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Il lockdown secondo i Maldimarte

Dalle costole dei Vinylika, prende il via la seconda vita artistica di Vincenzo Genuardi e Domenico Mistretta, rei di una collaborazione ultradecennale. In una decade di rock’n roll e chitarre distorte, l’armonia sempre in primo piano aveva dato vita ad un trascinante power pop, con testi in italiano e melodie ammiccanti atte a conquistare al primo ascolto. Un approccio compositivo che ora, con una rinnovata ispirazione e la maturità acquisita sul campo tra palchi e home studio, sterza verso una nuova veste più moderno/cantautorale. L’urgenza espressiva in chiave rock si è trasformata in pacata osservazione degli eventi che accadono intorno, in una narrazione che prende spunto più dalla realtà esterna che dall’introspezione. In “Maldimarte” le chitarre fanno un passo indietro rispetto ai synth e i brani diventano un osservatorio passivo su un futuro cronico e individualista. Rallentare diventa la nuova urgenza, per riprendere il contatto con gli elementi fondamentali della vita e la percezione di un mondo che non è e non sarà più lo stesso.

Abbiamo chiesto loro di raccontarci il loro lockdown.

L’arrivo della pandemia vi ha sconvolto qualche piano? Quale?
Ha sconvolto tutto, sul piano personale e lavorativo, ma l’assenza dall’occupazione principale ci ha dato più tempo per dedicarci alla musica, tempo che aspettavamo da anni, quindi ne abbiamo approfittato per comporre nuova musica e fare uscire il nostro primo Ep.

Come state passando questo strano periodo, qual è la vostra routine?
Purtroppo nel persistere delle restrizioni non è cambiato molto, continuiamo a promuovere ”Vicini di Caos”. Probabilmente ricorderemo e ringrazieremo a vita questa pubblicazione perché in un momento cosi assurdo è stato per noi motivo di crescita e sviluppo sul piano artistico, ci ha tenuti occupati con la promozione, e quindi ha riempito intensamente le giornate. Nel frattempo si lavora a nuovi singoli.

Ve la ricordate la primissima quarantena? Come la passaste?
Periodo epico difficile da dimenticare, reclusi come tutti da un giorno all’altro, tra cucina, studio, videochiamate, qualche suonato live in dirette organizzate… un paio di volte abbiamo trasgredito il DPCM per scambiarci pedali, chitarre etc., in perfetto stile proibizionismo.

Di cosa parla il vostro ultimo singolo? L’avete scritto nell’ultimo anno?
Respirerò” è una finestra che si affaccia sul mondo, una disamina contemporanea su un mondo flesso a logiche assurde non conservative. L’idea è che si possa posticipare qualsiasi comportamento scorretto ai posteri, consegnando loro un vero inferno. La terra ha a disposizione miglia di anni per metabolizzare il nostro funesto passaggio e tornerà a respirare prima o poi. Questo ci consola.

É stato scritto nel 2018 e inciso alla fine del 2019. Spesso, durante le nostre conversazioni, veniva fuori questa frase: “C’è troppa felicità immotivata e troppa stasi, sta per succedere qualcosa”. Detto fatto. Non so perché ma ce lo aspettavamo, il singolo, ne è prova documentale; molti invocano una normalità come se fosse l’eden, sappiamo benissimo che non è così.

Cosa vi manca più di qualsiasi cosa?
Le chitarre sul palco, la botta della cassa e il basso che scuote, i post concerto, i lunghi viaggi per andare a suonare, l’arrangiarsi per fare musica e goderne.

Vi ricordate ancora l’ultima serata che avete fatto post 22.00?
A dire il vero facciamo un pò fatica a ricordarlo, forse è passato troppo tempo.