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Intervista Pop

Tra l’abisso e il collasso: Intervista alla band Dopo Saturno

DOPO SATURNO, TRA L’ABISSO E IL COLLASSO: UN EP, UN VIAGGIO NOTTURNO TRA LE CONTRADDIZIONI DEL NOSTRO VIVERE

Dopo il loro debutto dal vivo in apertura a Scarda, i Dopo Saturno pubblicano l’EP d’esordio dal titolo Tra l’abisso e il collasso, disponibile su tutte le piattaforme digitali. Cinque canzoni dalle atmosfere minimali con al centro le contraddizioni della società contemporanea. Synth e chitarra acustica dominano gli arrangiamenti volutamente spogli per dare risalto a testi densi di significato e di spunti di riflessione. Un progetto che si inserisce perfettamente nel panorama indipendente e cantautorale odierno senza ammiccare a sonorità in voga nelle radio ma che punta sull’autenticità della proposta, su un’identità artistica già molto delineata e su un obiettivo preciso: rivendicare l’importanza di un’estetica notturna, vagamente esistenziale all’interno dell’indie italiano.

La Band ha risposto alle nostre domande in questa intervista.

– Ciao ragazzi, il vostro è un progetto davvero interessante. Da cosa deriva la scelta di un sound così minimale? Il sound è stata una naturale conseguenza dovuta alla nostra formazione, in due gli strumenti sono pochi ma questo ci consente di far risaltare i testi che per noi sono essenziali. Quello che volevamo assolutamente evitare era seguire il sound del momento, le tastiere anni ’80 e i suoni “catchy”, avrebbero stonato con il messaggio dei testi.

– L’idea dei Dopo Saturno è nata grazie alla web serie Khabum, nel disco c’è una canzone nata da questo esperimento?Crollare”, il quarto pezzo dell’ep, inizialmente era solo una parola scritta su un bigliettino. Per approcciarci alla scrittura in italiano siamo passati attraverso questo “gioco”, la sfida di scrivere canzoni partendo da un titolo scelto un po’ dal caso, un po’ dal nostro subconscio. Col tempo ci siamo staccati da questo metodo ma è stato un punto di partenza fondamentale.

– Quali sono i temi principali del vostro Ep? Il tema ricorrente è la critica, una critica sia verso se stessi (“Un lato poetico”, “Crollare”, “Dietro nuove trincee”) che verso la società (“Sea of Tranquility”, “Tra l’America e il Messico”). Mettersi in discussione sia come individui che come parti di un insieme più grande è importantissimo, soprattutto oggi che siamo chiamati a combattere tante sfide: ansie, cambiamenti climatici, depressione, consumismo, perbenismo di facciata. Ci siamo dentro tutti ed è giusto porsi dei quesiti in merito.

– L’idea del videoclip di Sea of Tranquillity
Il video parte da un concetto molto semplice, mostrare i danni di un consumismo sfrenato. Da una parte troviamo Marco circondato da pacchi regalo colorati, dall’altra Riccardo che viene sepolto dalla spazzatura. Sono due facce della stessa medaglia: le cose inutili delle quali ci circondiamo sono le stesse che buttiamo via e che finiscono per inquinare il pianeta nel quale viviamo. Ovviamente è il tema principale della canzone, in cui immaginiamo un futuro distopico nel quale l’umanità continua a ripetere su un altro pianeta gli errori che hanno portato alla fine della Terra.

– Quali sono le nuove trincee al giorno d’oggi?
Le nuove trincee sono luoghi apparentemente sicuri ma che finiscono per inchiodarti lì. Ognuno ha le sue trincee, ma in ogni caso sono vicoli ciechi che portano a chiudersi in sé stessi e a perdere il contatto con la realtà. Meglio uscire allo scoperto, magari ci si prende qualche pallottola ma il dolore ci ricorda sempre che siamo vivi. 

– Quali sono i rimedi per salvarsi dall’abisso e dal collasso?
La noia è il rimedio più comune. Spesso ci rinchiudiamo dentro a una routine che ci permette di mettere il pilota automatico e andare avanti senza pensare troppo. Altri rimedi sono l’arte, per qualcuno è lo sport, per altri è il cibo oppure il sesso. Tutto ciò che sospende la percezione di sé aiuta a non guardare dell’abisso e e non collassare nelle proprie paure.

– Nel disco ci sono tanti riferimenti a diverse parti del mondo, siete dei viaggiatori e qual è stato il viaggio che vi ha segnato maggiormente?
Marco: per me il viaggio che più mi ha segnato è stato quello in Thailandia. Vedi una cultura totalmente diversa dalla tua, ho parlato con persone provenienti da ogni angolo del mondo. Mi sono ritrovato in un luogo fuori dall’ordinario all’interno di un viaggio in cui non avevo tappe prefissate, è stata una bella avventura.
Riccardo: il mio viaggio più bello è stato in Marocco e anche io sono stato colpito da una cultura profondamente diversa. Profumi, usanze, ideologie: per la prima volta mi sono sentito un viaggiatore più che un turista.

I Dopo Saturno sono Riccardo Betti e Marco Lompi, un duo alternative-pop chitarra, voce e synth di Borgo San Lorenzo, in provincia di Firenze. Nati nella calda estate del 2018 in un fresco seminterrato nascosto tra le colline toscane. Dopo una prima esperienza con la band My Light Bones, durata sette anni con 3 ep e un significativo numero di live soprattutto a livello regionale, la molla che ha fatto scattare di nuovo la scintilla è stata la visione della web series Kahbum e la sfida di replicare l’esperimento di mettere in musica un flusso di coscienza sulla base di titoli sorteggiati. Tra l’abisso e il collasso è il loro EP d’esordio ed è stato anticipato dai singoli Un lato poetico e Sea of Tranquility, rilasciati durante l’estate.

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Indie Intervista Pop

La Lambrooklyn di Mico Agirò

Lambrooklyn” è il nuovo singolo di Mico Argirò, e da poco ha pubblicato anche il nuovo video. Noi affascinati dalla sua musica e dal nuovo contenuto, non potevamo far altro che intervistarlo subito. Non perdetevi il nostro incontro, buona lettura!

Ciao Mico, benvenuto! Complimenti per la tua ultima canzone, “Lambrooklyn”, sei soddisfatto?

Abbastanza. Tanto a livello di diffusione e consensi e questa cosa mi onora, ma forse avrei desiderato più contatto umano, più confronto sui contenuti, più profondità. Oggi invece si galleggia sulla superficie, mi fa piacere che il pezzo stia surfando, ma preferirei immersioni nei fondali.

Quando hai scritto la canzone?

Tra ottobre e novembre del 2020, periodo di zone rosse nel quale evadevo il coprifuoco per il solo desiderio di farlo.

Quale credi sia la novità che porti nel panorama musicale?

Questa è una domanda complessa. Io credo che ultimamente nella mia musica ci siano tanti elementi di novità: la fusione tra musica acustica ed elettronica nella cornice della musica d’autore, tematiche molto contemporanee, ma non per forza di moda e nel pensiero dominante, un approccio minimale che mischia tante influenze, il fatto stesso che analizzi tutto ciò che mi capita o che vedo attraverso il filtro unico dei miei occhi e della mia sensibilità. Non sono cose nuovissime, non ho inventato delle ali per volare alla Leonardo, ma ho uno stile personale nel rapportarmi alla musica e al mondo, credo sia difficile trovare qualcosa di uguale a me su Spotify.

Non dico migliore, ma uguale.

Quando hai iniziato a fare musica?

Ho iniziato molto presto, da ragazzino, con la chitarra nella mia cameretta, da lì alle prime canzoni il passo è stato breve e da quelle ad oggi è stato insieme un’eternità e un battito di ciglia.

Dove ti immagini suonare i tuoi pezzi live?

Sto suonando spesso dal vivo, per fortuna, e lo sto facendo nei contesti più disparati e diversi: dai palchi grandi con lo spettacolo elettronico (insieme a Biagio Francia) fino ai localini, dalle situazioni in acustico alle presentazioni fino agli house concert. Non credo di avere un luogo ideale per suonare, non mi interessa tanto il luogo, quanto l’incontro con le persone, il collegamento attraverso il microfono della mia anima a quella di ogni singola persona sotto il palco.

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Intervista

Mattia Fortebuono racconta il nuovo singolo “Roma Milano”

Fuori Roma Milano è il nuovo brano di Mattia Fortebuono, un singolo malinconico che racconta cosa ha lasciato quel treno e quella pazza storia d’amore. 

“Ogni giorno circolano più di 380 treni in Italia ma quel regionale Roma Milano era speciale, non era un semplice viaggio da una città all’altra. In quella tratta è nato l’amore, si è evoluto, è scoppiato, ha fatto scintille e poi si è sgretolato lasciando soltanto rumore, lo stesso rumore di un treno che corre, ti passa accanto e se ne va in un attimo”.

Il brano scritto da Mattia Fortebuono e prodotto da Antonio Condello si immerge nel contesto musicale indie pop proponendo un sound fresco e diretto.

Mattia ci ha raccontato quale curiosità in questa intervista:

Mattia Fortebuono, classe 1999, è un cantautore di Reggio Calabria. Il primo incontro con la musica è stato a 8 anni iniziando lo studio del pianoforte e successivamente della chitarra. Da qualche anno, spinto dal bisogno di raccontarsi, intraprende lo studio del canto presso l’AMCM del Maestro Franco Dattola e parallelamente si avvicina alla scrittura affiancato dal Maestro Antonio Condello.

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Indie Pop

Le cinque cose preferite di sonogiove

Dopo la recente esperienza a Deejay On Stage, Giovanni Casadei in arte sonogiove pubblica oggi venerdì 1 ottobre per Formica Dischi il primo singolo del suo nuovo progetto musicale dal titolo Aquilone. Un pezzo indie-pop dalle sfumature lo-fi che vede la produzione di Alberto Melloni e che ci parla dell’immortale concetto d’amore.

sonogiove è Giovanni Casadei, classe ’95, di Rimini. Il progetto è nato nell’effettivo nel 2020. Giovanni  ha già un progetto sotto un altro nome, all’attivo da anni che lo ha portato ad avere il proprio piccolo bagaglio di esperienza. Da un anno si cimenta invece in questo progetto totalmente in italiano, basato sull’uso della chitarra classica arpeggiata, mischiando indie, pop, e lo-fi. È seguito dal produttore di Riccione Alberto Melloni. A ottobre 2021 esce col suo primo singolo con Formica Dischi. Recentemente ha partecipato a Deejay On Stage (Radio Deejay), essendo uno dei 40 artisti selezionati che si è esibito a Riccione. sonogiove ha l’esigenza di parlare con le sue canzoni, di comunicare cio che pensa e che vive, in chiave pop agrodolce. Aquilone è il suo primo singolo e parla del concetto di amore presente in ogni persona, e anche se si prova a schivarlo o a sorpassarlo, una forza gravitazionale tira la persona verso questo concetto.

Il Cesena Calcio e la passione che ho da quando sono piccolo, poiché di metà famiglia cesenate, giocare a calcio anche con gli amici mi piace molto.

La mia sala prove in campagna costruita con gli amici nel 2016, luogo di tanti periodi, persone e abitudini diverse della mia vita. In questo posto ho scritto e registrato diverse cose.

La chitarra classica nera che ho a casa, distrutta, rotta in due pezzi più volte e poi ricucita, avrà 40 anni.

Il kebab a fine serata, ho anche scritto una canzone sul Kebab!

Il mare d’estate, quelle giornate da cazzeggio con amici al mare, dove non pensi a niente.

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Pop

Tutta la libertà di Marco Scaramuzza

Di Marco Scaramuzza avevamo già avuto modo di parlare qualche tempo fa, quando aveva consegnato all’etere il suo secondo singolo “Rosa” a poche settimane di distanza dall’esordio con “Cuore di plastica”.

Già allora, ci era sembrato di aver davanti un ragazzo speciale, e se vogliamo diverso da quelli che siamo abituati ad incontrare sui rotocalchi dell’indie nazionale; Marco, in effetti, ha qualcosa di estremamente vintage non solo nella musica che propone (che si ancora saldamente ad una certa tradizione autorale che, come tutte le cose belle, è destinata a non passare mai di moda), ma sopratutto nell’approccio al modo di fare musica.

Sì, perché nell’era della perfezione geometrica di sezioni auree testo-musicali ad appannaggio dei dosaggi giusti di esperti ragionieri discografici, nel secolo avaro delle riproposizioni seriali di altrettante riproposizioni seriali, nel marasma di anonimato che ad ogni venerdì di uscite rinnova la sua (poco) eletta schiera di nuovi volontari all’oblio, Marco si erge con la serenità del totem su tutto un panorama di illusi e disillusi della musica e della discografia facendo quello che gli riesce meglio: essere sé stesso, nudo e crudo (a tratti, anche fin troppo crudo!), e facendosi alfiere di un popolo invisibile (ma presente) che lotta silenziosamente per proporre un’alternativa a tutto questo rumore.

“Gli Invisibili” è un disco che fa pensare, e questo è forse il suo più grande merito. Non è un lavoro impeccabile, sia chiaro: certe cose, e Marco forse lo sa, potevano essere curate meglio in fase di produzione, ma è innegabile che il sentimento di forte urgenza e necessità che il lavoro comunica sin da primo ascolto convince l’ascoltatore ad affezionarsi a tanta convincente imperfezione.

Volete una prova? Ascoltatevi “Libero”, e arrivati al ritornello capirete che per Marco di regole non ne esistono. Se poi avete voglia di farvi mandare in tilt il cervello, la parabola de “L’orto” è quella che fa per voi: più vite raccontate ed intrecciate come matrioske nel giro di valzer di un brano denso, ammaliante e avvolgente.

Insomma, non lasciate che Scaramuzza resti invisibile. Per noi, non lo è già da un po’.

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Pop

Ho intervistato gli Amore Psiche, in un cimitero

Esce venerdì 24 settembre 2021 SCOPRIRE, il primo disco degli AMORE PSICHE, un nuovo capitolo del progetto nato a Milano nel 2018 come canale espressivo per la dolcezza e la nonviolenza. Scoprire ci svela finalmente il mondo degli Amore Psiche, già anticipato dalla title-track, il secondo singolo Dolce Illusione e il più recente Mostrati Fiera. Questo disco è un invito a lasciarsi andare, a conoscersi di più, ad accogliere anche le sorprese, a scoprirsi, e a scoprire gli Amore Psiche. 

La voce di una cyborg immaginaria accoglie nel primo brano dell’album e accompagna chi ascolta in atmosfere folk- rock attraverso incertezze e strade difficoltose, verso un orizzonte da scoprire, come il titolo. Ogni brano avvolge come un sentimento caldo e porta alla poesia delle piccole cose, alla riflessione che guida verso se stessi e il mondo in continuo mutamento, da assaporare con ritmo lento. 

Abbiamo portato anche loro al cimitero Monumentale di Milano, per far loro qualche domanda.

  1. Come state vivendo Milano in questo periodo di rinascita? Da quanto tempo non venivate al Cimitero Monumentale di Milano? 

La rinascita non é completa per noi se non ci saranno azioni concrete da parte dei governi per scongiurare possibili future pandemie connesse a allevamenti intensivi, distruzione della biodiversitá, inquinamento e via dicendo. Come singoli cerchiamo di ridurre la nostra impronta ecologica, i nostri consumi. Per esempio facendo un giro in bicicletta al cimitero monumentale, come in effetti ha fatto Daniela per accompagnare un amico proprio dopo i lockdown. É un luogo che trasmette grandiositá e pace coi suoi monumenti mistici, e come in tutti i cimiteri si respira l’immensitá. 

  1. Quanto il vostro album Scoprire può essere collegato proprio a questo nuovo periodo in cui tutto sembra ricominciare? 

L’album vorrebbe portare a riflettere su quanto giá prima era piuttosto ingiusto e poco attento alla natura, ci sono forze che spingono al miglioramento e forze che bloccano sia a livello personale che sociale, é la dialettica del mondo, il disco cerca di mettersi dalla parte del miglioramento, della soluzione e non del problema. 

  1. Avete voglia di raccontarci la storia della vostra band? Tutto è iniziato in pandemia, no? Che ne è del progetto musicale precedente da cui è tutto partito? 

In veritá durante la pandemia abbiamo registrato, tra un lock down e l’altro, era giá tutto pronto. Il progetto precedente é stato un passaggio necessario a cui siamo molto grati, poi abbiamo scelto di entrare piú profondamente nel nostro stato a prescindere da quanto fossimo alla moda e é nato il disco.

  1. Siete attenti alla nuova scena musicale? Cosa pensate di poter condividere con i nuovi nomi dell’indie italiano? 

Cerchiamo di scoprire quanta piú musica possibile ma le uscite sono davvero tante, vorremmo essere un’intelligenza artificiale per ascoltare contemporaneamente 1 milione di dischi. Ci interessano band che non assomigliano a altre band, o insomma non troppo, e in effetti stiamo cercando quelle con cui condividere per esempio un concerto, abbiamo alcuni nomi, per esempio Alessandro Pacini, Gov, Alice Tambourine Lover, sono i nostri nuovi nomi.

  1. Cosa consigliereste a chi non è più nel mood di scoprire?

Di non scoprire piú niente e lasciarsi andare alla deriva, che poi deriva non é mai, per scoprire bisogna fare spazio, quando meno se l’aspetta si troverá in un regno nuovo e sconosciuto, probabilmente accattivante.

foto di Simone Pezzolati

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Pop

Le canzoni sui paralleli, secondo Francesco Savini

Francesco Savini pubblicherà proprio oggi a mezzanotte per Le Siepi Dischi il suo nuovo singolo Equatore. Una canzone che è stata scritta in un periodo complicato dove hanno iniziato a prendere il sopravvento pensieri negativi, in primis l’ipocondria citata nel brano, che si insidia nel cervello proprio nei momenti di maggior vulnerabilità. La canzone ci presenta Francesco alle prese con alcuni metodi “convenzionali” per uscire da questa trappola, come una bevuta di troppo, ma anche con la realizzazione che alla fine per un cantautore la cura migliore resta sempre scrivere testi.

Sfruttando il titolo del brano, ci siamo fatti raccontare da Francesco una canzone per ognuno dei paralleli più importanti della Terra -ricordiamo che, come ci hanno insegnato in geografia alle elementari, i paralleli sono le linee che “tagliano” la Terra in orizzontale (a partire dall’Equatore che infatti ha latitudine 0), mentre i meridiani sono quelle che la tagliano in verticale.

Circolo polare artico

Ilomilo – Billie Eilish. Non so come mai ma è una canzone che ascolterei perso nel ghiaccio ma non immenso. Per questo la ascolterei molto di più al circolo polare artico che a quello antartico. 

Tropico del cancro

Una Canzone che non so – Gazzelle. È una canzone che “mi ricorda il Messico”. 

Equatore

Ovviamente la mia “Equatore”. Correte ad ascoltarla, domani.

Tropico del capricorno

Shoot to Thrill – AC/DC. Per il parallelo che attraversa l’Australia come non pensare alla più grande Rock Band australiana?

Circolo polare antartico

Antartide – Pinguini Tattici Nucleari. Non potevo farne a meno. 

14° parallelo

Passa proprio sopra Roseto degli Abruzzi, il mio paese. Per questo motivo la canzone che ho scelto per il 14° parallelo è la mia “Zenzero”. 

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Pop

P L Z, gli alieni che caddero sulla Terra

Ormai è da un anno che questo misterioso duo mascherato ci regala un singolo più bello dell’altro e a questo punto è lecito aspettarsi un album. Nell’attesa siamo saliti sulla nostra navicella per andare a parlare con loro nello spazio, ma niente, alla fine li abbiamo incontrati a Milano. E ci hanno rapiti.

Ciao P L Z, partiamo dal vostro nome che ovviamente fa pensare alla parola “please”. Elencateci cinque cose alle quali non chiedereste mai “please”.

Non chiediamo mai il permesso per alzare il volume, svuotare il frigorifero, far traboccare la vasca, disfare il letto, far andare le lingue.

Siete alieni, ma a giudicare dalle vostre numerose collaborazioni avete fatto amicizia con un sacco di terrestri. Avete già delle idee (o dei desiderata) per eventuali featuring futuri?

Ci piacerebbe collaborare con Alien Alien, Ellen Alien, My Cat Is An Alien e Lil Mayo.

Preferite stare su un palco o chiusi in studio a sperimentare e comporre?

D’estate meglio lo studio con l’aria condizionata; d’inverno invece nei club con le maschere trapuntate di extensions davanti a un MEGA ventilatore come Beyoncé.

A proposito di MEGA, il testo del vostro ultimo singolo, è una sorta di mantra: una frase breve ripetuta; niente strofe, niente ritornelli. Questo è un elemento di novità rispetto alle vostre uscite precedenti. Rappresenta l’inizio di un nuovo percorso o solo un’eccezione?

I mantra sono bellissimi, risparmi un sacco di neuroni a seguire il senso della storia e ti concentri più sui suoni. Vogliamo fare testi sempre più minimi e didascalici, al limite della cantilena rincoglionente, roba che cura l’anima e aiuta a produrre endorfine. Poi però la canzonetta riflessiva ci scappa sempre, damn!

In “Secoli” cantate: “Oh mio dio, parli di futuro e io non ho risposte ma semplici domande”. Siete più tipi da futuro o da passato?

Guardiamo avanti, ma giorno per giorno. Il passato tanto raffiora sempre, non puoi rinnegarlo ed è pure bello vedere come si trasforma nel presente. Insomma, non riusciamo a non darti una risposta retorica, sorry.

Quest’estate non si potrà ballare in discoteca. Salutate i lettori di Perindiepoi con cinque meravigliosi brani svuotapista.

  • Tim Exile – Family Galaxy
  • Minor Science – Blue Deal
  • Rhyw – It Was All Happening
  • Planningtorock – Misogyny Drop Dead
  • Piezo – A Touch of
  • Smerz – You See
  • Chrome Sparks – Marijuana

Oddio, forse sono troppi, ma quando si tratta di svuotapista-meraviglia, non ci conteniamo.

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Internazionale Pop

I tesori della stanza di Sesto, un viaggio attraverso 3 oggetti

Esce giovedì 23 settembre 2021Galleggianti (fuori per Le Siepi Dischi, in distribuzione Believe), il secondo singolo di Sesto. Un nuovo capitolo che segue la pubblicazione, da indipendente, di Sbalzi, brano d’esordio del progetto solista di Alessandro Giorgiutti, che l’ha portato tra i finalisti dell’ultima edizione di Musicultura. Un nuovo mondo che si svela per pian piano e ci accompagna verso la pubblicazione del disco d’esordio. 

Tra cantautorato e psych rock à la Tame Impala, Galleggianti parla dei migranti, senza parlare di politica, del limbo in cui si trovano quando sono in mezzo al mare, in balia delle onde, del freddo, della calca. C’è chi attraversa il mare per fuggire ad una realtà ostile è strettamente – e incredibilmente – legata alla burocrazia. Galleggianti ricorda all’ascoltatore che su quella barca potrebbe esserci chiunque. Te compreso. 

Gli abbiamo chiesto di portarci in camera sua, come dopo un appuntamento romantico, e lui ci ha parlato di quattro suoi oggetti in particolare. Ecco quali:

Porta rullino riutilizzato
In Spagna ho conosciuto questo ragazzo Francese che lavorava per questa fondazione, Clean Ocean Project, che riutilizzando una cosa così banale cercava di sensibilizzare le persone a non lasciare i mozziconi per terra.

Harper Lee – Il buio oltre la siepe
Perché è un libro che ho bevuto in 48 ore e non mi capita spesso, perché adoro i racconti, le storie e questo libro è un viaggio bellissimo nella testa di un adolescente del profondo sud americano negli anni della segregazione razziale. 

Spilletta Love
Storia bizzarra ma vera, mi lascio con una ragazza, vado in spiaggia a meditare sul futuro, a guardare l orizzonte e a piangermi un po addosso. Mentre sono lì scorgo tra la sabbia questa spilla, con scritto sopra Love. 

Amy WinehouseBack to black
Tra i tanti dischi questo è uno che riascolto sempre volentieri, per la voce, la produzione e per la sensazione di avere davanti un opera senza tempo.

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Indie Pop

Gli Amore Psiche danno l’amore anche ai robot

Inizio con una piccola provocazione. Ma se il disco del 2021 fosse in realtà un piccolo album semi-sconosciuto di una band di quarantenni? Cioè, non è che forse stiamo cercando i suoni migliori e il sangue fresco di post liceali e nei giovanissimi che passano inevitabilmente dai talent, quando magari sarebbero da cercare nell’ultima fatica di chi nella musica ha saputo affondare, di chi si cosparge di suoni e chitarre come fosse fango e ne riemerge sempre più forte? Gli Amore Psiche sembrano farci respirare tutti quei dischi consumati dai nostri genitori, quelli che poi ci appassionavano e poi ascoltavamo di nascosti, sembrano riportarci ai primi concerti delle occupazioni e di quell’età dove tutto sembrava magnifico: qualsiasi ragazzo che sapeva suonare la chitarra, qualsiasi band ci trovassimo davanti.

Scoprire è il titolo del primo album degli Amore Psiche, e sempre Scoprire è il disco delle prime volte, proprio perchè in grado di descrivere le emozioni, come se le provassimo per la prima volta, riportandoci ai banchi di scuola, alle sorprese, ai momenti in cui si scopriva tutto. Come quella prima volta che mi sono innamorata, che non era la cotta per Kurt Cobain, ma per una persona reale, dagli sguardi reali, che però mi avrà rivolto una decina di frasi in tutta la sua vita. Ero una sorta di robot che sente per la prima volta qualcosa, come la protagonista di Dolce Illusione, un calore immenso che fa anche molto male. E fa anche molto male sapere che forse gli Amore Psiche ce li ascolteremo in pochi, e in pochi vivranno quell’invito a ritrovarsi adolescenti, a buttarsi a suonare il sax, a provare un lavoro piuttosto che un altro, a studiare medicina oppure cinema, in pochi torneranno in un momento in cui tutto è possibile.

Ascoltare questo disco, complice l’ipnotica voce di Daniela, mi ha riportato quindi proprio lì, in quel folle momento dove sfogliavo Rockerilla durante l’ora di latino, segnandomi una marea di titoli di dischi e nomi di band di cui non sapevo assolutamente nulla, però mi piaceva come suonava un nome, o un aggettivo che aveva usato quel qualcuno per recensirlo. Poi mi fiondavo nel meandri di internet alla ricerca del modo migliore e illegale per ottenere tutti i dischi che mi ero prefissata di ascoltare. Ogni volta una scoperta, un’ondata di suoni che mi penetravano sfondandomi lo sterno, e non c’era bello o brutto, solo il nuovo. Scoprire è questa cosa qui, e sarò grata per sempre agli Amore Psiche per avermelo ricordato.

Un folk-rock che si arricchisce di synth, che sa di nuovo come quando scopri uno scatolone di vecchi Urania nella vecchia casa dei tuoi, un segreto custodito bene e mai rivelato, qualcosa di antico e primordiale che risale finalmente a galla. Non abbiate paura di cercare anche voi i vostri scatoloni sotto al letto.

CM