuro ha sempre meno dimensione. Da un punto di vista meramente masochistico, questo può portare per contrappunto alla formazione di un’urgenza espressiva senza precedenti, dalla quale possano emergere potenti risultati artistici.

Ecco, ho parlato di “beat generation” perché mi pare che il collegamento tra il tuo disco e certe letture (oltre che certi ascolti) sia evidente. Esistono dei libri che hanno influenzato la stesura di “Nowhere Emilia”?

Sicuramente “Noi, ragazzi dello Zoo di Berlino” di Christiane F e “Petrolio” di P. P. Pasolini.

In “B” duetti con Enula, nome conosciuto a chi frequenta la scena “underground”. Credi che oggi si possa ancora parlare di “scena”? Esiste, secondo te, una scena ben precisa come poteva essere negli anni Settanta/Ottanta per la scuola emiliana, genovese, milanese o romana?

“Scena” credo sia un termine meravigliosamente affetto da misticismo e autoironia. È la parola con cui si definisce l’indescrivibile Everest della musica emergente, un mondo dove molto spesso si confondono realtà e velleità, un gigantesco cosplay fatto di amore, sacrificio e un pizzico di spirito sedicente. A mio parere sono i festival a consacrare le varie “scene”, più che il territorio di provenienza.

Cosa vuol dire per Ibisco la parola “cantautore”? Perché in effetti la tua musica respira di uno slancio “autorale” più che evidente. E allora ti chiedo: cosa vuol dire, oggi, fare “canzone d’autore”? Sempre che tu ritenga che tale definizione generica possa, a suo modo, descrivere almeno parzialmente quello che fai.

È una parola che da un lato mi spaventa in quanto ormai sovraccarica di retorica passatista. Fare musica oggi significa inevitabilmente riassemblare elementi precostituiti nel modo più originale e inedito possibile. Il cantautorato, in questo senso, è un ingrediente, più che un’essenza.

Quali sono le tre cose che Ibisco meno sopporta della nostra contemporaneità.

Il bisogno di esprimersi da ignoranti (il silenzio non è un reato), L’ipocrisia di un sistema economico-politico troppo poco orientato al benessere sociale, la mascolinità tossica.

Raccontaci in una manciata di parole la tua esperienza a La Jungla Factory, dove hai recentemente riassaporato il gusto del “live” con una session acustica di “Chimiche”.

Punk, punk, punk. Persone che vivono con grande anima la missione della musica e dell’arte in generale. C’è bisogno di spazi come questo.

Chiudiamo con la più classica delle domande, che però oggi pare essere l’unica che conta: a quando dal vivo, in tour?

Ci stiamo preparando per iniziare a portare il disco live entro pochissimi mesi.