In una location segreta (ma poi neanche tanto, è per fare un po’ atmosfera) in Piemonte, c’è la base operativa di Ohimeme, il Flat Scenario. Una casa e un punto di riferimento per gli Ave Quasàr, Torchio e DadoBargioni. Artisti molto diversi tra di loro, che spaziano dall’elettronica al cantautorato rock e che sembrano azzeccarci ben poco eppure, durante un pomeriggio di marzo, sono andato a trovarli per capire qualcosa in più e me li sono ritrovati tutti davanti a un caffè, senza barriere o differenze di sorta, a parlare di musica.
Ma da cosa sono accumunati gli artisti di Ohimeme? Da un disco prodotto presso Flat Scenario, dallo stesso produttore artistico (www.lucagrossi.me). In alcuni casi da un’amicizia pregressa, in altri da un’amicizia sbocciata.
E in cosa sono diversi allora? Ascoltano musica totalmente diversa tra di loro. Hanno una visione molto distante tra loro rispetto agli ingredienti che servono per considerare una canzone “finita” e questo è un aspetto molto stimolante.
Come vi siete incontrati e quando siete finiti a lavorare al Flat Scenario? Registrare e produrre questi dischi a Flat Scenario è stato frutto di un passaparola tra amici e conoscenti, è capitato tutto in modo incredibilmente spontaneo e fisiologico.
Cosa c’era prima in quel seminterrato? Una stalla, queste mura esistono da almeno 250 anni.
Come sarà Ohimeme tra qualche anno? Sarà ancora un posto in cui vivere serenamente la propria artisticità. Un posto in cui cercare un suono, un’idea senza piegare i tempi della creatività ai tempi del mercato. Avremo diversi partner e collaboratori, saremo sempre più attivi nel comunicare con gli altri addetti del settore.
Qual è il problema delle etichette della scena indie in Italia? Non so se li definirei veri problemi ma mi vengono in mente questi due aspetti: 1 applicano a volte metodi un po’ troppo “industriali” 2 vogliono essere a tutti i costi etichette di genere 3 hanno tutte il profilo Instagram troppo “pettinato” ahahahahah