Categorie
Indie Intervista Pop

Come un album di fotografie. L’intervista a Jacopo Gobber

Il lungo viaggio delle canzoni perdute di Jacopo Gobber le ha portate a confluire nella mega raccolta antologica “20 anni di manicaretti” (18.10.2024, Labellascheggia). Abbiamo colto l’occasione per fare qualche domande al cantautore veronese.

Artwork: Sara Vivian

  • “Vent’anni di manicaretti” ha una storia particolare, perché è un disco in cui hai scelto di raccogliere brani provenienti da diversi momenti della tua carriera, donando loro unità e distribuendoli per la prima volta tramite i circuiti ufficiali. Come mai hai preso questa decisione, a vent’anni di distanza dai primi pezzi?
    Il primo motivo è personale: volevo come per un album di fotografie, mettere in ordine le foto e catalogarle, così per poterle riguardare quando avrò 80 anni e fumerò la pipa sulla poltrona. Il secondo motivo è quello di poter dare la possibilità anche ad altri di ascoltare queste canzoni, “pisciarsi sulle scarpe” ad esempio potrebbe essere il classico brano che fischietta un serial killer prima di commettere un massacro.
  • La decisione di creare un album ha portato con sé la necessità di dargli una copertina ed una rappresentazione estetica; hai affidato la cover a Sara Vivan, che ha creato per te un artwork stracolmo di colori e affollato da figure di animali che sembrano nascondere una qualche simbologia; tu che interpretazione dai a questa immagine?
    Domenico dell’etichetta Labellascheggia, che cerca sempre di associare alla musica che distribuiscono il lavoro di un grafico coerente, mi ha proposto delle immagini già pronte di Sara Vivan, quindi la copertina non è stata fatta propriamente per l’album ma è un disegno di Sara fatto in totale libertà. Siccome io mi immaginavo come copertina un negozio con sopra una targhetta storica tipo “indie dal 2003, 20 anni di manicaretti” come fanno le attività storiche, chessò “pizza fatta con antica farina dei Sumeri direttamente dalla Mesopotamia”. In quell’immagine di Sara mi sono rivisto io come cameriere in un bar artigianale che serve robe strane a clienti particolari (tucani, giraffe, elefanti), e mi sembrava adatta allo scopo.
  • Oltre al suo spirito collettivo, l’album è segnato da un elemento non trascurabile, ovvero quello della sua lunghezza. In un’epoca in cui il singolo ha preso il sopravvento sul concetto di disco, decidere di pubblicare un lavoro che si avvicina all’ora di durata rischia – purtroppo – di diventare controproducente. Secondo te, è ancora possibile comporre un disco capace di intrattenere un pubblico sempre più abituato a progetti mordi e fuggi?
    Uno potrebbe essere appassionato di macchine da scrivere: conoscere tutti gli inchiostri, i vari metalli con i quali le producono, e riconoscere, solo sentendo il battito dei tasti la marca e il modello della macchina. Probabilmente sarebbe controproducente dato che oggi quasi nessuno è interessato alle macchine da scrivere ma se vai ad ascoltare questa persona, lui può portarti nel suo mondo e raccontarti tutti gli aneddoti sulle macchine da scrivere. È una persona ricchissima dunque, anche se commercialmente potrebbe essere povera. Io voglio sempre fare musica per la quale non mi debba vergognare e questo si scontra spesso con le esigenze di mercato. Cosa resterà di questi progetti mordi e fuggi tra 50 anni? A questo punto è meglio che i miei parenti stretti, tipo i pronipoti, non si debbano vergognare del bisnonno quando ascolteranno la mia musica, se lo faranno.

  • L’aver raccolto brani provenienti da epoche diverse della tua carriera fa sì che l’album risulti essere una mescolanza di stili e atteggiamenti diversi fra loro. Si notano quindi brani maggiormente leggeri e altri che richiedono una maggiore analisi: ascoltando l’album e tornando a rapportarti con il te stesso del passato, come ti rapporti a questa duplicità?
    Nella raccolta ho cercato di non mettere doppioni, ma di far vedere un po’ tutti i “colori” che mi uscivano fuori quando componevo musica pop, ma in realtà anche i 3 album dai quali vengono fuori quelle canzoni erano così, liberi, con momenti più divertenti e momenti più riflessivi. Anche quei 3 album sembrano delle raccolte, mi piace mescolare gli elementi e vedere cosa viene fuori, se un esperimento l’ho già fatto e so già cosa viene fuori, non mi interessa ripeterlo. Anche se è musica che ho fatto perché sia “easy listening”, pop, comunicativa, è, nello stesso tempo, musica sperimentale.
  • A vent’anni dall’inizio della tua carriera, con questo album hai messo una sorta di punto fermo su questa parte del tuo percorso. Come pensi che saranno i prossimi vent’anni della tua vita artistica?
    Oltre a questo percorso nella musica pop, ho fatto delle cose sempre matte ma più giovani tipo hyperpop con il progetto “Giostre”, e cose sempre matte ma più da vecchi col progetto di elettronica sperimentale e free jazz “CK722”. Nei prossimi anni, come al solito, mi piacerebbe rimescolare le carte in tavola e vedere cosa succede cercando di fare un hyperpop con un po’ di jazz e con dei testi surreali, così da fare un ampio featuring: Jacopo Gobber feat. Giostre feat. CK722. Viva l’autoerotismo!

BIO
Jacopo Gobber è un cantautore che dal 2004 compone in totale libertà e autonomia un art pop psichedelico con arrangiamenti massimalisti. Le sue produzioni sono artigianali e bitorzolute ma grazie alle melodie easy listening e ai ritornelli scritti come degli slogan, diventano in qualche modo comunicative.

Contatti
Spotify
Instagram
Facebook
YouTube

Fonte: Costello’s Agency

Categorie
Comunicato stampa

C’è un tesoro nello scrigno di Jacopo Gobber

“20 anni di manicaretti” è il nuovo LP di Jacopo Gobber, uscito venerdì 18 ottobre 2024. Il Wayne Coyne veneto libera il suo vastissimo canzoniere occulto ed è un’esplosione di piccoli capolavori, tra neopsichedelia e baroque-pop.

Foto: Jacopo Gobber

Queste le parole con le quali l’artista presenta l’album:
«”20 anni di manicaretti” è un agglomerato di canzoni perdute, composte dal 2004 ad oggi, finora distribuite solamente durante i concerti, quindi in pratica rimaste inedite.
L’esigenza di pubblicarlo e promuoverlo in modo meno naïf e underground, nasce da due motivazioni:
1. archiviare queste canzoni che al momento sono dimenticate e inaccessibili;
2. far riemergere questi brani come “fotografia del tempo”. Anche se i brani sono stilisticamente molto diversi tra loro, le produzioni hanno il pregio di avere un suono che identifica abbastanza le produzioni alternative pop inglesi di fine anni ’90 e inizio ’00 (Blur, Pulp, Primal Scream). È un album riemerso in primis per una specifica nicchia di ascoltatori che cercano nuovi ascolti di quei filoni musicali (il britpop, il pop psichedelico di Syd Barrett e Brian Wilson, l’art pop e il prog pop).
I brani sono stati estratti da 4 diversi album: “Metamorfosi” (2004); “Bianco & nero” (2007); “L’estetica del lavoro” (2011); “Accalappiacani” (2016).
In questa selezione si spazia da momenti più sghembi e lo-fi, come in “Metamorfosi”, “Accalappiacani” e “TRUCEBALDAZZI”, a canzoni più compatte e wall of sound dall’elevata pressione sonora, come “Papaveri gialli”, “Hai ragione tu” e “Bianco & nero”. Si prosegue con brani nonsense in technicolor (“Kappaò”) e brani più cantautorali e ironici dove nei testi si mescola il quotidiano realismo con il surrealismo: “Concorso comunale”, “È arrivato l’arrotino”, “Pisciarsi sulle scarpe”, “Il pianista”. E si arriva fino a canzoni abbastanza scure e introspettive come “La mente veglia”, “Dirimpetto” e “Mammiferi dell’acqua”.»

Puoi ascoltare il disco qui:

BIO
Jacopo Gobber è un cantautore che dal 2004 compone in totale libertà e autonomia un art pop psichedelico con arrangiamenti massimalisti. Le sue produzioni sono artigianali e bitorzolute ma grazie alle melodie easy listening e ai ritornelli scritti come degli slogan, diventano in qualche modo comunicative.

Contatti
Spotify
Instagram
Facebook
YouTube

Fonte: Costello’s Agency

Categorie
Indie Intervista Pop

I drughi contro l’omologazione. L’intervista agli Arancioni Meccanici

Il comeback estivo degli Arancioni Meccanici ci ha portato un nuovo singolo, “Summertime”, e un nuovo album, “Movimento” (Gelo Dischi). Affascinati dalla loro musica, tanto corrosiva quanto allucinata, siamo riusciti ad intercettare la band per fargli qualche domanda.

Artwork: fab-lab.biz

  • Ciao Arancioni Meccanici, il vostro disco “MOVIMENTO” ci ha stupito per ecletticità e varietà, e vorremmo sapere qualcosa in più di voi. Anche se ve lo avranno già chiesto, partiremmo a domandarvi perché anni fa avete deciso un nome di questo tipo. Siete appassionati di cinema?
    Siamo appassionati di cinema, serie tv, fumetti, insomma di arte in generale ma soprattutto siamo appassionati di paradossi e il nome Arancioni Meccanici deriva proprio dalla paradossale fusione dei drughi di Arancia Meccanica con i cosiddetti Arancioni: seguaci di Osho e della più generale filosofia hare Krishna, molto in voga negli anni 80, che appunto andavano in giro con le loro tuniche arancioni e con il loro fare gentile a vendere libri sulla pace universale e a chiedere offerte per le loro tante comunità.
  • Prima di parlare del vostro ultimo lavoro, un’altra curiosità di carattere generale: visto che come band esistete da tanti anni, cosa pensate fosse meglio in ambito musicale qualche anno fa e cosa ora?
    Qualche anno fa e intendo circa 15 anni fa, quando abbiamo iniziato a pubblicare i nostri primi lavori ufficiali, c’era un modello di business completamente diverso, che purtroppo aveva già intrapreso il suo fatale declino, era lo stesso modello che aveva creato i Beatles o i Righeira. In quel periodo l’industria discografica perdeva miliardi, perchè i dischi non si vendevano più, dato che la gente li scaricava illegalmente dalle varie piattaforme pirata ecc. Oggi l’industria discografica ha ritrovato il modo di fare forse anche più soldi con molti meno fastidi, tuttavia, si tende molto più che in passato a creare personaggi facilmente riproducibili e quindi sostituibili, da proporre al grande pubblico. Ora di meglio vedo più possibilità di produrre e distribuire la propria musica, c’è però anche molta approssimazione e troppa omologazione. 
  • Parliamo ora di MOVIMENTO, cosa si deve aspettare l’ascoltatore dal vostro disco? Raccontateci come mai avete scelto questo titolo, cosa rappresenta e quali significati porta con sé.
    Abbiamo scelto questo titolo per vari motivi, il principale è forse il fatto che nell’idea di movimento c’è qualcosa di vitale, di solito la vita si muove o muove qualcos’altro. Dal nostro disco ci si può aspettare proprio questo: vita vera, movimento, istinto, niente di precostituito o di deciso a tavolino per impressionare qualcuno.
  • Nei vostri brani è tendenzialmente esplicita una critica sociale, c’è una tematica tra tutte a tal proposito che oggi come oggi vi sta particolarmente a cuore?
    Le tematiche che ci stanno a cuore sono molte, potremmo riassumere dicendo che ci sta molto a cuore il rispetto per gli esseri viventi, umani compresi e per l’ambiente che ci ospita.
  • Se aveste potuto inserire un featuring in questo disco, quale sarebbe stato e perché?
    Ce ne sarebbero molti, il primo che mi viene in mente è Alan Palomo, “World of Hassle” èuno dei dischi che abbiamo ascoltato di più nel 2023 e con lui condividiamo sicuramente l’ammirazione per il suono italiano di fine 70 e primi anni 80.

  • Ascoltando l’album, si può apprezzare una produzione molto curata. Come avete lavorato alla stesura e composizione dei brani? Cosa nasce prima di solito?
    La maggior parte dei nostri brani nasce da un giro di chitarra o di piano di Andrea su cui io costruisco una prima melodia vocale, poi le cose vengono lavorate sempre più nel dettaglio sia per gli arrangiamenti, che per i testi, in ogni caso non c’è una regola precisa.
  • C’è un brano che reputate più rappresentativo dell’intero disco? Perché?
    Direi “Combustibile” è un tipico pezzo in stile Arancioni e mi sembra una buona sintesi delle diverse atmosfere di “Movimento”.
  • Chi ascoltano in questo periodo gli Arancioni Meccanici? Dateci almeno tre nomi.
    Alan Palomo, Surfing e Sergio Caputo.
  • Ultimo concerto a cui siete stati (insieme e non)?
    Insieme i Nuovo Testamento a Londra qualche mese fa, di cui però siamo riusciti a sentire solo gli ultimi brani, essendoci, diciamo, un po’ persi lungo la strada.
  • Ringraziandovi per aver risposto alle nostre curiosità, vi lasciamo con un’ultima domanda: qual è il disco che vi ha fatto innamorare definitivamente della musica?
    Per quanto mi riguarda, forse, “Aftermath” degli Stones.

BIO

Dal tramonto all’alba, in bilico tra decadentismo e rinnovamento, gli Arancioni Meccanici, da anni colonna portante della musica alternativa made in Milano, raccontano il loro spazio e il loro tempo offrendo una visione policroma, tra reminiscenze new wave, neopsichedelia e momenti dreampop.

Contatti

Spotify
Instagram
Facebook

Fonte: Costello’s Agency

Categorie
Comunicato stampa

Lo sguardo caustico degli Arancioni Meccanici è una benedizione

“Movimento” è il nuovo LP degli Arancioni Meccanici, uscito il 14 giugno 2024 via Gelo Dischi. Un lavoro che è un prezioso compendio del loro modo di fare musica oggi, dopo tanti anni di esperimenti: sonorità alternative, a cavallo tra il dreampop e l’acid music, e testi tanto visionari quanto pungenti.

Foto: Luca Tombolini

Queste le parole con le quali la band presenta l’album:
«Dopo la pubblicazione di singoli e remix iniziata nel 2020, gli Arancioni Meccanici raccolgono parte di quanto fatto in un LP di 8 tracce, a cui si aggiungono due inediti.
Dopo l’apertura con il surf teso e onirico di “Italo Disco” il ritmo continua incessante con “Vietnam”, “Zombie Jungle” e “Combustibile”. Le tematiche sono intrise di sarcasmo, soffermandosi su atteggiamenti assurdi e scelte lungimiranti che caratterizzano la società moderna. “Il Flusso” apre invece a sonorità più in chiaroscuro, e un sentimento intimista inizia a farsi spazio. Ecco quindi l’electro funk di “Disco D’Argento” e i nuovi arrivi “Summertime” e “Mi Manchi (My Monkey)”, segno di un’apertura stilistica legata a sonorità vaporwave.»

Puoi ascoltare il disco qui:

BIO

Dal tramonto all’alba, in bilico tra decadentismo e rinnovamento, gli Arancioni Meccanici, da anni colonna portante della musica alternativa made in Milano, raccontano il loro spazio e il loro tempo offrendo una visione policroma, tra reminiscenze new wave, neopsichedelia e momenti dreampop.

Contatti

Spotify
Instagram
Facebook

Fonte: Costello’s Agency