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Post-Punk

Cosa c’è a casa di Conroi

Conroi è il progetto musicale di Marco Ciafarone che, lo scorso 10 gennaio, ha pubblicato il suo nuovo disco “Blues Rosa”, una raccolta di 10 tracce dal gusto post-punk che per l’artista rappresenta solo un piccolo tassello di una ricerca ancora in corso. Abbiamo provato a conoscere meglio il suo percorso artistico facendo un giro direttamente a casa sua, lì dove nasce ogni singolo pezzo, e abbiamo chiesto a Marco di parlarci degli oggetti a cui è più legato. Ecco cosa ci ha mostrato:

Il mio piano (con cartoline dei mua roi)

La storia di questo piano non è proprio in stile fiera dell’est di Branduardi ma la ricorda o comunque dà un’idea dei concatenamenti che si possono creare, chissà perché, nella vita delle persone: mia sorella conosce quello che diventerà il suo futuro marito, dopo un po’ che si conoscono lui le dice che ha visto una specie di gran mercato delle pulci e lei lo dice ai miei, i quali vanno e prendono con sé un baule verde e una specchiera bordeaux. Prima di uscire, mio padre vede questo pianoforte – lo immagino in silenzio e nel pulviscolo con la luce che entra dalla porta a vetri o forse è quello che mi ricordo dacché poi sono andato a vederlo anch’io. Ora, io non ho mai suonato un pianoforte e vado lì, tocco un tasto o forse due e dico che… Va bene. Probabilmente cercando di non far trasparire la mia ignoranza.

Mentre sono in una piccola sala prove a registrare il mio primo singolo con persone vere (M!rage) questo piano viene trasportato a vivere con me in pratica. Un Anelli di qualche quintale che riceve anche la recensione dei trasportatori: vale di più lo sgabello.

Stanza grande del secondo disco

Registro il mio primo disco di lì a poco e riesco ad aggiungere qualche tocco di quel pianoforte in Beatles4Ever e Re Chiodo, ad esempio.

Siamo già nella stanza grande del secondo disco ma ho ancora una mente bicamerale, come dice qualche studioso a proposito degli antichi greci.

Primissima chitarra (3/4) (regalo di un mio amico. Sul retro riproduzione del disegno di copertina di Forever Changes dei Love (1967) fatto da un altro mio amico)

Quella piccola chitarra me la porse con disinvoltura un mio amico quando lo andai a trovare a casa dopo il primo anno di università: nessuno dei due suonava e io – fatto raro – ero accompagnato da una, o la, ragazza in quell’occasione; neanche avesse previsto che lei mi avrebbe messo su quelle corde.

La mia prima fonte di musica probabilmente (Un mangiadischi con le sigle dei cartoni animati)

La stanza piccola del primo disco è dove ascoltavo il piccolo giradischi, la mia canzone preferita era probabilmente una che si chiamava Rosvita e credo le cantasse tutte Cristina D’Avena, o forse no.

Stanza piccola del primo disco (Sulla parete si intravede un grande cerchio arancione che ho dipinto un giorno)

Il grande disco arancione sul muro potrebbe essere quel rising sun della ballata resa famosa dagli Animals o il waterloo sunset dei Kinks o quel marte che viene citato nella canzone Darlin’ Dana di Blues Rosa… disco che ha una traccia suonata interamente al pianoforte e registrata in una sola take, Che Altro.

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Comunicato stampa

“Blues Rosa” è il nuovo album di CONROI

Disponibile su tutte le piattaforme digitali da venerdì 10 gennaio 2025 il nuovo album di CONROI dal titolo “Blues Rosa”. Ecco cosa contraddistingue, sul versante sonico, questo lavoro: ottenere qualcosa che sia il più possibile simile all’esperienza di suonare quel qualcosa – manifestando un flusso vero e proprio, dall’inizio alla fine di ogni canzone, a partire dalla struttura peculiare di ognuna (definita dalla ricerca di MC e precisata in fase di preproduzione da MC e MF). Questa è una ricerca in corso di CONROI, non iniziata e non finita con questo disco – la ricerca di polifonia sia musicale che linguistica ne è la trasformazione: un particolare linguaggio poetico e un’ottica intergenerazionale – e, probabilmente, in futuro sonorità elettroniche o della musica concreta.

Dettagli della copertina: l’immagine centrale è una manipolazione digitale di una foto originale, in stile collage – senza I.A. coinvolta, per quanto l’effetto straniante possa suggerirla. Il passepartout è ricavato scomponendo l’iconico design di Bruno Munari per la collana Nuovo Politecnico di Einaudi – che dal 1965 al 1990 propose saggi quali La morte della famiglia o Il mercato dell’arte, per citarne un paio.
 

“Traccia di anni, eseguita in poco tempo come i pittori giapponesi col bambù. Band di quattro elementi in presa diretta su nastro. Senza click né quantizzazione, tramite un mixer RAI del 1974. Tecnica e stile di una cultura utopica. Genere? Un’occhiata alla pagina wiki della voce post-punk… Non ha che fare né con l’idea di post né con l’idea di punk. Senza un vero e proprio centro. E senza una periferia. Un discorso di fragilità, di forza e di potere. Di eleganza anarcoide. Restituire una certa idea di frastuono, di carne e sangue. E di mancanza. Di calore. La musa inattuale e contemporanea, che vorresti ma non sai sussumere. Rischiare la sovrapposizione di identità privata e collettiva, giocare. Un blues maccheronico da quattro soldi che di blues non ha niente: potrebbe essere l’equivalente dello spaghetti western, però, dunque un potenziale capolavoro.”
 

Scopri il disco su SPOTIFY



Arrangiamenti: Marco Ciafarone e Marco Fasolo
Canzoni di Marco Ciafarone, prodotte da Marco Fasolo presso Big Tree Studio (BS)
Mix di Marco Fasolo
Mastering di Riccardo Zamboni

Voce, Chitarra elettrica e acustica: Marco Ciafarone
Batteria: Carlo Poddighe
Chitarra elettrica, Bass VI: Kevin Magliolo
Basso elettrico: Alessio Lonati
Cori e percussioni: C. Poddighe, K. Magliolo, A. Lonati

Altri contributi:
Marco Ciafarone: pianoforte in “Che Altro”
Carlo Poddighe: pianoforte in “Due Specchi”, “Lontano” e “Sai”
Kevin Magliolo: pianoforte in “Pam E Gerri”
tastiere: “Due Specchi”, “Rocksteady”

Immagini di Marco Ciafarone
 

BIO:

Ha iniziato quando era alla scoperta della grande musica degli anni sessanta – nessuno aveva la più pallida idea che fosse un musicista, ma era innamorato. Suonò da mancino e inizialmente usò una corda sola, canticchiando parole casuali ma non troppo. Se non fosse stato per un coinquilino pianista non avrebbe raggiunto neanche il re. Passano anni nei quali non si immagina al servizio della musica, se non tramite le immagini in movimento – e sperimenta il multimediale. In francese medievale, conroi può riferirsi a un gruppo, una compagnia o una scorta – un insieme di cavalieri o un gruppo di persone che viaggiano insieme per protezione o compagnia. E con roi sta per burattino, in Vietnam. Il tassello mancante, a questo punto, era la materia: incarnare la musica non è una cosa ovvia, per molti; come incarnare ciò che si è. La voce, elemento organico se vogliamo, è la punta di questo processo che riguarda ogni molecola del proprio corpo.
 
Durante un giro a New York, mentre sua sorella si intrattiene a Central Park, John Lennon sul marciapiede sotto casa gli intima di continuare la musica. Quando impugna di nuovo la chitarra, la musica gli chiede il matrimonio chimico, un rebis alchemico, la coincidentia oppositorum di un blues rosa, che altro… Le canzoni esistono già. Dev’essere colpa del giradischi con le sigle dei cartoni animati, tutta colpa di un Revolver se non sa dire di no. Riceverà un vecchio pianoforte lasciato a un mercato delle pulci, per continuare l’opera. E le cartoline dei burattini d’acqua che gli riporta sua sorella dal Vietnam (mua roi).

https://www.instagram.com/_conroi_/