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Pop

Le cinque cose preferite de Limbrunire

Esce venerdì 29 ottobre 2021 Un’ora d’aria, il nuovo singolo del cantautore ligure Limbrunire (al secolo Francesco Petacco), un nuovo capitolo che, con synth trascinanti ed evocativi, come una profezia casuale (perchè questo brano nasce in realtà prima della pandemia globale che ci ha colpito), evidenzia l’esigenza di prenderci una pausa: dal lavoro, dal nostro pianeta, da tutto quanto, anche solo per un’ora, anche solo per tornare da te
 

Un’ora d’aria nasce nel dicembre 2019, in largo anticipo su ciò che avrebbe sconvolto e poi cambiato il mondo. Non è quindi un brano profetico pandemico, ma a quest’ultima realtà alquanto claustrofobica può assolutamente essere contestualizzato. Un’ora d’aria fa leva sull’evasione dai tempi odierni costipati in un divenire confuso, ovattato dal pulviscolo dell’incertezza e dalla richiesta continua e frenetica di soddisfare e portare a termine la completa disumanizzazione dell’individualità sacra e intangibile che risiede in ognuno di noi. Non ha una matrice malinconostalgica, rappresenta piuttosto il punto d’incontro tra la coscienza e la volontà di prendersi e riprendersi un’ora d’aria come atto sovversivo al retaggio sociale, sempre più simile a una prigione a cielo aperto e quanto più distante dalla parola libertà nella sua massima accezione.

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Gli abbiamo chiesto quali sono le sue cinque cose preferite.

1) Leggere

Non potrei farne a meno, e in questo momento storico tale aspetto ha avuto definitiva conferma. E’ ciò che mi tiene appeso all’elastico ciondolante del quotidiano, il vento leggero di tramontana del mattino, l’azzurro terso del nord, un viaggio continuo e indisturbato senza passaporto, senza nessun documento o lasciapassare falso, privo di giudizio. E’ un navigare delicato all’interno di questo e di altri mondi e poi meraviglia, scoppio luminoso del cielo plumbeo, a ritroso nel tempo, nel futuro immediato. Leggere è silenzio, è un ritmo lento contrapposto alla frenesia dell’odierno, è un paracadute aperto sulle chiusure dogmatiche di una società che esige come unico credo solo il consumo fine a se stesso.

2) Creare

La creatività, che nel mio caso complice l’onnivora curiosità contempla disparate forme d’espressione oltre a quella puramente musicale, mi è necessaria. Simile a un respiro, incontenibile come un orgasmo in essa trovo l’evasione, la scoperta di un altro io e un tempo dilatato, lento e cadenzato. E non è solamente un mestiere d’artigianato, da laboratorio, bensì un esercizio mentale e involontario continuo h24, in coda alle poste, davanti al banco del formaggio, in auto fermo al semaforo. E’ un arrovellamento immaginifico alle volte utopico lontano da questo mondo sempre più stanco.

3) Pedalare

Ho scoperto che pedalare con una certa continuità e intensità è una panacea e un toccasana oltreché per il fisico anche per lo spirito. Pedalare in salita, metafora perfetta di vita, disciplina e sudore allena la fatica, il sacrificio, il coraggio e l’autodeterminazione e in cambio dona soddisfazione, appagamento e libertà. Nel mio caso inoltre aiuta ad aprire alcune porte chiuse della mente alimentando l’ispirazione, “hyperizzando” l’entusiasmo.

4) Visitare mostre in città

Ogni qualvolta che mi reco in città ho la famelica voglia di nutrirmi di arte, come cibo per l’anima,  spesso anche senza sapere se all’interno di un museo, galleria o centro culturale di turno vi siano qualche evento speciale o mostre permanenti, o temporanee. Vado con l’ambizione di scoprire, di rimanere incantato, come il più umile dei visitatori di restare estasiato in devozione davanti all’opera d’arte dell’artista conosciuto o ancor meglio sconosciuto a me stesso in quel momento. Amo a dismisura la quiete di tale contesto, le luci soffuse o intense, il silenzio sacrale e lo scatto furtivo, le lunghe didascalie in doppia lingua e il peregrinare dinanzi alle auree magiche, lo smartphone in modalità aereo.

5) Immergermi nella natura

Non potrei privarmene, per nessun motivo. In un bosco trovo pace, rallento i battiti e alleggerisco i pensieri, mi sento a casa. Ai piedi di un lago rifletto la mia sagoma cambiata nel tempo e la persona, le mille persone che hanno abitato in me e gli altri demoni che chiedono ristoro e un pasto caldo. La natura, quale essa sia non ha fretta ne giudizio, è lì immutata e mutabile nelle fasi lunari, nasce, muore e rinasce, dona senza volere nulla in cambio se non rispetto. La natura non ha bisogno dell’uomo, ma l’uomo non può fare a meno di essa. Ecco perchè m’immergo nella natura, perchè mi è necessario sentirmi protetto, allineato.

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Indie

L’etichetta Dischi Sotterranei farà una festa a Padova, abbiamo parlato con loro

3 giorni, 3 palchi e più di 15 tra concerti e dj set fino a tarda notte. La Festa di Dischi Sotterranei avrà finalmente luogo, dopo una pandemia globale e le difficoltà del settore, dal 26 al 28 novembre a Padova: la resistenza musicale della provincia finalmente riunita, una linea up d’eccezione.

Ogni giorno vedrà un aperitivo con ingresso gratuito presso la Casetta Zebrina e con relativo concerto acustico showcase. La serate del venerdì e sabato saranno al CSO Pedro, dalle 21:30 con una carrellata di 6-7 band a sera e dj set fino a tarda notte, a cui seguirà un brunch domenicale, ancora ad ingresso gratuito, in Casetta Zebrina. I biglietti per gli eventi @ CSO Pedro saranno disponibili a 10 euro solo in cassa per la serata singola, 15 euro per il venerdì e il sabato. 

Qui trovate tutte le info:
www.dischisotterranei.com
https://www.facebook.com/events/4535659893123828

Noi ne abbiamo parlato anche con loro:

  1. Qual è il problema della scena musicale italiana secondo voi?

Innanzitutto bisognerebbe capire cosa s’intende per scena musicale italiana. Se parliamo della scena indipendente, che è quella nella quale operiamo noi, facciamo comunque fatica a definire con chiarezza cosa la delimiti ma soprattutto cosa la tenga insieme. Possiamo raccontare i problemi che viviamo noi nella quotidianità di avere un’etichetta, perchè non ci sentiamo di poter parlare in riferimento a un’entità appunto così fumosa nei contorni. In Italia si fa sicuramente troppa fatica a proporsi nel mercato internazionale, qualche realtà che lavora in questo senso c’è ed è utilissima, ma si tende troppo a concepire l’Italia come un sistema chiuso. Naturalmente oggi c’è il problema della carenza di locali di una dimensione medio piccola dove gli artisti possano crescere senza suonare gratis e rimanere per questo in ambito amatoriale, questo è un tema enorme e sfaccettato che ha radici culturali, sociali ed economiche ben precedenti alla pandemia ma che la pandemia ha fatto emergere chiaramente. Inoltre oggi c’è una pericolosa tendenza a valutare i numeri (stream, follower) sopra al valore oggettivo di un progetto musicale e ai risultati reali che gli artisti conseguono dal vivo. Insomma c’è tanto da lavorare per conseguire dei risultati ma non ci piacciono le sfide facili!

2. In questo periodo dove sembra che l’unica cosa importante sia la corsa all’algoritmo e alle playlist Spotify, voi come vi comportate a riguardo?

Ci muoviamo in direzioni diverse contemporaneamente, da una parte “anti-algoritmiche” e da una parte cerchiamo di sfruttare al massimo le possibilità moderne per portare un’alternativa alle proposte più mainstream. Ad esempio abbiamo artisti (vedi Laguna Bollente) che non sono presenti nelle maggiori piattaforme come Spotify, ma che si sono fatti conoscere esclusivamente attraverso YouTube, Soundcloud e Bandcamp. Non per questo snobbiamo o evitiamo di lavorare con le piattaforme digitali classiche, anzi ci dedichiamo molto tempo. L’approccio al mondo della distribuzione digitale che portiamo avanti è il più possibile organico evitando playlist esterne per “pompare i numeri” dei nostri artisti, per assicurargli una crescita naturale e graduale. Lavoriamo a stretto contatto con i nostri distributori digitali raccontandogli tutte le attività che facciamo come etichetta e le attività promozionali specifiche per ogni nostro artista, di base cerchiamo di creare un rapporto umano anche con chi distribuisce la nostra musica. Questo richiede molto più tempo e non dà risultati immediati, ma ad ora iniziamo ad avere ottime risposte dalle piattaforme che ci dedicano spazi e visibilità sulle playlist editoriali sempre maggiori. La più grande soddisfazione di lavorare in questo modo e che i numeri che hanno i nostri artisti sono reali ed assumono tutto un altro valore; ad esempio, un Jesse the Faccio che fino all’ultimo disco VERDE aveva 3000 ascoltatori mensili ha fatto un tour di oltre 50 date in tutta Italia, mentre vedo artisti da 100.000 ascoltatori mensili che si ritrovano a fare 6 date all’anno (ovviamente sto esagerando, ma rende l’idea).

3.Una festa a fine novembre. Cosa accadrà?

A marzo 2020 la prima cosa che ci è saltata a causa della pandemia è stata proprio la festa di Dischi Sotterranei, che organizziamo ogni anno. A distanza di quasi due anni finalmente è giunto il momento di recuperare e faremo le cose in grande, il 26-27-28 novembre a Padova. Abbiamo deciso di far suonare tutti gli artisti del nostro roster attuale. Tutti i giorni  ci sarà uno showcase ad orario aperitivo e ad ingresso gratuito presso Casetta Zebrina e poi la festa si sposterà al CSO Pedro dove si esibiranno su due palchi 15 band e 2 DJ-set. La domenica ci si trova nuovamente in Casetta Zebrina, che vedrà un brunch di ripiglio seguito da un talk. Sarà una grande festa per gli artisti in primis, mai ne abbiamo radunato così tanti in un weekend. Anche per noi è un’occasione unica di vederci fisicamente, cosa che è stata tanto difficile per tutti questi mesi. Insomma ci sono tutte le premesse per una situazione straordinaria.

4. Che cos’hanno in comune gli artisti del vostro roster?

L’attitudine. Musicalmente non ci diamo nessun limite, ma nel modo di fare le cose, nelle intenzioni, nelle velleità e nell’approccio a fare musica capiamo subito se c’è sintonia e quando si incontrano modi di pensare simili, nascono delle belle sinergie.

5. Come siete sopravvissuti alla pandemia? 

Soffrendo. E la sofferenza non è certo finita. Se pensiamo a cosa avrebbero potuto raccogliere dal vivo senza restrizioni alcuni nostri artisti in termini di riscontro ci viene ancora da piangere. Nella nostra dimensione i tour rimangono uno strumento insostituibile per promuovere i dischi e far crescere gli artisti. Nel frattempo le istituzioni sono intervenute togliendo (non tutte) le restrizioni ma in tanti casi è già tardi: tanti locali hanno chiuso o non possono permettersi di esporsi economicamente sufficientemente per sostenere cachet da professionisti. 

Abbiamo messo in stand by alcuni dischi ma la musica diventa vecchia velocemente oggi, per cui siamo stati costretti a pubblicare alcuni lavori senza poterli promuovere come si deve. Abbiamo stretto i denti e speriamo di poter recuperare presto, che le persone a cui ci rivolgiamo abbiano la stessa voglia di recuperare musica e occasioni che abbiamo noi.

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Pop

Le 5 cose preferite dei Cassandra

Esce venerdì 12 novembre 2021Novembre, il nuovo singolo dei Cassandra. La band fiorentina, reduce dall’esperienza di X-Factor 2021 – dove ha presentato il singolo di debutto Kate Moss – ora regala un nuovo capitolo, fuori su etichetta Mescal e distribuito da Sony.   Del brano dicono: “Arriva un altro Novembre senza nemmeno accorgersene e con lui buoni propositi che ormai non sono stati rispettati, vizi che rimango e sbagli che si ripetono, come un vecchio nastro che si riavvolge continuamente perché a quella stessa canzone ormai ci siamo affezionati, nel bene e nel male“.

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Per l’occasione abbiamo chiesto loro quali sono le loro cinque cose preferite.

Lo stadio

Perché rappresenta il ventre umido di una città, con le sue mille sfaccettature, con i suoi pregi e i suoi difetti, perché anche se non vinci niente da anni e sai che non vincerai mai (come nel caso nostro se tifi Fiorentina), sei sempre lì preso bene a spendere voce, fegato e soldi. Un esempio molto semplice per spiegare la parola “passione”.

I cavi

Ce ne sono tanti, tantissimi nella vita di un musicista; attacca, stacca, ricompra.
Questo oggetto ricorda da dove vieni, ti ricorda il sapore di muffa delle sale prova, i palchi appiccicosi dove hai appena rovesciato un vodka lemon o le migliaia di volte che ubriaco a fine serata li buttavi tutti in una borsa senza riarrotolarli e la volta dopo ti maledicevi perché dovevi sciogliere un groviglio infinito; ti ricorda le bestemmie quando smette di funzionare, che tu sia Keith Richards dei Rolling Stones o Francesco dei Cassandra. I cavi uniscono, i cavi livellano.


I finesettimana (persi) al mare

“Oi ciccio si fa bandaccia al mare, vieni?”; “Amo’ passiamo il weekend a fare tuffi dagli scogli”. Quante volte ci siamo sentiti fare questa domanda e tutte le volte la risposta è sempre stata la stessa “No, devo provare” o “No, sono a suonare fuori”. Eppure quando rispondi così e l’ altra persona ti guarda come se tu fossi venuto da Marte non ci fai troppo caso, perché alla fine passare un fine settimana in sala prove o su un palco, non è così male. Ci si abbronza anche con le valvole di un amplificatore.

Piazza Santo Spirito

Ogni città ha un suo ombelico, un centro nevralgico dove accadono cose, si incrociano sguardi e si mischia gente. Fa tristezza vedere questa piazza negli ultimi mesi assaltata dalla polizia antimovida che alle 02.00 chiude tutto… è una cosa così stupida…lo sanno anche i muri che le piazze sicure le fanno i bar aperti.

Litfiba

Abbiamo scelto un disco dei Litfiba per parlare del rapporto contorto che ha la scena fiorentina attuale con quella gloriosa degli anni ’80.  Un rapporto molto simile a quello di un figlio con un padre molto ingombrante, che per carità gli vuole un sacco di bene, lo rispetta, etc etc… però ad un certo punto anche basta, se ne deve “liberare” per farsi una strada propria, bella o brutta che sia.

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Indie Pop

Le lacrime di Parrelle

E’ fuori da qualche giorno l’ultima fatica di Parrelle, artista che fa parte del roster dell’etichetta indipendente romana Luppolo Dischi. Dal 12 Novembre è presente su tutti i Digital Stores grazie alla distribuzione di Artist First. Si tratta del settimo singolo negli ultimi tre anni ed una cosa è restata indelebile, anche dopo diverse release: l’anima fragile di Parrelle. Chi dice che non bisogna offrire il nostro lato più debole alle intemperie di questa vita? Chi ha deciso che le piccole onde di malinconia e di dolore, che si nascondono nell’anima, non vanno condivise con chi non ci conosce personalmente?

Si tratta di rischiare. Di lanciarsi nel vuoto con un paracadute che altre volte non si è aperto, e ci ha fatto schiantare al suolo, rompendoci in mille pezzi, come un vaso di cristallo. Oppure di tuffarsi da una scogliera altissima, chiudendo gli occhi, aspettando che l’impatto con l’acqua, resistente come un muro, ci lasci scampo, e ci permetta di emergere nuovamente. Per respirare aria, a pieni polmoni.

“Alla fine siamo tutti un po’ masochisti. Alla fine siamo tutti perennemente ossessionati da un qualcosa, un qualcuno, che ci farà male, ma che speriamo possa farci stare bene. Ed anche il più cinico, il più introverso, il “senza cuore”, un cuore eccome se ce l’ha, e magari batte ancora più forte, e se ne frega del giudizio degli altri, delle consuetudini: farà male ok, pazienza, ma quegli attimi in cui rischierà tutto, saranno tra i più belli della sua vita.”

Artwork by Alyssa Sermidi

mifacciomaleok” è il nuovo singolo di Parrelle in collaborazione con L.E.D., altro giovane della scuderia Luppolo Dischi, che come un attore di Hollywood fa un cameo di poche scene, regala al brano quel pizzico di malinconia in più ( come se già non bastava quella presente ihih ) e completa un viaggio di tre minuti tra auto flagellazione e un filino di speranza, di fiducia in sé stessi. Il tutto, perfettamente cucinato dalla produzione di Ayellow, altro astro nascente della scena musicale indipendente.

BIO

“Vivo a Boscoreale, paese in provincia di Napoli con gli occhi sul Vesuvio, in una strada che porta il nome di “Via Parrella” al singolare, ma che nel corso degli anni, grazie al dialetto, viene comunemente definita al plurale: “abito ai Parrelle”; da qui nasce il mio nome d’arte, la strada dove abito, perché ovunque mi porterà la musica non dovrò mai, e dico mai, dimenticare da dove sono partito, le mie radici.
Nella vita faccio il fisioterapista alla luce del sole, e l’artista quando scende la notte, ed è più facile chiudersi nei propri spazi e lasciar parlare la musica. Le prime orecchie ad ascoltare le mie canzoni sono quelle lunghe e affusolate di Snoopy, che insieme al divano compongono la platea di tutte le mie demo”

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Indie Pop

Il diritto di essere dei casinisti secondo i Diletta

Quello dei Diletta è un mondo a tinte pastello dove regna il caos, quello che avete sempre sognato: i calzini per terra, pile di libri infinite sparse ovunque, cartoline da tutto il mondo, un frigorifero cosparso di calamite. Sacro Disordine è come l’appartamento che accoglierà la nostra vecchiaia e che straborda di ricordi (fanculo al minimalismo), che contiene una vita di sentimenti e sentimentalisti, piante rampicanti che si inerpicano su tutte le pareti. Sacro Disordine è il primo album dei Diletta dove è finalmente è completamente svelato il mondo del duo lombardo, tra cantautorato ed indie pop: un disordine inevitabile e sacrosanto che è comune a tutti.

I Diletta sono un duo nato nel 2019 da un’idea di Jonathan Tupputi, voce e chitarra, e Andrea Rossini, tastiere e arrangiamenti. Da un primo approccio rock i due amici approdano a un sound più intimo e sperimentale avvalendosi prima della collaborazione di Desirée Bargna ai cori e al violoncello e successivamente di Simone Bernasconi al basso. La loro idea musicale trova compimento nel primo EP “Sacro Disordine” grazie al produttore Luca Urbani (ex Soerba, con all’attivo collaborazioni illustri fra cui Bluvertigo, Alice, Garbo e tanti altri), che dona ai Diletta quel tocco elettro-pop che stavano cercando. “Sacro disordine” concretizza il primo anno di attività passato tra prove e live nei locali del comasco, con 6 canzoni inedite, rigorosamente in italiano, a metà tra l’indie-pop elettronico e il cantautorato più intimo. La band, sostenuta da una campagna crowdfunding lanciata sulla piattaforma Ulule, ha ultimato i lavori nell’autunno del 2020 e ha pubblicato di recente i primi due singoli “Capita” e “Povera città” disponibili su tutte le principali piattaforme musicali.

Questo dei Diletta è un disco che ho avuto la fortuna di ascoltare, consumare, durante una di quelle giornate orribili che iniziano col buio, continuano con la pioggia, e finiscono con il buio, una di quelle giornate che non vedono mai la luce. Che si inizia a scrivere, a lavorare, a studiare come se fosse ancora notte, con la luce accesa anche alle undici di mattina, e non c’è scampo: bisogna restare al riparo, bisogna proteggercisi, e non fermarsi neanche un secondo. Le giornate di pioggia, che Dio ci ha donato perchè le sprecassimo, sono sfruttate fino all’ultimo secondo. Sacro Disordine, una attesa pausa di sospensione, si è rivelato un ottimo alleato: dolci parole che si intrecciano tra synth meravigliosi, che sussurrano che va bene così, che va bene anche fare un po’ schifo, che il disordine, quello mentale soprattutto, è sacro.

Un regalo a chi si sente inadatto, a chi sta affrontando una novità (un trasloco, una nuova relazione, un nuovo lavoro), qualcosa di incredibilmente bello che ci costringe ad abbandonare il nostro amato monolocale, la nostra abituale solitudine, tutto quel tempo libero che riempivamo guardando tutto quello che Netflix contiene. I cambiamenti fanno bene, ma incasinano anche tutto. Io sto affrontando tutto questo, e mi sono ritrovato nel mio Sacro Disordine che mai avrei saputo spiegare, prima dei Diletta. Un cantautorato underground di cui credevate di essere stufi, prima di ascoltarli. Non perdeteveli.

CM

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Indie

Un’opera d’arte e un racconto per entrare meglio nel mondo di “Brilla”

È da poco uscito “Brilla”, il nuovo album dei Les Enfants. Un disco che è un viaggio notturno pieno di luci e che suona come un abbraccio potente.

Sette canzoni, dall’introduttiva “Alba” alla conclusiva “Tramonto” che si mettono a nudo, perché la vita è una sola ed è stupido riempirla con accessori inutili. I Les Enfants sembrano dirci che è bene puntare dritti al cuore delle cose, dei sentimenti, dei rapporti. Siamo noi, con le nostre fragilità e le nostre meravigliose particolarità.

C’è un brano in particolare in questa raccolta che può essere considerato un po’ il manifesto dell’album: “Io e te”.

Più che una “semplice” canzone d’amore, una canzone contro l’individualismo, che racchiude al suo interno tutto un ventaglio di significati.
È la fotografia di uno di quei momenti in cui si fanno i conti con sé, quei momenti in cui – per usare le belle parole del brano – anche se” fuori sembra la fine del mondo, non si ha più voglia di stare a guardare”.

A tutti sono capitati momenti così. Attimi che segnano dei piccoli punti di non ritorno e che fanno fare alle nostre vite un balzo in avanti.
Abbiamo giocato con Marco e Francesco dei Les Enfants e gli abbiamo chiesto di parlarci di uno di quei momenti attraverso un’immagine e un breve racconto. Loro ci hanno stupito con delle opere d’arte fatte da loro!

Marco

Una volta il mondo era tutto giallo.
Gialla la luna, gialle le macchine, gialli i vestiti, gialli i tombini.
Tutto era dello stesso colore. Un colore avvolgente, intimo, un colore che cura.
Ad un tratto Marco pensò: “ma se è tutto CURA, non c’è niente da curare!”
Così scagliò un sasso sulla finestra per rompere il giallo.
Con suo immenso stupore dalle crepe uscì un profondissimo nero che sembrava inghiottire tutti i colori.
“Ommioddio cos’ho combinato” pensò Marco – il nero ormai si stava spargendo ovunque.
Dal cielo gridò una voce “se lo dipingi su un cartone, il nero si sentirà accolto e verrà tutto dentro il dipinto, diventerà la sua casa”.
Così Marco dipinse il vetro giallo rotto su un cartone e il nero subito si ritirò dentro il quadro.
“Che fortuna, tragedia scampata” pensò Marco appendendo il quadro sul muro della sua camera.
Il mondo tornò giallo, fatta eccezione del quadro in camera sua.
Ora Marco era l’unico al mondo ad avere un profondissimo nero appeso sul muro.

Questo quadro nasce dagli scarti di un’altra opera che avevo fatto.
Questi rettangoli gialli mi servivano come modello per ritagliarne altri di diversi colori che andavano a creare una sorta di tramonto sul mare.
Quell’opera era un regalo speciale per una ragazza ma, preso dalla foga creativa decisi di utilizzare questi scarti per creare un’opera nuova.
Così pensai ad un’esplosione o a un vetro rotto e dipinsi di nero un rettangolo di cartone ed incollai i triangoli gialli sopra. Il risultato mi rese molto contento!
Questo collage per me ha tanti significati: può essere un tramonto, può rappresentare una rottura con il passato o un’esplosione di gioia.

Francesco

Riposava nella terra, morbida come un cuscino di nuvole, e chinato appena il capo scorse il suo nuovo corpo armonioso, verde e senza traccia di peluria. Si vide sbucare da una coperta di terriccio leggera. La radice, unico arto a sua disposizione, s’infittonava nel suolo. Tutto era cambiato: quello scandaglio, invisibile ai suoi occhietti, s’inabissava nelle profondità della terra.
– Che cosa mi è capitato? – pensò.
Il giardinetto di via Debussy era diventato un vortice di movimenti frenetici e di sensazioni impreviste. Ci volle un attimo per capire che era solo questione di prospettiva, la sua, che era cambiata. Il mondo era lo stesso, era lui che funzionava in un nuovo modo.
Aveva ereditato l’abitudine di guidare il suo involucro di carne come un’automobile per spostarsi qua e là, additare e addomesticare gli oggetti. Ecco, questo era cambiato. La metamorfosi compiuta. Il movimento dello sradicamento non rientrava più tra le possibilità previste dal suo codice, né l’afferrare, né il tener per sé. Ma sbocciare come una rosa, quello sì.

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Pop

Le 5 cose preferite di Pellegatta

Esce lunedì 4 ottobre 2021 per Adesiva Discografica e in distribuzione SELF Sono come suono, il nuovo secondo singolo di Pellegatta (nome d’arte per Manuela Pellegatta). Il brano è un nuovo capitolo che ci avvicina sempre di più alla pubblicazione di un nuovo album: un brano di electro-pop che suona dolce-amaro, per chi non ha timori di suonare sfacciatamente pop e di fare di Sono come suono un vero e proprio manifesto musicale, per chi ha preso qualche chilo e sta attento al colesterolo.

Il singolo, prodotto da Paolo Iafelice  già al lavoro con Fabrizio De André, Ligabue, Fiorella Mannoia – è un brano che rispecchia lo stile semplice e diretto della cantautrice che racconta“sono come suono è la sveglia delle sei, il caffè bollente che ti  tiene in pista per quattro anni, un periodo in loop e porte spazio temporali di istanti irripetibili. Il brano è stato registrato in tre momenti differenti, prima durante e dopo un trasloco, l’apri pista dell’album fluorescente. Da maggio 2020, ho deciso di concludere tutte le registrazioni del nuovo album attraverso una collaborazione a distanza insieme al produttore Paolo Iafelice e Sara Velardo alle chitarre, la squadra non si cambia”

Film da rivedere : Pomodori verdi fritti alla fermata del treno.

Mi piacerebbe fare un pigiama party con le mie amiche storiche e rivedere insieme questo film con una cofana di pop-corn. Pomodori verdi fritti alla fermata del treno è un film travolgente, parla di Evelyn, casalinga dedita al marito e alla casa, la sua felicità è confinata fra le quattro mura di una villetta nell’Alabama. Dentro a questa apparente felicità si nasconde una insoddisfazione spesso colmata dall’esigenza di mangiare cibo spazzatura davanti alla tv.  

Ogni settimana Evelyn ha  il compito di andare a trovare la zia in una casa di riposo dell’Alabama e durante le sue visite incontra Ninny “l’ammaliatrice di api” una persona speciale che da ragazza per il suo talento innato si arrampicava sugli alberi incantando le api per raccogliere il miele senza farsi pungere. Ogni settimana Ninny racconta un pezzo della sua storia e il film prende una piega del tutto inaspettata i flash back riportano ai ricordi degli anni 20, dei personaggi che ha conosciuto in giovinezza, di un ristorante vicino alla stazione del treno dove con la sua amica Ruth aveva preso in gestione. Evelyn fa tesoro delle parole della vecchina e cerca di mettere in pratica quello stesso spirito Towanda ribaltando casa abbattendo tutti quei muri che per anni non le hanno fatto vedere la sua grinta. Questo è solo un film, ma in realtà se ci pensate quante volte capita di ascoltare una storia e cambiare il proprio punto di vista sulle cose. Non posso raccontarvi tutto il film nei dettagli quindi preparatevi un barile di  pop-corn e buona visione

L’ordine 

Come in un girone dantesco, la mia punizione divina è riordinare ogni venti minuti tutti i  giochi di Gabriele. Non so come faccia a spargere a spargere per casa tutte le sue costruzioni, credo che abbia un talento naturale preso dalla sottoscritta. L’ordine è diventato una mia conquista spirituale che ogni giorno cerco di mettere in pratica  pazientemente, non solo in casa ma anche nella mia vita. Ho apprezzato il lato buono del disordine, stimola la memoria visiva e quindi per anni non ho mai perso niente, si ero disordinata ma con una memoria impressionante per ogni cosa al suo posto. Negli ultimi anni dove 80% degli oggetti non sono miei, incomincio ad avere qualche difficoltà nel ricordare e quindi in primis per un sano principio di sopravvivenza ho deciso di eliminare buona parte dei miei oggetti vestiti in disuso, tenendo l’essenziale così quando li sposto nello spazio li ritrovo con facilità. Questo vale anche per la strumentazione musicale e per il set che devo preparare per il nuovo album. 

Son la prima a credere che le persone non cambiano però posso sincerarmi con voi dicendo che dipende dal cambiamento e per me diventare mamma è stata una trasformazione, un cambio di pelle. L’ordine ha una connessione nella produzione  musicale? Non lo so sinceramente, sicuramente aiuta ad avere le idee più chiare ma spesso per creare serve anche molto caos esistenziale.

Il cibo : dal pollo di Giannasi alle Tigelle 

Il cibo che preferisco, ma soprattutto quello che mi consola dopo  momenti ti pessimismo cosmico è il pollo allo spiedo ( chiedo venia per tutti i lettori  vegani e vegetariani). Fabrizio, il mio compagno di vita, quando mi vedeva un po’ giù di morale andava da Giannasi, una rosticceria vicino a Porta Romana a Milano e per me quel gesto era una dichiarazione d’amore, altro che orecchini collanine … pollo, patatine ed insalatina . 

Qui a Modena non ho ancora trovato il mio dispensatore di felicità, ma ho scoperto il Forno Raffaello che sforna “il gnocco”   (si dice così guai dire “lo gnocco” )  Comunque ho scopeto che ci sono ben altre pietanze molto prelibate che possono palesemente sostituire il pollo come i tortellini in brodo,  tigelle e borlenghi. Sempre a livello culinario importo nel modenese “le vellutone di Manu”una  vellutata di verdure dell’orto servita con crostini di pane saltato in padella olio e rosmarino. In inverno questa pietanza è ben apprezzata e anche il mio bimbo chiede il bis quindi credo che siano davvero top le Vellutone di Manu e quando avanza TAC schiscetta e frizer. Adoro il piccante quello calabrese, Concy la mia ex coinquilina quando arrivava il pacco eravamo tutte entusiaste per tutte le leccornie che tirava fuori dallo scatolone, nell’appa era sempre una festa e la domenica ci preparavamo i Nachos con chili di provola fusa e olio piccante… Baboom.

Dagli indiani a Teheran

Mio fratello maggiore oltre ad insegnarmi a suonare la chitarra mi ha fatto vedere un sacco di film e documentari sugli indiani nativi d’America.  Un film che mi ha sempre colpito è il piccolo grande uomo un film di Arthur Penn prodotto negli anni 70   una produzione indipendente, uno dei primi film che affronta il tema dei nativi americani da un punto di vista nuovo per l’epoca. Il protagonista Jack Crabb (interpretato da Dustin Hoffman) è l’unico superstite della battaglia di Little Bighorn nel Montana. Il film inizia con Crabb ultracentenario che viene intervistato da un giovane giornalista desideroso di acquisire informazioni nuove sugli scontri tra bianchi e pellirossa.  

Il racconto percorre tutte le leggende Wester sfatando i classici miti del mondo nuovo, il pistolero Wild Bill Hickok,  il Generale Custer  e Buffalo Bill. Crabb attraversa ogni fase della sua vita facendo delle virate vertiginose e in lui mi sono sempre riconosciuta sebbene i contesti siano differenti ho fatto molte virate amando e rinnegando quello che so far meglio, cambiano in modo camaleontico ma vorrei tornare alle origini ovvero fare solo quello che mi fa stare bene senza compromessi e quindi tornare ad essere una Cheyenne nel mio spirito.  Una canzone che associo sempre a questo film è la canzone di Fabrizio De André  scritta nel 1981 “Fiume Sand Creek”. Il brano racconta della strage dell’accampamento indiano del 29 novembre del 1864. Solo dopo 136 anni il Congresso Americano riconosce colpevoli gli aguzzini della strage,  quella strage  fu l’inizio di dodici anni di guerre indiane che ebbero il loro culmine con la sconfitta del Generale Custer a Little bighorn.

L’Irlanda e le isole Aran

Ho visto poco ma di quel poco ne ho scritto molto, a 16 anni sono partita per l’Irlanda, era la classica vacanza studio, ma in quaell’occasione ho avuto la possibilità di vedere ad occhio nudo dei paesaggi incantati e le scogliere delle isole Aran . E’ stato un viaggio che mi ha dato lo stimolo per iniziare a suonare, tornando a casa in aereo mentre tutti erano assopiti ho iniziato a scrivere “scogliera” una ballata folk. Mi piacerebbe un giorno ritornare a Dublino e girare tutta l’Irlanda per la musica e soprattutto per la Guinness.

Il Caffè Bistrò a Milano

Uno dei luoghi di Milano ricordo il Caffè Bistro dove ho iniziato a suonare ha vent’anni. Ogni venerdì salivo sulla mensola del Caffè Bistrot con la chitarra e iniziavo a suonare indisturbata come se fosse camera mia. La sera con la mia Graziella andavo verso China Town precisamente in via Lomazzo. Nel locale ho lasciato la  mia dodici corde appesa. Da qualche anno il locale ha chiuso e ora c’è una lavanderia. Di quel mondo ho scritto una canzone Bacco Tabacco e Venere, in brano che racchiude tutta la storia del mio Bistrot. 

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Indie

Cosa c’è nella camera di International Washing Machines

Esce venerdì 29 ottobre 2021 LFS, il nuovo singolo di International Washing Machines.

Un nuovo capitolo per il progetto alternative rock di Matteo Scansani. Benvenuti in un mondo fuori dagli schemi, dalle mode, dalle dinamiche delle playlist e delle condivisioni. Questo progetto, sfacciato e sincero, è la follia emotiva di chi non ha ancora smesso di sognare nella propria cameretta. Questo brano è quindi una dedica a chi non ce la fa più, a chi pensa di essere arrivato al limite, a chi sta male per colpe non loro: questo è “LFS”. Il brano racconta di tre ragazzi che decidono di farla finita, di mettere un punto alla propria esistenza, non sentendosi più in grado di sopportare il peso delle scelte e dei commenti altrui. Ogni ragazzo ha una storia e delle motivazioni diverse che li porta a fare tutti la stessa scelta. La parte finale è una protesta contro il giudizio, contro chi si sente nella posizione di poter puntare il dito, contro chi è la causa del malessere delle persone definite, erroneamente, più fragili. 

La musica che fa da sfondo al tutto è un insieme di elettronica e alternative rock, con la chitarra in primo piano accompagnata da vari synth, da un basso definibile punk, e da una batteria studiata per dare il giusto movimento al pezzo. La struttura non è classica ed è molto dinamica, con momenti in cui il tutto rallenta per poi ripartire più ritmato. “LFS” rappresenta la lotta contro la superficialità del giudizio e contro l’arroganza di chi critica, di chi si sente superiore. 

Non abbiamo saputo resistere, e per l’occasione gli abbiamo chiesto di invitarci nella sua camera. Lui ci ha raccontato la storia di quattro oggetti lì presenti.

Direi di iniziare dal mio angolo preferito della camera, quello da dove nascono tutti gli arrangiamenti dei miei brani. C’è poco da dire, anche se è un angolo di una stanza, questo spazio contiene un mondo, il mio mondo, il mio modo di evadere e di guardare la realtà da un terzo punto di vista.  

Invece questo quadretto è un regalo di una mia amica. Lei fa questi disegni su legno, molto belli secondo me, e la storia dietro credo sia molto divertente: uno dei tanti pomeriggi che passavo a casa sua notai questo dipinto e subito le dissi che era veramente bello. Diciamo che solitamente i suoi disegni non sono così inquietanti, anzi, e lei non era molto contenta del risultato, appunto perché, secondo lei, troppo macabro. Mi disse che potevo portarmelo a casa, che era il disegno giusto per me. È un oggetto a cui sono molto legato sia per la sua bellezza che per la persona che me lo ha regalato, che fondamentalmente è la mia migliore amica. Se volete vedere altri suoi disegni o volete addirittura prenderne uno, la potete trovare su Instagram con il nome @d_00_dles 

Questo è un oggetto che può essere tranquillamente definito un cimelio. È un regalo che mi è stato portato da Bologna, preso in un mercatino di libri. Sono abbastanza patito dei libri, in generale, ma pensare che questo abbia vissuto così tanto è ancora più eccitante. Questa è infatti un’edizione del 1903, con la rilegatura dei fogli mai aperta. Sì, perché questi tipi di stampa di quel periodo venivano fatto fatti su fogli che poi venivano piegati in quattro e rilegati. Per leggere l’opera bisognava infatti usare un tagliacarte, ma non mi sono azzardato minimamente a tagliare neanche mezza pagina. Mi piace tenerlo come quando è appena uscito dalla casa editrice (:

Per ultimo, ma non per importanza, il poster del brano “Annarella” di uno dei miei gruppi preferiti, i CCCP.  La frase scritta invita a un momento di solitudine, condizione doverosa per alimentare i propri pensieri, per riuscire a ragionare sui propri dubbi, su quello che ci accade intorno, per mettere ordine all’interno della propria testa. Sono anche parecchio legato a questo pezzo, compagno fedele nei momenti di introspezione, di viaggio nel proprio io.

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Pop

Intervista ad Alessio Marucci: Mongolfiere è il nuovo brano

MONGOLFIERE”, è il nuovo brano del cantautore Alessio Marucci, nato dalla preziosa collaborazione con Marco Canigiula (autore anche per AnnalisaEmma Muscat e tanti altri) e Francesco Sponta (autore anche per Annalisa, ArisaAnna Tatangelo e tanti altri), e prodotto negli studi di Cantieri Sonori.

Il brano affronta il tema dalla nostalgia per qualcosa che era, ma che non è più. Percorre strade fatte di ricordi, affronta il dolore di un addio, ma spera in qualcosa di migliore che arriverà. Il punto di vista, infatti, è proprio quello di una persona immersa nel suo dolore per aver perso qualcosa che credeva importante, che intorno a sé trova solo ciò che resta, ovvero macerie; ma è serena, perché sa di aver fatto il possibile per salvare quel che poteva salvare. Il meccanismo delle mongolfiere, in un certo senso, è correlato al concetto di libertà: quando una relazione finisce, che sia un amore o un’amicizia, potrebbe essere vista come qualcosa che aiuta a ritrovarci, una sorta di liberazione da un peso che ci tratteneva a terra e che liberandocene rende più agevole il decollo della mongolfiera.

Alessio Marucci ha risposte alle nostre domande in questa intervista:

Ciao Alessio, benvenuto su Perindiepoi. Ci racconti qualcosa sul tuo progetto? “Ciao a tutti gli amici di Perindiepoi. Il mio progetto è nato diversi anni fa. La musica è sempre stata la bussola mentre tutto intorno a me cambiava. Durante un periodo un po’ particolare della mia vita avevo rischiato di perderla, per delle mie paranoie, finché non ho capito che nella vita avrei potuto fare tutto, diventare chiunque, ma lei doveva esserci sempre. Da lì nacque “Un miglio da te”, pubblicato nel 2018, che parlava proprio dell’importanza di ritrovare sé stessi. Quando il progetto è nato il periodo storico/musicale era totalmente diverso: il vero pop era ancora il genere dominante, il saper cantare, sebbene stesse cominciando a calare, era ancora un’arte apprezzata… a differenza di oggi. Ma sono molto orgoglioso di portare avanti ancora questo genere, nonostante sia passato di moda”.

Mongolfiere è il tuo nuovo singolo: com’è nato questo brano? Di cosa parla?
“Mongolfiere è una canzone che racconta la nostalgia per una relazione che finisce. Come dico
sempre “le canzoni migliori nascono da un cuore infranto”, ma il mio messaggio questa volta è nel
titolo. Se uno ci pensa, le mongolfiere non hanno nulla a che fare con la nostalgia; ma perdere
qualcuno non deve per forza essere negativo. Talvolta, può rappresentare una liberazione da un
peso che ci teneva a terra: tolto il peso siamo più liberi di decollare. E questo è proprio il
meccanismo delle mongolfiere”.

Hai collaborato con molti autori per questo tuo ultimo lavoro. Come sono nate queste collaborazioni? Come è stato lavorare con autori che hanno scritto canzoni per big della musica italiana?
“Beh, sicuramente per me è un grosso orgoglio avere al mio fianco dei professionisti di questo
calibro. La collaborazione con Marco Canigiula e Francesco Sponta è nata nel 2017, più o meno,
quando ci siamo messi al lavoro per “Un miglio da te”. Io stavo uscendo da un periodo di pausa,
cercavo la mia strada ed ho trovato loro”.


Quali sono gli artisti che hanno maggiormente influenzato il tuo percorso artistico?
“Mah, io credo che ogni artista che seguo abbia qualcosa che ha influenzato il mio percorso. In
Italia penso alla tecnica vocale di Giorgia; alla agilità vocale e all’intonazione sempre perfetta,
nonché alla versatilità di Anna Tatangelo; ai testi e alla bellissima voce profonda di Tiziano Ferro…
se guardo al panorama internazionale, ovviamente, non posso non menzionare Christina Aguilera,
Demi Lovato, Bruno Mars… mi piace molto lasciarmi influenzare dalle sonorità RnB…”.

Domanda di rito: progetti futuri? Live? Magari un disco?
“Progetti futuri… tanti… ci sarà una versione acustica di Mongolfiere e le tracce per il disco ci sono.
Sarà pronto presto e ne sono davvero fiero perché, non solo è il mio disco di esordio come
cantante ed autore, ma anche come produttore. Meglio di così…”.

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Indie Internazionale Pop

Le 5 cose preferite dei Labradors

I Labradors hanno recentemente pubblicato il nuovo singolo “Anger Management Plan n°327” (You Can’t Records /To lose la track), brano che segna il ritorno del power trio milanese dopo tre anni di silenzio e che ha conquistato l’inserimento in ben quattro playlist editoriali Spotify, tre delle quali global. Un risultato inaspettato ma che premia la qualità della loro musica. 

Noi li abbiamo incontrati per chiedere quali sono le loro cinque cosa preferite.

Weezer
Weezer è il nome che più spesso viene tirato in ballo quando si parla di Labradors, per una volta non a sproposito. Li seguiamo e amiamo da sempre, anche negli anni bui in cui erano diventati un meme vivente e pubblicavano musica discutibile. Poi a un certo punto si sono anche ripresi. AMPn327 è uno dei nostri pezzi in cui la loro influenza si sente più concretamente, chitarroni e quel retro gusto grunge ma catchy as fuck.

Le inside jokes
A volte i nostri pezzi nascono da piccole stronzate che succedono nella nostra vita quotidiana, cose per cui ci prendiamo per il culo a vicenda fino a diventare gag che durano anni. A parte Filippo, che dei tre è il più equilibrato, sia Pilli che Fabrizio hanno le loro issues per quanto la mala gestione della rabbia per esempio. Leggendarie le volte in cui Fabrizio ha disintegrato un porro sul piano della cucina dopo aver constatato che la sua gatta Doris gli aveva rosicchiato il cavo delle cuffie; o quella volta in cui Pilli ha scagliato un ventilatore contro la finestra in seguito a uno scazzo di coppia. Sì, quello stesso ventilatore sulla copertina di AMPn327.

“Worry” di Jeff Rosenstock
Raramente un album ci ha messo d’accordo totalmente come questo capolavoro. Jeff è un artista eccezionale e più o meno nel periodo in cui uscì “Worry” abbiamo avuto la fortuna di fare due date con lui in Italia (torna Jeff!), grazie ai nostri amici Sarah e Raffaele di Grasparossa Events. La sua influenza si è fatta sentire per tanto tempo dopo quelle date e nella linea vocale di AMPn327 abbiamo voluto omaggiare il suo modo un pò scriteriato di cantare.

“Teenage Sister”
Anche se cambiamo spesso stile nei nostri pezzi, ogni tanto ci piace mantenere una sorta di fil rouge con qualcosa che abbiamo fatto in passato. La reference per il nostro ultimo pezzo per quanto riguarda il sound è stata…un altro nostro pezzo: “Teenage Sister” sull’album “Growing Back” del 2013. Uno dei pezzi più croccanti che abbiamo mai fatto, non suonava come nient’altro su quel disco (che pure era molto croccante)e non è mai più uscito dalla nostra scaletta live.

L’aggettivo “croccante”
Qualcuno recentemente ci ha fatto notare che lo usiamo molto spesso, forse troppo. E’ così. Ci piace tantissimo. Croccante. Con il nostro nuovo singolo, poi, casca proprio a fagiolo.