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Intervista

I Flowers For Boys ci hanno raccontato il nuovo singolo “Fragile”

“Fragile” è il nuovo singolo dei Flowers For Boys, pubblicato sul finire del 2024 per Mosho Dischi.
Il nuovo brano esprime il forte senso di disagio che si prova mentre si ricerca un’identità solida in un mondo in continuo mutamento, dove spesso ci si sente fragili e vulnerabili. Il singolo è un dialogo con se stessi che esplode nella voglia di urlare la propria personalità e la propria diversità, a comprenderla, accettarla senza aver bisogno che lo facciano gli altri.
Ci è sembrata l’occasione giusta per scambiare qualche domanda alla band barese e farci raccontare di più sul loro percorso artistico.

Il vostro nuovo singolo “Fragile” esplora il tema del disagio e della ricerca di identità: come descrivereste il percorso che vi ha portato a scrivere una canzone così introspettiva e personale?
Ci siamo accorti che è l’età che stiamo vivendo che ci porta ad essere fragili. Siamo tutti e quattro più o meno della stessa età, e rendersi conto del fatto che 30 anni sono l’età giusta per avere un discreto passato e non sapere nulla di certo sul tuo futuro da un lato atterrisce, dall’altro incuriosisce. Dal punto di vista musicale, tutto questo si è tradotto in una sorta di crisi d’identità, dalla quale siamo usciti decidendo di non mascherarci più dietro ad un genere, ma di avere il coraggio di mettere tutto quello che siamo, compresi i nostri contrasti.

Nel brano si percepisce un contrasto tra rabbia e malinconia, anche nella linea vocale. Come riuscite a bilanciare queste emozioni contrastanti nella vostra musica?
È relativamente facile, l’una è il motore dell’altra e viceversa. Questa oscillazione è una dinamo che si carica da sola, per questo c’è la necessità di esplodere, poi, e una valvola è appunto la musica.

Il vostro nuovo singolo fonde alternative rock e sonorità emo, con l’aggiunta di suoni sintetici. Quali reference musicali vi hanno guidato nella creazione di questo brano e quali sono le vostre diverse formazioni?
Tutto il panorama alternative contemporaneo. In fase compositiva abbiamo divorato gli ultimi lavori dei Fontaines D. C., degli Idles, i Death Poet Society, ma anche da realtà più “locali” come i Cabrera, i Gazebo Penguins. Diciamo che ovviamente, ognuno di noi ha la sua formazione e i suoi gusti principali, che rispecchiano i loro percorsi: dal funk di Fede al rock avant garde di Nico, dal synth rock di Ric al pop di Marco. I synth poi sono un po’ il marchio di fabbrica del nostro fratello, Diego Ceo, produttore del brano.

La fragilità e la forza coesistono nella ricerca di sé: in che modo questa dualità si riflette nel vostro processo creativo e nella musica che componete?
Ogni volta che parte un processo creativo mettiamo a nudo la nostra forza e contemporaneamente la nostra fragilità. Essere in una band è meraviglioso, ma può essere un equilibrio complesso, soprattutto quando, in fase compositiva, proponi qualcosa che magari ritieni possa essere una delle migliori idee per un brano, ma poi gli altri non la pensano così. È qui che si manifesta la forza nell’accettare il parere altrui, la forza di comunicare senza ferire l’altro, ma anche la fragilità, l’esposizione totale in un momento di vulnerabilità come è quello creativo.

Il brano parla di rifugiarsi in soluzioni di comodo che alla fine non portano a un vero equilibrio. Qual è il messaggio che volete trasmettere ai vostri ascoltatori?Rompere i propri limiti fa male, è spaesante, è un urlo ed è sofferenza, che il più delle volte può essere incompresa o fraintesa da chi ci circonda, anche da chi ci vuole bene. Ma alla fine, è l’unica cosa necessaria per poter continuare a crescere, evolversi, non sedersi. È come rinascere, costantemente rinascere.

Come vi approcciate alla dimensione live? Avete qualche concerto in programma? Cosa vi riserverà il futuro?
Viviamo per i live, siamo assuefatti da tutto ciò che comporta il live: il viaggio, lo stare insieme, pesino il soundcheck. Ne abbiamo fatti molti negli scorsi anni e non vediamo l’ora di riprendere a farli. Al momento, però, stiamo ancora lavorando a nuovi brani, frutto non solo di questo nostro cambiamento, ma anche delle esperienze, delle storie e dell’energia accumulata durante un intero anno intenso di live alle spalle. Non vediamo l’ora di restituire tutto questo al più presto, nella seconda parte di questo 2025 di rinascita per noi.

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Fonte: RC Waves

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Recensione

Introspezione e vibrazioni urbane: “Il cuore un po’ più grande” è il nuovo EP di Leo Fulcro

“Il cuore un po’ più grande” è un EP che si presenta come un viaggio emotivo e musicale attraverso la vita quotidiana, l’identità urbana e l’evoluzione personale di Leo Fulcro. Il lavoro si compone di cinque tracce che mescolano consapevolmente rap, soul e pop, esprimendo al meglio la versatilità, la profondità artistica e la capacità di raccontare emozioni con un linguaggio diretto e autentico da parte del giovane rapper adottato da Roma.

L’EP si apre con “La Musica”, che vede la collaborazione con l’artista costaricano-americano CES: il singolo di lancio è allo stesso tempo una dichiarazione d’amore per la musica e una riflessione sul potere terapeutico di questo linguaggio universale. La base dinamica e coinvolgente accompagna un testo che fonde nostalgia e rivincita, mentre Leo Fulcro rivive i suoi sogni adolescenziali e il suo legame profondo con la musica, diventata un grande amore che lo ha accompagnato nei momenti più difficili. È un brano che parla di appartenenza, di libertà di espressione e di crescita personale, capace di toccare le corde più intime dell’ascoltatore.

Segue “Lazy” che ci porta una ventata di leggerezza grazie ad un groove lento tramite cui Leo Fulcro esplora il tema della pigrizia in modo tutt’altro che banale: più che un momento di stallo, “Lazy” diventa un invito a rallentare, a prendersi una pausa dalla frenesia quotidiana e a riflettere in modo ironico e disincantato sulle piccole cose della vita. La produzione di Doppiobasso e la chitarra di Giorgio Cesaroni costruiscono una base che si sviluppa lentamente, creando un’atmosfera intima e laid back che ben si sposa con il testo giocoso ma ricco di sottotesti.

Il viaggio prosegue con “Pollo e Patate”, forse il brano più personale dell’EP, che racconta un momento di pura creatività nata dalla casualità di una serata tra amici. Leo Fulcro stesso racconta come il pezzo sia emerso quasi per caso durante una cena, un incontro spontaneo tra amici che si trasforma in musica. La produzione funky si intreccia perfettamente con la liricità del testo, dove la semplicità quotidiana diventa metafora di una ricerca interiore che oscilla tra luce e ombra. È un brano che esplora le dicotomie della vita con un tono giocoso e riflessivo, capace di entrare in sintonia con chiunque abbia mai cercato un senso nelle cose più ordinarie.

L’ascolto dell’EP prosegue con “Porta Maggiore”, canzone evocativa che permette a Leo Fulcro di dipingere un quadro vivido di Roma, esplorando il tema della marginalità e trovando un equilibrio tra il legame con le proprie radici e la tensione verso una nuova dimensione personale. Il groove e le atmosfere urbane donano al brano un carattere internazionale e poliedrico, che accompagna le parole di Leo Fulcro, intrise di riflessioni sul passaggio dall’adolescenza all’età adulta, dove la città diventa il teatro di un’eterna ricerca di sé.

Il brano “Parketto”, che chiude l’EP, offre un momento di purissima introspezione: la traccia è un inno alla bellezza nascosta nelle piccole cose, quelle che spesso passano inosservate nella frenesia della vita quotidiana. La produzione minimalista lascia ampio respiro alle voci, consentendo a Leo Fulcro di raccontare una storia personale che ora si fa universale. “Parketto” incarna lo spirito di chi sa trovare senso e felicità anche nei momenti più semplici e ordinari, con una ritmica che si mescola perfettamente con il flusso poetico delle parole.

In conclusione, “Il cuore un po’ più grande” è un un mosaico sonoro che esplora le contraddizioni e le sfumature della vita quotidiana. Abile nello spaziare tra vari generi e influenze senza mai perdere la propria identità, Leo Fulcro fa del suo nuovo EP un lavoro che, con semplicità e profondità, parla a chiunque cerchi una connessione genuina con la musica e con se stesso.

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Intervista

Il viaggio intimo e riflessivo di Cobalto

Con i nuovi singoli “Sangue Freddo” e “Blush”, Cobalto racconta le storie di chi spera che tutto torni a somigliare ai sogni perduti, a quel futuro che un tempo sembrava così vicino, con una consapevolezza interiore che riesce a dire molto di più di quanto le parole esprimono. Abbiamo intervistato il giovane musicista romano per scoprire di più sul suo progetto artistico.

Il tuo singolo “Sangue Freddo” segna l’inizio di un nuovo capitolo: un viaggio intimo e riflessivo, che parte da un’immagine evocativa potente. Che ruolo ha per te la musica nell’elaborazione delle emozioni? Credi che la musica possa essere uno strumento di catarsi per te e per il tuo pubblico?
In generale io mi sono sempre chiesto perché io abbia la necessità di scrivere una canzone. Partendo dal presupposto che per farlo, di base, bisogna avere una grande emotività, credo per me sia un momento di autoanalisi in cui riesco a parlare con me stesso, chiarire dubbi, rafforzare ciò che penso o che credo di pensare. Per me è sicuramente uno strumento di catarsi e mi auguro che lo sia anche per chiunque ascolti una mia canzone. Da un certo punto di vista, sia chi scrive che chi ascolta ha due semplici motivi: sentire di avere la libertà di esprimersi ed essere capiti.

La tua scrittura ha un taglio molto personale, con riflessioni che diventano strutture musicali sempre più complesse. Come avviene il tuo processo creativo?
Di solito compongo sempre prima la musica e poi il testo, anche se non ho una formula magica prestabilita. Il resto bene o male viene un po’ da sé. La scrittura è il momento più personale e sincero che ci sia e forse proprio da questa sincerità arriva il “taglio personale” a cui vi riferite. Scrivo parlando di me senza paura di mettere a nudo ciò che penso, che provo e cosa sento in quel determinato periodo.

Quali sono gli ascolti fondamentali che ti hanno ispirato nella creazione di uno stile personale?
Fortunatamente ascolto un po’ di tutto, mi piace spaziare nei generi e nei mood dei brani. Se proprio devo fare dei nomi direi Kid Laroi, Jack Harlow e Juice Wrld.

Nel singolo che hai pubblicato più recentemente, “Blush”, emerge un contrasto tra silenzio e consapevolezza interiore. Come hai cercato di riflettere questa dinamica nelle sonorità del brano?
Credo che anche i silenzi e le pause siano musica. Nei miei brani cerco di utilizzarne molti ed in “Blush”, nei punti che ritenevo giusti, ce ne sono abbastanza. In generale penso che il tutto debba connettersi con la successione ed il senso delle parole. Dare un respiro o una pausa può voler accentuare il significato di qualcosa che si sta dicendo e dare quindi modo a chi sta ascoltando di poter riflettere sulle parole.

“Blush” esplora l’idea di un momento in cui il cuore è silenzioso ma le emozioni si manifestano comunque, come un rossore che tradisce sentimenti profondi. Come ti sei approcciato alla scrittura di un brano che gioca tanto su ciò che non viene detto, ma che è comunque percepibile?
Ho cercato di raccontare ciò che sentivo in maniera molto sincera. Mi piace usare figure retoriche o personaggi che possano rappresentare l’idea che voglio veicolare in quel momento. In “Blush” c’è molto “detto/non detto”, che di suo è già una risposta a determinate domande.

Hai già portato dal vivo questi nuovi brani? Qual è il tuo approccio alla dimensione live?
Non ancora, sto aspettando il momento giusto per poter raccontare ancora più di me. Spero di poterlo fare presto.

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Indie Pop

“Se voglio salvarmi la vita”: il nuovo EP di Vienna che racconta l’equilibrio tra fragilità e forza

Con il suo nuovo EP “Se voglio salvarmi la vita”, la cantautrice di origini pugliesi Vienna ci invita a immergerci in un percorso musicale che è al tempo stesso un viaggio emotivo e una dichiarazione di consapevolezza. Cinque tracce che rivelano con autenticità e profondità un’evoluzione personale e artistica, trasformando le vulnerabilità in un punto di forza.

Il cuore di questo lavoro è la ricerca di equilibrio, un tema che attraversa ogni canzone come un filo conduttore. L’EP si apre con il brano omonimo, “Se voglio salvarmi la vita”, che già dal titolo esplicita la tensione tra il bisogno di cambiamento e la paura di perdere il controllo. Ogni traccia rappresenta una tappa di un viaggio interiore, dal confronto con le proprie emozioni in “Stomaco”, al riconoscimento dei propri limiti e trigger in “Domande // Trigger”. Il viaggio culmina in “I girasoli sono dei fiori come tutti gli altri”, un inno dedicato alla bellezza nascosta nelle cose semplici e nel quotidiano.

Vienna non si limita a raccontare la propria storia, ma riesce a toccare corde universali, offrendo uno specchio in cui chiunque può riconoscersi. La scrittura, diretta e sincera, riflette un percorso di autoanalisi che l’artista ha intrapreso parallelamente alla creazione dell’EP, arricchito da esperienze come la meditazione e la psicoterapia.

La forza di “Se voglio salvarmi la vita” risiede anche nella sua produzione, che si distingue per una raffinata commistione di generi. L’incontro tra il background musicale di Vienna e il lavoro dei produttori Diego Ceo e Giuliano Vozella ha dato vita a un sound che esplora l’hip-hop old school, l’elettronica dei sintetizzatori analogici e accenti rock nei momenti più intensi.
Questa varietà non è mai fine a se stessa, ma rispecchia fedelmente il flusso emotivo dei testi, creando un legame forte tra forma e contenuto. Ogni scelta sonora è un tassello che arricchisce la narrazione, trasportando l’ascoltatore in uno spazio intimo e coinvolgente.

Anche l’estetica visiva dell’EP aggiunge significato all’opera. La cover, che raffigura un tavolo a tre gambe sorretto dall’artista stessa, simboleggia la precarietà dell’equilibrio e il coraggio di affrontare le proprie instabilità. È un’immagine che completa il messaggio dell’EP: quando le fondamenta vacillano, sta a noi trovare la forza per mantenersi stabili.

Questo tema è enfatizzato dalla cura con cui Vienna ha costruito il progetto, collaborando con un team che conosce e condivide il suo mondo. Ogni elemento – dalla produzione musicale alla direzione creativa, fino alle fotografie – contribuisce a creare un universo coerente, che abbraccia e amplifica il messaggio di autenticità e vulnerabilità.

“Se voglio salvarmi la vita” non è solo un EP, ma un’esperienza che invita a fermarsi, riflettere e accettare le proprie imperfezioni. Vienna, con la sua sensibilità artistica, riesce a parlare al cuore di chi ascolta, trasformando il personale in collettivo e il dolore in bellezza.
Questo progetto segna un importante passo avanti nel percorso artistico della cantautrice pugliese, confermandola come una voce autentica e innovativa nel panorama alternative-pop italiano. Un lavoro che non solo arricchisce chi lo ascolta, ma lascia anche una traccia profonda e duratura.

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Pop

“Pace Libera Tutti”: Amalia ci racconta e libera tutti

Con “Pace Libera Tutti”, Amalia inaugura un percorso musicale di intensa introspezione e liberazione. I cinque brani che compongono il nuovo EP della cantautrice romana, contraddistinti da sonorità pop delicate e melodie leggere, riflettono il conflitto interiore dell’artista, che esplora temi come l’assenza del padre e la difficoltà di lasciar andare relazioni tossiche. La scrittura, affilata e sincera, trasforma emozioni complesse in testi che toccano corde universali. Già dalle prime parole, infatti, vengono chiaramente spiegate le intenzioni del progetto: ”Pace Libera Tutti” è la prima tappa di un percorso di analisi interiore e liberazione, in cui l’artista affronta progressivamente quei cassetti nascosti nel suo inconscio, condividendoli con chi ascolta. Amalia si sente pronta a riscoprire situazioni ed emozioni lasciate per tanto tempo in sospeso, con un’invidiabile capacità di mescolare il dolore con una leggerezza quasi danzante, rendendo il suo stile unico e profondamente umano.

Foto: Ilenia Tramentozzi

Puoi ascoltare l’EP qui:

BIO
Dopo il trasferimento da Roma a Bologna, visto il forte amore per la black music ed il soul, Amalia sceglie di trasferirsi in California dove canta in un coro gospel e ha la possibilità di scoprire le varie sonorità che la circondano e che la porteranno a scrivere la sua musica in inglese. Tornata in Italia, si dedica alla composizione in italiano ed inizia a toccare con mano una scrittura che le appartiene realmente, che presenta diverse influenze frutto delle sue molteplici esperienze di vita.
Dopo un lungo periodo di studi tra Milano e Bologna, Amalia comincia a dedicarsi ai suoi primi live, arrivando ad essere ospite per due anni di seguito al TEDX BOLOGNA e pubblicando (2022) il suo primo singolo “Resta”, prodotto da Luca Pellegrini.
Nel 2023 firma con l’etichetta bolognese MAKEATHOUSAND iniziando un nuovo percorso ed una nuova sfida, che la porta a pubblicare il brano “Stanotte” seguito poi dai singoli “Alice” e “Fake diamanti” che anticipano il suo EP d’esordio “Pace Libera Tutti”.

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Fonte: RC Waves